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27 maggio 2025

ELIO PECORA SI RACCONTA TRA SCRITTURA E VITA

Cari amici lettori,

Oggi ho l’onore di ospitare una voce raffinata e profonda della poesia italiana contemporanea: Elio Pecora.
Nato a Sant'Arsenio (Salerno) nel 1936, dal 1966 abita a Roma. Ha pubblicato raccolte di poesie, racconti, romanzi, saggi critici, testi per il teatro, poesie per i bambini. Ha curato antologie di poesia italiana contemporanea. Ha diretto la rivista internazionale “Poeti e Poesia” fino a giugno del 2024. Ha collaborato per la critica letteraria a quotidiani, settimanali, riviste fra i quali: La Voce Repubblicana, La Stampa-Tuttolibri, Il Mattino, La Repubblica-Mercurio, Reporter, L’Espresso, Tempo Illustrato, Wimbledon, Strumenti critici, Belfagor) e al secondo e terzo programma RAI.


D. COME E QUANDO NASCE LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Nasce nella prima adolescenza. Appartengo a una generazione che, fin dalle scuole elementari, imparava poesie a memoria. Inoltre fui assai presto un lettore accanito. Per me tanto la poesia che la narrativa sono stati e sono veri strumenti di conoscenza e di educazione dei sentimenti e ai sentimenti. Seppi presto quanto la parola della poesia chiamasse altre parole, schiudesse mondi ed emozioni, portasse in un altrove . 

D. QUALI EMOZIONI PROVA QUANDO SCRIVE UNA POESIA?

R. Sento di star riuscendo a esprimere la parte più vera e necessaria di me, del mio sentire, del mio stare nel mondo: insieme vigile e appassionato. 
            
D. DA QUALE IDEA, SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, È NATO IL SUO NUOVO LIBRO, L'ACQUARIO?
 
R. L’aquario s’è andato componendo lungo diversi anni. Nemmeno più ricordo quale fu il primo episodio, se ne aggiunsero altri, poi venne chiara la struttura del tutto e quindi la premessa. Scrivevo di momenti e vicende che avevo vissuto o a cui avevo assistito o che mi erano stati raccontate e che reinventavo. Ne è venuto un polittico, un teatro con molte voci e tante diverse realtà.  

D. QUALI AUTORI L'HANNO MAGGIORMENTE  INFLUENZATA?
 
R. Anzitutto i grandi poeti latini, come Lucrezio e Orazio, poi di sicuro Leopardi, e fra gli autori del Novecento Auden, Eliot, Borges, Montale, Saba. Questi fra i poeti, E fra i prosator Stendhal, Tolstoj, Virginia Woolf, Anna Maria Ortese, Lalla Rimano, Giuseppe Pontiggia. E mi limito a questi fra i tanti che ho amato e che rileggo. E non posso non nominare i saggi di Montaigne, gli scritti sull’estetica di Croce e di Giorgio Colli e i diari di Max Frisch.   

D. QUALE È IL MESSAGGIO CHE VORREBBE TRASMETTERE AI LETTORI CHE HANNO LETTO O LEGGERANNO L'ACQUARIO?

R.Vorrei che dalla lettura del mio romanzo venisse chiaro che essere e rendersi vivi comporta il sapere di star compiendo un cammino con tanti altri e che questi altri, come noi, si aspettano vicinanza e comprensione. E ancora che la vita è un’avventura difficile e meravigliosa e in cui vale restare.  

D. CHE COSA CONSIGLIEREBBE A UN SUO LETTORE CHE VOLESSE SCRIVERE UN LIBR0?

R. Esprimersi con la scrittura richiede la buona conoscenza del suo uso, per questo conta soprattutto la lettura dei grandi narratori, quelli consegnati alla durata. Ma non basta la qualità formale, pure necessaria. Occorre tanto al poeta che al narratore la capacità di guardarsi dentro e intorno e di farlo con compassione e insieme con spietatezza, quindi lasciarsi portare dal demone della narrazione. 


Desidero ringraziare il Maestro Pecora per la sua gentile disponibilità e per l’attenzione riservata alle mie domande.



In libreria e sugli store online dal 11 aprile 2025 Neri Pozza


SINOSSI 

Chi può parlare di verità? Della verità che non si dice neanche a sé stessi, quella che qualcuno va a cercare dai curatori dell’anima, impastata di facili bugie, di articolate menzogne. Carlo, Giacomo, Anna, Laura, Lorenzo e gli altri che camminano in queste pagine, e per un poco le abitano, le loro verità invece vanno raccontandole, a noi e fra loro, facendone un teatro. Parlano delle loro giornate, di assilli, di ritorni, di assenze. Raccontano, si raccontano. Perché la vita, quella in cui si muovono vigili e inquieti, non basta. Così va narrata, anche nell’imprecisione. Con il risultato di fornire a chi ascolta mappe intricate di percorsi, in gran parte inesplorabili, tanto che all’uno e all’altro, chi racconta e chi ascolta, restano in dono particelle di un corpo sconosciuto. Forse per questo continuano a cercarsi, ad ascoltarsi, e quel che è prima parso intricato, confuso, si fa più chiaro, sicuro: fino al piacere di consegnare, di consegnarsi. E nell’età della scontentezza e dell’ansia, dove la solitudine è tacitata dal frastuono, forse un’ultima speranza di salute può venire dal sapersi uguali nel raggiro, compagni nella confidenza. Come munirsi di una mappa, e per quella aggirare la paura di smarrirsi, forse di condividere.


COSA NE PENSO

In queste pagine si cammina, sì, ma non con i piedi: si avanza con l’anima, a piccoli passi, dentro vite che non ci appartengono e che pure, misteriosamente, ci somigliano. Carlo, Giacomo, Anna, Laura, Lorenzo e gli altri , figure appena accennate o profondamente indagate  abitano il libro come si abita un sogno condiviso, uno di quelli da cui ci si sveglia con una domanda in più e qualche certezza in meno.
La scrittura, intessuta di cura e verità, non si accontenta del reale. Lo interroga, lo scava, lo traduce in parola narrante. I personaggi non fanno che raccontarsi, e nel farlo costruiscono un teatro dell’anima, un palcoscenico fragile e prezioso dove ogni gesto ha il peso di una confessione. Parlano di giorni che si assomigliano, di ritorni attesi o solo immaginati, di assenze che fanno più rumore delle presenze. Ma è proprio in questo continuo rivelarsi che si apre un varco: la narrazione si fa cura, il racconto diventa rifugio.
Ho letto queste pagine con un senso di gratitudine crescente, come si ascolta una voce che non alza mai il tono, eppure ti arriva addosso come una folata piena. L’imprecisione, lungi dall’essere un difetto, è qui un gesto d’amore verso la complessità umana. Non si cerca la perfezione, ma l’autenticità: quella che ci disarma e ci rende veri.
E così, tra intrecci e confessioni, ci si ritrova ad accogliere una nuova consapevolezza: che siamo tutti, in fondo, esploratori di mappe interiori, in gran parte ignote. E il racconto  questo racconto ci tende la mano e ci accompagna a decifrarle. Non si esce indenni da questo libro, ed è un bene. Perché c’è un momento, durante la lettura, in cui si sente con chiarezza il passaggio: da spettatori a partecipi, da lettori a testimoni.

«Bisogna badare all' essenziale».

In conclusione, lo consiglio a chi cerca nella letteratura un luogo di incontro, non di evasione. A chi, stanco della superficialità del rumore, desidera finalmente ascoltare. Perché forse, come suggerisce l’autore, la vera speranza sta proprio qui: nel riconoscerci compagni, fragili e veri, dentro una narrazione condivisa.Leggetelo. Rileggiamolo. Buona lettura!


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14 maggio 2025

CONOSCIAMO ROSITA MANUGUERRA AUTRICE DEL LIBRO “MALANIMA”


Bentrovati amici lettori,

L'ospite di oggi è Rosita Manuguerra.
Rosita è cresciuta a Favignana, un’isola nell’isola dove ha imparato che, tra il dire e il fare, c’è davvero di mezzo il mare. Quando era piccola qualcuno le ha suggerito che il modo migliore per ritrovarsi è scrivere. Da allora, e dopo una lunga parentesi a Torino e la formazione alla Scuola Holden, racconta storie. Malanima è il suo primo romanzo.

D. QUANDO È NATA IN TE LA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Nasco come lettrice. Da piccola leggevo di tutto da che ho imparato a farlo. A Favignana ai tempi c’era solo una piccola edicola, dove arrivavano fumetti e pochi bestseller. Centellinavo i soldi della paghetta e compravo i libri più voluminosi, così che durassero di più. Proprio per questa passione per la lettura, a un certo punto qualcuno, forse una maestra, mi chiese perché non scrivessi io. Mi sembrò bizzarro, per me non erano due cose consequenziali. Ma da allora iniziai a leggere smontando i libri, per capire com’erano fatti. E cominciai a scrivere.

D. C'È  UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE TI HA ISPIRATA PER “MALANIMA”?

R. Non uno. Direi piuttosto che in “Malanima” sono confluiti tanti piccoli frammenti di cose ho vissuto, osservato, sentito. Che, messi su pagina, hanno iniziato a vivere di vita propria, sorprendendomi.

D. A QUALE DEI PERSONAGGI DA TE SCRITTI IN QUEST'OPERA SEI PIÙ LEGATA?

R. Sono legata a tutti i personaggi in modo diverso perché ognuno di loro rimanda per me a qualcosa: alcuni al momento in cui sono stati scritti, altri a un’azione che hanno compito e mi ha stupita. Ma se dovessi sceglierne tre su tutti sarebbero il pescatore Nunzio, la magara Amalia e Nietta, la zia di Mia. Quanto alle due protagoniste, Mia e Marina, le amo in un modo tutto mio che non contempla competizioni con altri personaggi.

D. RIASSUMI IN POCHE PAROLE COSA HA SIGNIFICATO PER TE SCRIVERE QUESTO LIBRO?

R. Scrivere questo libro ha significato per me iniziare un percorso di crescita interiore che prosegue tuttora. Riuscire a imprimere su carta l’istinto ad andare e quello a tornare nella mia piccola isola e questo Malanima (sì, al maschile) che ho sempre visto negli occhi di tanti isolani e anche in quelli di chi dell’isola si era innamorato per qualche motivo. Nella finzione del romanzo il Malanima è il sentimento, anzi, più il malanno, che affligge chi sente di trovarsi in un posto in cui non dovrebbe stare. Questo posto non è necessariamente un luogo geografico, ma più una fase di vita nella quale ci forziamo perché la percepiamo senza via d’uscita. Scrivere questo romanzo mi ha aiutata a comprendermi meglio, ed è incredibile come si possa riuscire a farlo tramite un’opera di finzione.

