INTERVISTA AD ALICE BASSO

 




Cari lettori,

Oggi ho il piacere di ospitare nel mio blog Alice Basso, scrittrice, redattrice, traduttrice, valutatrice di proposte editoriali. Nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni canta e scrive canzoni per un paio di rock band. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.

 

D: QUANDO HA INIZIATO A SCRIVERE E DA DOVE ARRIVA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R: Mi sono accorta che scrivere era un'attività che prometteva un gran divertimento appena me l'hanno insegnato a scuola. Avete presente quando le maestre fanno scrivere i primi “pensierini”? (Be', almeno ai miei tempi si chiamavano così). Scoprire che due, tre pensierini, uno dopo l'altro, potevano costruire una storia è stata un'emozione grandiosa! Da quel momento non sono mai stata senza qualcosa in corso di scrittura: racconti, ma soprattutto romanzi e anche qualche fumetto. Poi, se vogliamo parlare di scrivere professionalmente... questa è tutt'un'altra storia. Prima mi sono messa a lavorare coi libri, sì, ma con quelli altrui: faccio la traduttrice e la redattrice dal 2002, anno della mia laurea. Solo nell'autunno del 2013 ho scritto qualcosa di cui mi sia sentita abbastanza fiera da non vergognarmi a spedirlo a qualche agenzia. Era L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome, il primo libro della pentalogia sulla ghostwriter-investigatrice Vani Sarca, che Garzanti ha acquistato a marzo del 2014 e che è uscito poi nel 2015. Da allora, sempre con Garzanti, ho pubblicato un libro all'anno: i cinque di Vani Sarca, appunto, e dal 2020 i primi due della nuova saga di Anita Bo.

 

D: PARLANDO DEI SUOI LIBRI IL MORSO DELLA VIPERA E IL GRIDO DELLA ROSA, LA SERIE DEI RACCONTI CHE VEDE COME PROTAGONISTA ANITA BO, DATTILOGRAFA NELLA TORINO ANNI TRENTA, DOVE HA TROVATO L'ISPIRAZIONE PER QUESTO PERSONAGGIO? COS'HA AMATO MAGGIORMENTE DURANTE LA STESURA?

R: Mi fa sempre piacere parlare di com'è nato lo spunto per la saga di Anita, perché è arrivato da una specie di Big Bang! Nel 2019, dopo aver finito di scrivere l'ultimo libro di Vani Sarca, stavo lavorando a qualcosa di nuovo, più tante cosette di quelle che agli scrittori capita spesso di fare: per esempio, stavo preparando un corso sulla nascita del giallo da tenere nelle scuole, e mi stavo appassionando un sacco ai rapporti fra giallo, giallisti e regime fascista. (Spoiler: erano un casino. Il regime odiava il potenziale di denuncia dei gialli e cercava in ogni modo di censurarli e controllarli.) Nel frattempo, stavo preparando una specie di spettacolo teatrale, su commissione (lo dico perché di solito si pensa ai lavori su commissione come a qualcosa di arido e poco motivante, e invece in questo caso è stato tutto il contrario!), sulla storia di una dattilografa. E anche studiare il modo in cui la professione della dattilografia ha emancipato un sacco di ragazze nella prima metà del '900 mi stava appassionando da morire. Così un giorno, mentre mi lavavo i denti, mi è sorto il pensiero: ma perché non scrivo una serie in cui una dattilografa va a lavorare per un giallista, negli anni trenta? E addio: da quel momento non sono più riuscita a pensare ad altro. Anita e Sebastiano sono diventati il centro dei miei pensieri!

 

D: QUALE SARÀ IL PROSSIMO PASSO PER ANITA BO?

R: Anita ha un sacco di cose da fare, infatti come per Vani Sarca ho progettato per lei una serie di cinque libri (avevo fatto così anche per Vani: programmare subito le trame di tutti e cinque, come se fossero un unico lungo macro-libro). Il prossimo episodio, il terzo, dovrebbe uscire a primavera. E stavolta ci porterà a spasso non solo nella Torino della stampa e dell'editoria di gialli, ma anche nella Torino del cinema (perché Torino aveva smesso da pochissimo di essere la capitale italiana del cinema, e proprio in quel periodo stava passando lo scettro a Roma).​

 

D: QUALI COLORI POTREBBERO RIASSUMERE LE PERSONALITÀ DI VANI SARCA E DI ANITA BO?

R: Be', Vani è di sicuro nera e viola. È una ragazza dall'aria molto dark, che gira perennemente in impermeabile nero sdrucito e trucco pesante perché le piace mettere una certa strizza alla gente che incontra. Ha anche un umorismo nero, direi. Anita invece è solare e gioviale, anzi: siccome è una brunetta molto graziosa (ma anche furbacchiona), ha capito che fingersi una bella svampita ha i suoi vantaggi, perché la gente tende a sottovalutarti e ad abbassare la guardia in tua presenza. Dunque direi che per lei vanno bene un rosso, energico e vulcanico, o un fucsia, così femminile ma acceso.

 

D: NEL 2019 ESORDISCE COME ILLUSTRATRICE PER IL SAGGIO. C'ERA UNA SVOLTA DI BARBARA FIORIO. CI RACCONTA DI QUESTA ESPERIENZA?

R: Ahah, che divertimento! Io non sono un'illustratrice, ho sempre disegnato e dipinto volentieri, sì, ma solo per diletto personale. Però Barbara è una collega e un'amica (faccio spesso delle comparsate come docente extra nei corsi di scrittura che tiene online – un laboratorio dal buffissimo nome di Gruppo di Supporto Scrittori Pigri) e C'era una svolta è un libro particolarmente spiritoso: parla delle fiabe tradizionali, nella loro versione originale però (cioè di solito crudele e scioccante), e ci fa un sacco di ironia sopra. Barbara ha raccolto a sé svariati amici illustratori professionisti e non: l'importante è che avessero voglia di interpretare quest'ironia. E io mi sono divertita tantissimo!

 

D: I SUOI LIBRI O AUTORI PREFERITI DI QUANDO ERA BAMBINA E DI ADESSO?

R: Wow, questa è una di quelle risposte in cui devo impormi una bella autodisciplina o finisco per sproloquiare per cinquanta righe. Allora, io ho un affetto e una gratitudine speciali per quegli attori dallo stile brillante che non si prendono troppo sul serio, ti fanno ridere, ma che poi, quando arrivi alla fine del libro, ti accorgi che sono riusciti anche a lasciarti qualcosa. Il mio preferito in assoluto è William Goldman, autore del più bel libro metaletterario che abbia mai letto (peraltro, da bambina), La principessa sposa; ma ho voluto molto bene anche a Pennac, a Benni, in tempi più recenti a Christopher Moore. Come quasi tutta la mia generazione, ho amato molto Stephen King, però, più che per i brividi horror, per quei libri o pezzi di libri in cui racconta infanzia e adolescenza: chi non lo considera un grande scrittore forse non conosce la novella Cuori in Atlantide dall'omonima raccolta, in cui parla di college al tempo del Vietnam. E poi adoro Raymond Chandler, con quel suo umorismo malinconico, e John Fante e John Steinbeck, che ti portano in mondi desolati ipnotizzandoti con uno stile meraviglioso. E mi fermo solo per, appunto, autodisciplina!

 

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Come ho già accennato, adesso ho intenzione di portare a spasso Anita Bo ancora per tre libri. E poi...vedremo. La mia testa e i miei cassetti non sono mai vuoti di progetti!

 

Ringrazio Alice Basso per aver risposto alle mie domande.

 




Ph di Alice Basso by Sara Lando


Intervista a cura di C.L

 

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