INTERVISTA ALLO SCRITTORE MATTIA BERTOLDI



   

Carissimi amici e carissime amiche,

L'ospite di questa nuova intervista è  Mattia Bertoldi, autore del libro “Il coraggio di lilly”. In libreria e sugli store online dal 19 maggio 2022 edito Tre60.
Mattia è nato nel 1986 a Lugano, ha vissuto più o meno alla grande tutti gli anni Novanta. Sognava il chiodo di pelle di Max Pezzali ed erta innamorato di Xena e Buffy. Finalista al Premio Chiara Giovanni nel 2011, ha esordito con il romanzo Ti sogno, California (Booksalad. 2012).
È curatore di La dura legge di Baywatch. Tutto quello che avete amato negli anni '90 (Booksalad, 2017). Tra gli altri suoi libri: Come tanti piccoli ricordi (Tre60, 2019).


D: CHI È MATTIA?

R: Sono una persona che ha sempre amato la lettura e mi sono avvicinato alla scrittura solo durante i tempi dell'università. Ho studiato lettere a Zurigo e in quel periodo mi sono cimentato nei primi racconti, per poi esordire con un romanzo alla fine degli studi. All'epoca ritenevo impossibile poter “vivere di scrittura”, ma ho capito che un obiettivo del genere era alla mia portata se avessi declinato lo scrivere in più direzioni. Oggi lavoro per l'ufficio di comunicazione del Governo ticinese, dirigo una rivista dedicata all'enogastronomia e nel tempo che resta sono autore di romanzi, documentari e serie TV. Insomma, ho deciso di cimentarmi in più ambiti rifornendo il... motore della scrittura ogni giorno, con del nuovo carburante.

D: GRAZIE AL TUO ROMANZO “IL CORAGGIO DI LILLY” HAI RIPORTATO ALLA MEMORIA COLLETTIVA LA STORIA DI LILLY VOLKART, LA DONNA CHE APRÌ UNA CASA PER ORFANI SUI MONTI DEL VERBANO. DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE DIVENNE UN PICCOLO CENTRO DI SOLIDARIETA INTERNAZIONALE, COSA TI HA SPINTO A RACCONTARE LA SUA STORIA?

R: Innanzitutto il desiderio di riportare in superficie il percorso di una donna che in pochi conoscevano, almeno al di fuori di Ascona (il Borgo ticinese in cui ha vissuto la maggior parte della vita). Inoltre, ho voluto esplorare quel mondo attraverso gli occhi dei tre ragazzi protagonisti del mio romanzo (Ranieri, Ettore e Dora) e immaginare una vicenda che esplorasse le loro emozioni e il dolore legato alle conseguenze del conflitto. Infine, desideravo sperimentare il genere del romanzo storico con tutto ciò che ne consegue: ricerca, studio e continui sopralluoghi sul territorio.

D: UNA SCENA DEL LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R: Scelgo il capitolo in cui Ranieri viene affidato a Folgore, il contrabbandiere che dall'Italia lo conduce fino in Svizzera, lungo un sentiero all'ombra del Monte Limidario (o Ghiridone) che ho percorso io stesso nel giugno 2020. Per me era fondamentale sperimentare sulle gambe la fatica di quella strada e intercettare con gli occhi i diversi punti di riferimento che potevano colpire le persone in fuga verso la salvezza tra cui pietre di confine, fontane e punti panoramici sul Lago Maggiore. È il momento della narrazione in cui ci si avvicina non solo alla casa di Lilly, ma anche a una delle pagine più oscure della storia italiana del Novecento. Ranieri si dirige infatti verso la Svizzera nel settembre 1943, a poche ore dal proclama Badoglio; da lì a pochi giorni l'esercito tedesco sarebbe sceso in forze verso l'Italia, intensificando i controlli lungo le frontiere italo-svizzere.

D: QUALI SONO LE DIFFICOLTA’ NELLO SCRIVERE UN ROMANZO STORICO?

R: Scrivere un romanzo storico ti costringe a camminare sulle uova in tutte le fasi di stesura per paura di incappare in anacronismi. Per farti un esempio: una lettrice, qualche giorno fa, mi ha detto che si era chiesta se negli anni Quaranta esistevano veramente le tapparelle di cui parlo nelle prime pagine del romanzo, e per fortuna che in effetti era così! Devo però dire che entrare in una dimensione del genere ti porta a interessarti ad aspetti molto specifici del passato, anche perché ogni capitolo è introdotto da una data ben precisa. Ho quindi consultato gli annali di MeteoSvizzera per sapere che tempo facesse in quei giorni e, se la vicenda si svolgeva di notte, in che fase si trovasse la Luna. L'obiettivo ultimo era insomma quello di raggiungere un grado di verosimiglianza così elevato da poter inserire elementi di fantasia o romanzati senza che questi venissero notati. D'altro canto è questa l'essenza del romanzo storico, come dice la definizione stessa dell'espressione.

