INTERVISTA ALLA SCRITTRICE LISA GINZBURG


Cari lettori,

Oggi ho l'onore di ospitare nel mio blog la scrittrice e saggista Lisa Ginzburg, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa.
Dopo essersi occupata della mistica francese del Seicento (si ricorda in particolare l'edizione del Commento mistico al Cantico dei cantici di Jeanne Guyon, Genova, Marietti, 1997) ha lavorato come traduttrice e collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus".Ha esordito nella narrativa nel 2002 con il romanzo “Desiderava la bufera”. Nel 2005 pubblica la biografia Anita, “Storia di Anita Garibaldi”. Nel 2006 la raccolta di racconti “Colpi d’ala”. 
Nel 2016 pubblica ben due romanzi: “Per amore” e la raccolta di racconti “Spietati i mansueti”. Nel 2018 pubblica il libro “Buongiorno mezzanotte, torno a casa”. Nel 2020 pubblica il suo ultimo romanzo “Cara pace" (ed.da Ponte alle Grazie) il quale è stato selezionato nella dozzina della LXXV edizione del Premio Strega.


D: LEI NASCE IN UNA FAMIGLIA DI FILOSOFI E SCRITTORI. SUA NONNA ERA NATALIA GINZBURG, FIGURA DI PRIMO PIANO DELLA LETTERATURA ITALIANA DEL NOVECENTO.QUANDO HA CAPITO DI ESSERE PORTATA ANCHE LEI PER LA SCRITTURA?

R: Scrivevo poesie da bambina, poi dalla tarda infanzia in avanti ho tenuto una enorme quantità di diari. A scuola brillavo nelle materie letterarie, mentre ero un assoluto disastro in quelle scientifiche. Racconti ho preso a scriverne dopo i vent’anni, ma la vera“autolegittimazione”, il momento in cui ho capito che volevo fare della scrittura il mio lavoro e che avrei combattuto contro ogni nodo psicologico pur di provarci, è arrivato dopo i vent’anni. Difficile ammetterlo in principio, data la mia origine in una famiglia dove la scrittura era ed è attività tanto predominante. Un percorso professionale che è stato un succedersi di piccole conquiste, piccole grandi epifanie distribuite negli anni e celebrate dentro di me.


D: QUALI SONO LE FONTI DI ISPIRAZIONE DI CUI SI SERVE QUANDO SCRIVE? PARTE DA ESPERIENZE REALI, AUTOBIOGRAFICHE O DALLA SUA IMMAGINAZIONE?

R: Immagino personaggi e vicende ma sono convinta che ogni immaginazione sia per uno scrittore anche il riverbero di persone e fatti della vita vera che gli succede di osservare e assorbire. Personalmente credo molto nella trasfigurazione, nella sua forza metamorfica e creativa. La cosa straordinaria dell’inventare sta proprio in questa costante commistione tra
fantasia e realtà: c’è una grande ricchezza nell’atto di trasfigurare. Me ne sono in parte occupata in un libro su Mary Shelley e il suo Frankenstein, un libro che ho intitolato “Pura invenzione”proprio perché trovo che sia nel rapporto tra immaginazione e realtà la chiave più interessante per entrare nelle fibre profonde sia degli scrittori, sia delle loro opere.


D: IL SUO LIBRO “CARA PACE”, NARRA LA STORIA DI DUE SORELLE, UNA MADRE CHE SE NE VA, E UN PADRE EMOTIVAMENTE FRAGILE E VOLUBILE. QUALI SONO STATE LE DIFFICOLTÀ DURANTE LA STESURA DI QUESTO ROMANZO?

R: Sono state varie, e tutte difficoltà di “ricostruzione psicologica” di fatti e personaggi. Avevo inventato un quadro famigliare pieno di complessità, fragilità, disfunzionalità: dovevo valutare tutti i possibili incastri, le dinamiche tra ciascuno degli “attori” di questa scena complessa. Addentrarmi in particolare nella dinamica tra le due sorelle, Nina e Maddalena,ha significato momenti di crisi nella lavorazione del testo perché talvolta non capivo in che modo restituire certi chiaroscuri della loro simbiosi. Eppure, ogni volta mi sono venute in
soccorso loro, Maddi e Nina: perché i personaggi che la nostra immaginazione partorisce non solo a volte sono così vividi nella nostra mente da diventare veri. Anche, diventano i nostri principali alleati.

D: LEI HA LAVORATO COME TRADUTTRICE TRA I SUOI LAVORI RICORDIAMO,"L' IMPERATORE GIULIANO" E "L'ARTE DELLA SCRITTURA DI ALEXANDRE KOJÉVE", (Donzelli 1998) E "PENE D'AMOR PERDUTE DI WILLIAM SHAKESPEARE"(Einaudi, 2002.). COSA RICORDA DELL' ESPERIENZA COME TRADUTTRICE?

R: Ho tradotto di nuovo l’anno scorso dopo diverso tempo che non lo facevo, e mi sono molto divertita.Trovo che la cosa più bella che possa succedere quando si traduce, è amare molto il libro che si sta traducendo: allora, davvero, trovando la voce di un altro si ha la sensazione di far risuonare anche la propria, e per chi scrive di mestiere si tratta di una sensazione molto arricchente, preziosa. Ricordo anche, nel caso della traduzione di Shakespeare, una immensa fatica: credo sia stato lo sforzo intellettuale più impegnativo che abbia affrontato.
Ma ne è valsa la pena! Senza dubbio il mio lavoro di traduttrice di cui più vado orgogliosa.


D: HA DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R: Devo essere sola e devo sentirmi in uno stato di completa “centratura” prima di mettermi a scrivere. E deve accadere in un luogo che amo, anche se un luogo transitorio, ma un posto che amo e dove mi sento bene.


D:QUAL È LA SUA CITAZIONE PREFERITA?

R: “Quando l’anima è pronta, lo sono anche le cose” (sempre Shakespeare)


D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sto lavorando a un nuovo romanzo, quindi sto inventando ma anche assorbendo e trasfigurando. Anche, sto ultimando un testo di biografia della grande scrittrice brasiliana (ma nata in Ucraina) Clarice Lispector. E poi, il progetto per il futuro è un mondo dove la pressione dell’ansia collettiva sia meno imperante di quanto è adesso.

Ringrazio di cuore Lisa Ginzburg per aver risposto alle mie domande.


Intervista a cura di C.L


Ph. by Barbara Ledda 


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