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05 ottobre 2025

INTERVISTA A JANET SKESLIEN CHARLES : L’INCANTO DISCRETO DELLE BIBLIOTECHE.


Cari amici lettori,
sono davvero onorata di poter ospitare nel mio blog Janet Skeslien Charles, autrice de La biblioteca di Parigi e di Le bibliotecarie di Notre-Dame. Nei suoi libri emerge una profonda attenzione alla memoria storica, unita a una scrittura capace di restituire emozioni autentiche con misura e delicatezza.
Un equilibrio raro che rende le sue opere preziose e indimenticabili.


D. COSA TI HA ISPIRATA A SCRIVERE LE BIBLIOTECARIE DI NOTRE-DAME ?

R. Ogni volta che sfoglio documenti d’archivio e mi vengono i brividi, capisco che devo scrivere. Durante le ricerche ho scoperto Jessie “Kit” Carson: durante la Grande Guerra andò in Francia e lì fondò le prime biblioteche per bambini. Dopo la guerra trasformò perfino delle ambulanze in biblioteche itineranti. La sua storia mi ha subito conquistata. Fare ricerca sulle persone è come risolvere un mistero: volevo sapere tutto di Jessie.

D. COME È NATA L’IDEA DI FARNE UN ROMANZO? 

R. Ho dovuto ricostruire la sua vita a partire dalle testimonianze dei volontari del CARD(Comitato Americano per le Regioni Devastate) e soprattutto dalle sue azioni. Più avanti ho trovato una sua lettera alla madre, che è stata preziosissima. Mi hanno invitata a parlare come autrice di “narrativa storica” e ho risposto che, in realtà, non la scrivo così: i miei libri sono ambientati nel passato ma parlano del presente. In Le bibliotecarie di Notre-Dame i protagonisti affrontano l’influenza spagnola come noi abbiamo affrontato il Covid; In La biblioteca di Parigi resistettero alla censura nazista — e oggi i bibliotecari americani vivono pressioni simili.

D. COME SEI RIUSCITA A TROVARE IL GIUSTO EQUILIBRIO TRA STORIA E FANTASIA ?

R. Ho cercato di costruire un filo narrativo chiaro per il lettore. Per farlo ho compresso alcune linee temporali tra eventi grandi: per esempio, ho messo in relazione l’arrivo di Jessie nel nord della Francia con un violento attacco tedesco, e ho raccontato come, grazie ai volontari del CARD(Comitato Americano per le Regioni Devastate) , i villaggi furono evacuati senza vittime.

D. TRA LE STORIE CHE HAI RACCONTATO NEI TUOI LIBRI SULLE BIBLIOTECARIE , CE N’È UNA CHE TI HA COLPITA PIÙ DELLE ALTRE ?

R. Jessie “Kit” Carson, senza dubbio. Lasciò un lavoro sicuro a New York per andare in una Francia in guerra, senza soldi — così povera che dovette farsi prestare un baule per la traversata — e contro il parere della madre. Creò spazi pensati per i bambini (sedie, tavolini, scaffali a misura), decorò con manifesti e fiori, formò le prime bibliotecarie francesi (all’epoca la professione era per lo più maschile) e spinse donne e bambini a frequentare la biblioteca. Alcune delle strutture che lei fondò esistono ancora: alla biblioteca di Belleville usano ancora gli scaffali che fece costruire oltre cento anni fa. In silenzio, ha cambiato il volto culturale della Francia.

D. QUAL È IL LIBRO CHE HA CONTATO DI PIÙ PER TE ?

R. Dopo aver lavorato in biblioteca, è stato meraviglioso scrivere una trilogia dedicata alle biblioteche per mettere in luce il coraggio dei bibliotecari: da Dorothy Reeder, protagonista de La biblioteca di Parigi, che sfidò i nazisti consegnando i libri di persona ai lettori ebrei, a Jessie “Kit” Carson Le bibliotecarie di Notre-Dame, che lasciò New York per recarsi nella Francia dilaniata dalla guerra e aiutare gli altri. Ho voluto scrivere “The Parisian Chapter” un epilogo extra , per collegare i personaggi dei miei libri e mostrare le difficoltà di una biblioteca in tempi più moderni.(In Italia, però, questo testo non è ancora stato pubblicato da Garzanti) .
Tra i libri e gli autori che porto nel cuore ci sono 'Bel Canto di Ann Patchett' , che dimostra come persone molto diverse possano ritrovarsi unite; I loro occhi guardavano Dio di Zora Neale Hurston, che sottolinea l’importanza dell’amicizia; 'Anna dai capelli rossi di L.M. Montgomery', una splendida meditazione sulla famiglia che si sceglie. Adoro Camilleri, perché ci ha mostrato non solo la giustizia, ma anche la giustizia poetica. Amo anche Milena Agus, che con 'Mal di pietre' mi ha dato speranza.

D. IN CHE MODO SPERI CHE I GIOVANI POSSANO RICONOSCERSI NEI TEMI DEL ROMANZO? 

R. Devo moltissimo ai traduttori, come Roberta Scarabelli: senza di loro molte storie non arriverebbero in Italia. Mi emoziona quando i lettori si riconoscono nei miei libri: adoro ricevere messaggi e vedere i loro reel.

D. QUALI SONO I TUOI PROSSIMI PROGETTI COME SCRITTRICE ?

R. Per la prima volta mi sto candidando per delle borse di studio, e sto scoprendo che è un tipo di scrittura molto particolare. Finora ho sempre finanziato le mie ricerche da sola, ma adesso spero di trovare sostegno e magari nuove collaborazioni per un prossimo romanzo. Tra le diverse opportunità, molti considerano il Premio di Roma la borsa più prestigiosa: mi piacerebbe davvero tornare in Italia, incontrare i lettori e trascorrere altro tempo lì. L’ultima volta ci sono stata per il viaggio di nozze a Firenze!


Ringrazio di cuore Janet per aver risposto alle mie domande.


In libreria e sugli store online dal 20 maggio 2025 Garzanti Editore


SINOSSI 

Parigi, 1918. Dalla finestra, Jassie alza gli occhi verso l’imponente cattedrale di Notre-Dame. Le viene da domandarsi come l’uomo sia riuscito a costruire qualcosa di così meraviglioso. Ma non ha tempo per fermarsi, deve correre a prendere gli ultimi libri di cui ha bisogno prima di partire: se Notre-Dame rappresenta il lato migliore dell’uomo, ad aspettarla è il peggiore. Jassie, infatti, è una bibliotecaria della National Library di New York ed è anche membro di un’associazione di donne americane che aiuta le famiglie cadute sotto il giogo dell’occupazione tedesca. La sua missione è quella di aprire una biblioteca dove i bambini, insieme alle loro madri, possano trovare uno spazio sicuro e uno spiraglio di luce, quello che solo le storie sanno dare. Ma Jassie non si limita a distribuire libri. Mette a repentaglio la propria vita per salvarne altre. Arriva persino a sacrificare un nuovo amore che sente nascere in lei. Perché nasconde un segreto. Un segreto che, quasi sessant’anni dopo, l’aspirante scrittrice Wendy scopre per caso. La ragazza capisce subito che ha di fronte una storia che non può essere taciuta. Perché nessuno deve mai dimenticare l’importanza dei libri anche nei periodi più bui. In particolar modo i bambini, che non capiscono fino in fondo cosa accade intorno a loro.


Della stessa autrice vi segnalo anche quest’altro titolo, assolutamente da non perdere. In libreria e sugli store online dal 4 giugno 2020 Garzanti Editore



Caterina Lucido
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27 luglio 2025

“SULLE NOTE DELLA VITA : CONVERSAZIONE CON PIETRUCCIO MONTALBETTI”



Cari amici lettori,

oggi vi presento con piacere Pietruccio Montalbetti, chitarrista e fondatore dei Dik Dik.
Nel suo libro ci racconta l’amicizia e la musica vissute insieme a Lucio Battisti, in un viaggio fatto di ricordi, successi e grandi emozioni.


D. NEL SUO  LIBRO AUTOBIOGRAFICO “STORIA DI DUE AMICI E DEI DIK DIK ” , RIPERCORRE MOLTI MOMENTI SALIENTI DELLA SUA CARRIERA. C’È UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE CONSIDERA IL PIÙ RAPPRESENTATIVO DELLA SUA VITA ARTISTICA ?

R. Pazienza e tenacia, ottenni la raccomandazione dell’allora vescovo di Milano, Montini. Fu un piccolo miracolo: una lettera preziosa che, grazie alla Casa dei Ricordi — fornitrice di organi per le chiese della curia — ci aprì le porte del provino, e poi del contratto. È da lì che iniziò davvero il nostro viaggio.     

D. ⁠SCRIVERE UN' AUTOBIOGRAFIA È ANCHE  UN ATTO DI INTIMITÀ: CHE COSA L’HA SPINTA A RACCONTARSI OGGI E A CONDIVIDERE COSÌ TANTO DI SÉ ?

R. Ho scelto di raccontare solo una parte di me stesso, anche per smentire chi, senza far nomi, si è attribuito il merito di aver scoperto Lucio Battisti. In realtà, ciò che ci legava era qualcosa di più semplice e profondo: un’amicizia sincera, nata prima ancora che io mi rendessi conto del suo immenso talento.

D. ⁠LUCIO BATTISTI È UNA FIGURA CENTRALE NELLA STORIA DELLA MUSICA ITALIANA. COME È NATA LA VOSTRA AMICIZIA E COME HA INFLUITO SULLA VOSTRA MUSICA E SUL VOSTRO PERCORSO UMANO ?

R. La nostra amicizia sbocciò quasi per caso, nello studio di registrazione della Ricordi. Non sapevamo che le nostre strade si sarebbero intrecciate a lungo, ma bastò uno sguardo, una parola, perché ci scegliessimo come amici. I Dik Dik arrivarono al successo prima di lui, e forse fu proprio per questo che sentii il bisogno di tendergli una mano: lo accolsi in casa mia, e da allora il nostro legame non si è più sciolto.

D. C'È UN RICORDO PARTICOLARE DI LUCIO CHE LE È RIMASTO IMPRESSO NEL CUORE E CHE MAGARI NON AVEVA MAI RACCONTATO PRIMA ?

R. In questo racconto ho detto quasi tutto, tranne quei silenzi che parlano più delle parole. Come i ricordi che Albarita, sua sorella, mi confidò dopo la sua morte. Mi raccontò di un bambino in sovrappeso e profondamente triste. Forse lì, in quella malinconia, nacque la sua poesia.

D. NEI SUOI RACCONTI, TRASPARE ANCHE UN MONDO MUSICALE PROFONDAMENTE DIVERSO DA QUELLO DI OGGI. CHE COSA PENSA DELLA MUSICA ITALIANA CONTEMPORANEA ? C’È QUALCOSA CHE LE MANCA DI QUEL PERIODO D’ORO? 

R. È da tempo che non guardo il Festival di Sanremo. La musica di oggi riflette, a mio avviso, un mondo in crisi d’anima, dove conta di più l’apparenza dell’essenza, il denaro della salute, l’indifferenza dell’empatia. È come se il cuore si fosse fatto distante, e troppo spesso chi ha bisogno viene lasciato indietro.

