CONOSCIAMO ELENA BOSI, AUTRICE DEL LIBRO “MIO PADRE È NATO PER I PIEDI”



Miei cari lettori, l'ospite di oggi è Elena Bosi.
Elena è nata nel 1978 a Mirandola e vive a Mirandola ma è di Concordia, dove è cresciuta. Traduce, insegna e scrive. “Mio padre è nato per i piedi” è il suo primo romanzo.


D. CHI È ELENA?

R. Per rispondere ho bisogno di aggiungere anche il mio cognome, e dunque: Chi è Elena Bosi?, perché se penso a Elena, da sola, non so dire esattamente chi sia, né dove voglia andare. Elena Bosi, invece, è una persona che si sente la somma di tutti i suoi antenati, e di tutte le persone che ha incontrato fin qui. Da ciascuno ha preso qualcosa: da uno la forma del naso e i capelli ricci, da un’altra il colore degli occhi, e poi la passione per gli orti, e un certo intercalare, o il gesto di strofinarsi le mani anche quando non ha freddo, fino all’abitudine di leggere tutte le sere e di prendere le annotazioni più varie su tanti piccoli taccuini. 

D. QUANTO TEMPO HAI IMPIEGATO PER LA REALIZZAZIONE DI “MIO PADRE E’NATO PER I PIEDI”?

R. Ho impiegato circa tre anni. Avevo tutto questo materiale a cui non riuscivo a dare una forma coerente, quindi ho dovuto fare molte prove. All’inizio avevo tanti frammenti staccati, poi ho provato a scrivere un romanzo ininterrotto, come un flusso di coscienza, poi sotto forma di interviste ai personaggi, e alla fine sono tornata ai frammenti, non lasciandoli staccati ma cercando di comporre un mosaico che potesse avere un senso, sia per me che per i lettori. E questo è stato possibile anche grazie al lavoro finale con Samuela Serri, che si è occupata dell’editing del libro e che ringrazio perché ha saputo orientarmi con sicurezza rispettando le mie scelte, soprattutto linguistiche.

D. CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R. Per me l’euforia è durata poco: ho iniziato subito a domandarmi: Sarò mai capace di scrivere qualcos’altro? Adesso invece non ci penso, cerco di godermi il più possibile tutte le gioie che mi sta portando questo romanzo.

D. PARLACI DELLE INFLUENZE LETTERARIE CHE HAI AVUTO, DEGLI SCRITTORI CHE AMI.

R. La prima influenza è stata Natalia Ginzburg. Ho letto Lessico famigliare alla fine delle elementari e ricordo di aver pensato che anch’io potevo, e volevo, scrivere un romanzo sulla mia famiglia. Ed eccolo qui. Mentre lo scrivevo avevo in mente Noialtri di Sergej Dovlatov, Le storie di mia zia di Ugo Cornia e Gnanca na busìa di Clelia Marchi, ma anche La scoperta dell’alfabeto di Luigi Malerba. Poi ovviamente devo citare Paolo Nori, che non solo è stato il mio maestro in tanti seminari e al corso Trovare la sedia, della sua Scuola Karenin, ma per me, da lettrice, è sempre stato un autore di riferimento. 

D. HAI DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R. Di solito inizio a scrivere a mano, anche su un foglio volante o di recupero: mi aiuta a trovare la concentrazione. Appena vedo che la scrittura inizia a scorrere, passo alla tastiera del computer. Mi piace pensare a quello che voglio scrivere mentre sbrigo delle commissioni o mentre cammino, perché poi quando mi siedo a scrivere cerco di farlo molto velocemente. Il mio romanzo l’ho scritto mentre frequentavo il corso Trovare la sedia, di Paolo Nori, e per me la difficoltà più grande è ancora quella: trovare la sedia, rimanere lì, obbligarmi ad andare avanti. 

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE... CHE VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R. Vorrei dire che mi emoziona molto pensare che magari proprio in questo momento c’è qualcuno che sfoglia il mio romanzo e legge le parole che diceva mia nonna, o pronuncia il nome di luoghi che per la maggior parte della gente sono luoghi sperduti, insignificanti, ma a me sono così cari. Quindi vorrei dire ai lettori che li ringrazio, e che spero che il mio romanzo li faccia divertire, e forse anche un po’ commuovere.