D. COSA SI PROVA A VEDERE IL PROPRIO ROMANZO PRENDERE CORPO E DIVENTARE LIBRO?

R. È indescrivibile. Non credo che mi abituerò mai. La prima volta che l’ho visto ero a Milano in casa editrice. Anche avendolo fra le mani non sono riuscita a convincermi che fosse reale.

D. C'È UN LIBRO DI UN ALTRO AUTORE CHE VORRESTI AVER SCRITTO TU?

R. “Fuochi fiammanti a un’hora di notte” di Ermanno Rea. Non avrei potuto scriverlo io, ma mi ha dato una direzione a cui aspirare. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Continuare a leggere, a scrivere. Viaggiare, respirare vita. Crescere. 

Ringrazio Rosita per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online dal 8 aprile 2025 Feltrinelli Editore


SINOSSI

Sull’isola non tutti vanno e vengono allo stesso modo. Ci sono quelli che arrivano con il sole di maggio e ripartono con le prime piogge di settembre. C’è chi fa avanti e indietro ogni giorno, senza più chiedersi a quale riva appartenga davvero. E poi ci sono quelli che, messi dalla vita davanti a un bivio, hanno dovuto scegliere se restare o imbarcarsi per una partenza che può valere un addio. Entrambe le scelte lasciano un segno invisibile e profondo. Mia lo ha imparato da bambina attraverso la storia della sua famiglia – la madre Teresa è rimasta, nella convinzione che l’isola fosse l’unica realtà possibile, mentre la zia Nietta è andata via appena ha potuto – e continua a vivere questi conflitti da adolescente insieme a Giulia, Anna e Nello, gli amici di sempre. Adesso però a portare scompiglio è arrivata Marina, la ragazza di città che non se ne andrà con le piogge di settembre. Così diversa e a tratti scostante, Marina attira su di sé sentimenti contrastanti: dalla curiosità al disprezzo, dall’attrazione all’invidia. Mia, invece, in lei vede soprattutto il fascino di chi proviene da un altrove lontano. Eppure Marina si trascina dietro legami ancestrali – sua madre Lia è legata a filo doppio con l’isola da un trauma e dall’antica amicizia con Teresa – e sembra destinata a riportare a galla segreti inconfessabili. 


COSA NE PENSO

La malanima del cuore corrisponde al canto antico del mare, tanto esso è più profondo tanto la malinconia assale gli isolani del romanzo Malanima.
Amo le storie di formazione che percorrono intere vite e qui di vita c'è ne sono tante.
Marina, Mia,Aldo,Nello,Anna, Giulia, Totò.
L'adolescenza non è mai stata facile per nessuno, soprattutto per questi ragazzi che vivono in un' isola. Il mare è tutto ciò che conoscono e adesso devono fare i conti con una nuova realtà. I cambiamenti sono dietro l'angolo per ciascuno di loro, i sogni di Mia sono in bilico, l'amicizia con Marina subisce fasi altalenanti e anche le sue vecchie conoscenze vacillano e rischiano di finire.
Un passato che torna imperterrito a minacciare il presente di Marina.

«Il patto fra noi era che io quelle ferite non le guardassi,non le nominassi, fingessi che non esistevano. Se invece ne avessi parlato,lei sarebbe scappata via da me come acqua fra le mani.»

Molte domande, poche risposte, nel passato di Marina,un' anima inquieta che si aggira tra le cave di tufo dei suoi antenati. Bel personaggio, davvero!
In conclusione, Malanima è una storia ben strutturata. I colpi di scena sparsi qua e là,  accompagnano il lettore alla scoperta di segreti sorprendenti, scrittura scorrevolissima. Dal mio punto di vista, il messaggio che l'autrice vuole fare arrivare ai suoi lettori riguarda il cambiamento interiore in ognuno di noi, l’anima muta le sue corrispondenze relazionali che ci piaccia o no. Un libro che mi ha pienamente soddisfatta! Consigliato.Buona lettura.


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24 aprile 2025

“LA GRANDE SETE DI LIBERTÀ: ERICA CASSANO SI RACCONTA”



Cari amici lettori,
oggi vi presento Erica Cassano, autrice esordiente che si affaccia con entusiasmo e talento nel mondo della scrittura. Conosciamola insieme.
Erica Cassano nasce nel 1998 a Maratea.
Dopo il liceo classico, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne e la magistrale in Filologia Moderna presso l’Università Federico II di Napoli. Ha inoltre frequentato un master in Scrittura e narrazione. Oltre ai libri, ama l’arte, la fotografia e i gatti, di cui si è sempre circondata. La Grande Sete è il suo romanzo d’esordio, pubblicato da Garzanti nel 2025.


D. CHI È ERICA?

R. Prima, una ragazza che amava tanto scrivere, ora una scrittrice. 
Ma ero tante cose anche prima di questo libro. Ho moltissime passioni, le elencherò brevemente perché credo possano dare un’idea del tipo di persona che sono.
Amo i musei e tutto ciò che ha a che fare con l’arte di ogni epoca e proveniente da ogni luogo del mondo. Sono una “gattara” e ho due gatte, Clio e Linda che mi mancano moltissimo quando sono lontana da loro, e lo stesso vale per il mio cane, Blu. Sono sempre, in ogni contesto, la fotografa del gruppo. Tutti i miei amici sono affezionati alla mia ormai anziana reflex e la chimano per nome, Nadia (sì, anche la mia macchina fotografica ha un nome). Non so se si può definire passione, sicuramente il mio portafoglio non ne sarebbe felice: adoro fare shopping, soprattutto di abiti e scarpe. Ahimè, anche gli scrittori sono vittime del capitalismo. Leggo moltissimo ma, anche se mi duole dirlo, tendo ad abbandonare crudelmente i libri che non mi piacciono da subito dopo le prime pagine. 

D. CHE COSA TI HA FATTO APPASSIONARE ALLA SCRITTURA? E DA QUANTO TEMPO
SCRIVI?

R. La risposta è semplice quanto banale: da sempre. Non ho memoria di un momento della mia vita in cui non abbia voluto fare la scrittrice. Mi sono appassionata alla scrittura, credo, leggendo: mi immergevo del tutto nei miei libri preferiti (quelli che non ho abbandonato)  e pensavo che anche io volevo scrivere delle storie così. In più ha contribuito anche la scuola. Sin dalla scuola primaria, quando il compito a casa comprendeva il dover inventare una storia oppure scrivere un tema, la mia testa si illuminava, non vedevo l’ora di mettermi all’opera. 

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL TUO NUOVO LIBRO “LA GRANDE SETE”, COSA DIRESTI?

R. La Grande Sete è un romanzo che inizia con un miracolo: mentre in tutta Napoli manca l’acqua, in un piccolo appartamento, al mezzanino di un condominio a Chiaia, l’acqua continua a scorrere. Intanto il popolo, stremato, combatte per cacciare i Nazisti dalla città. Siamo nel 1943 e Napoli sta per liberarsi da sola, prima città in Europa, dall’oppressore. La protagonista, Anna, è una ragazza che deve diventare donna, nonostante gli squilibri della guerra. Mentre tutti provano una sete fisica, Anna prova un altro tipo di sete, difficile da soddisfare, che ha a che fare con la volontà di creare un futuro migliore per se stessa e per la propria famiglia. Il senso della storia forse si trova tutto qui: nei limiti che si riescono a superare per soddisfare la propria sete. 

D. UNA SCENA DEL LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R. La mia scena preferita arriva verso la fine del romanzo, nel capitolo intitolato “ ‘O sole mio”. La protagonista si trova al teatro San Carlo di Napoli. Prima dell’opera, il Rigoletto, l’orchestra intona due inni, quello inglese e quello americano. Un signore, dalla platea, si alza per chiedere al console americano, seduto nel palco reale, che anche il popolo italiano presente venga rappresentato dal proprio inno. La risposta del console è sarcastica, ferisce nell’orgoglio sia l’uomo che ha parlato che quelli che non hanno osato protestare. Non vi resta che leggere per scoprire la reazione dell’uomo e di tutte le persone italiane in platea…
Posso dire però che amo particolarmente questa scena perché è una delle prime che ho immaginato di scrivere e anche una delle più commoventi!

D. QUAL È IL MESSAGGIO CHE VORRESTI TRASMETTERE AI LETTORI CHE LEGGERANNO IL TUO LIBRO?

R. Ci sono molti messaggi che vorrei trasmettere, ma il più importante credo sia questo: tutti abbiamo il diritto di non arrenderci, di scegliere quello di cui abbiamo bisogno, senza lasciarci scoraggiare dalle condizioni esterne e senza farci intimorire da quello che gli altri si aspettano da noi. 

D. CI SONO SCRITTORI CHE SONO PER TE FONTE D’ISPIRAZIONE?

R. Quando si scrive è quasi inevitabile sentire l’influenza di tutto ciò che si legge. Mi viene da rispondere che tutte le autrici e tutti gli autori a cui mi sono approcciata, in parte, sono stati una fonte di ispirazione. Per scrivere “La Grande Sete”, però, ho avuto bisogno di guide che mi aiutassero a creare con precisione il mondo in cui volevo il lettore si immergesse. Queste guide le ho trovate in Curzio Malaparte, che con La pelle offre infiniti tableau vivant di Napoli nei giorni dell’occupazione americana; in Elsa Morante, da cui ho imparato come gestire l’irrompere della storia sulla pagina e infine in Elena Ferrante, che con la sua scrittura trascinante mi ha insegnato a creare una storia coinvolgente. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Spero di avere l’opportunità di continuare a scrivere per sempre le mie storie.

Ringrazio Erica per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande

In libreria e sugli store online dal 4 marzo 2025 Garzanti


SINOSSI

Anna ha sete. Tutta la città ha sete, da settimane. C’è chi li chiamerà i giorni della Grande Sete, e chi le ricorderà come le Quattro Giornate di Napoli. È il 1943 e l’acqua manca ovunque, tranne che nella casa in cui Anna vive con la sua famiglia. Mentre davanti alla Casa del Miracolo si snoda una fila di donne che chiede quanto basta per dissetarsi, lei si domanda come mai la sua sete le paia così insaziabile. Perché quella che Anna sente è diversa: è una sete di vita e di un futuro di riscatto. A vent’anni vorrebbe seguire le lezioni alla facoltà di Lettere, leggere, vivere in un mondo senza macerie, senza l’agguato continuo delle sirene antiaeree. Ma non c’è tempo per i sogni. Il padre è scomparso, la madre si è chiusa in sé stessa, la sorella e il nipote si sono ammalati. Il loro futuro dipende da lei. Così, quando ne ha l’opportunità, Anna accetta un impiego come segretaria presso la base americana di Bagnoli. Entra in un mondo che non conosce, incontra persone che provengono da una terra lontana, piena di promesse, che incanta e atterrisce allo stesso tempo, come tutte le promesse. La cosa più semplice sarebbe scappare, lasciarsi alle spalle gli anni dolorosi della guerra. Ma Anna non vuole che qualcun altro la salvi. Come Napoli si è liberata da sola, anche Anna deve trovare da sola la sua via di salvezza. La grande sete non è facile da soddisfare. Viene da dentro e parla di indipendenza e di amore per il sapere e, soprattutto, parla del coraggio necessario per farsi sentire in un mondo che non sa ascoltare.