D. OLTRE ALLA MUSICA , NEL SUO LIBRO EMERGE ANCHE IL VIAGGIATORE E L'UOMO CURIOSO . QUANTO QUESTI ASPETTI HANNO ALIMENTATO LA SUA CREATIVITÀ?

R. La vera università, per me, è il viaggio. Non quello del turista distratto, ma quello del viaggiatore solitario, che si perde per ritrovarsi. La creatività, dopotutto, è una fiamma che brucia già dentro di noi: basta aprirle la porta. E il viaggio, più di ogni altra cosa, è la chiave.

D. DOPO IL LIBRO E UNA CARRIERA  LUNGA E RICCA , CI SONO NUOVI PROGETTI ALL'ORIZZONTE ? STA GIÀ PENSANDO A UNA NUOVA PUBBLICAZIONE O A QUALCHE INIZIATIVA MUSICALE ?

R. Musicalmente sto lavorando a un disco country, ma anche alla stesura di tre libri che presto vedranno la luce:

– Storia di una Cinquecento e di un’anima, un sogno narrativo, puro frutto della fantasia.
– In viaggio con Siddarta, un omaggio personale al capolavoro di Hermann Hesse.
– Una vita d’avventura, un diario poetico di via.

Ringrazio Pietruccio per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande 

In libreria e sugli store online dal 25 giugno 2025 Minerva Edizioni


SINOSSI 

Un viaggio attraverso la musica e la storia di un’amicizia, nata sulle note in una sala di registrazione e consolidata nell’arco di una vita intera. Due artisti diversi: Pietruccio Montalbetti, storico chitarrista e fondatore dei Dik Dik, e Lucio Battisti, ma complici e sodali in un momento di grande cambiamento, storico, politico e musicale. Due ragazzi che sognavano il successo, poi diventati due uomini che lo hanno raggiunto e vissuto ciascuno a proprio modo, senza però mai perdersi di vista, senza mai rinunciare l’uno alla compagnia dell’altro.
Storia di due amici e dei Dik Dik è il lungo respiro di un’avventura, musicale e umana, in cui Pietruccio ripercorre gli anni dei primi accordi, dei primi concerti con la band e delle scorribande con Battisti su e giù per l’Italia a bordo di un’inossidabile Cinquecento. Gli anni del Cantagiro, dei grandi successi e della consacrazione nell’olimpo della musica italiana. Ma è anche il racconto intimo e raccolto di un rapporto elettivo, uno spaccato privato dei sogni e delle esperienze condivise lontano dai riflettori.
Un’epopea scanzonata e sentimentale che rivive lo slancio economico di un’Italia rinata, delle libertà e delle innovazioni che porteranno l’uomo sulla Luna e a un ritrovato benessere economico. Un Paese, il nostro, specchio di un mondo che correva in avanti ma sembrava trovare più tempo di oggi per fare le cose in un certo modo.
Pietruccio, Lucio e i Dik Dik: la storia di sognatori diventati amici (e musicisti).



COSA NE PENSO 

Storia di due amici e dei Dik Dik" è un libro che si legge tutto d’un fiato, con il sorriso sulle labbra e un pizzico di nostalgia nel cuore. Pietruccio Montalbetti, chitarrista e anima dei Dik Dik, ci accompagna in un viaggio sincero e appassionato attraverso ricordi, aneddoti e momenti indimenticabili vissuti con l’amico Lucio Battisti.
È un racconto che non parla solo di musica, ma soprattutto di amicizia: quella vera, nata per caso in una sala di registrazione e cresciuta tra sogni, successi, risate e chilometri macinati a bordo di una vecchia Cinquecento.
Attraverso le pagine, si respira l’atmosfera di un’Italia che cambiava, tra le rivoluzioni culturali degli anni Sessanta e Settanta, le prime grandi tournée, il Cantagiro, le notti lunghe di canzoni e speranze. Ma accanto alla cronaca musicale, c’è tanto cuore: Pietruccio ci regala uno sguardo intimo e toccante su un legame che ha superato il tempo e la fama.
In conclusione, un libro ideale per chi ama la musica italiana, certo, ma anche per chi crede nell’amicizia duratura e nella bellezza delle passioni condivise.
Un’epopea leggera e profonda allo stesso tempo: il ritratto di un’epoca e di due ragazzi diventati uomini… senza mai smettere di essere amici.

Buona lettura!


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09 luglio 2025

“RACCONTARE L'AMICIZIA, IL SILENZIO , L’AMORE : INTERVISTA A IRIS WOLFF”





Cari lettori,

l’ospite di oggi è Iris Wolff, una delle voci più raffinate e profonde della narrativa contemporanea europea. Nata a Sibiu, in Romania, nel 1977, si è trasferita in Germania all'età di otto anni, dove tuttora risiede.
I suoi romanzi – tradotti in numerose lingue e pluripremiati – sono attraversati da un linguaggio poetico, una sensibilità rara e una capacità sorprendente di raccontare i legami, la memoria e l’identità.

Con grande piacere vi presento la sua intervista in occasione dell’uscita in Italia del suo romanzo Radure (titolo originale Lichtungen), pubblicato da Neri Pozza Editore, una storia delicata e intensa sull’amicizia, sul silenzio e su ciò che ci rende umani.



D. COME È NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA? C'È STATO UN MOMENTO UN LIBRO CHE L'HA ACCESA? 

R. Ho iniziato a scrivere relativamente tardi, intorno ai trentacinque anni. La scintilla è stato un viaggio in Romania: lì ho sentito, inaspettatamente, un senso di appartenenza. Le strade, la luce, il paesaggio, il suono delle lingue… tutto parlava a una parte profonda di me. Ho cominciato a interrogarmi sul motivo per cui la mia famiglia – come molte minoranze tedesche – avesse lasciato quei luoghi dopo secoli. Scrivere è diventato il modo più naturale per esplorare queste domande. Non sapevo se ne fossi capace, ma ho deciso di rischiare.

D. COM'È NATA L’IDEA DEL TUO ROMANZO RADURE? 

R. A differenza dei miei libri precedenti, dove tutto partiva dalla prima frase o scena, con Radure mi sono trovata già nel cuore della storia. Vedevo Lev da bambino, a letto, immobile. Non sapevo ancora cosa gli fosse accaduto, né cosa lo aspettasse. Ma sentivo una forte connessione con lui. Ed è da quel sentimento che ho capito di poter raccontare questa storia. Da quell'immagine iniziale ho costruito tutto il resto, fidandomi.

D. IL TUO STILE È ESSENZIALE MA POTENTE . COME RIESCI A BILANCIARE SEMPLICITÀ E PROFONDITÀ?

R. Scrivo cercando di evocare, non di spiegare. I miei romanzi si muovono verso l’ignoto, guidati da un’apertura silenziosa e da una curiosità sincera verso i personaggi. Mi affido molto ai sensi, alle immagini, al ritmo della lingua – e alle pause. Credo in ciò che resta sospeso, in ciò che non viene detto. Le zone d’ombra sono inviti per chi legge. La letteratura, in fondo, vive nella mente del lettore.

D. IN QUESTO LIBRO, AMICIZIA E SILENZIO SONO TEMI CENTRALI. PERCHÉ LI HAI SCELTI ?

R. Sono una grande ammiratrice del silenzio. Da Lev ho imparato che ascoltare è spesso più potente che parlare. Tutto, se ascolti davvero, comincia a parlare. E tutto è connesso. In un mondo rumoroso e cinico, mi piace pensare che ci sia ancora spazio per relazioni profonde. L’amicizia, in particolare quella tra Lev e Kato, è al centro della storia. Un legame che sfuma tra l’amicizia e l’amore, come spesso accade nella vita vera.

D. QUAL È STATO L'ASPETTO PIÙ IMPEGNATIVO NELLO SCRIVERE RADURE ?

R. La scelta di raccontare la storia a ritroso. All’inizio non mi sono posta troppe domande, ma scrivendo ho iniziato a dubitare: funzionerà? I lettori accetteranno questa struttura? Ma era l’unico modo possibile per esplorare davvero ciò che volevo: cosa ci forma, cosa ci cambia, cosa dobbiamo lasciar andare per poter ricominciare.

D. COSA SPERI CHE I LETTORI ITALIANI TROVINO IN QUESTO LIBRO ?

R. Vorrei che si immergessero nel mondo della storia come in un dipinto. Kato, uno dei protagonisti, è un artista di strada che attraversa l’Europa – anche l’Italia – e dice che chi guarda un’opera dovrebbe "abitarla" per un po’. È ciò che auguro anche ai miei lettori.

D. PUOI ANTICIPARCI QUALCOSA SUI TUOI PROSSIMI PROGETTI? 

R. Sono molto discreta su ciò che sto scrivendo… Ma posso dire che, dopo aver camminato a lungo accanto a Lev e Kato, ho finalmente ripreso a scrivere. E questo, per me, è già un inizio.

Ringrazio Iris per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande. 


In libreria e sugli store online dal 20 giugno 2025 Neri Pozza


SINOSSI 

Transilvania, di là dalla Cortina di ferro. Lev ha solo undici anni quando, in seguito a un trauma, si trova prigioniero per mesi di un letto. I libri che girano per casa sono del secolo precedente, come dice la sua maestra. È deciso: qualcuno verrà a portargli i compiti, anche se Lev, potendo scegliere fra tutti i compagni, certo non vorrebbe Kato, quella strana ragazza scarmigliata che a scuola rimane sempre in disparte. Spirito libero e selvatico, Kato invece si presenta tutti i giorni col suo sguardo di velluto, i buchi nei vestiti, i compiti in mano, la risata che sfiora l’allegria e, goccia dopo goccia, tra i due bambini nasce un legame indissolubile che strapperà Lev alla sua prigione di lenzuola. Un’amicizia speciale che negli anni crescerà in un amore schivo. Poi, un giorno accade l’impensabile: il loro mondo, quell’Europa in miniatura dalle tante lingue, si ritrova senza più muri invalicabili a contenerlo e si spalancano orizzonti che separano Lev e Kato. Lui, malinconico e introverso, rimane. Lei, coraggiosa e affamata di spazi, va. Lui lavora a stretto contatto con la geografia della sua terra più che con le persone. Lei si trasferisce all’Ovest e fa l’artista di strada. Il filo che tiene uniti Lev e Kato si allunga attraverso quattro decenni senza mai recidersi, fino al giorno in cui Lev riceve una cartolina con una sola frase: Quando vieni? Con una lingua misurata e poetica al tempo stesso, Iris Wolff celebra il momento glorioso in cui una vita ne tocca per sempre un’altra, riannodando ricordi disseminati nel tempo come radure di luce in un bosco fitto, il cui bagliore persiste a lungo.

