INTERVISTA A MAURIZIO DE GIOVANNI, TRA LIBRI E TEATRO.


I suoi romanzi sono stati tradotti in tutto il mondo e sono stati sempre in vetta alle classifiche dei libri più letti e più venduti.
Dalle indagini del “Commissario Ricciardi”, ai poliziotti dei “Bastardi di Pizzofalcone” fino alle avventure di “Mina Settembre”, tutte grandi serie di successo.
Maurizio De Giovanni, è tornato in libreria lo scorso 3 febbraio con il libro L'equazione del cuore edito da Mondadori
Un libro diverso dai suoi precedenti romanzi.



D: COSA L’HA SPINTA AD INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI SCRITTORE?

R: Sono stato sempre un lettore bulimico. Ho letto e leggo di tutto, sin da bambino, ma non avrei mai pensato di poter cominciare a scrivere a mia volta, e incredibilmente pure con successo. Ho sempre ritenuto che lo scrittore fosse una sorta di divinità e non avrei avuto il coraggio di intraprendere un’attività che ritenevo a me assolutamente preclusa se alcuni colleghi, cui non era sfuggita, e come avrebbe potuto? la mia propensione compulsiva alla lettura, non mi avessero iscritto a mia insaputa a un concorso letterario nel lontano 2005. Come se leggere fosse sufficiente per scrivere. O forse è proprio così.
Fatto sta che vinsi inaspettatamente quel concorso, in cui incontrai per la prima volta Luigi Alfredo Ricciardi, e da allora non mi sono più fermato. Anzi, non solo non ho nulla di inedito nel cassetto, ma non trovo il tempo di scrivere tutto quello che mi viene chiesto.
In sintesi, è stato il caso, aiutato da amici che non ho mai ringraziato abbastanza, a rendermi uno scrittore. Mi fa ancora impressione definirmi così, ma pare sia proprio vero.


D: QUALI SONO I GENERI LETTERARI CHE PREFERISCE?

R: Come dicevo leggo di tutto, senza preferenze di genere. Credo che esistano libri belli e libri brutti, e che il genere serva solo a scegliere lo scaffale giusto su cui collocarli. Ovviamente, tra i miei preferiti ci sono i gialli (ritengo che Simenon, per fare un nome, sia tra i massimi scrittori del Novecento). Ma negli ultimi tempi leggo anche molta saggistica: ho bisogno di verificare l’esattezza o almeno la verosimiglianza dei fatti che racconto nei miei libri, soprattutto nei miei non contemporanei.


D: DOVE TROVA L’ISPIRAZIONE PER I SUOI LIBRI?

R: Lo dico sempre: io sono napoletano e per non scrivere, con tutti gli stimoli che la città riesce a dare in ogni momento a chiunque si fermi a guardarla, dovrei essere analfabeta.
A parte gli scherzi, le storie mi arrivano senza che io le cerchi. Mi basta immergermi nel variegato tessuto sociale, percorrendo strade e vicoli, preferibilmente in discesa, in modo da non farmi distrarre dalla fatica della salita. E il gioco è fatto.


D: CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R: Non lo so di preciso. Immagino sollievo. Sicuramente per mia moglie è così.
Ma io non ho il tempo di assaporare la quiete dopo la tempesta: prima di finire un lavoro già trovo nei mei pensieri il seme del successivo.


D: PER LA PRIMA VOLTA NEL SUO NUOVO LIBRO, LEI VA OLTRE IL GENERE GIALLO. CHE MESSAGGIO HA VOLUTO LANCIARE CON “L'EQUAZIONE DEL CUORE”?

R: Nessun messaggio, per carità. La letteratura non ne ha, e non deve averne, soprattutto quando si parla di narrativa. Piuttosto, è una storia che viene da lontano. Quando facevo le prime ricerche per ricostruire l’ambientazione dei libri di Ricciardi mi imbattei in Paul Dirac, premio Nobel nel 1933, al cui nome è legata l’equazione più bella del mondo, quella che di solito si definisce del cuore: in soldoni, due sistemi che entrano in contatto per qualsivoglia motivo continueranno a influenzarsi l’un l’altro anche quando saranno separati nuovamente.
La cosa, a me che sono tutt’altro che un matematico, rimase impressa. Appena ho potuto, ho momentaneamente lasciato, probabilmente nemmeno del tutto, la comfort zone del noir e ho scritto qualcosa di diverso che pare stia piacendo molto al pubblico, bontà sua.


D: OLTRE AD ESSERE UNO SCRITTORE, HA SCRITTO ANCHE PER IL TEATRO, ADATTANDO "QUALCUNO VOLÒ SUL NIDO DEL CUCULO" DI KESEY E "AMERICAN BUFFALO" DI MAMET. CI RACCONTI LA SUA ESPERIENZA?

R: Per me il teatro è l’attività di maggiore soddisfazione: molto veloce, visto che si basa sui dialoghi in cui, mi dicono, sono bravino, e al contempo di grande impatto emotivo.
Le due esperienze da te citate mi hanno messo a confronto con due mostri sacri ma il risultato è stato meraviglioso, a mio modo di vedere, in entrambi i casi.
Adattando “Qualcuno volò sul nido del cuculo” ho avuto modo di cominciare la mia collaborazione con Alessandro Gassmann, regista, collaborazione che dura tuttora e andrà a intensificarsi ulteriormente. Se Ale è indubitabilmente un magnifico attore, che ha dato sangue e carne al mio Lojacono, è secondo me un regista di spessore se possibile ancora superiore, portatore di idee nuove anche dal punto di vista della scenografia.
American Buffalo ha visto invece la regia di Marco d’Amore, anche lui una sorpresa per la competenza e la professionalità dimostrate in un campo che erroneamente credevo non suo.
In entrambi gli adattamenti, non ho potuto far altro che spostare la scena da quella americana alle realtà a me più vicine, nel primo caso il manicomio criminale di Aversa al tempo del Mundial del 1982, e nel secondo caso la Napoli contemporanea.
Ma oltre e più ancora degli adattamenti, il teatro mi gratifica con le cose mie, ultima in ordine cronologico Mettici la mano, una sorta di spin off del mondo di Ricciardi che mi ha emozionato per il consenso straordinario che il pubblico gli ha riservato.


D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sto per cominciare a scrivere un nuovo episodio di Sara per i tipi di Rizzoli che, se riesco, vorrei uscisse in tempo per il Salone del Libro di Torino.
E poi continuano le fiction: oltre a quelle già in essere sto lavorando a nuovi progetti fuori da Mamma RAI.
Ma in questo periodo, ripeto, il mio cuore è per il teatro e da poco per il cinema: dopo Il Silenzio Grande, che ha fatto incetta di premi, L’equazione del cuore diventerà presto un film, sempre con la regia di Alessandro Gassmann, che dovrebbe esserne anche il protagonista. Incrociamo le dita.


Ringrazio Maurizio De Giovanni per aver risposto alle mie domande.


 

Intervista a cura di C.L


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