COSA NE PENSO

Dire soltanto che si tratta di una vera rivelazione sarebbe riduttivo, considerando che si tratta di un libro d'esordio. La trama si mantiene interessante dall' inizio alla fine. La Grande Sete, narra gli aspetti più importanti di una persona,la famiglia, le amicizie, il battersi per i propri ideali, e ciò ne fa di Anna la protagonista di questo romanzo una vera eroina. 
Ottima la stesura, personaggi credibili all' interno di un contesto storico di fame e miseria che ha visto Napoli ed il resto del nostro paese morire per la seconda guerra mondiale, per poi risorgere più forte di prima in mezzo alle macerie. 
Napoli con i suoi vicoli stretti,i bassi, il mezzanino dove vive Anna insieme alla sua famiglia, la solidarietà della gente in momento di grande miseria, il miracolo perché Napoli vive di miracoli nonostante tutto.

«Dare da bere agli assetati, c'era scritto pure nella Bibbia. Quanta gente aveva evitato la morte in quei giorni, grazie a noi. Avrei dovuto sentirmi pulita,mondata di tutti i peccati. Invece continuavo a sentire una grande pesantezza.»

La rabbia abita nei personaggi, un' altra protagonista che secondo il mio punto di vista va attenzionata è Carmela, la sua storia colpisce perché il suo vissuto è avvolto in una nube di malinconia e nell' inganno.
La rivalsa di Carmela diventa un filo sottile pronto a spezzarsi, ma poi tutto cambia e questo dà la vera svolta ad uno dei personaggi più belli del libro, citare tutti gli altri non basterebbe una sola pagina, ma i genitori di Anna sono entrambi, due menti e due anime che reggono il peso del dolore, senza che esso possa scalfire le loro forti personalità.
In conclusione,La Grande Sete è un grande insegnamento per tutti noi, mai arrendersi, bisogna invece, cercare conforto l'uno nell'altro e mai perdere la speranza, i miracoli esistono basta solo crederci. La voglia di Anna di fare della sua vita quello che sente la rendono uno dei personaggi più belli letti nell' ultimo periodo. 
L'onestà di questa ragazza convince,piace e soprattutto stimola di continuo la mente di chi legge la sua storia.Lettura super consigliata.Buona lettura!


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16 aprile 2025

RECENSIONE DEL LIBRO “CRISTINA” DI MATILDE SERAO




NOTE SULL' AUTRICE 

Matilde Serao fu una figura di spicco nel giornalismo e nella scena letteraria italiane a cavallo tra Otto e Novecento. Fondatrice e direttrice di diversi quotidiani (tra cui «II Mattino» e «II Giorno»), trovò comunque il tempo per pubblicare decine di romanzi e centinaia di racconti, i più celebri dei quali riuniti ne Il ventre di Napoli.

SINOSSI 

Uscito in volume nel 1908, Cristina appartiene all’ultima fase della narrativa di Matilde Serao, quella definita “aristocratica”. Cristina è una storia che inizia come tante ma termina con un finale a sorpresa. Nel racconto, ambientato in un paese della provincia napoletana, una giovane di buona famiglia viene corteggiata da uno squattrinato ragazzo del luogo, che però rifiuta. Così il giovane, assumendo gli atteggiamenti melodrammatici da amante infelice, si trasferisce a Napoli dove si avvicina all’attività politica e al giornalismo. Pur ripetendo alle amiche, e a sé stessa, di non nutrire alcun interesse per lui, la protagonista, attraverso alcuni gesti, lascia trapelare che il ragazzo non le era affatto indifferente. E anche se nel frattempo accetta la proposta di matrimonio di un ricco bottegaio del luogo che inizia ad amare «con un’affezione calma e sicura», Cristina dimostra di essere ancora interessata all’altro ragazzo seguendone le notizie sul giornale locale. E l’inatteso ritorno di lui stravolgerà tutti i piani stabiliti. Qui la scrittrice tratteggia con grandi capacità ritrattistiche la provincia napoletana a cavallo fra Ottocento e Novecento, e due interessantissimi personaggi: quello di una ragazza fin troppo corriva al volere della famiglia e quello di un giovanotto inquieto e affascinante.
In libreria e sugli store online dal 19 novembre 2020 Edizioni Croce

COSA NE PENSO

Finora non conoscevo gli scritti di Matilde Serao. Posare per caso lo sguardo su questo libro, si è rivelata ben presto una scelta azzeccata. Non immaginavo si potesse scrivere così scorrevolmente e con un lessico contemporaneo nonostante i pochi vocaboli di una volta. Una storia tragicomica, che porta con se lo spirito del melodramma partenopeo di fine ottocento in cui l'amore,il rispetto e la vita in se erano tutt'altra cosa, e dove gli aspetti più inconsci dell' uomo e della donna riflettano sugli amori, e sulle generazioni di oggi. 
Per quanto la Serao, abbia scritto questi due testi circa due secoli fa',dimostra che fosse un' osservatrice molto attenta prima che una abile scrittrice.
Il suo occhio indagatore ha saputo catturare e scrutare ben oltre, gli aspetti superficiali visibili a chiunque, ma i segreti e le parole non dette delle fanciulle,e le fragilità dell' IO femminile più intimo e profondo.
Peccato, per quel premio Nobel mancato 
nel 1926 solo perché antifascista, questo riconoscimento sarebbe stato meritatissimo per quella sua mente rivoluzionaria  caratterizzata da un realismo appassionato e coinvolgente, che riflette la sua forte connessione con la realtà quotidiana.
L'introduzione a cura di Simona Lomolino si rivela molto utile per i lettori, perché ci consente di avere un quadro dettagliato sulla vita privata e lavorativa di Matilde Serao.
In conclusione, entrambe le novelle presenti in questo libro sono brevissime, ambedue piacevoli, un libro senza parti dispersive, che segue una logica impeccabile, belli anche i disegni al suo interno. Consigliatissimo

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18 marzo 2025

L'URLO DEI GATTOPARDI – LIANA ZIMMARDI, TRA STORIA E PASSIONE.






Cari lettori,

L'ospite di oggi è Liana Zimmardi.
Nata a Palermo, città dove vive con il marito e due figli. Si è laureata in Economia e Commercio ed esercita la professione di commercialista, ma sin da bambina la sua più grande passione sono la letteratura e la storia. È autrice di romanzi e saghe storiche pubblicati in self-publishing, L'urlo dei Gattopardi segna il suo esordio in tutte le librerie italiane.


D. CHI È LIANA?

R. Sono una persona tranquilla, ordinata e metodica, con una buona dose di vivacità che spero non mi renda noiosa. Mi piace circondarmi di persone esuberanti e brillanti, purché non siano mai arroganti o aggressive. Le cose che amo di più al mondo sono il cioccolato, i libri e la mia famiglia, non necessariamente in quest’ordine. 
Sin da bambina sono stata una discreta divoratrice di romanzi di ogni genere, spaziando da quelli d’amore alla fantascienza, dagli storici, all’avventura fino ai grandi classici. Ho la fortuna di provenire da una famiglia serena e di averne costruita una altrettanto stabile e amorevole. Circondata dall’affetto, ho potuto coltivare la mia grande passione per la lettura e, grazie al costante sostegno di mio marito, negli ultimi anni ho potuto dedicarmi a una nuova passione: la scrittura. 
Nella vita sono mamma di due splendidi ragazzi, il mio orgoglio e la mia gioia; sono moglie di un collega commercialista, la mia forza e il mio grande amore, con cui condivido vita e lavoro; infine, sono autrice di romanzi sentimentali storici, in netto contrasto con la mia laurea in Economia e Commercio. Credo che quest’ultima rappresenti il lato concreto dalla mia personalità, mentre i libri ne incarnino quello sognatore.

D. COME E QUANDO NASCE LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Non dirò che scrivo da quando ero bambina perché non sarebbe vero. Anzi, fino al 2020 non avevo scritto altro che i temi a scuola. Nei mesi precedenti al lockdown ho attraversato un momento difficile, di apatia e paura. Ero profondamente scossa dalla perdita di un’amica e dalla morte di una bambina, compagna di classe di mio figlio. Poi iniziarono ad arrivare le terribili immagini dalla Cina, che aggiungevano nuovo terrore al mio animo provato, mentre attorno a me percepivo una grande indifferenza al problema. 
Sentivo il bisogno di evadere, ma non trovavo ristoro neanche nella lettura, nulla riusciva a soddisfarmi. Così decisi di scrivere la storia che avrei voluto leggere. Mi resi conto che era un’esperienza terapeutica. Il mio animo si rasserenava e riuscivo a vincere le mie paure. Quando ci chiusero in casa, avevo già completato la prima bozza del mio romanzo. Era terribile, perché non avevo alcuna conoscenza delle tecniche di scrittura, ma avevo dimostrato a me stessa di saper orchestrare una trama e portarla a termine. 
Approfittai del lockdown per studiare e revisionare il libro, affinché raggiungesse una forma più dignitosa. Al contrario di quello che successe a molti, in quel periodo ho trovato la liberazione. Tutte le persone che amavo erano al sicuro in casa e, in più, avevo scoperto un mondo, quello della scrittura, che mi affascinava e mi donava nuova stabilità.

D. IN QUALE MOMENTO DELLA GIORNATA PREFERISCI SCRIVERE?

R. Il momento migliore per me è l’ora di pranzo. Preparo da mangiare per i miei ragazzi, poi li lascio a tavola e mi ritiro in salotto per dedicarmi alla scrittura per almeno un’ora e mezza, senza interruzioni. La sera, di solito mi concedo una mezz’ora per rileggere e sistemare ciò che ho scritto durante il giorno, ma senza attardarmi troppo, perché quello è anche il momento che considero sacro per leggere i libri degli altri, di cui sono sempre avida.

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL TUO ROMANZO, L’URLO DEI GATTOPARDI, COSA DIRESTI?