COSA NE PENSO

Radure è un romanzo che si muove come una luce filtrata tra gli alberi: lieve, essenziale, ma capace di lasciare un’impronta profonda. Iris Wolff ha uno stile di scrittura rarefatto e poetico, fatto di silenzi, immagini evocative e dettagli che si schiudono con delicatezza. Nulla è gridato, tutto è suggerito.
Ciò che colpisce è la sua capacità di raccontare i legami umani – e in particolare quello tra Lev e Kato – con una sensibilità fuori dal comune. Un’amicizia che si avvicina all’amore, un amore che, anche se messo alla prova dal tempo, dai confini e dai silenzi, continua a vivere. A resistere.
Un romanzo che non si dimentica facilmente, perché non si limita a raccontare una storia, ma ci invita a entrare dentro un mondo, lentamente, in punta di piedi.
In conclusione, consigliato a chi cerca una lettura intensa, silenziosa e piena di verità nascoste. Buona lettura! 


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25 giugno 2025

ELISA SORDI – SCRITTRICE INDIPENDENTE E LIBRAIA.




Buongiorno cari lettori,

con grande piacere do il benvenuto nel mio blog a Elisa Sordi, giovane scrittrice self publishing e libraia appassionata. 
Classe 2004, ciociara DOC. 
Potete seguirla e scoprire il suo mondo anche attraverso i suoi canali social, Eliza Bookstone è il suo pseudonimo su Instagram. 
👉 Cliccate qui  per restare aggiornati sui suoi contenuti!


D. COME NASCE IL TUO AMORE PER LA SCRITTURA E IN CHE MOMENTO HAI
CAPITO CHE VOLEVI DIVENTARE UNA SCRITTRICE?

R. Ricordo di aver sempre avuto la penna in mano. Paradossalmente, anche quando ancora non sapevo scrivere, andavo in giro per casa a fare scarabocchi che per me assomigliassero agli “scarabocchi dei grandi”.
Però non sognavo di diventare una scrittrice. Scrivevo per me, e per tanto mi sono accontentata di questo.
Poi, prima della pandemia, ho iniziato a scrivere qualcosa di serio e quando infine mi sono affacciata al mondo del bookstagram, ho pensato di buttarmi in questa avventura che a oggi mi ha regalato tanto.

D. ESSERE LIBRAIA TI ESPONE OGNI GIORNO A TANTI LIBRI: IN CHE MODO
QUESTO INFLUENZA IL TUO MODO DI SCRIVERE?

R. Di sicuro alimenta la mia immaginazione, ma non direi che sta influenzando di molto il mio modo di scrivere.

D. QUAL E' STATO IL MOMENTO PIU' DIFFICILE DEL TUO PERCORSO DA AUTRICE EMERGENTE E COME LO HAI SUPERATO?

R. I momenti peggiori sono stati quelli legati ad alcuni “disguidi” nati tra me e determinati professionisti del settore che non si sono rivelati adatti al mio modo di lavorare e alle mie storie. 
Con l’esperienza e affidandomi finalmente a persone giuste, sono riuscita a superare questi piccoli incidenti di percorso.

D. C'E' UN LIBRO (DI UN ALTRO AUTORE) CHE AVRESTI VOLUTO SCRIVERE TU? PERCHE'?

R. Tanti e nessuno. A volte mi capita di pensare “Ah, se avessi scritto io
Orgoglio e Pregiudizio”, ma poi penso anche che se avessi scritto io alcuni dei miei libri preferiti, di sicuro non sarebbero stati esattamente come li conosciamo noi oggi. E altre volte, penso che sia bello semplicemente godere di questi capolavori e dedicarsi a scrivere storie del tutto nuove.

D. NEL TUO LAVORO IN LIBRERIA,HAI NOTATO CAMBIAMENTI NEL MODO IN
CUI I LETTORI SI AVVICINANO AI LIBRI? COSA LI CONQUISTA OGGI?

R. Di certo il mercato e i lettori cambiano col passare del tempo, ma alcuni “pattern”, se così vogliamo cambiarli, sembrano non mutare nel tempo. I lettori vengono conquistati dagli stessi libri da cui venivano catturati anni fa: dai libri di cucina, fino alla narrativa generale. Magari sono nati alcuni fenomeni, si sono aggiunti nuovi generi, ma il lettore che va in libreria a cercare “Il fu Mattia Pascal” lo fa come quello che lo ha cercato dieci, venti e trent’anni fa.

D. COME RIESCI A CONCILIARE LA TUA VITA DA LIBRAIA CON IL TEMPO,
L'ISPIRAZIONE E LA DEDIZIONE CHE RICHIEDE LA SCRITTURA?

R. Avendo aperto da poco, devo dire di aver accantonato per un po’ l’attività di scrittura. O, più precisamente, ci sto dedicando meno tempo del solito, ho ridotto i momenti che di solito dedicavo ai miei lavori, ma conto di riprendere la mia solita routine non appena mi sarò abituata al cambiamento che mi ha colta a partire dal primo giugno, quando ho inaugurato L’angolo della libraia.

D. COSA SPERI CHE RESTI NEL CUORE DEI LETTORI UNA VOLTA CHIUSA
L'ULTIMA PAGINA DEI TUOI LIBRI?
R. L’idea che credere nei propri sogni ripaga sempre. Nei miei libri i sogni sono sempre un punto centrale delle vicende dei protagonisti e se c’è un messaggio che vorrei arrivasse più degli altri è proprio questo: credete in voi stessi e nei vostri sogni, sempre!


Ringrazio Elisa per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande. 


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18 giugno 2025

“GIALLO AL FEMMINILE” : LA PENNA BRILLANTE DI ROSA TERUZZI.






Cari lettori,

l’ospite di questa nuova intervista è una firma ormai amatissima nel panorama del giallo italiano: Rosa Teruzzi.
Vive e lavora a Milano ed è esperta di cronaca nera. Dopo aver guidato la redazione di Verissimo, è diventata caporedattrice della trasmissione televisiva Quarto grado e scrive romanzi e racconti di genere giallo. Per scrivere i suoi romanzi si ritira in estate presso un vecchio casello ferroviario a Colico, sul lago di Como. Un altro casello ferroviario, sito tra il Naviglio Grande e il Giambellino, ha ispirato la serie di romanzi I delitti del casello, editi a partire dal 2016, le cui protagoniste Vittoria, la mamma Libera e la nonna Iole, cercano di risolvere misteri tra Milano, la Brianza e il lago di Como. 
Con il suo stile vivace, i personaggi autentici e le trame avvincenti, Rosa Teruzzi ha conquistato lettori di ogni età. In questa chiacchierata esclusiva ci racconta del suo ultimo romanzo, del rapporto con le sue protagoniste — le “Miss Marple del Giambellino” — e ci svela qualcosa del dietro le quinte della sua scrittura.


D. COME È NATA LA TUA PASSIONE PER IL GENERE GIALLO?
 
R. Ho sempre amato leggere ma, nonostante il mio lavoro, o forse proprio per quello (da sempre faccio la giornalista di “nera”), in passato preferivo un altro tipo di libri, romanzi storici e feuilletton soprattutto.
E’ stata una straordinaria libraia milanese, Tecla Dozio, che avevo conosciuto mentre realizzavo a tempo perso la pagina della cultura del mio giornale, a farmi innamorare del genere e anche a spronarmi a scrivere.
Nella sua “Sherlockiana”, inizialmente vicina alla Statale di Milano e poi dalle parti dell’Arena, ho comprato quintali di libri, imparato ad apprezzare Simenon, Durrenmatt e Scerbanenco, il maestro di noi noiristi italiani, e incontrato alcuni degli scrittori che lei mi aveva fatto conoscere letterariamente, da Anne Perry, la maestra del mistery vittoriano, a Joe Lansdale, oltre a molti autori italiani che adesso incrocio per festival e presentazioni.
 
D. DA DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER LE TUE STORIE?
 
R. Mai dai casi di cronaca che tratto nella trasmissione a cui lavoro, Quarto Grado, né dai giornali. Non mi piace rimasticare storie vere e mi fa rabbrividire l’idea di attribuire dialoghi o emozioni di fantasia alle vittime o ai carnefici reali di un crimine. Preferisco volare con l’immaginazione.
Le mie trame sono del tutto inventate, cosi come i miei personaggi, ma devo ammettere che più di trent’anni di frequentazione con investigatori in carne e ossa (carabinieri, poliziotti, magistrati) mi hanno regalato gli strumenti per rendere credibili le indagini delle mie protagoniste, una banda di eccentriche detective dilettanti composta da una fioraia, dalla sua bizzarra madre –una hippie mai pentita -e da una giornalista di cronaca nera.

D. COME BILANCI LA TRAMA CON LA COSTRUZIONE DEL SUSPENSE?
 
R. Le scuole di scrittura americane dividono gli autori di giallo tra architetti (che pianificano in ogni dettaglio la trama prima di iniziare a scrivere) e giardinieri, che mettono i loro personaggi in una situazione e poi li lasciano agire. Io appartengo a questa seconda categoria. Non sono metodica, né organizzata nella scrittura e anche per quanto riguarda i colpi di scena mi affido all’ispirazione.
Ma sono una forte lettrice e sono ipercritica. Quando una pagina mi annoia, la cancello senza pietà. Voglio essere la prima a emozionarmi e a sorprendermi di quello che leggo. Non ho mai creduto che fosse la quantità di delitti a fare di un giallo un buon giallo: sono più attratta dalla indagine e dal disvelamento dei segreti che da sangue e sparatorie.

D. COSA TI PIACE DI PIÙ DEL MESTIERE DI SCRITTRICE?
 
R. Fare la scrittrice non è un mestiere per me, è una passione. Quello che amo di più nell’esserlo è la libertà di creare in autonomia. E poi adoro parlare dei miei libri (e dei libri in genere) con i lettori.

D. CI SONO SCRITTORI CHE SONO PER TE FONTE D’ISPIRAZIONE? 

R. Sicuramente, nell’ambito del genere, il mio scrittore feticcio è Giorgio Scerbanenco: amo la sua Milano fragile e disperata e la malinconia feroce dei suoi personaggi.
Ma sono una lettrice onnivora. Tra i miei autori del cuore (impossibile stilare una classifica) ci sono Jane Austen, il Dumas del Conte di Montecristo, Edgar Allan Poe e Robert Stevenson. Ma sono anche una fan appassionata di Pia Pera e dei saggi meravigliosi di Stefano Mancuso.
Inoltre leggo tantissima poesia, anche se non la capisco e forse proprio perché non la capisco: la poesia ha una sua strada carsica che arriva dritta al cuore.

D. COSA VORRESTI CHE I TUOI LETTORI SAPESSERO SULLA SAGA DELLE SIGNORE DEL GIAMBELLINO?
 
R. Non amo le etichette, ma se dovessi definire i miei romanzi direi che sono commedie gialle con una vena noir, che hanno il loro cuore a Milano, in un romantico casello ferroviario nel quartiere periferico del Giambellino. Una piccola casa ai margini dei binari in cui vivono tre donne di una stessa famiglia, molto diverse eppure altrettanto legate. La più giovane di loro – una poliziotta – è l’unica a non indagare, e tenta – senza successo – di ostacolare le inchieste della mamma e della nonna, che sono segretamente a capo di un manipolo di “detective per caso", formato da una giornalista, dal suo burbero caporedattore, dal suo fotografo di fiducia e da un ex rapinatore con qualche scheletro nell’armadio. Tutti i miei personaggi hanno una ferita e un segreto. E questo, secondo me, li rende interessanti.

