INTERVISTA A JOHN HEMINGWAY: NIPOTE DEL PREMIO NOBEL ERNEST HEMINGWAY




John Patrick Hemingway è uno scrittore e giornalista statunitense. Nipote del premio Nobel Ernest Hemingway e figlio di Gregory Hemingway. John è nato a Miami in Florida nel 1960, ha studiato storia e Italiano alla U.C.L.A. dopo la laurea si trasferisce in Italia a Milano nel 1983, dove inizia il suo percorso di scrittore e di traduttore. I suoi articoli sono apparsi su alcuni giornali come l'Unità e Libero. Dopo aver lasciato l'Italia e aver trascorso un anno in Spagna, John ora vive con sua moglie e due figli a Montreal, in Canada. I suoi articoli e racconti sono apparsi su giornali e riviste americani, italiani e spagnoli. Il suo racconto Uncle Gus è stato messo in evidenza per il rilancio del "Saturday Evening Post". Nel 2007 ha pubblicato presso la casa editrice americana Lyon Press il libro "Strange tribe: a family memoir", tradotto in molti paesi (Spagna, Repubblica Ceca, Bulgaria, Cina e Taiwan), in Italia “Una strana tribù. Memorie di una famiglia” è stato pubblicato nel 2018.
John viene spesso invitato in Italia a partecipare a conferenze o eventi che ricordano la memoria e l'opera di suo nonno. Nel 2014 ha preso parte all'inaugurazione del Museo Hemingway e della Grande Guerra di Bassano del Grappa (Vicenza). Nel 2019 pubblica in Inglese Bacchanalia : A Pamplona Story. 

Desidero ringraziare John Hemingway per la disponibilità mostrata nel concedermi questa intervista. 


D:PRIMA DELLA STESURA DI UN LIBRO FAI DELLE RICERCHE? QUANTO TEMPO DEDICHI ALLE RICERCHE PRIMA DI INIZIARE A SCRIVERE? 

R: Per i miei romanzi non faccio molte ricerche. Di solito i miei romanzi sono basati sulle mie esperienze. 
Per il memoriale dedicato alla mia famiglia, ho fatto numerose ricerche dato che riguardava le vite di mio padre e mio nonno. 


D: SECONDE TE LA SCRITTURA È COME UNA PRATICA SPIRITUALE? 

R: Direi di sì, è una pratica spirituale o che può diventarla.
Ciò, ovviamente, dipenderà da come lo scrittore vede il suo lavoro. Mi è capitato di vedere quello che faccio come una chiamata, perché devi davvero goderti la scrittura, viste le difficoltà che dovrai affrontare come scrittore. 
È probabile che non diventerai né famoso né ricco e prima te ne renderai conto meglio starai. 


D: SE NON AVRESTI FATTO LO SCRITTORE, COSA AVRESTI FATTO?

R: Forse sarei diventato medico come mio padre o forse un diplomatico o anche un costruttore di barche a vela, non saprei davvero,chi può dirlo? 


D: QUAL E’ STATA LA SCENA PIU' DIFFICILE DA SCRIVERE? 

R: Penso l'ultimo capitolo di Bacchanalia. Era molto importante il dialogo tra i due protagonisti del romanzo, i giovani amanti Frank e Irina. Doveva essere tutto molto fluido a partire dalle parole, ai gesti, tutte queste cose erano importanti per creare la giusta atmosfera tra loro due che si cercavano disperatamente l'un l'altra, cercando contro ogni previsione di far funzionare la loro relazione. 


D: QUANTO TEMPO TI SERVE IN MEDIA PER SCRIVERE UN LIBRO? 

R: Scrivo dai otto ai quindici mesi per realizzare un libro.


D: C’E’ UN LIBRO DI TUO NONNO ERNEST HEMINGWAY CHE AVRESTI VOLUTO SCRIVERE O CONTINUARE? 

R: Bèh, potrei dire che Bacchanalia è una versione moderna del romanzo di mio nonno The Sun Also Rises ,“Fiesta (Il sole sorgerà ancora)”. All'inizio ne avevo parlato con un editore di Thomas Dunne, che faceva parte del  St. Martin's Press fino all'aprile del 2020, purtroppo la casa editrice è stata chiusa e tutti i suoi dipendenti sono stati licenziati. La persona con cui era in contatto Thomas Dunne, ha avuto l'idea di farmi realizzare una serie di racconti basati ai giorni nostri da aggiungere alle opere di mio nonno. Bacchanalia sarebbe stato il primo di loro. 
La persona che aveva letto il mio romanzo ne era entusiasta. 
Gli avevo anche detto che stavo già lavorando al secondo romanzo di quella che alla fine sarebbe stata una trilogia. Quest'ultimo però, è stato ambientato a Milano prima e durante la pandemia del Covid19. Adesso l'ho finito ed è in corso di valutazione da parte di un agente letterario negli Stati Uniti. 


D: HAI VISSUTO IN ITALIA PER MOLTI ANNI. COSA TI MANCA DELL'ITALIA? 

R: Mi mancano le persone, la cultura, la cucina, le città d'arte e la facilità 
con cui si possa passare da un paesaggio di montagna ad uno di mare in poche ore. 
È incredibile, in una parola, sublime.
Mi manca la lingua italiana stessa, il suo suono seducente.
Mi manca lo stile italiano, e il modo di fare bella figura degli italiani. Mi manca il senso del tempo del paese che solo una cultura vecchia come quella italiana può avere. Mi mancano così tante cose... 


Ph. John Hemingway insieme alla moglie Kristina.


Intervista a cura di C.L

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