R. Era il 12 gennaio del 1848 e i siciliani decisero di fare la festa al re. Infatti era il compleanno di Ferdinando di Borbone e un gruppo di nobili e borghesi siciliani, che tramavano da tempo contro l’odiato despota, la festa la fecero davvero. Ma chi erano? 
Per noi sono solo nomi di vie o di piazze, di larghi e di vicoli. Sono nomi e soprannomi, nomi storpiati e dimenticati. Già, dimenticati… Dicevo, era il 12 gennaio del 1848. Era il giorno del compleanno di un re molto odiato. Così, scoppiò una rivoluzione, che nei mesi successivi si propagò al resto d’Europa, dando il via alla Primavera dei popoli. 
Ruggero Settimo, Rosolino Pilo, Giuseppe La Masa, Giuseppe La Farina, Emerico Amari, Francesco Crispi e tanti altri comprese le donne siciliane, fervide patriote e poetesse che, oltre a battersi per la libertà, si battevano già per quello che nel resto del mondo solo parecchi anni dopo sarebbe diventato il femminismo. 
Eppure oggi sono solo piazze e vie, ma un tempo furono i Gattopardi che urlarono la loro libertà. 
Il mio romanzo vuole ricordarli e omaggiarli, e lo fa attraverso una storia d’amore che tra intrighi e tradimenti ci trasporterà nella Palermo dell’Ottocento.

D. UNA SCENA DEL TUO LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R. È ambientata nella cripta delle Repentite, un luogo avvolto nel mistero, che ho potuto visitare solo di recente. Un tempo era la sepoltura delle monache, ex prostitute, di un convento ormai scomparso. Quando sono scesa nella cripta, ho avuto la sensazione di vedere i miei protagonisti prendere vita, fronteggiandosi nel duro scontro che avevo descritto. È stato emozionante.

D. UN LIBRO CHE NON TI STANCHERAI MAI DI RILEGGERE?

R. Orgoglio e pregiudizio, primo fra tutti, che ho già letto quattro volte e che medito di rileggere per la quinta. Anche Ragione e sentimento, letto tre volte, ed Emma, solo due, meriterebbero nuove attenzioni. E poi, ce ne sarebbero tanti altri: tutta la saga de Il cavaliere d’inverno, che ho letto solo un paio di volte, i libri di Natoli e, perché no, i simpaticissimi Bridgerton. 

D. QUALI SONO I TUOI PROGETTI PER IL FUTURO? 

R. Nella mia mente le storie nascono e si rincorrono velocissime, molto più di quanto io riesca a scriverle, quindi di progetti non me ne mancano. Al momento sto terminando il mio primo romanzo medievale, che, tra l’altro, è anche la prima storia vera che racconto… o quasi, perché la sto romanzando parecchio. Poi devo revisionare altri due libri scritti tempo fa, che necessitano di qualche cura, e rimettere mano a una novella che ho trascurato. Insomma, tanto lavoro!


Ringrazio Liana per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online dal 29 gennaio 2025 Giunti Editore


SINOSSI 

Palermo, autunno 1847. In città l’aria è incandescente: il popolo sta tramando contro i Borboni, e la rivolta è ormai incombente. La marchesina Isabella di Cabrera arriva da Messina carica di speranze e aspettative. Nonostante alla sua famiglia interessi solo che combini un buon matrimonio, lei freme per entrare nei salotti bene e convincere gli intellettuali che l’insurrezione deve servire anche a difendere i diritti delle donne. George Seymour ha lasciato Londra per amministrare le proprietà di famiglia in Sicilia, e adesso è inebriato dalla vitalità, dai profumi, dalla magia di quella terra. Stringe una profonda amicizia con i fratelli Alberto e Leonardo de Martini, che lo introducono alla nobiltà cittadina e agli ideali dei ribelli. George sposa la causa e si lascia travolgere dalla passione per la locandiera Cettina, verace e ardente. Quando però conosce Isabella, amata anche da Alberto, capisce che quella ragazza colta, intelligente e indocile cambierà per sempre il suo destino. Mentre i due si dibattono fra i rimorsi verso Alberto e la nascita di un sentimento ormai impossibile da reprimere, esplodono i moti, travolgendo i destini di tutti i protagonisti nell’inesorabile avanzare della Storia.


COSA NE PENSO

Ho finito di leggere o meglio di "divorare L'urlo dei Gattopardi" in appena ventiquattrore.
Un romanzo a dir poco sublime, scritto con una tale grazia e dialettica perfetta, che si legge tutto d'un fiato. 
Storie e vite che si intrecciano quelle di George, Alberto, Isabella, e Cettina, dei "cuori ribelli" impavidi e innamorati della vita come della rivoluzione che insorge a Palermo. Isabella la si ama da subito, forte e determinata com'è, esattamente come lo scanzonato e contradditorio George, l'uomo dalle azioni sconsiderate. Cettina è l'antagonista perfetta, perché esprime l'idea dell' amore nella sua più reale grandezza in quel vortice di perdizione tra gelosia e orgoglio.
Per quanto concerne, Alberto, bè, un personaggio ben costruito, vendicativo quanto basta, uno che non ti aspetti, ma che poi ti porta a farti cambiare opinione su di lui, come spesso accade anche nella vita di tutti noi ogni giorno. 
Tutti personaggi convincenti che non stancano mai di stupire nello sfondo delle tristi vicende della rivoluzione Siciliana conosciuta anche come la "Primavera dei popoli" del  1848 quando molti palermitani si radunarono per le vie della città, dove nei giorni precedenti erano stati diffusi manifesti che incitavano alla rivoluzione guidata da dei nomi che poi hanno fatto la storia della Sicilia: Ruggero Settimo, Emerico Amari, Mariano Stabile, Rosolino Pilo, Giuseppe La Masa, Francesco Crispi, Giuseppe La Farina e tanti altri. Ma l'aspetto più interessante sta nel ricordare le figure femminili che hanno fatto la storia, dando voce a tutte le donne oppresse dal dominio Borbonico. Giuseppina Turrisi Colonna spesso citata nel libro, che per prima parlò di dignità conforme anticipando di oltre vent'anni il saggio sull' assoggettazione delle donne di John Stuart Mill. Insieme ad altre donne, dalla Principessa di Butera e la scrittrice Rosina Muzio Salvo fondatrici della "Legione delle pie sorelle". 

«Questa non sarà una rivolta ma una vera rivoluzione,e i Borboni non avranno scampo. Non staremo più a guardare un sovrano che affama il suo popolo e lo tiene nell' ignoranza e nella miseria.»

In conclusione, "L'urlo dei Gattopardi" un romanzo storico e d'amore super consigliato!

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14 febbraio 2025

TRA MUSICA E PENSIERO. CONVERSAZIONE CON GIORGIO DE MARTINO.



Buongiorno miei cari amici lettori,

L'ospite di questa nuova intervista è Giorgio De Martino. 
Giorgio è uno scrittore e pianista. La sua firma è comparsa continuativamente sul quotidiano
“Il Secolo XIX” per oltre vent’anni. Per la Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova, dal 1993 al 2018, ha tenuto centinaia di conferenze. 
Ha pubblicato saggi e volumi di narrativa. Tra i suoi ultimi libri, La gloria e la prova (Baldini+Castoldi, 2022, scritto con Totò Cascio) e Andrea Bocelli – Essergli accanto (Gruppo Albatros Il Filo, 2023).

 

D. CHI È GIORGIO?

R. I primi trent’anni, era un ragazzo irrequieto e con una dote speciale nel dissipare ogni proprio talento. Il guaio è che sulla carta si dovrebbe dismettere l’infanzia intorno ai diciotto anni, mentre nel mio caso, per la mole di disvalori e di sciocchezze di cui la mia generazione (e temo quelle successive) si è cibata (io, in prima fila), pervenire all’età adulta è un traguardo che rischia di non essere conquistato. Ed è tragico, perché i bambini-adulti hanno solo bisogni e sono, in una parola, il flagello dell’umanità. Nei miei secondi trent’anni ho cercato di mettere ordine (e di fare esperienza di un’esistenza non filiale ma adulta e per quanto possibile responsabile, meno nevrotica, meno narcisistica). Ho trovato – all’altro lato del mondo – la mia compagna per la vita, ho messo da parte uno strumento pericoloso che frequentavo quasi professionalmente (il pianoforte), ho messo da parte un’attività che ritengo disonorevole (critico musicale per un noto quotidiano) e nella collaborazione con un celebre cantante – sia lirico che pop – ho trovato il mio posto sulla terra e anche un modo di pagare le bollette. Quanto al cielo, ho i voli che mi permette la scrittura, ho un figlio più intelligente di me e pure una cagnetta “diversamente intelligente”, da portare a fare pipì.

D. QUANDO HAI COMINCIATO A SCRIVERE E PERCHÉ? 

R. Scrivo da quando ero bambino. Alternavo la parola e la musica, forse perché mi trovavo tanto a disagio nel contesto borghese obiettivamente scialbo in cui sono cresciuto. Diciamo che per ribellarmi, avevo le armi ma disgraziatamente non le pallottole. Ho scritto al liceo, ho scritto sui giornali (il primo a cui ho collaborato era “L’eco di Genova” e avevo forse 17 anni), su riviste specializzate musicali, ho scritto libri e magazine vari. In particolare mi sono trovato a “volere” – dapprima inconsciamente, poi consciamente – occuparmi delle vite degli altri, scrivendone. Forse per pudore ho messo da parte la mia (e altre di fantasia, che sono sempre la mia, riflessa). Mi piacerebbe poter dire che scrivo per me. In realtà no, sono ancora nella fase in cui dipendo emotivamente dal fatto che persone che non conosco e che se conoscessi magari non stimerei, sfoglino o meno il mio libro distrattamente (o se ne innamorino, è uguale). Mentre una parte di me capisce che non c’è aspettativa più stupida, e che si scrive solo ed unicamente per se stessi (ai miei tempi senza accento, adesso con l’accento pure se è seguito da stessi). Si scrive per fare un po’ di conversazione con lo status d’essere in vita, prima di sparire. Da quattro anni ho un agente che (quando ha tempo) si occupa della selezione dell’editore. Come libero battitore ho pubblicato anche per case “di prima fascia”, come De Agostini, Mondadori e Sperling & Kupfer (collaborando a due progetti realizzati insieme al M° Bocelli), poi attraverso l’agenzia ho scritto per Baldini + Castoldi e per il Gruppo Albatros il Filo.

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL TUO NUOVO LIBRO ARIRANG, COSA DIRESTI?