D. QUALI SONO I TUOI PROGETTI PER IL FUTURO?
 
R. Tra poco la trasmissione a cui lavoro chiuderà i battenti per la pausa estiva. A quel punto, come al solito, mi trasferirò nel casello ferroviario che è il mio luogo della scrittura, sulla sponda lecchese del lago di Como e lì inizierò la prossima avventura delle mie protagoniste. Ho già un’idea in testa, ma è ancora in fase embrionale. Riguarda comunque i battiti di un cuore malato. Ma sto pensando anche a un romanzo storico ambientato nel Quattrocento milanese ai tempi di Ludovico il Moro. E’ un periodo affascinante, creativo e sanguinario che ho studiato molti anni fa. E c’è un personaggio, una donna, che ogni tanto torna a sussurrarmi all'orecchio la sua storia.


Ringrazio Rosa per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande

 

In libreria e sugli store online dal 29 aprile 2025 Sonzogno Editori


SINOSSI 

Nella nebbia fitta della notte di Ognissanti, una misteriosa figura si muove nelle tenebre con un solo obiettivo: eliminare definitivamente Libera Cairati, la fioraia-detective del Giambellino. Dopo averla avvelenata con un mazzo di rose all’aconitina, l’aggressore si è dato un soprannome, l’Ombra, ed è pronto a colpire di nuovo. Dal rifugio del casello ferroviario in cui abita, Libera dovrà affrontarlo ad armi spuntate, costretta ad agire in gran segreto da Mimma Arrigoni, una pm che osteggia le sue indagini e insidia la relazione con il fascinoso commissario Gabriele. Ma quando il pericolo si fa più insidioso, Libera sa di poter contare sui complici di sempre – l’eccentrica madre Iole, la giornalista Irene e il burbero capocronista Cagnaccio –, una squadra affiatata a cui si uniscono due imprevedibili alleati: Diego Capistrano, ex rapinatore e amante di Iole, e Angelo Riva detto il Piè Veloce, un fotografo capace di rendersi invisibile e sparire nel nulla. Tra depistaggi, tentati omicidi e segreti nascosti, la caccia all’Ombra diventa un gioco letale, dove ogni mossa potrebbe essere l’ultima. In una Milano livida e battuta dalla pioggia, in cui tutti sembrano spiarsi a vicenda, Libera dovrà affrontare il suo nemico senza certezze – nemmeno quelle del cuore.


COSA NE PENSO

Con La giostra delle spie, Rosa Teruzzi firma un nuovo, brillante capitolo della sua celebre saga delle “Miss Marple del Giambellino”, un giallo dal ritmo serrato e dal cuore autentico, che si collega idealmente e narrativamente al precedente 'La ballata dei padri fedeli' (Clicca qui) .
Il lettore ritrova con piacere l’intero universo della Teruzzi: da Capistrano a Cagnaccio, dalla pittoresca Iole all’intensa Libera, personaggi ormai amati come vecchi amici eppure sempre capaci di stupire. Ed è proprio Iole, in questa nuova indagine, a brillare con una verve investigativa irresistibile, ironica, lucida, a tratti quasi commovente nella sua ostinazione.
Tra segreti sepolti e colpi di scena ben calibrati, l’intreccio si avvolge intorno a un’“ombra” che perseguita Libera, costringendola a confrontarsi con dubbi sempre più profondi e paure mai sopite. Ma La giostra delle spie non è solo un mystery avvincente: è anche un romanzo che sa toccare corde intime, in cui emerge con forza crescente il legame tra madre e figlia, quel filo invisibile e potente che unisce Iole e Libera nonostante le differenze, i silenzi e le scelte difficili.
Teruzzi, con la sua prosa precisa e la capacità tutta milanese di intrecciare ironia e malinconia, dipinge un affresco popolare ma mai banale. Il quartiere del Giambellino vive e respira tra le pagine, diventando quasi un personaggio esso stesso, con le sue contraddizioni, la sua vitalità e la sua umanità.
In conclusione, un giallo al femminile in cui il mistero si mescola all’affetto, alle fragilità e alla ricerca della verità. La giostra delle spie è una lettura appassionante, che conferma Rosa Teruzzi come una voce originale e riconoscibile nel panorama del noir italiano contemporaneo.
Consigliatissimo, buona lettura!

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27 maggio 2025

ELIO PECORA SI RACCONTA TRA SCRITTURA E VITA



Cari amici lettori,

Oggi ho l’onore di ospitare una voce raffinata e profonda della poesia italiana contemporanea: Elio Pecora.
Nato a Sant'Arsenio (Salerno) nel 1936, dal 1966 abita a Roma. Ha pubblicato raccolte di poesie, racconti, romanzi, saggi critici, testi per il teatro, poesie per i bambini. Ha curato antologie di poesia italiana contemporanea. Ha diretto la rivista internazionale “Poeti e Poesia” fino a giugno del 2024. Ha collaborato per la critica letteraria a quotidiani, settimanali, riviste fra i quali: La Voce Repubblicana, La Stampa-Tuttolibri, Il Mattino, La Repubblica-Mercurio, Reporter, L’Espresso, Tempo Illustrato, Wimbledon, Strumenti critici, Belfagor) e al secondo e terzo programma RAI.


D. COME E QUANDO NASCE LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Nasce nella prima adolescenza. Appartengo a una generazione che, fin dalle scuole elementari, imparava poesie a memoria. Inoltre fui assai presto un lettore accanito. Per me tanto la poesia che la narrativa sono stati e sono veri strumenti di conoscenza e di educazione dei sentimenti e ai sentimenti. Seppi presto quanto la parola della poesia chiamasse altre parole, schiudesse mondi ed emozioni, portasse in un altrove . 

D. QUALI EMOZIONI PROVA QUANDO SCRIVE UNA POESIA?

R. Sento di star riuscendo a esprimere la parte più vera e necessaria di me, del mio sentire, del mio stare nel mondo: insieme vigile e appassionato. 
            
D. DA QUALE IDEA, SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, È NATO IL SUO NUOVO LIBRO, L'ACQUARIO?
 
R. L’aquario s’è andato componendo lungo diversi anni. Nemmeno più ricordo quale fu il primo episodio, se ne aggiunsero altri, poi venne chiara la struttura del tutto e quindi la premessa. Scrivevo di momenti e vicende che avevo vissuto o a cui avevo assistito o che mi erano stati raccontate e che reinventavo. Ne è venuto un polittico, un teatro con molte voci e tante diverse realtà.  

D. QUALI AUTORI L'HANNO MAGGIORMENTE  INFLUENZATA?
 
R. Anzitutto i grandi poeti latini, come Lucrezio e Orazio, poi di sicuro Leopardi, e fra gli autori del Novecento Auden, Eliot, Borges, Montale, Saba. Questi fra i poeti, E fra i prosator Stendhal, Tolstoj, Virginia Woolf, Anna Maria Ortese, Lalla Rimano, Giuseppe Pontiggia. E mi limito a questi fra i tanti che ho amato e che rileggo. E non posso non nominare i saggi di Montaigne, gli scritti sull’estetica di Croce e di Giorgio Colli e i diari di Max Frisch.   

D. QUALE È IL MESSAGGIO CHE VORREBBE TRASMETTERE AI LETTORI CHE HANNO LETTO O LEGGERANNO L'ACQUARIO?

R.Vorrei che dalla lettura del mio romanzo venisse chiaro che essere e rendersi vivi comporta il sapere di star compiendo un cammino con tanti altri e che questi altri, come noi, si aspettano vicinanza e comprensione. E ancora che la vita è un’avventura difficile e meravigliosa e in cui vale restare.  

D. CHE COSA CONSIGLIEREBBE A UN SUO LETTORE CHE VOLESSE SCRIVERE UN LIBR0?

R. Esprimersi con la scrittura richiede la buona conoscenza del suo uso, per questo conta soprattutto la lettura dei grandi narratori, quelli consegnati alla durata. Ma non basta la qualità formale, pure necessaria. Occorre tanto al poeta che al narratore la capacità di guardarsi dentro e intorno e di farlo con compassione e insieme con spietatezza, quindi lasciarsi portare dal demone della narrazione. 


Desidero ringraziare il Maestro Pecora per la sua gentile disponibilità e per l’attenzione riservata alle mie domande.



In libreria e sugli store online dal 11 aprile 2025 Neri Pozza


SINOSSI 

Chi può parlare di verità? Della verità che non si dice neanche a sé stessi, quella che qualcuno va a cercare dai curatori dell’anima, impastata di facili bugie, di articolate menzogne. Carlo, Giacomo, Anna, Laura, Lorenzo e gli altri che camminano in queste pagine, e per un poco le abitano, le loro verità invece vanno raccontandole, a noi e fra loro, facendone un teatro. Parlano delle loro giornate, di assilli, di ritorni, di assenze. Raccontano, si raccontano. Perché la vita, quella in cui si muovono vigili e inquieti, non basta. Così va narrata, anche nell’imprecisione. Con il risultato di fornire a chi ascolta mappe intricate di percorsi, in gran parte inesplorabili, tanto che all’uno e all’altro, chi racconta e chi ascolta, restano in dono particelle di un corpo sconosciuto. Forse per questo continuano a cercarsi, ad ascoltarsi, e quel che è prima parso intricato, confuso, si fa più chiaro, sicuro: fino al piacere di consegnare, di consegnarsi. E nell’età della scontentezza e dell’ansia, dove la solitudine è tacitata dal frastuono, forse un’ultima speranza di salute può venire dal sapersi uguali nel raggiro, compagni nella confidenza. Come munirsi di una mappa, e per quella aggirare la paura di smarrirsi, forse di condividere.


COSA NE PENSO

In queste pagine si cammina, sì, ma non con i piedi: si avanza con l’anima, a piccoli passi, dentro vite che non ci appartengono e che pure, misteriosamente, ci somigliano. Carlo, Giacomo, Anna, Laura, Lorenzo e gli altri , figure appena accennate o profondamente indagate  abitano il libro come si abita un sogno condiviso, uno di quelli da cui ci si sveglia con una domanda in più e qualche certezza in meno.
La scrittura, intessuta di cura e verità, non si accontenta del reale. Lo interroga, lo scava, lo traduce in parola narrante. I personaggi non fanno che raccontarsi, e nel farlo costruiscono un teatro dell’anima, un palcoscenico fragile e prezioso dove ogni gesto ha il peso di una confessione. Parlano di giorni che si assomigliano, di ritorni attesi o solo immaginati, di assenze che fanno più rumore delle presenze. Ma è proprio in questo continuo rivelarsi che si apre un varco: la narrazione si fa cura, il racconto diventa rifugio.
Ho letto queste pagine con un senso di gratitudine crescente, come si ascolta una voce che non alza mai il tono, eppure ti arriva addosso come una folata piena. L’imprecisione, lungi dall’essere un difetto, è qui un gesto d’amore verso la complessità umana. Non si cerca la perfezione, ma l’autenticità: quella che ci disarma e ci rende veri.
E così, tra intrecci e confessioni, ci si ritrova ad accogliere una nuova consapevolezza: che siamo tutti, in fondo, esploratori di mappe interiori, in gran parte ignote. E il racconto  questo racconto ci tende la mano e ci accompagna a decifrarle. Non si esce indenni da questo libro, ed è un bene. Perché c’è un momento, durante la lettura, in cui si sente con chiarezza il passaggio: da spettatori a partecipi, da lettori a testimoni.