D. PROGETTI PER IL FUTURO E SOGNI?

R. Progetti molti, ho sempre tanti cantieri aperti. Sogni non saprei, un desiderio però ce l’ho: da traduttrice, e visto il mio legame forte con la Spagna, mi piacerebbe vedere una bella edizione in spagnolo di Mio padre per i piedi. Questo mi renderebbe davvero felice. 

Ringrazio Elena per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.



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SINOSSI 

A tre anni, Giulia è una bambina spigliata, autonoma, sempre con la risposta pronta. Forse anche perché la nonna ha l’abitudine di servirle un caffellatte ogni mattina, salvo poi lamentarsi di quanto sia nervosa. Però, visto che abita a Concordia sulla Secchia, un paesino in provincia di Modena, Giulia è anche una bambina che a tre anni può andarsene in giro da sola sul suo triciclo – l’importante è che non esca mai dai portici – fingendo di fare acquisti nei negozi e cantando Bandiera rossa, come le hanno insegnato gli anziani clienti della pasticceria di famiglia. È con loro che Giulia è cresciuta: nonni, zii, zie, vicini di casa e di bottega, parenti acquisiti, passanti, ragazze, mamme, vecchi e commercianti, tutti personaggi di un microcosmo bizzarro e meraviglioso, memorabile. Dal nonno che ha perso un polmone in una tempesta di sabbia durante la guerra alla zia suora che ipnotizza i topi; dal dottor Francesco, dentista che sa curare tutti i mali, alla libraia Arpalice che non vende libri ma manda i clienti in biblioteca; da Lina, una cliente con la fissa delle zucche, alla zia Tilde, capace di riconoscere le donne incinte dal collo. Un mondo che Giulia descrive con tono allegro e solo in apparenza leggero, perché l’ironia e il brio di chi la circonda sono spesso un modo per esorcizzare la malinconia e la solitudine. Una solitudine a cui ogni personaggio risponde a modo suo: chi confidandosi con la luna, chi cercando presagi felici nei sogni propri e altrui, chi con una battuta, una fuga o una grande abbuffata. Con Mio padre è nato per i piedi Elena Bosi, «la figlia dei portici», crea così l’affresco di una famiglia e di un’intera comunità, un romanzo corale che ci restituisce un mondo sorprendente e poetico che forse sta scomparendo.

COSA NE PENSO 

Noi figli degli anni 70 e 80 possiamo facilmente ritrovarci in questo romanzo. Una storia comune quella di Giulia nata e cresciuta in una piccola cittadina romagnola Concordia, un luogo lontano dalle grandi città in cui tutti si evolvevano in quegli anni con una rapidità impressionante.
Il libro si legge senza nessuna difficoltà , poiché la scrittura è semplice e genuina.Lettura scanzonata e per nulla banale.
I capitoli brevissimi ci portano da un contesto all' altro nella vita di ogni personaggio che abitano nel mondo di Giulia, tra aneddoti, curiosità e stili di vita semplici esattamente come l'Italia del dopoguerra in cui l'intera popolazione viveva di stenti e rinunce,un popolo laborioso che con grande dignità ha saputo con amarezza e orgoglio costruirsi un lavoro,una vita, in modo spiccio concreto senza fronzoli.
I personaggi sono tutti molto interessanti, curiosi a volte malinconici, da nonno Veleo, nonna Marta, passando per il papà e la mamma di Giulia, tutta la sua parentela conquista proprio per il loro ruolo determinante.
In conclusione, Elena Bosi si fa tante domande, purtroppo,alcune di queste domande non troveranno mai una risposta concreta.
Il libro piace per la leggerezza e la sensibilità con cui narra questi episodi familiari.
Una serie di episodi, un viaggio attraverso le variegate tipologie di parenti che tutti noi, in un modo o nell’altro, abbiamo incrociato nelle nostre esistenze. 
Consigliato. Buona lettura!


Intervista e recensione a cura di C.L

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