R. “Arirang” è il nome del brano musicale più popolare e antico della tradizione coreana. Ed è un termine intraducibile, legato comunque ad una sofferenza, a un dolore spirituale che diventa fisico. Titolando il libro “Arirang” ho voluto omaggiare questo straordinario popolo, le cui tradizioni e la cui visione della vita ho cercato di raccontare. Ed anche perché la musica – sia popolare, sia classica – percorre molte pagine di questo romanzo. Si tratta di un progetto che covavo da oltre un ventennio. Anzi, proprio vent’anni fa iniziai a scriverne una trentina di cartelle. Il libro corre su un doppio binario: da un lato c’è il filo rosso della storia di una giovane vita, quella di Soo Jung, cantante lirica, narrata in prima persona, dalla prima infanzia fino all’età adulta, dall’altro ho cercato di offrire uno spaccato della cultura e degli usi di un paese, la Repubblica di Corea, che frequento da un quarto di secolo e che oggi desta un interesse esponenzialmente crescente, anche in Italia. La “prima vita” della protagonista è quella vissuta in una nazione ancora sotto un malcelato regime militare e con i postumi di una frattura lacerante che, a seguito appunto della Guerra di Corea, ha separato violentemente nord e sud della penisola. La sua infanzia si muove in una realtà – gli anni ’70 e ’80 – che ai nostri occhi pare quasi ottocentesca. Ma sono anni cruciali in cui il Paese del calmo mattino, pur se sfibrato da decenni di conquista giapponese e poi dalla guerra, ha la forza di rialzarsi e di crescere fino a diventare una delle tigri asiatiche.

D. CON QUALI COLORI DESCRIVERESTI I PERSONAGGI?

R. Il bianco, colore del lutto per gli orientali? Il rosa pastello dei ciliegi in fiore (perché: non solo in Giappone!)? Il nero delle foto monocromatiche degli anni ’70? Il beige traslucido della fibra di carta di riso facente funzione dei vetri nelle case tradizionali, ancora negli anni ’80? Anche questo, ma purtroppo nulla di tutto questo… Penso che nel caso di “Arirang” i colori siano quelli, estremamente variopinti e per ciascuno diversi, delle emozioni nel seguire una storia, una vita, e con essa la cultura di un paese. Ma se entro nei dettagli, cercando soluzioni ad effetto, replicherei con delle sciocchezze e renderei banale, senza appello, certo la risposta, e forse pure la domanda. 

D. PARLACI DELLE INFLUENZE LETTERARIE CHE HAI AVUTO, DEGLI SCRITTORI CHE AMI.

R. Sono un lettore discontinuo, spesso leggo più libri contemporaneamente, usufruendo parallelamente anche di audiolibri. Non ho modelli. Posso dire ciò che di recente ho apprezzato: “L’età fragile” di Donatella Pietrantonio, la “Trilogia della pianura”di Kent Haruf, molti titoli di Cormac. E poi, “Il libro dell’inquietudine” di Pessoa e “L’uomo senza qualità” di Musil, che sono aperti sul comodino e procedono di pari passo, insieme al libro “La gioia di scrivere” che contiene tutte le poesie di Wislawa Szymborska (in questo caso, di solito apro una pagina a caso). Ho ripreso da poco “La danza della realtà” di Alejandro Jodorowsky (genio che sono orgoglioso di avere incontrato, tanti anni fa) e sto leggendo un bel libro – “Compagno don Mario” – di un caro amico che oltre ad essere scrittore è un rinomatissimo oculista e chirurgo, Andrea Marabotti. Mi piace infine ricordare “Anam Cara” di John-O-Donohue, perché è un libro che da molti anni periodicamente rileggo. 

D. QUALE È IL MESSAGGIO CHE VORRESTI TRASMETTERE AI LETTORI CHE HANNO LETTO O LEGGERANNO IL TUO ROMANZO?

R. La Corea del sud è molto di più, rispetto a ciò che filtra (anche in Italia) attraverso il suo cinema, pur di gran pregio, le sue astute e ben congeniate serie televisive, la musica divertente e seducente del K-Pop che sforna “Lolite” e “Loliti” (sempre meno sessuati) che ballano e cantano canzoncine carine… La Corea ha una propria cultura di gran peso, seppure pare sia stata sepolta per decenni dal consumismo sfrenato importato dagli Stati Uniti e dal Cristianesimo che ha fatto, del luogo, terra di conquista, soprattutto a partire dal primo Novecento. Credo sia una nazione da scoprire, al di là dei suoi cosmetici, dei suoi cellulari e anche della macchina formidabile dello showbusiness che è in grado di montare. È un paese bello e poetico, fatto di persone che amano la poesia ed il canto (anche quello lirico), fatto di splendide tradizioni millenarie e di una filosofia da cui si può imparare molto. Parente (come tutto l’oriente) della Cina, la Corea ne è allo stesso tempo lontanissima. La terra del re Tan’gun, dei regni di Koguryô, Paekche e Silla, la stirpe dei pronipoti Altai dei mongoli, dei principi degli Urali, è molto altro. Il messaggio del libro è quello che riporto nelle ultime parole del libro. Eccole: “Al Paese del calmo mattino devo quasi tutto, perché ha generato colei che è la protagonista di questo romanzo e della parte migliore della mia vita. A questa straordinaria terra che è la Corea, auguro che la Storia restituisca l’originaria unità. Spero inoltre che tra i suoi abitanti si faccia strada una coscienza sempre più capillarmente salda e diffusa dello splendore, irrinunciabile e innegoziabile, delle proprie radici, storiche e culturali”.

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Cerco di silenziare il fanciullo, che tuttora ogni tanto s’insinua e programma vite in altri continenti e nuovi mestieri. Mentre, entro il 2025, vorrei pubblicare una raccolta di racconti che ho quasi terminato. Sono talmente belli che temo non siano pubblicabili (infatti stavo pensando di dare alla raccolta un titolo ad effetto… Tipo “Viva la mafia” o “Manuale di coprofagia” così gli editori potrebbero fiutare qualche soldo e interessarsi). Sempre quest’anno sarà pubblicata una versione ampliata del libro “Andrea Bocelli: Essergli accanto”, la biografia più completa del celebre artista (col quale collaboro ormai da quasi vent’anni). In programma, incrociando le dita, anche l’edizione in lingua inglese. Però, considerando gli anni che ho compiuto non da molto, rispondo citando un breve passaggio da “Arirang” che potrebbe riguardarmi: “In epoca Koryō, fino al quattordicesimo secolo, nei rari casi in cui un padre avesse raggiunto l’età veneranda dei sessant’anni, il primogenito lo accompagnava verso la morte in un rito di sepoltura chiamato Koryŏjang. Lo trasportava sulla schiena fino a una collina dove era stato innalzato un loculo. Al suo interno il genitore era murato, tranne una piccola breccia da cui era nutrito per qualche tempo. Quando si aveva ragionevole certezza della sua morte, la tomba veniva sigillata». Ecco.  

Ringrazio Giorgio per aver risposto alle mie domande.


In libreria e sugli store online dal 11 settembre 2024  Gruppo Albatros Il Filo

SINOSSI 

“Arirang” è molto più di una canzone. 
È un simbolo intriso di storia e cultura coreana, un inno che racchiude tra le sue note l'anima di un intero popolo. Interpretata da innumerevoli artisti, i suoi toni struggenti e pieni di passione hanno il potere di toccare il cuore, evocando ricordi di gioia e sofferenza, di amore e nostalgia. La sua melodia diventa il filo conduttore della vita di Soo Jung, una giovane nata a Seoul e che il destino, dopo lunghe sofferenze, ha portato in Italia. La sua vita è un ponte tra due culture, un continuo viaggio tra il passato e il presente: la narrazione ci accompagna attraverso la sua infanzia in Corea, tra leggende e tradizioni, fino alla scoperta della musica lirica, che diventerà la sua passione e la sua carriera. 
Attraverso la voce di Soo Jung, scopriamo una Seoul in trasformazione, sospesa tra modernità e tradizione, e un'Italia vista con gli occhi di una straniera, che riesce a coglierne le sfumature più nascoste. La prosa di Giorgio De Martino intreccia descrizioni evocative, profonde riflessioni e momenti di intensa emozione, toccando le corde più intime e personali della protagonista. Un romanzo che attraversa i confini, un viaggio tra Oriente e Occidente, tra passato e futuro.

COSA NE PENSO

L'inizio è abbastanza confusionale dal mio punto di vista e ciò crea solo confusione in chi legge.
Perché De Martino prima di iniziare a narrare la storia vera e propria della sua protagonista, Soo Jung preferisce focalizzarsi di più sull'origine della parola coreana “Arirang”,  nonostante questo termine abbia un origine poetica e al contempo musicale, si rivela una scelta indubbiamente ardua per un romanzo che volge verso un' altra direzione.
Quando il libro entra nel vivo nella storia tutto cambia, il ritmo si addolcisce la penna di De Martino assume un tono quasi paterno, intimo.
Attraverso la voce di Soo Jung, conosciamo una Seoul che muta insieme alle stagioni della vita tra tradizione e modernità.
Una figlia che ama e perdona. 
Un infanzia segnata dalla povertà, le parole mai dette a quel padre assente, ma soprattutto una figlia consapevole del fatto che nulla potrà restituirle gli anni perduti. 
In conclusione, i capitoli sono molto brevi e ben strutturati. De Martino ha saputo trasformare il dolore in poesia. Arirang, vuole essere una bussola per il lettore. Consigliato. Buona lettura!

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04 febbraio 2025

RECENSIONE DEL LIBRO: “QUELLO CHE SO DI TE” DI NADIA TERRANOVA


In libreria e sugli store online dal 14 gennaio 2025 Guanda

NOTE SULL' AUTRICE 

Nadia Terranova è nata a Messina e vive a Roma. Ha pubblicato i romanzi Gli anni al contrario (2015, vincitore di numerosi premi tra cui il Bagutta Opera Prima, il Brancati e l’americano The Bridge Book Award), Addio fantasmi (2018, finalista al Premio Strega, Premio Alassio Centolibri) e Trema la notte (2022, Premio Elio Vittorini, Premio Internazionale del mare Piero Ottone). Collabora con le pagine culturali della Repubblica e della Stampa ed è la curatrice della rivista letteraria K edita da Linkiesta. È tradotta in tutto il mondo.