«Bisogna badare all' essenziale».

In conclusione, lo consiglio a chi cerca nella letteratura un luogo di incontro, non di evasione. A chi, stanco della superficialità del rumore, desidera finalmente ascoltare. Perché forse, come suggerisce l’autore, la vera speranza sta proprio qui: nel riconoscerci compagni, fragili e veri, dentro una narrazione condivisa.Leggetelo. Rileggiamolo. Buona lettura!


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14 maggio 2025

CONOSCIAMO ROSITA MANUGUERRA AUTRICE DEL LIBRO “MALANIMA”



Bentrovati amici lettori,

L'ospite di oggi è Rosita Manuguerra.
Rosita è cresciuta a Favignana, un’isola nell’isola dove ha imparato che, tra il dire e il fare, c’è davvero di mezzo il mare. Quando era piccola qualcuno le ha suggerito che il modo migliore per ritrovarsi è scrivere. Da allora, e dopo una lunga parentesi a Torino e la formazione alla Scuola Holden, racconta storie. Malanima è il suo primo romanzo.

D. QUANDO È NATA IN TE LA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Nasco come lettrice. Da piccola leggevo di tutto da che ho imparato a farlo. A Favignana ai tempi c’era solo una piccola edicola, dove arrivavano fumetti e pochi bestseller. Centellinavo i soldi della paghetta e compravo i libri più voluminosi, così che durassero di più. Proprio per questa passione per la lettura, a un certo punto qualcuno, forse una maestra, mi chiese perché non scrivessi io. Mi sembrò bizzarro, per me non erano due cose consequenziali. Ma da allora iniziai a leggere smontando i libri, per capire com’erano fatti. E cominciai a scrivere.

D. C'È  UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE TI HA ISPIRATA PER “MALANIMA”?

R. Non uno. Direi piuttosto che in “Malanima” sono confluiti tanti piccoli frammenti di cose ho vissuto, osservato, sentito. Che, messi su pagina, hanno iniziato a vivere di vita propria, sorprendendomi.

D. A QUALE DEI PERSONAGGI DA TE SCRITTI IN QUEST'OPERA SEI PIÙ LEGATA?

R. Sono legata a tutti i personaggi in modo diverso perché ognuno di loro rimanda per me a qualcosa: alcuni al momento in cui sono stati scritti, altri a un’azione che hanno compito e mi ha stupita. Ma se dovessi sceglierne tre su tutti sarebbero il pescatore Nunzio, la magara Amalia e Nietta, la zia di Mia. Quanto alle due protagoniste, Mia e Marina, le amo in un modo tutto mio che non contempla competizioni con altri personaggi.

D. RIASSUMI IN POCHE PAROLE COSA HA SIGNIFICATO PER TE SCRIVERE QUESTO LIBRO?

R. Scrivere questo libro ha significato per me iniziare un percorso di crescita interiore che prosegue tuttora. Riuscire a imprimere su carta l’istinto ad andare e quello a tornare nella mia piccola isola e questo Malanima (sì, al maschile) che ho sempre visto negli occhi di tanti isolani e anche in quelli di chi dell’isola si era innamorato per qualche motivo. Nella finzione del romanzo il Malanima è il sentimento, anzi, più il malanno, che affligge chi sente di trovarsi in un posto in cui non dovrebbe stare. Questo posto non è necessariamente un luogo geografico, ma più una fase di vita nella quale ci forziamo perché la percepiamo senza via d’uscita. Scrivere questo romanzo mi ha aiutata a comprendermi meglio, ed è incredibile come si possa riuscire a farlo tramite un’opera di finzione.

D. COSA SI PROVA A VEDERE IL PROPRIO ROMANZO PRENDERE CORPO E DIVENTARE LIBRO?

R. È indescrivibile. Non credo che mi abituerò mai. La prima volta che l’ho visto ero a Milano in casa editrice. Anche avendolo fra le mani non sono riuscita a convincermi che fosse reale.

D. C'È UN LIBRO DI UN ALTRO AUTORE CHE VORRESTI AVER SCRITTO TU?

R. “Fuochi fiammanti a un’hora di notte” di Ermanno Rea. Non avrei potuto scriverlo io, ma mi ha dato una direzione a cui aspirare. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Continuare a leggere, a scrivere. Viaggiare, respirare vita. Crescere. 

Ringrazio Rosita per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online dal 8 aprile 2025 Feltrinelli Editore


SINOSSI

Sull’isola non tutti vanno e vengono allo stesso modo. Ci sono quelli che arrivano con il sole di maggio e ripartono con le prime piogge di settembre. C’è chi fa avanti e indietro ogni giorno, senza più chiedersi a quale riva appartenga davvero. E poi ci sono quelli che, messi dalla vita davanti a un bivio, hanno dovuto scegliere se restare o imbarcarsi per una partenza che può valere un addio. Entrambe le scelte lasciano un segno invisibile e profondo. Mia lo ha imparato da bambina attraverso la storia della sua famiglia – la madre Teresa è rimasta, nella convinzione che l’isola fosse l’unica realtà possibile, mentre la zia Nietta è andata via appena ha potuto – e continua a vivere questi conflitti da adolescente insieme a Giulia, Anna e Nello, gli amici di sempre. Adesso però a portare scompiglio è arrivata Marina, la ragazza di città che non se ne andrà con le piogge di settembre. Così diversa e a tratti scostante, Marina attira su di sé sentimenti contrastanti: dalla curiosità al disprezzo, dall’attrazione all’invidia. Mia, invece, in lei vede soprattutto il fascino di chi proviene da un altrove lontano. Eppure Marina si trascina dietro legami ancestrali – sua madre Lia è legata a filo doppio con l’isola da un trauma e dall’antica amicizia con Teresa – e sembra destinata a riportare a galla segreti inconfessabili. 


COSA NE PENSO

La malanima del cuore corrisponde al canto antico del mare, tanto esso è più profondo tanto la malinconia assale gli isolani del romanzo Malanima.
Amo le storie di formazione che percorrono intere vite e qui di vita c'è ne sono tante.
Marina, Mia,Aldo,Nello,Anna, Giulia, Totò.
L'adolescenza non è mai stata facile per nessuno, soprattutto per questi ragazzi che vivono in un' isola. Il mare è tutto ciò che conoscono e adesso devono fare i conti con una nuova realtà. I cambiamenti sono dietro l'angolo per ciascuno di loro, i sogni di Mia sono in bilico, l'amicizia con Marina subisce fasi altalenanti e anche le sue vecchie conoscenze vacillano e rischiano di finire.
Un passato che torna imperterrito a minacciare il presente di Marina.

«Il patto fra noi era che io quelle ferite non le guardassi,non le nominassi, fingessi che non esistevano. Se invece ne avessi parlato,lei sarebbe scappata via da me come acqua fra le mani.»

Molte domande, poche risposte, nel passato di Marina,un' anima inquieta che si aggira tra le cave di tufo dei suoi antenati. Bel personaggio, davvero!
In conclusione, Malanima è una storia ben strutturata. I colpi di scena sparsi qua e là,  accompagnano il lettore alla scoperta di segreti sorprendenti, scrittura scorrevolissima. Dal mio punto di vista, il messaggio che l'autrice vuole fare arrivare ai suoi lettori riguarda il cambiamento interiore in ognuno di noi, l’anima muta le sue corrispondenze relazionali che ci piaccia o no. Un libro che mi ha pienamente soddisfatta! Consigliato.Buona lettura.


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24 aprile 2025

“LA GRANDE SETE DI LIBERTÀ: ERICA CASSANO SI RACCONTA”





Cari amici lettori,
oggi vi presento Erica Cassano, autrice esordiente che si affaccia con entusiasmo e talento nel mondo della scrittura. Conosciamola insieme.
Erica Cassano nasce nel 1998 a Maratea.
Dopo il liceo classico, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne e la magistrale in Filologia Moderna presso l’Università Federico II di Napoli. Ha inoltre frequentato un master in Scrittura e narrazione. Oltre ai libri, ama l’arte, la fotografia e i gatti, di cui si è sempre circondata. La Grande Sete è il suo romanzo d’esordio, pubblicato da Garzanti nel 2025.


D. CHI È ERICA?

R. Prima, una ragazza che amava tanto scrivere, ora una scrittrice. 
Ma ero tante cose anche prima di questo libro. Ho moltissime passioni, le elencherò brevemente perché credo possano dare un’idea del tipo di persona che sono.
Amo i musei e tutto ciò che ha a che fare con l’arte di ogni epoca e proveniente da ogni luogo del mondo. Sono una “gattara” e ho due gatte, Clio e Linda che mi mancano moltissimo quando sono lontana da loro, e lo stesso vale per il mio cane, Blu. Sono sempre, in ogni contesto, la fotografa del gruppo. Tutti i miei amici sono affezionati alla mia ormai anziana reflex e la chimano per nome, Nadia (sì, anche la mia macchina fotografica ha un nome). Non so se si può definire passione, sicuramente il mio portafoglio non ne sarebbe felice: adoro fare shopping, soprattutto di abiti e scarpe. Ahimè, anche gli scrittori sono vittime del capitalismo. Leggo moltissimo ma, anche se mi duole dirlo, tendo ad abbandonare crudelmente i libri che non mi piacciono da subito dopo le prime pagine. 

D. CHE COSA TI HA FATTO APPASSIONARE ALLA SCRITTURA? E DA QUANTO TEMPO
SCRIVI?

R. La risposta è semplice quanto banale: da sempre. Non ho memoria di un momento della mia vita in cui non abbia voluto fare la scrittrice. Mi sono appassionata alla scrittura, credo, leggendo: mi immergevo del tutto nei miei libri preferiti (quelli che non ho abbandonato)  e pensavo che anche io volevo scrivere delle storie così. In più ha contribuito anche la scuola. Sin dalla scuola primaria, quando il compito a casa comprendeva il dover inventare una storia oppure scrivere un tema, la mia testa si illuminava, non vedevo l’ora di mettermi all’opera. 

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL TUO NUOVO LIBRO “LA GRANDE SETE”, COSA DIRESTI?