D: QUAL È IL ROMANZO CHE TI È PIACIUTO PARTICOLARMENTE LEGGERE E PERCHÉ?

R: Ho iniziato a scrivere Il coraggio di Lilly dopo aver ascoltato l'audiolibro de Il treno dei bambini, di Viola Ardone. Anche se ero a conoscenza della storia di Lilly Volkart sin dal 2015, è in quel momento che ho intravisto la possibilità di raccontare una pagina della Seconda guerra mondiale meno nota di tante altre. Nel caso del romanzo di Ardone il tema centrale era costituito dai bambini meridionali che, nell'immediato Secondo dopoguerra, trascorrevano alcune settimane in nord Italia per rimettersi in forze. Anche Lilly aveva partecipato a programmi simili ma nel caso del mio romanzo, che si svolge tra il 1943 e il 1944, ho voluto soprattutto approfondire il concetto di “bambini reduci”. Si tratta di un'espressione usata spesso da Franco Debenedetti Teglio, che ho intervistato durante la stesura del romanzo. Lui è sfuggito alla morsa nazifascista, ha soggiornato da Lilly ed è oggi un testimone della shoah molto attivo nelle scuole. In ogni suo intervento sottolinea quanto è stato difficile superare la Seconda guerra mondiale per chi all'epoca era bambino, proprio come lui. E poco importava se ci si trovava in un posto relativamente sicuro come la Svizzera; questi bambini hanno portato sulle spalle il senso di colpa e il dolore legato al destino (spesso infausto) dei loro familiari, un carico emotivo che ha accompagnato il resto delle loro vite.

D: C’E’ UN ALTRO PERIODO STORICO IN CUI TI PIACEREBBE AMBIENTARE UN ROMANZO?

R: Se oltre ai limiti temporali posso superare anche quelli spaziali, scelgo la Londra vittoriana di fine Ottocento o la Parigi della Belle Époque. La prima per il tumultuoso contesto dato da una metropoli che si trovava a fare i conti con un impero da gestire e una vita nelle strade che spesso era misera e derelitta; la seconda per la grande verve creativa e artistica che si poteva toccare con mano. Se invece dovessi rimanere in un ambiente italofono, sceglierei la Milano da bere degli anni Ottanta. In quel decennio ero solo un bambino ma sarebbe interessante scoprire il periodo in cui i miei genitori avevano l'età che ho io oggi, vale a dire 36 anni.

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sto lavorando a un progetto narrativo legato alle wunderkammer, che rappresentano un tema su cui mi sono fissato da ormai diversi anni. Molti dei miei romanzi partono proprio da queste ossessioni: nel caso de Il coraggio di Lilly la fascinazione era per il mondo della magia della prima metà del Novecento in Italia e i giochi di carte, che rappresentano una passione condivisa da Ranieri e Cesare, suo padre. In merito a questo progetto, invece, non vedo l'ora di riempire una stanza (immaginaria) di oggetti e reperti bizzarri e creare una storia che la metta in luce nella maniera più coinvolgente possibile.

Ringrazio Mattia Bertoldi per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.




SINOSSI

Zurigo, 1917. Lilly Volkart ha vent’anni e sogna di diventare pediatra. Mentre risparmia per pagarsi gli studi, lavora presso la pensione dei suoi genitori. Nelle sue stanze ospita moltissimi studenti del Politecnico, perlopiù svizzeri provenienti da altri cantoni. Ma tra loro c’è anche un italiano, Umberto, che si distingue per gentilezza e simpatia. Innamorarsi e fare progetti per il futuro sembra essere la cosa più naturale al mondo. Ma in Italia infuria la guerra, e presto Umberto è costretto a lasciare la Svizzera per andare a combattere in Veneto… Ascona, 1943. Il sogno di diventare pediatra non si è realizzato, ma Lilly può mettere a frutto la sua esperienza per qualcosa di ancora più grande. Nel 1924 ha aperto una colonia per ospitare bambini di famiglie benestanti durante l’estate, che presto è diventata anche un luogo di approdo per bambini meno fortunati. Con lo scoppio della guerra il numero di ospiti è aumentato: Ascona si trova al confine con l’Italia e si rivela un posto sicuro per tanti bambini ebrei in fuga. Con l’aiuto di Massimo, il proprietario dell’emporio del paese, Lilly decide di accoglierli e li nasconde, offrendo loro una casa e la possibilità di studiare e imparare un mestiere. Nella speranza che, in una sorta di famiglia allargata, i piccoli possano superare la guerra, per poi riabbracciare i loro genitori… In questo romanzo, Mattia Bertoldi racconta con grande delicatezza la storia sorprendente di Lilly Volkart, una donna che, come Oskar Schindler o Irena Sendler, cambiò il destino di centinaia di bambini durante la Seconda guerra mondiale e di migliaia nel corso della sua vita.


Intervista a cura di C.L

Photo by Elizabeth La Rosa

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