SINOSSI 

C’è una donna in questa storia che, di fronte alla figlia appena nata, ha una sola certezza: da ora non potrà mai più permettersi di impazzire. La follia nella sua famiglia non è solo un pensiero astratto ma ha un nome, e quel nome è Venera. Una bisnonna che ha sempre avuto un posto speciale nei suoi sogni. Ma chi era Venera? Qual è stato l’evento che l’ha portata a varcare la soglia del Mandalari, il manicomio di Messina, in un giorno di marzo? Per scoprirlo, è fondamentale interrogare la Mitologia Familiare, che però forse mente, forse sbaglia, trasfigura ogni episodio con dettagli inattendibili. Questa non è solo una storia di donne, ma anche di uomini. Di padri che hanno spalle larghe e braccia lunghe, buone per lanciare granate in guerra. Di padri che possono spaventarsi, fuggire, perdersi. Per raccontare le donne e gli uomini di questa famiglia, le loro cadute e il loro ostinato coraggio, non resta altro che accettare la sfida: non basta sognare il passato, bisogna andarselo a prendere. Ritornare a Messina, ritornare fra le mura dove Venera è stata internata e cercare un varco fra le memorie (o le bugie?) tramandate, fra l’invenzione e la realtà, fra i responsi della psichiatria e quelli dei racconti familiari.

COSA NE PENSO

Le mie prime sensazioni a caldo dopo aver terminato la lettura di questo romanzo sono tante, e tutte contrastanti e al contempo struggenti.
Quello che so di te, ci conduce in un binario sconosciuto,due linee parallele che si incontrano e poi si dividono, tra passato e presente.
Venera che dall' oltretomba vuole riscattarsi e chiede "aiuto"alla pronipote Nadia tra sogno e realtà, per se e per tutte quelle donne prima e dopo di lei che nascono, vivono,soffrono e amano allo stesso modo,“Io sono una come tante” sembra dire con fermezza e dignità, perché noi donne siamo madri ma soprattutto donne con un corpo e un anima, un aspetto spesso trascurato dal egoismo altrui.
Nadia Terranova, ne delinea i contorni rendendola reale la sua Venera, così reale che sentiamo le sue fragilità, il suo delirio , l'urlo straziante di un anima in pena, il corpo e la mente di una madre morta seppur non fisicamente insieme alla sua bambina ancora nel grembo. E lei, Giovanna spettro che si fa carne, sogno spezzato che non smette di vivere dentro lo stesso "pianeta" di sua madre.
Una donna può risorgere luminosa dalle proprie ceneri dopo aver incontrato la propria “morte” interiore un'esperienza intensa sia sul piano fisico che mentale.
Per un breve lasso di tempo, "Mussu cuciutu" muso cucito, così come viene nominata dalla sua famiglia Venera, diventa voce di tutte le altre donne, un tempo rinchiuse dentro i Manicomi e spesso abbandonate al loro tragico destino. 
La mente è assai pericolosa e può rivelarsi nostra nemica, un labirinto infido, persecutorio c'è chi si lascia trascinare in quel enorme vortice di paure ed inganni. 

«Se tutto quello che ami scomparisse, sapresti ancora chi sei?»

In conclusione, all'inizio prima ancora di addentrarmi dentro la storia di “Quello che so di te” mi ha colpita la frase scelta da Nadia di Virginia Woolf: «C'è,nella maternità,uno strano potere.»
Vero? Falso? Una frase ad effetto che dà il via ad uno dei romanzi più intensi della Terranova.
Adoro la sensibilità di Nadia, perché ci racconta a cuore aperto la sua esperienza personale di donna e madre, un libro di sorellanza,di supporto e di grande sensibilità.
Consigliatissimo. Buona lettura!


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14 gennaio 2025

RECENSIONE DEL LIBRO: JO&LAURIE DI MARGARET STOHL E MELISSA DE LA CRUZ


NOTE SULLE AUTRICI 

Margaret STOHL è un'autrice molto amata, soprattutto dai ragazzi. Ha scritto quindici romanzi e graphic novel. Ha contribuito a innumerevoli giochi e fumetti,tra cui Beautiful Creatures Widow e Forever Red duology.

Melissa de la Cruz è un autrice bestseller internazionale di molti libri acclamati dalla critica per lettori di tutte le età, famosa per la saga Streghe di East End e Sugar blu.

SINOSSI 

1869, Concord, Massachusetts. Dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, Jo March è esterrefatta nel rendersi conto che la sua storia scritta tanto per guadagnare qualche soldo gode di una fama inaspettata e il suo editore e i suoi lettori chiedono a gran voce un seguito, ma non un seguito qualsiasi: il seguito giusto in cui tutte le piccole donne sono appagate, innamorate e felici. Per questo Jo è sotto pressione per scrivere il suo finale e Laurie la porta a New York per una settimana alla ricerca dell'ispirazione: musei, opere e persino una lettura pubblica di Charles Dickens in persona! Ma mentre Jo pensa a quello che sarà il destino dei suoi personaggi, Laurie ha in mente un finale ben preciso per sé e per la donna che ha scoperto di amare: una donna con un tale desiderio di indipendenza da non rendersi conto che la vera indipendenza viene da un cuore appagato.

In libreria e sugli store online dal 24 ottobre 2022 Vintage editore

COSA NE PENSO

D' un tratto, ci si chiede se Jo&Laurie, sia stato scritto dalla vera Louisa May Alcott, stesso stile e scrittura dell'autrice di “Piccole donne”.
Il romanzo si svolge attorno ai giorni liberi e semplici delle sorelle March, ma con un occhio attento verso quello che poteva essere il finale nel romanzo originale, si prosegue così sulle orme della Alcott, tra eventi, luoghi e personaggi che tutti noi abbiamo amato. E poi, new entry particolarmente convincenti che si sposano alla perfezione con i personaggi storici.
Questa volta, nell'immaginario di Margaret Stohl e Melissa De la Cruz, Jo prende il posto di
Louisa May Alcott ,infatti, è lei l'autrice di Piccole donne in questa nuova narrazione,Jo dovrà portare a compimento il sequel del romanzo sulle sue sorelle che l'ha resa famosa anche in Europa,un eccellente coup de théâtre.

«Donne indipendenti, tutte. Esempi di autodeterminazione, chiarezza morale e forza d'animo spirituale.»

In conclusione, anche questa volta, l' adorata Jo è  fuori dagli schemi,coraggiosa, anticonformista, solitaria sempre controvento.
Un libro rivoluzionario, delizioso. Ben fatto, sia il testo che le illustrazioni. Sono certa care amiche che amerete anche questo romanzo. Consigliatissimo.Buona lettura!

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16 dicembre 2024

RECENSIONE DEL LIBRO: “QUELLA VOLTA” DI GERRY SCOTTI





In libreria e sugli store online dal 29 ottobre 2024 Rizzoli


NOTE SULL' AUTORE 

Gerry Scotti è un conduttore televisivo, radiofonico, disc jockey ed ex politico italiano. All'anagrafe Virginio Scotti, inizia la sua carriera in ambito radiofonico, lavorando per Radio Deejay. Approda in seguito in televisione, grazie alla conduzione di quiz, varietà e talent show, e recitando spesso anche in sit-com o film TV. Ha sempre lavorato sui canali TV di Mediaset, azienda che lo considera un suo personaggio di punta e di spicco. Tra i programmi di maggior successo ricordiamo, Passaparola (1999) e Chi vuol essere milionario? (2000). Dal 2015 conduce il nuovo gioco a quiz per Canale 5 intitolato Caduta libera. È molto apprezzato anche come giudice di Tú sí que vales.
Nel 2023 esce per Rizzoli il suo libro, Che cosa vi siete persi. Segue nel 2024 Quella volta. Un viaggio nel passato di tutti noi.

SINOSSI 

Quanti ricordi si nascondono nelle pieghe della memoria? Momenti fugaci, emozioni intense, persone e oggetti che hanno lasciato un segno indelebile nel cuore, sono come piccoli frammenti di un puzzle che, messi insieme, compongono il mosaico della nostra vita. I ricordi sono un tesoro prezioso che portiamo con noi per tutta la vita. Tutti noi, infatti, ricordiamo con nostalgia le lunghe giornate estive dell’infanzia, i giochi all’aperto con gli amici, i primi giorni di scuola, l’emozione di ricevere un regalo, la paura del buio… E poi le prime infatuazioni, le amicizie profonde dell’adolescenza, ma anche le insicurezze, i dubbi, la ricerca di una propria identità. I primi lavori, le vacanze e i viaggi avventurosi, le notti insonni passate a studiare. E le delusioni, le difficoltà, le scelte difficili da affrontare. Con l’età adulta sono poi arrivati i momenti di riflessione, il bilancio di quanto abbiamo fatto e di quanto ci manca ancora da fare. Ricordiamo i successi professionali, le relazioni affettive, le gioie e i dolori della vita. Senza però dimenticare i rimpianti, le occasioni mancate, i sogni rimasti nel cassetto. Tutti questi attimi, legati nella nostra memoria ai grandi eventi della Storia, quelli che tutti ci ricordiamo, sono un tesoro prezioso che portiamo con noi per tutta la vita. Ci permettono di rivivere emozioni uniche, di imparare dagli errori del passato, di apprezzare il presente e di guardare al futuro con speranza. Sono un ponte tra il passato e il futuro. Un ponte che percorriamo, pagina dopo pagina, insieme con l’autore, divertendoci e commuovendoci di fronte ai suoi, ai nostri ricordi.

COSA NE PENSO 

Quella volta è un libro che ci permette di fare un viaggio tra i meandri della memoria collettiva, Gerry Scotti ha volutamente unito fatti personali a fatti di cronaca e che volente o nolente ci ricordiamo un po' tutti.
Ho apprezzato l'onestà intellettuale con cui il noto conduttore televisivo ha messo nero su bianco, per cui non viene fuori solo il Gerry della televisione il conduttore de La Ruota della Fortuna o di Chi vuol essere milionario? cito solo questi suoi due programmi di grande successo, perché non basterebbe una solo pagina per citare cinquant'anni di carriera prima radiofonica e poi televisiva ma l' uomo dalle umili origini che c'è l'ha fatta proprio grazie alla sua grande voglia di fare e che oggi un po' manca ai giovani di oggi.
Pagina dopo pagina, l' elemento principale che più di tutti prevale è la sua grande sensibilità.
In conclusione, grazie a questo libro abbiamo la possibilità di accrescere la nostra conoscenza sulla musica, e poi ci sono aneddoti molto simpatici, curiosità legate anche ai personaggi di spicco come il grande Mike Bongiorno. Una lettura piacevole,  soprattutto grazie all'uso di un linguaggio spigliato che arriva proprio a tutti. Grazie Gerry per averci regalato una biografia non artefatta ma genuina e scritta col cuore. Consigliato.Buona lettura!

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29 novembre 2024

RECENSIONE DEL LIBRO: “LA BALLATA DEI PADRI INFEDELI” DI ROSA TERUZZI


In libreria e sugli store online dal 23 aprile 2024 Sonzogno

NOTE SULL' AUTRICE 

Rosa Teruzzi classe 1965, vive e lavora a Milano. Esperta di cronaca nera, è caporedattore della trasmissione televisiva Quarto grado (Retequattro). Oltre ai libri della serie I delitti del casello, editi da Sonzogno, ha pubblicato diversi racconti e tre romanzi. Per scrivere si ritira sul lago di Como, in un vecchio casello ferroviario dove colleziona libri gialli.