R. La Grande Sete è un romanzo che inizia con un miracolo: mentre in tutta Napoli manca l’acqua, in un piccolo appartamento, al mezzanino di un condominio a Chiaia, l’acqua continua a scorrere. Intanto il popolo, stremato, combatte per cacciare i Nazisti dalla città. Siamo nel 1943 e Napoli sta per liberarsi da sola, prima città in Europa, dall’oppressore. La protagonista, Anna, è una ragazza che deve diventare donna, nonostante gli squilibri della guerra. Mentre tutti provano una sete fisica, Anna prova un altro tipo di sete, difficile da soddisfare, che ha a che fare con la volontà di creare un futuro migliore per se stessa e per la propria famiglia. Il senso della storia forse si trova tutto qui: nei limiti che si riescono a superare per soddisfare la propria sete. 

D. UNA SCENA DEL LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R. La mia scena preferita arriva verso la fine del romanzo, nel capitolo intitolato “ ‘O sole mio”. La protagonista si trova al teatro San Carlo di Napoli. Prima dell’opera, il Rigoletto, l’orchestra intona due inni, quello inglese e quello americano. Un signore, dalla platea, si alza per chiedere al console americano, seduto nel palco reale, che anche il popolo italiano presente venga rappresentato dal proprio inno. La risposta del console è sarcastica, ferisce nell’orgoglio sia l’uomo che ha parlato che quelli che non hanno osato protestare. Non vi resta che leggere per scoprire la reazione dell’uomo e di tutte le persone italiane in platea…
Posso dire però che amo particolarmente questa scena perché è una delle prime che ho immaginato di scrivere e anche una delle più commoventi!

D. QUAL È IL MESSAGGIO CHE VORRESTI TRASMETTERE AI LETTORI CHE LEGGERANNO IL TUO LIBRO?

R. Ci sono molti messaggi che vorrei trasmettere, ma il più importante credo sia questo: tutti abbiamo il diritto di non arrenderci, di scegliere quello di cui abbiamo bisogno, senza lasciarci scoraggiare dalle condizioni esterne e senza farci intimorire da quello che gli altri si aspettano da noi. 

D. CI SONO SCRITTORI CHE SONO PER TE FONTE D’ISPIRAZIONE?

R. Quando si scrive è quasi inevitabile sentire l’influenza di tutto ciò che si legge. Mi viene da rispondere che tutte le autrici e tutti gli autori a cui mi sono approcciata, in parte, sono stati una fonte di ispirazione. Per scrivere “La Grande Sete”, però, ho avuto bisogno di guide che mi aiutassero a creare con precisione il mondo in cui volevo il lettore si immergesse. Queste guide le ho trovate in Curzio Malaparte, che con La pelle offre infiniti tableau vivant di Napoli nei giorni dell’occupazione americana; in Elsa Morante, da cui ho imparato come gestire l’irrompere della storia sulla pagina e infine in Elena Ferrante, che con la sua scrittura trascinante mi ha insegnato a creare una storia coinvolgente. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Spero di avere l’opportunità di continuare a scrivere per sempre le mie storie.

Ringrazio Erica per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande



In libreria e sugli store online dal 4 marzo 2025 Garzanti


SINOSSI

Anna ha sete. Tutta la città ha sete, da settimane. C’è chi li chiamerà i giorni della Grande Sete, e chi le ricorderà come le Quattro Giornate di Napoli. È il 1943 e l’acqua manca ovunque, tranne che nella casa in cui Anna vive con la sua famiglia. Mentre davanti alla Casa del Miracolo si snoda una fila di donne che chiede quanto basta per dissetarsi, lei si domanda come mai la sua sete le paia così insaziabile. Perché quella che Anna sente è diversa: è una sete di vita e di un futuro di riscatto. A vent’anni vorrebbe seguire le lezioni alla facoltà di Lettere, leggere, vivere in un mondo senza macerie, senza l’agguato continuo delle sirene antiaeree. Ma non c’è tempo per i sogni. Il padre è scomparso, la madre si è chiusa in sé stessa, la sorella e il nipote si sono ammalati. Il loro futuro dipende da lei. Così, quando ne ha l’opportunità, Anna accetta un impiego come segretaria presso la base americana di Bagnoli. Entra in un mondo che non conosce, incontra persone che provengono da una terra lontana, piena di promesse, che incanta e atterrisce allo stesso tempo, come tutte le promesse. La cosa più semplice sarebbe scappare, lasciarsi alle spalle gli anni dolorosi della guerra. Ma Anna non vuole che qualcun altro la salvi. Come Napoli si è liberata da sola, anche Anna deve trovare da sola la sua via di salvezza. La grande sete non è facile da soddisfare. Viene da dentro e parla di indipendenza e di amore per il sapere e, soprattutto, parla del coraggio necessario per farsi sentire in un mondo che non sa ascoltare.

COSA NE PENSO

Dire soltanto che si tratta di una vera rivelazione sarebbe riduttivo, considerando che si tratta di un libro d'esordio. La trama si mantiene interessante dall' inizio alla fine. La Grande Sete, narra gli aspetti più importanti di una persona,la famiglia, le amicizie, il battersi per i propri ideali, e ciò ne fa di Anna la protagonista di questo romanzo una vera eroina. 
Ottima la stesura, personaggi credibili all' interno di un contesto storico di fame e miseria che ha visto Napoli ed il resto del nostro paese morire per la seconda guerra mondiale, per poi risorgere più forte di prima in mezzo alle macerie. 
Napoli con i suoi vicoli stretti,i bassi, il mezzanino dove vive Anna insieme alla sua famiglia, la solidarietà della gente in momento di grande miseria, il miracolo perché Napoli vive di miracoli nonostante tutto.

«Dare da bere agli assetati, c'era scritto pure nella Bibbia. Quanta gente aveva evitato la morte in quei giorni, grazie a noi. Avrei dovuto sentirmi pulita,mondata di tutti i peccati. Invece continuavo a sentire una grande pesantezza.»

La rabbia abita nei personaggi, un' altra protagonista che secondo il mio punto di vista va attenzionata è Carmela, la sua storia colpisce perché il suo vissuto è avvolto in una nube di malinconia e nell' inganno.
La rivalsa di Carmela diventa un filo sottile pronto a spezzarsi, ma poi tutto cambia e questo dà la vera svolta ad uno dei personaggi più belli del libro, citare tutti gli altri non basterebbe una sola pagina, ma i genitori di Anna sono entrambi, due menti e due anime che reggono il peso del dolore, senza che esso possa scalfire le loro forti personalità.
In conclusione,La Grande Sete è un grande insegnamento per tutti noi, mai arrendersi, bisogna invece, cercare conforto l'uno nell'altro e mai perdere la speranza, i miracoli esistono basta solo crederci. La voglia di Anna di fare della sua vita quello che sente la rendono uno dei personaggi più belli letti nell' ultimo periodo. 
L'onestà di questa ragazza convince,piace e soprattutto stimola di continuo la mente di chi legge la sua storia.Lettura super consigliata.Buona lettura!


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04 aprile 2025

IL CORAGGIO DI ESSERE: DIALOGO CON STEFANO FERRI



Miei cari lettori,

È un'onore, oltre che un piacere ospitare nel mio blog Stefano Ferri. Stefano è nato a Milano nel 1966, vive a Milano dove è giornalista e consulente in comunicazione.
Nel 2004 ha ricevuto il Premio Hilton per il giornalismo specializzato in turismo d’affari e nel 2006 il Premio Italia for Events per la stampa di settore. Da molti anni è attivo a sostegno dei diritti civili, dando testimonianza, su giornali, tv e social media, della sua condizione di crossdresser.
Parla inglese (bilingue) e tedesco, conosce l’arabo e il russo e nel tempo libero si diletta di chitarra classica (tra gli autori interpretati Bach, Sor, Villa-Lobos, Yepes).
Inoltre, Stefano è il direttore generale di
Meritocrazia Italia , associazione no-profit a carattere socio-culturale, che sta rapidamente crescendo e diffondendo la sua voce in giro per l’Italia. Mossa dalla volontà di conferire forza “all’Italia che Merita”, ossia riaffermare il valore del merito, dell’impegno e dell’equità sociale.
Per chi vorrà aderire (solo TRE euro) Clicca qui


D. STEFANO, COM'E' NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Da un’incessante ricerca su me stesso. Chi mi conosceva bene aveva capito già dalla mia prima giovinezza che potevo essere uno scrittore (un mio cugino me lo disse che avevo solo 19 anni!), ma io bene non mi conoscevo, ho avuto un percorso parecchio lungo e arduo, come chi ha sentito parlare di me sa, e ciò si è riflesso negativamente sull’identificazione della “carriera” giusta. Che poi tanto carriera non è, né è solo legata alla scrittura. L’altra mia anima è quella legata alle PR, ai lavori di rappresentanza, alla consulenza di marketing. I romanzi restano la mia grande passione, e come tanta altra gente mi cimento nel crearne di nuovi. Dico sempre che scrivo i romanzi che vorrei leggere.

D. COSA TI AIUTA A CONCENTRARTI MENTRE SCRIVI?

R. Il silenzio. Ammiro quanti si concentrano con la musica. Io amo la musica, non smetterei mai di ascoltarla, ma se metto su una delle mie playlist non riesco a buttar giù una riga.

D. CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R. È un’emozione che porta con sé due sentimenti opposti: liberazione – per la grande fatica che finisce (scrivere è una fatica nera, ricordatelo sempre) – e nostalgia per i personaggi che non vedrai mai più crescere, vivere, gioire e piangere nella tua testa.

D. CHE MESSAGGIO HAI VOLUTO LANCIARE CON IL LIBRO “DUE VITE UNA RICOMPENSA”?

R. Due vite una ricompensa intende mostrare una delle più profonde e amare regolarità dell’esistenza umana, ossia che se da un lato non è vero in assoluto che chi la dura la vince, dall’altro è sempre vero che un sacrificio onesto e amorevole lascia un segno, per quanto eventualmente diverso dall’intento originario, come un seme che porta frutto ai posteri e non a chi lo ha piantato.

D. QUALI SONO GLI AUTORI O I LIBRI CHE HAI AMATO DI PIU' O CHE MAGGIORMENTE TI HANNO INFLUENZATO?

R. In assoluto Stephen King, il più grande genio letterario del XX Secolo, tuttora colui che sa maneggiare la penna meglio di chiunque altro. Ho imparato da lui la descrizione precisa di quanto sta intorno alla scena principale, come una cartolina che vive di parole e non di immagini. Sempre da lui ho imparato l’introspezione psicologica dei personaggi, vero tallone d’Achille di tanti scrittori, specie italiani. Ho molto amato anche Andrea Camilleri, Paolo Giordano e il primo Ammaniti.

D. COSA DIRESTI ALLO STEFANO DI 20 ANNI E VICEVERSA?

R. Lui mi parlerebbe per primo esclamando «Come ti sei ridotto!» e io gli risponderei «Come tu stesso vorresti ridurti» raccomandandogli di non avere paura e di non aspettare altri vent’anni per lasciarsi andare.