SINOSSI 

Tornata dalla prima vacanza con Gabriele, nella Milano grigia di fine ottobre, Libera è in preda a un turbine di emozioni: se da un lato l’attrazione che prova per lui è innegabile, dall’altro è in crisi per le avance di Furio e per via della richiesta del commissario di appendere le indagini al chiodo – specie adesso che è così vicina a scovare il Gatto con gli Stivali, all’anagrafe Diego Capistrano, il rapinatore mascherato che potrebbe essere suo padre. Nonostante le incertezze, Libera decide di dare comunque la caccia al latitante – affiancata dalla madre Iole e dalla Smilza, le socie di sempre –, ancora più determinata a far venire a galla la verità. È così che le Miss Marple del Giambellino scoprono che l’uomo è rientrato in città, e che sta portando avanti un’indagine privata: Hamma, il padre del suo protetto, è scomparso dopo una rissa con un gruppo di peruviani, lasciandosi dietro una scia di sangue. Era uno spacciatore, e tutto fa pensare a una resa dei conti tra bande rivali; ma il suo corpo non è mai stato ritrovato, e Capistrano e le donne della famiglia Cairati sono decisi a vederci chiaro: finiranno per unire le forze, svelando segreti che avranno conseguenze insidiose e taglienti come spine.


COSA NE PENSO 

La ballata dei padri infedeli è un libro delizioso, a tratti ironico, un giallo fuori dagli schemi tradizionali, non manca davvero nulla, tanti i colpi di scena.
La bellezza di questo libro risiede nel farsi leggere tutto d'un fiato senza mai stancare il lettore.
Un giallo con un pizzico di ilarità che non guasta affatto, rendono le indagini delle “Miss Marple del Giambellino” davvero stimolanti.
Adorabile Iole, avanguardista emancipata da sempre, madre eccentrica di Libera. 
Libera è l'esatto opposto di sua madre per natura. Lei è una donna e madre consapevole di sé , sebbene la paura di lasciarsi andare in amore, nuoccia sulle sue scelte. 
A metà lettura ci si comincia a chiedere, se riuscirà mai a trovare la strada per la felicità? I presupposti farebbero ben sperare, pur tuttavia tutte le ipotesi rimangono aperte.

«Lasciar andare non è proprio semplice e non lo è nemmeno rinunciare alle proprie aspettative.»

In linea di massima ho apprezzato molto anche tutti gli altri personaggi narrati.
Una grande storia di emancipazione, amicizia e sorellanza. 
In conclusione, La ballata dei padri infedeli si rivela una lettura piacevole,una scrittura che ti cattura e che mette d'accordo proprio tutti. Consigliato. Buona lettura!

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03 novembre 2024

INTERVISTA A UGO BARBÀRA - AUTORE DELLA SAGA “I MALARAZZA”.


Care Amiche e Amici del mio blog,

L'ospite di questa nuova intervista è Ugo Barbàra.
Ugo è uno scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano. Ha scritto, tra gli altri, In terra consacrata (Piemme, 2009), candidato al Premio Strega, Le mani sugli occhi (Piemme, 2011) candidato al Premio Scerbanenco, e I Malarazza (Rizzoli, 2023), e Malastrada (Rizzoli,2024)

D. UGO, COM'È NATA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA? 

R. Ho scritto il primo racconto a più o meno dieci anni e ho pubblicato il primo giornalino di classe in quinta elementare. Non so cosa sia nata prima, se la passione per la scrittura o quella per il giornalismo, fatto sta che entrambe mi accompagnano da sempre, si integrano e si completano. Forse l'una non esisterebbe senza l'altra. Quello che posso dire è che nella scrittura giornalistica cerco di mettere quella passione narrativa che trasforma una notizia in una storia. Mi spiego: se mi imbatto in una vicenda in cui è di per sé contenuta una notizia, ma ancora di più tutti gli elementi che servono ad arricchirla e contestualizzarla, dando profondità e spessore ai protagonisti, quella è un'occasione da non perdere. Perché la realtà inventa trame che nessuna fantasia riesce a partorire e la vita quotidiana ci offre personaggi che nessuno scrittore può generare. Quando invece racconto le mie storie cerco di adottare il rigore che serve a un giornalista sia nei romanzi storici che in quelli più legati alla cronaca. Ad esempio: quando ho scritto ‘In terra consacrata’, che era ispirato alla vicenda di Emanuela Orlandi, ho cercato di essere rigoroso nella gestione delle fonti, senza cadere nella rigidità della cronaca.

D. DA QUALE IDEA,SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, È NATA LA SAGA SULLA FAMIGLIA MONTALTO, “I MALARAZZA”?

R. La famiglia Montalto è realmente esistita. Non con le dimensioni e i caratteri che io racconto in ‘Malarazza’ e in ‘Malastrada’, ma l'essenza era quella. Li ho incontrati quando vivevo negli Stati Uniti e mi ha colpito la straordinarietà della loro vicenda. Innanzitutto, perché erano emigrati nella metà dell'Ottocento già ricchi e questo ne faceva una peculiarità rispetto alla storie di emigrazioni alle quali siamo abituati, e poi perché erano una sorta di Forrest Gump ante litteram: nella loro lunga e travagliata esistenza hanno incontrato personaggi di ogni genere che hanno fatto la Storia, quella con la ‘S’ maiuscola. Ho lavorato molti anni non soltanto nella raccolta di materiale che serviva per un romanzo con un respiro così ampio, ma anche perché ho avuto l'esigenza di sentire maturare i personaggi che l'avrebbero raccontata. Mi piace anzi pensare di averli incontrati, in questi anni. E loro mi hanno raccontato la loro storia che poi io ho messa su carta. Non sono altro che è un cantastorie dell’epopea dei miei personaggi. 

D. CON QUALI COLORI DESCRIVEREBBE I PERSONAGGI?

R. Mi piace pensare alle sfumature. Se dovessi descrivere i colori dei personaggi di Malarazza andrei su varie sfumature di rosso. Da quello più intenso, purpureo, del sangue a quello pallido del viso di Bianca. Se invece penso ai colori di Malastrada mi vengono in mente le sfumature del grigio e del nero. Perché penso agli anni in cui è ambientato: anni in cui le ferrovie, l'acciaio, le fabbriche dominavano in un Paese vasto come l'America. E all'anima di alcuni personaggi che si va tingendo di un nero sempre più intenso.

D. QUALI SONO GLI AUTORI O I LIBRI CHE HA AMATO DI PIÙ O CHE MAGGIORMENTE L'HANNO INFLUENZATA?

R. Gli autori che amo sono tanti: De Roberto, Natoli, Pirandello, Verga. Insomma, i classici siciliani. E i russi come Tolstoj e Gogol. Ma la letteratura dalla quale mi sento più influenzato è quella americana del secolo scorso. Scrittori come Hemingway, Scott Fitzgerald o Steinbeck. Ma anche altri ingiustamente quasi dimenticati come Irwing Shaw, al quale sono particolarmente legato e che ha scritto due romanzi straordinari come ‘Povero ricco’ e ‘I giovani leoni’. Ma mi piace anche l'epica della letteratura western, da Elmore Leonard a Cormac McCarthy.

D. HA DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R. Il lavoro di giornalista è per definizione l'antitesi della routine. Mi piacerebbe avere delle abitudini perché so quanto sono stimolanti per la scrittura. In ‘On Writing’ Stephen King elenca i suoi rituali ‘conciliatori’ e dato che la scrittura è un po’ magia e un po’ woodoo credo che sia importate, se si può, avere i propri spazi, i propri oggetti e il proprio tempo. Scrivere è come evocare degli spiriti e se gli spiriti non trovano ad accoglierli l’ambiente giusto può succedere che non si presentino. Ma poiché amo il giornalismo quanto amo la scrittura e non ho alcuna intenzione di rinunciare a nessuno dei due, devo farli conciliare e così ecco che scrivo ovunque ne ho la possibilità: in treno, in hotel in attesa di una presentazione, in aeroporto per un volo in ritardo. In un periodo in cui facevo spesso il pendolare ho scritto un intero romanzo – ‘Due Madri’ – su un regionale e il livello di concentrazione che ritrovavo ogni volta che aprivo il portatile era stupefacente.

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOLE AGGIUNGERE... CHE VORREBBE DIRE AI SUOI LETTORI?

R. Non dite mai la frase “anch’io un giorno vorrei scrivere un romanzo”: se vi brucia sulla punta delle dita trovate il tempo e il modo di farlo, ma se continuerete a trovare qualcosa di più urgente, allora non è la scrittura la vostra strada. Le storie possono anche farsi attendere, ma non sanno attendere di essere raccontate. E scrivete di quello che conoscete: non raccontate storie d’amore se non vi ricordate più come sia essere innamorati e non parlate di scalate in montagna se soffrite di vertigini. E se proprio dovete scrivere di qualcosa con cui non siete in confidenza, documentatevi. Ma soprattutto: leggete, leggete, leggete. Se scrivete più di quanto leggete, c’è qualcosa che non va.

D. PROGETTI PER IL FUTURO E SOGNI?

R. Innanzitutto, il terzo e ultimo capitolo della saga dei Montalto. Poi ho in mente una straordinaria storia vera, sempre legata all’emigrazione italiana, così appassionante che solo la Storia può avermela donata. E poi forse un’altra saga, ma questa volta ambientata in altri luoghi e in un altro tempo per raccontare un’altra epopea tutta italiana. Ma non vi anticipo altro. Il sogno è, ovviamente, di vedere Malarazza e Malastrada sullo schermo, piccolo o grande che sia. Ma sarebbe sbagliato credere che li ho scritti pensando a una trasposizione cine-televisiva. Se fosse stato così, avrei pensato a qualcosa di meno costoso da realizzare.


Ringrazio Ugo per essere stato mio ospite.

I MALARAZZA

Castellammare del Golfo, 1860. Mentre Garibaldi si prepara a sbarcare in Sicilia, Antonio Montalto ha un’intuizione: cedere parte delle terre che hanno fatto la fortuna della sua famiglia – che da sempre produce olio e vino – in cambio di un piccolo veliero. Al paese intero pare un folle ma a lui non interessa; ha capito prima di tutti dove sta soffiando il vento del cambiamento e non può restare a guardare. Sa che se vuole realizzare le proprie ambizioni deve staccarsi dalla terra dei padri per guardare oltreoceano. Inizia così l’avventura dei Montalto che, tra l’arsura di Castellammare e il fragore di New York, incroceranno la grande Storia e daranno vita a un impero fondato sulle imprese visionarie di Antonio, ma soprattutto sulla caparbietà della moglie Rosaria, capace di gettare le basi per un progetto che travalica il loro tempo: la creazione di una banca americana con una presidente donna. Intorno a loro e ai sei figli, una schiera di figure memorabili, tra cui la giovane Bianca che, lasciata la sua esistenza siciliana per seguire la padrona Rosaria, si rifà una vita come speziale nella città americana. E Nicola, suo segreto amore, che scopre come i fantasmi possano inseguirlo anche di là dal mare. Con voce magistrale, Ugo Barbàra dà vita a una narrazione portentosa, cesellando in un ritmo incalzante una vicenda che ha in sé gli ingredienti di ogni grande romanzo: personaggi umanissimi, amori e destini da sovvertire.
In libreria e sugli store online dal 19 settembre 2023 Rizzoli

MALASTRADA 

I Malarazza hanno conquistato l’America. Alla fine dell’Ottocento l’impero dei Montalto si estende dagli Stati Uniti all’Europa, i loro commerci fioriscono, le loro navi collegano le sponde dell’Atlantico e il loro vino è sulle tavole più prestigiose. Prima di lasciare New York, Rosaria Battaglia ha affidato ai figli Leonardo e Paolo la guida della banca di cui è stata la prima donna presidente, ed è tornata a Castellammare del Golfo con la figlia minore, Benedetta: è lei che un giorno dovrà prendere le redini del ramo siciliano della famiglia. Giovane, bella ed emancipata, Benedetta si innamora di Ignazio Rizzo, che con il padre Vincenzo ha gestito la ricchezza dei Montalto. Ma Don Vincenzo sa che quell’amore, travolgente e viscerale, non deve andare oltre ed è disposto a tutto pur di separare i due giovani. E mentre Benedetta deve affrontare l’allontanamento di Ignazio e la nuova mole di responsabilità, in America la gestione attenta di Leonardo e il suo impegno nel tessere legami con l’alta società newyorkese non bastano a evitare le insidie che si affacciano all’orizzonte. Il rapporto sempre più burrascoso con il fratello Paolo, al contrario sregolato e dissoluto, e l’incombere della Mano Nera minacciano di spezzare gli equilibri familiari. È solo l’inizio di una nuova, turbolenta, fase per gli eredi di Antonio Montalto: tra ambizioni personali e lotte fratricide, Leonardo, Paolo e Benedetta dovranno guardarsi le spalle non solo dai nemici esterni, ma ciascuno dal sangue del proprio sangue.
In libreria e sugli store online dal 3 settembre 2024 Rizzoli


COSA NE PENSO 

Barbàra dirige con grande maestria la storia, riuscendo ad accontentare anche il lettore o la lettrice più esigente, perché alla fine del primo capitolo, ci lascia col fiato sospeso proprio sul più bello. 
Quando ormai, le sorti dei protagonisti sono in balia degli eventi in un momento evolutivo e ci si chiede se faranno le scelte giuste. Barbàra riesce a dosare in quantità equa i periodi storici citati al fascino narrativo con uno stile asciutto, scorrevole ed elegante.
In entrambi i libri prevalgono,
l'emancipazione femminile, l'amore, l'odio,la vendetta,la rinascita,la povertà e la ricchezza.
In conclusione, due grandi capolavori, con una trama intensa e tanti personaggi che rendono questi romanzi unici. 
Consigliatissimi! Buona lettura 

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23 ottobre 2024

RECENSIONE DEL LIBRO: “QUEL FAZZOLETTO COLOR MELANZANA” DI ARIANNA MORTELLITI


In libreria e sugli store online dal 1 ottobre 2024 Mondadori

NOTE SULL' AUTRICE 

Arianna Mortelliti (Roma 1987) si è laureata in Scienze biologiche e lavora tuttora come insegnante nella scuola. Nel 2023 ha pubblicato per Mondadori Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni. 

SINOSSI 

"Lumache" erano chiamati per l'estrema prudenza nella guida, eppure è proprio in un incidente d'auto che Alice e Filippo trovano la morte. Lara, la loro figlia trentenne, torna a Castel Cielo, nella provincia laziale, per i funerali. E ora? Che fare? Chiudere definitivamente con quel che resta di lei nell'angusta vita del paese? Lara ritrova la stretta protettiva della nonna paterna, la miniera di emozioni che, attraverso lei, la lega alla sua infanzia. Dunque prende tempo, e più prende tempo, più il passato scivola in lei e mina un equilibrio fatto di silenzi e rimozioni: chi è stato lo "zio" Rocco trovato morto nel fiume quando lei era una bambina, chi è stato per suo padre (il migliore amico?) e per sua madre (uno scomodo affetto?). E Franco? Bollato dalla nomea di "matto" e accusato di quella morte misteriosa, è un talentuoso fotografo che non ha mai smesso di collezionare immagini del paese e delle sue facce. E Don Alfonso, che cosa sa? Che cosa ha raccontato e che cosa ha tenuto nascosto nel corso degli anni? Si accendono nuove oblique confidenze e si aprono crepe delle quali è inevitabile forzare l'accesso. Da lì in poi è un precipizio di rimandi, percorsi, rivelazioni che agitano la quiete provinciale e il cuore di Lara. 

COSA NE PENSO 

La storia si presenta sin da subito ben delineata, precisa, curata nei minimi dettagli, scritta con saggezza, perché Arianna Mortellliti affronta una tematica molto forte e delicata e lo fa mettendo anche della poesia nelle sue parole, alleggerendo laddove possibile il peso del dramma che via via prende forma con la presenza di personaggi che si scoprono anche in dettagli e situazioni inattese per il lettore. 
Rispetto al suo romanzo d'esordio “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” qui in “Quel fazzoletto color melanzana”,il suo stile narrativo e maturato, piú sicuro, la sua scrittura è più efficace si nota lo spirito di osservazione che Arianna ha ereditato dal nonno Andrea Camilleri.
In conclusione, questo romanzo è un frammento significativo della capacità dell' uomo di "uccidere" i suoi simili in maniera diversa e perversa, incurante della morte interiore della sua vittima.

“Al mio cervello, ormai, non riesco più a stargli dietro. È assorto nei ricordi e ignora tutti i segnali che provengono dall' esterno”.

Segreti a lungo taciuti e rivelazioni shock incanteranno il lettore fino alla fine, in fondo,Quel fazzoletto color melanzana chiede di metabolizzare e di osservare il dolore da prospettive e ragioni diverse. Lettura molto scorrevole.Consigliatissimo!
Buona lettura 😉

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13 settembre 2024

RECENSIONE DEL LIBRO: “SENTIMI” DI TEA RANNO



In libreria e sugli store online dal 28 giugno 2022 Sperling & Kupfer

NOTE SULL' AUTRICE 

Tea Ranno è nata a Melilli, in provincia di Siracusa, nel 1963. Dal 1995 vive a Roma. È laureata in giurisprudenza e si occupa di diritto e letteratura.
Ha pubblicato per e/o i romanzi Cenere (2006, finalista ai premi Calvino e Berto, vincitore del premio Chianti) e In una lingua che non so più dire (2007).
Nel 2012 per Mondadori esce La sposa vermiglia e nel 2014, sempre per Mondadori, Viola Fòscari. Nel 2018 per Frassinelli esce Sentimi e nel 2019 per Mondadori L'amarusanza.
Per Piemme pubblica nel 2023 Un tram per la vita e nel 2024 Bombolla. Una fiaba moderna per vincere il bullismo.

SINOSSI 

Durante una notte surreale, e nello stesso tempo fin troppo reale, una donna, una scrittrice, tornata nel paese siciliano dove è nata, ascolta decine di voci che giungono da un altrove indistinto, che si fanno strada in una nebbia strana, inquietante. Sono voci di donne morte, che vogliono raccontare le loro storie perché la scrittrice le trascini fuori dall'oblio. Sono storie dolorose, a volte tragiche, che hanno una caratteristica in comune: in tutte, l'umanità delle protagoniste, la loro complessità emotiva e intellettuale tutta femminile, viene annullata nella dicotomia maschile della donna "santa o buttana". Ma non solo per raccontarsi, i fantasmi di queste donne parlano all'autrice: c'è anche un'altra storia, che tutte le coinvolge, e che vogliono si sappia. La storia di Adele, figlia di Rosa, ma non del suo legittimo marito, Rosario. E la colpa più grave di Adele è quella di avere i capelli rossi, come il suo vero padre, segno inequivocabile del tradimento. Per questo Rosario passerà il resto della sua vita nel tentativo di uccidere la bambina. E per questo le donne del paese, le stesse donne che si raccontano, faranno di tutto per salvarla. Perché levare almeno la piccola Adele dai meccanismi mentali malati di questi maschi brutali, ancestrali e irredimibili, vorrebbe dire aver salvato tutte loro.

COSA NE PENSO

Le parole non bastano, davvero per poter spiegare cosa si prova a fine lettura. Sgomento, rabbia, sono forse gli unici sentimenti che si provano a caldo dopo aver letto questo romanzo.
Ho da sempre apprezzato e amato lo stile narrativo di Tea Ranno, e anche questa volta è riuscita a tenermi incollata fino all' ultima pagina.
Vi confesso che ho pianto, non solo lacrime di dolore ma di commozione per il suo meraviglioso messaggio di solidarietà al femminile.
Sentimi è un grido d'aiuto per tutte le volte che una donna viene violata dentro e fuori il suo corpo.
La donna che diventa ombra di se stessa.Gli occhi del suo "uomo"che diventano cani, quello che deve proteggerla e amarla ,diventa il suo peggior nemico. E così, Sentimi le racconta una ad una tutte queste donne.Pietra,Rosa,Stella,Brigida, Irene, Angelica, Costantina, Maria,Nina,Luisa, Lorena, e Adele, sono solo alcune.

«Restai con la penna a mezz'aria mentre, all'improvviso, chissà da dove, nella piazza si diffondeva una musica.
Una musica... Un tango,mi parve, inusitato e senza senso in quella notte di tragedie legate filo a filo dal racconto di quelle donne ch’erano trapassate.»

Mi ha colpita in modo particolare il capitolo,"Canto di buttana", non poteva usare metafora migliore per concludere il suo libro la Ranno, perché la donna accoglie, nutre,ama, si annulla per amore.
In conclusione, leggere "Sentimi" è un modo per ricordarci ogni giorno chi siamo, cosa possiamo fare e che non siamo da sole davanti alla lotta contro il femminicidio.Scritto in maniera ineccepibile. Consigliatissimo!

Recensione a cura di C.L

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