D. STAI LAVORANDO A QUALCHE PROGETTO FUTURO CHE TI PIACEREBBE CONDIVIDERE CON NOI?

R. L’ho già annunciato sui social, volentieri lo ripeto qui: mi sono dato alla cittadinanza attiva divenendo direttore generale dei Ministeri di Meritocrazia Italia, associazione culturale a-partitica (nel senso che non ha vincoli ideologici e si interfaccia con tutti) volta a propugnare una società fondata soltanto sul merito. Obiettivo nobile e arduo, visto il punto di partenza che sappiamo e di cui si vedono i ben tristi risultati. Ha un'organizzazione capillare, sia sul territorio sia nella dirigenza, articolata essenzialmente in Ministeri recuperando il senso etimologico della parola (da "minus", "meno", contrapposto a "magis", "più", laddove in origine i ministri erano gli esecutori pratici degli ordini dei magistrati). In sei anni ciò si è rivelato molto funzionale all'interlocuzione con le istituzioni, perché ne adotta lo stesso linguaggio.
Come sapete, da un decennio do testimonianza a favore di una società senza discriminazioni, proprio per averne subite a bizzeffe, anche da gente insospettabile. Non immaginerei modo migliore per festeggiare il decimo compleanno del mio attivismo pubblico se non questa grande occasione per potenziarlo all'infinito.

In libreria e sugli store online dal 26 settembre 2024 Mursia  anche in formato Kindle. 


SINOSSI 

«Era la voce del cardinale che proclamava: 
“Un giorno tutto il mondo farà così”.»

Anno Mille. In uno sperduto feudo del Regno di Lombardia la routine del contadino Guglielmo viene funestata dall’improvvisa – e gravissima – malattia della giovane moglie Rosa. Deciso a non rassegnarsi all’idea di perderla, mentre sacrifica tutto il raccolto a un viaggio della speranza allo Spedale di Milano, s’inventa un modo per non togliere il cibo di bocca ai suoi bambini: una pietanza sconosciuta chiamata riso, insaporita col contenuto dell’osso grande del bue.
È la stessa pietanza che ritroviamo secoli dopo nella Milano di San Carlo Borromeo, tinta di giallo zafferano da un pittore del cantiere del Duomo, e che dopo la peste del 1576-77 lascerà una traccia perenne nei miti e nei riti dell’amore.
Una storia emozionante, indicativa del senso della vita quant’altre mai.


Foto gentilmente tratta dal profilo Facebook di Stefano Ferri, utilizzata a corredo dell’intervista.



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27 marzo 2025

INTERVISTA A NOVITA AMADEI AUTRICE DEL LIBRO “DA SOLO”




Cari miei lettori,

Bentrovati! L'ospite di oggi è Novita Amadei. Nata a Parma e vive in Francia. Lavora come consulente nel campo dell’asilo politico e delle migrazioni internazionali, e anche la sua attività da giornalista pubblicista è relativa a questi temi. Dentro c’è una strada per Parigi (Neri Pozza 2014), il suo romanzo d’esordio, è stato finalista alla prima edizione del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza e anche ai premi Bottari Lattes Grinzane e Corrado Alvaro e ha vinto il XXVIII Premio Massarosa. Sempre presso Neri Pozza sono usciti i romanzi Finché notte non sia più (2016) e Il cuore è una selva (2020), le raccolte di racconti Ragazze di Parigi (2018) e Operazione umanitaria (2019), oltre a un contributo nell’antologia L’allegra brigata (2020).


D. QUANDO HAI INIZIATO A SCRIVERE?

R. Quindicenne, scrivevo poesie. Più avanti, viaggiando per studio e per lavoro, ho iniziato a scrivere racconti su persone che incontravo o incrociavo soltanto, pezzetti di storie, volti e dialoghi trattenuti in una sorta di fotografia a parole. Col moltiplicarsi dei racconti, mi sono resa conto che la scrittura era un “posto” dove stavo bene, la “room of one’s own” di Virginia Woolf, e mi sono misurata col formato del romanzo, che non ho più lasciato (anche se il mio primo - Dentro c’è una strada per Parigi - rimane ancora una via di mezzo fra il racconto lungo e il romanzo breve). 
Faccio fatica a datare con precisione il momento in cui ho iniziato a scrivere, forse, per il piacere e l’impegno che ci mettevo erano già una forma di scrittura in nuce i biglietti di Natale, i diari delle vacanze, le lettere alle amiche, i temi delle medie... 
Oggi, comunque, posso dire con certezza che la scrittura mi abita e condiziona il modo stesso in cui penso, in cui trattengo certe immagini, certe storie o solo dettagli, e il modo in cui si ricompongono, poi, sulla pagina scritta.  

D. IL TUO ROMANZO “DA SOLO” È TRATTO DA UNA STORIA VERA. 
QUAL È STATO IL MOMENTO PIÙ SIGNIFICATIVO DURANTE IL PROCESSO DI SCRITTURA? 

R. La scrittura di questo libro è stata “fisica”, fatta di scambi con altre persone e di viaggi, in un rimando continuo, e concreto, fra il mondo e la pagina, la realtà, l’immaginazione e la parola. Da solo, infatti, non è stato nato fra me e me, alla scrivania, ma mi ha richiesto di recuperare interviste e contatti di migranti ucraine con cui avevo lavorato agli inizi degli anni 2000 - oltre alla scrittura, mi occupo di asilo politico e migrazioni internazionali – e di viaggiare in Ucraina, nelle terre da dove viene il mio personaggio, attraversando poi il Paese in treno, da ovest a est, come aveva fatto lui nel mettersi in salvo. Dopo aver finito di scrivere il libro, mi sono messa alla sua ricerca, alla ricerca del bambino vero a cui la storia è ispirata. Mi scoraggiava il numero di rifugiati ucraini Europa (otto milioni dichiarati e ventiquattro le persone uscite dal Paese), invece l’ho trovato, a Bratislava, con la sua famiglia. E devo dire che questo incontro, insieme alla visita delle zone di guerra con la gente del posto, sono state emozioni grandissime.

D. TRA LA TRAMA E I TUOI PERSONAGGI, COSA È ESSENZIALE PER TE? PERCHÉ?

R. Senza dubbio i personaggi, sono loro a portare la trama. Inizio spesso a scrivere una storia senza avere un plot ben definito, ma non sarei in grado di buttare giù nemmeno una riga senza avere in testa il protagonista e uno o due altri personaggi principali. 
Ogni personaggio è portatore di filiazioni, relazioni, aspettative e panorami, ognuno ha un suo profilo, un suo movimento, una storia che, incrociata con quella degli altri, suggerisce di per sé la trama o, perlomeno, vi dà la direzione. Capita che non debba nemmeno decidere perché, per come sono, i personaggi condizionano certe scelte, le dettano proprio. La convinzione che l’autore sia un deus ex machina che decide di ucciderli o crescerli, di essere violento o lascivo con loro, folle o amaro, è solo un’illusione. L’autore non è che un prestanome.

D. HAI DELLE ABITUDINI QUANDO SCRIVI? PREDILIGI DEI LUOGHI PARTICOLARI DOVE SCRIVERE?

R. Scrivo a casa, quando la casa è vuota. Pantaloni della tuta e con una finestra accanto. L’occhio che s’allontana aiuta il pensiero.

D. A QUALE SCRITTORE TI SENTI PIÙ VICINA PER GENERE O SCRITTURA?

R. Non so se posso definirmi “vicina”, ma sento di condividere la sensibilità di Alice Munro nella ricerca di una lingua esatta e nella narrazione di vicende dalla quotidianità spiazzante, attraversate da crudeltà e felicità con cui tutti prima o poi ci misuriamo.

D. COSA VORRESTI CHE I TUOI LETTORI SAPESSERO?

R. La scrittura narrativa non mente, non inganna, non accetta compromessi. Richiede ostinazione e fiducia. Abnegazione. Nelle sue vertigini, si nascondono i confini del proprio io, le stanze di una casa, mondi senza fine, misteri che generano altri misteri che si vogliono senza spiegazione né regole immutabili e oggettive, ordine e riposo, frastuono, una foresta di terminazioni nervose, un chiodo fisso, una falda sotterranea... Non è un insegnamento, questo, nessuna spiegazione, solo l’augurio che i lettori sentano tutto ciò nelle pagine di un libro. 

D. QUALI SONO I TUOI PROGETTI PER IL FUTURO? 

R. Intanto, vorrei che il neonato Da solo si facesse strada con la stessa ostinazione e lo stesso coraggio del bambino e della madre di cui racconta. Poi, è già prevista l’uscita di un altro romanzo nel 2026 e una nuova storia mi sta covando in testa. Il mio progetto per il futuro, insomma, è continuare a coltivare questa tensione: l’equilibrio fra la scrittura e tutto il resto.

Ringrazio Novita per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online 21 febbraio 2025 Neri Pozza


SINOSSI 

In tempo di guerra cambia ogni cosa, anche per chi non combatte in prima linea: i gesti, le parole, gli sguardi, i sogni non sono più gli stessi. In tempo di guerra ci sono bambini che, nello spazio stretto di una notte, si trasformano in piccoli uomini che devono affrontare e comprendere il mondo da soli. E ci sono madri che, nella speranza di proteggere i loro figli, li lasciano andare condannandosi a vivere con solo mezzo cuore. Questa è la storia di Jarek che, pochi giorni prima dei suoi dieci anni, pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, attraversa il Paese da solo per cercare rifugio a Bratislava, a migliaia di chilometri da casa. Parte con la destinazione scritta sulla mano e giochi d’immaginazione nella testa, a cui ricorre istintivamente per dare un senso a ciò che senso non ha. Sua madre Hanna lo ha lasciato nella folla di fuggitivi alla stazione di Zaporižžja, restando a casa con Olena, la nonna invalida, e scegliendo per lui un insidioso viaggio nell’ignoto come alternativa al vivere per sempre con l’orrore negli occhi o al diventare un bersaglio. Lo ha portato in stazione con l’inganno e non ha voluto aspettare la partenza del treno. A dimostrazione del fatto che anche gli animi più impauriti possono generare atti di grande coraggio.

COSA NE PENSO

Un libro emotivamente profondo che spacca in due il cuore. L'abbandono visto da occhi diversi. Addii non pronunciati,anime ferite e occhi che si cercano ma non si trovano.
Sono 3 i personaggi principali della storia, Jarek un bambino di appena dieci anni,sua madre Hanna, e la nonna di Jarek, Olena.
La forza dell' amore raccontata con quella sensibilità dovuta alle vittime della guerra in Ucraina, toglie il respiro ogni volta che il racconto va avanti e procede senza interruzioni perché una pagina tira l'altra in quel susseguirsi di curiosità vissuta nel dolore.
L'orrore della guerra,la sola idea di una madre che tenta di proteggere e di salvare suo figlio lascia sgomenti chiunque. Leggere questo libro è molto importante perché ci mette davanti alla realtà, che accade proprio nella porta accanto.

«Rieccoli,i miei pensieri senza capo né coda e l'impossibilità maledetta di parlare a Jarek come ho sempre fatto,con misura e giudizio,ma schiettamente. Più me lo riprometto, più mi sento confusa. Eppure,la scelta da prendere è semplice: restare o partire...»

In conclusione, a fine lettera, si ha una percezione diversa di come eravamo all'inizio lettura, tutto cambia dentro di noi, e niente sarà più come prima, un libro che ci scuote fin dentro le viscere.
Dire che si tratta di un bel libro sarebbe scontato è molto di più. L'unico consiglio che io vi possa dare è leggetelo,leggetelo,leggetelo.
Buona lettura!

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18 marzo 2025

L'URLO DEI GATTOPARDI – LIANA ZIMMARDI, TRA STORIA E PASSIONE.







Cari lettori,

L'ospite di oggi è Liana Zimmardi.
Nata a Palermo, città dove vive con il marito e due figli. Si è laureata in Economia e Commercio ed esercita la professione di commercialista, ma sin da bambina la sua più grande passione sono la letteratura e la storia. È autrice di romanzi e saghe storiche pubblicati in self-publishing, L'urlo dei Gattopardi segna il suo esordio in tutte le librerie italiane.


D. CHI È LIANA?

R. Sono una persona tranquilla, ordinata e metodica, con una buona dose di vivacità che spero non mi renda noiosa. Mi piace circondarmi di persone esuberanti e brillanti, purché non siano mai arroganti o aggressive. Le cose che amo di più al mondo sono il cioccolato, i libri e la mia famiglia, non necessariamente in quest’ordine. 
Sin da bambina sono stata una discreta divoratrice di romanzi di ogni genere, spaziando da quelli d’amore alla fantascienza, dagli storici, all’avventura fino ai grandi classici. Ho la fortuna di provenire da una famiglia serena e di averne costruita una altrettanto stabile e amorevole. Circondata dall’affetto, ho potuto coltivare la mia grande passione per la lettura e, grazie al costante sostegno di mio marito, negli ultimi anni ho potuto dedicarmi a una nuova passione: la scrittura. 
Nella vita sono mamma di due splendidi ragazzi, il mio orgoglio e la mia gioia; sono moglie di un collega commercialista, la mia forza e il mio grande amore, con cui condivido vita e lavoro; infine, sono autrice di romanzi sentimentali storici, in netto contrasto con la mia laurea in Economia e Commercio. Credo che quest’ultima rappresenti il lato concreto dalla mia personalità, mentre i libri ne incarnino quello sognatore.

D. COME E QUANDO NASCE LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Non dirò che scrivo da quando ero bambina perché non sarebbe vero. Anzi, fino al 2020 non avevo scritto altro che i temi a scuola. Nei mesi precedenti al lockdown ho attraversato un momento difficile, di apatia e paura. Ero profondamente scossa dalla perdita di un’amica e dalla morte di una bambina, compagna di classe di mio figlio. Poi iniziarono ad arrivare le terribili immagini dalla Cina, che aggiungevano nuovo terrore al mio animo provato, mentre attorno a me percepivo una grande indifferenza al problema. 
Sentivo il bisogno di evadere, ma non trovavo ristoro neanche nella lettura, nulla riusciva a soddisfarmi. Così decisi di scrivere la storia che avrei voluto leggere. Mi resi conto che era un’esperienza terapeutica. Il mio animo si rasserenava e riuscivo a vincere le mie paure. Quando ci chiusero in casa, avevo già completato la prima bozza del mio romanzo. Era terribile, perché non avevo alcuna conoscenza delle tecniche di scrittura, ma avevo dimostrato a me stessa di saper orchestrare una trama e portarla a termine. 
Approfittai del lockdown per studiare e revisionare il libro, affinché raggiungesse una forma più dignitosa. Al contrario di quello che successe a molti, in quel periodo ho trovato la liberazione. Tutte le persone che amavo erano al sicuro in casa e, in più, avevo scoperto un mondo, quello della scrittura, che mi affascinava e mi donava nuova stabilità.

D. IN QUALE MOMENTO DELLA GIORNATA PREFERISCI SCRIVERE?

R. Il momento migliore per me è l’ora di pranzo. Preparo da mangiare per i miei ragazzi, poi li lascio a tavola e mi ritiro in salotto per dedicarmi alla scrittura per almeno un’ora e mezza, senza interruzioni. La sera, di solito mi concedo una mezz’ora per rileggere e sistemare ciò che ho scritto durante il giorno, ma senza attardarmi troppo, perché quello è anche il momento che considero sacro per leggere i libri degli altri, di cui sono sempre avida.

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL TUO ROMANZO, L’URLO DEI GATTOPARDI, COSA DIRESTI?

R. Era il 12 gennaio del 1848 e i siciliani decisero di fare la festa al re. Infatti era il compleanno di Ferdinando di Borbone e un gruppo di nobili e borghesi siciliani, che tramavano da tempo contro l’odiato despota, la festa la fecero davvero. Ma chi erano? 
Per noi sono solo nomi di vie o di piazze, di larghi e di vicoli. Sono nomi e soprannomi, nomi storpiati e dimenticati. Già, dimenticati… Dicevo, era il 12 gennaio del 1848. Era il giorno del compleanno di un re molto odiato. Così, scoppiò una rivoluzione, che nei mesi successivi si propagò al resto d’Europa, dando il via alla Primavera dei popoli. 
Ruggero Settimo, Rosolino Pilo, Giuseppe La Masa, Giuseppe La Farina, Emerico Amari, Francesco Crispi e tanti altri comprese le donne siciliane, fervide patriote e poetesse che, oltre a battersi per la libertà, si battevano già per quello che nel resto del mondo solo parecchi anni dopo sarebbe diventato il femminismo. 
Eppure oggi sono solo piazze e vie, ma un tempo furono i Gattopardi che urlarono la loro libertà. 
Il mio romanzo vuole ricordarli e omaggiarli, e lo fa attraverso una storia d’amore che tra intrighi e tradimenti ci trasporterà nella Palermo dell’Ottocento.

D. UNA SCENA DEL TUO LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R. È ambientata nella cripta delle Repentite, un luogo avvolto nel mistero, che ho potuto visitare solo di recente. Un tempo era la sepoltura delle monache, ex prostitute, di un convento ormai scomparso. Quando sono scesa nella cripta, ho avuto la sensazione di vedere i miei protagonisti prendere vita, fronteggiandosi nel duro scontro che avevo descritto. È stato emozionante.

D. UN LIBRO CHE NON TI STANCHERAI MAI DI RILEGGERE?

R. Orgoglio e pregiudizio, primo fra tutti, che ho già letto quattro volte e che medito di rileggere per la quinta. Anche Ragione e sentimento, letto tre volte, ed Emma, solo due, meriterebbero nuove attenzioni. E poi, ce ne sarebbero tanti altri: tutta la saga de Il cavaliere d’inverno, che ho letto solo un paio di volte, i libri di Natoli e, perché no, i simpaticissimi Bridgerton. 

D. QUALI SONO I TUOI PROGETTI PER IL FUTURO? 

R. Nella mia mente le storie nascono e si rincorrono velocissime, molto più di quanto io riesca a scriverle, quindi di progetti non me ne mancano. Al momento sto terminando il mio primo romanzo medievale, che, tra l’altro, è anche la prima storia vera che racconto… o quasi, perché la sto romanzando parecchio. Poi devo revisionare altri due libri scritti tempo fa, che necessitano di qualche cura, e rimettere mano a una novella che ho trascurato. Insomma, tanto lavoro!


Ringrazio Liana per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online dal 29 gennaio 2025 Giunti Editore


SINOSSI 

Palermo, autunno 1847. In città l’aria è incandescente: il popolo sta tramando contro i Borboni, e la rivolta è ormai incombente. La marchesina Isabella di Cabrera arriva da Messina carica di speranze e aspettative. Nonostante alla sua famiglia interessi solo che combini un buon matrimonio, lei freme per entrare nei salotti bene e convincere gli intellettuali che l’insurrezione deve servire anche a difendere i diritti delle donne. George Seymour ha lasciato Londra per amministrare le proprietà di famiglia in Sicilia, e adesso è inebriato dalla vitalità, dai profumi, dalla magia di quella terra. Stringe una profonda amicizia con i fratelli Alberto e Leonardo de Martini, che lo introducono alla nobiltà cittadina e agli ideali dei ribelli. George sposa la causa e si lascia travolgere dalla passione per la locandiera Cettina, verace e ardente. Quando però conosce Isabella, amata anche da Alberto, capisce che quella ragazza colta, intelligente e indocile cambierà per sempre il suo destino. Mentre i due si dibattono fra i rimorsi verso Alberto e la nascita di un sentimento ormai impossibile da reprimere, esplodono i moti, travolgendo i destini di tutti i protagonisti nell’inesorabile avanzare della Storia.


COSA NE PENSO

Ho finito di leggere o meglio di "divorare L'urlo dei Gattopardi" in appena ventiquattrore.
Un romanzo a dir poco sublime, scritto con una tale grazia e dialettica perfetta, che si legge tutto d'un fiato. 
Storie e vite che si intrecciano quelle di George, Alberto, Isabella, e Cettina, dei "cuori ribelli" impavidi e innamorati della vita come della rivoluzione che insorge a Palermo. Isabella la si ama da subito, forte e determinata com'è, esattamente come lo scanzonato e contradditorio George, l'uomo dalle azioni sconsiderate. Cettina è l'antagonista perfetta, perché esprime l'idea dell' amore nella sua più reale grandezza in quel vortice di perdizione tra gelosia e orgoglio.
Per quanto concerne, Alberto, bè, un personaggio ben costruito, vendicativo quanto basta, uno che non ti aspetti, ma che poi ti porta a farti cambiare opinione su di lui, come spesso accade anche nella vita di tutti noi ogni giorno. 
Tutti personaggi convincenti che non stancano mai di stupire nello sfondo delle tristi vicende della rivoluzione Siciliana conosciuta anche come la "Primavera dei popoli" del  1848 quando molti palermitani si radunarono per le vie della città, dove nei giorni precedenti erano stati diffusi manifesti che incitavano alla rivoluzione guidata da dei nomi che poi hanno fatto la storia della Sicilia: Ruggero Settimo, Emerico Amari, Mariano Stabile, Rosolino Pilo, Giuseppe La Masa, Francesco Crispi, Giuseppe La Farina e tanti altri. Ma l'aspetto più interessante sta nel ricordare le figure femminili che hanno fatto la storia, dando voce a tutte le donne oppresse dal dominio Borbonico. Giuseppina Turrisi Colonna spesso citata nel libro, che per prima parlò di dignità conforme anticipando di oltre vent'anni il saggio sull' assoggettazione delle donne di John Stuart Mill. Insieme ad altre donne, dalla Principessa di Butera e la scrittrice Rosina Muzio Salvo fondatrici della "Legione delle pie sorelle". 

«Questa non sarà una rivolta ma una vera rivoluzione,e i Borboni non avranno scampo. Non staremo più a guardare un sovrano che affama il suo popolo e lo tiene nell' ignoranza e nella miseria.»

In conclusione, "L'urlo dei Gattopardi" un romanzo storico e d'amore super consigliato!

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INTERVISTA A SVEVA CASATI MODIGNANI

È un'onore, oltre che un piacere ospitare nel mio blog Sveva Casati Modignani una delle firme più amate della narrativa contemporanea: i...