27 maggio 2025

ELIO PECORA SI RACCONTA TRA SCRITTURA E VITA

Cari amici lettori,

Oggi ho l’onore di ospitare una voce raffinata e profonda della poesia italiana contemporanea: Elio Pecora.
Nato a Sant'Arsenio (Salerno) nel 1936, dal 1966 abita a Roma. Ha pubblicato raccolte di poesie, racconti, romanzi, saggi critici, testi per il teatro, poesie per i bambini. Ha curato antologie di poesia italiana contemporanea. Ha diretto la rivista internazionale “Poeti e Poesia” fino a giugno del 2024. Ha collaborato per la critica letteraria a quotidiani, settimanali, riviste fra i quali: La Voce Repubblicana, La Stampa-Tuttolibri, Il Mattino, La Repubblica-Mercurio, Reporter, L’Espresso, Tempo Illustrato, Wimbledon, Strumenti critici, Belfagor) e al secondo e terzo programma RAI.


D. COME E QUANDO NASCE LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Nasce nella prima adolescenza. Appartengo a una generazione che, fin dalle scuole elementari, imparava poesie a memoria. Inoltre fui assai presto un lettore accanito. Per me tanto la poesia che la narrativa sono stati e sono veri strumenti di conoscenza e di educazione dei sentimenti e ai sentimenti. Seppi presto quanto la parola della poesia chiamasse altre parole, schiudesse mondi ed emozioni, portasse in un altrove . 

D. QUALI EMOZIONI PROVA QUANDO SCRIVE UNA POESIA?

R. Sento di star riuscendo a esprimere la parte più vera e necessaria di me, del mio sentire, del mio stare nel mondo: insieme vigile e appassionato. 
            
D. DA QUALE IDEA, SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, È NATO IL SUO NUOVO LIBRO, L'ACQUARIO?
 
R. L’aquario s’è andato componendo lungo diversi anni. Nemmeno più ricordo quale fu il primo episodio, se ne aggiunsero altri, poi venne chiara la struttura del tutto e quindi la premessa. Scrivevo di momenti e vicende che avevo vissuto o a cui avevo assistito o che mi erano stati raccontate e che reinventavo. Ne è venuto un polittico, un teatro con molte voci e tante diverse realtà.  

D. QUALI AUTORI L'HANNO MAGGIORMENTE  INFLUENZATA?
 
R. Anzitutto i grandi poeti latini, come Lucrezio e Orazio, poi di sicuro Leopardi, e fra gli autori del Novecento Auden, Eliot, Borges, Montale, Saba. Questi fra i poeti, E fra i prosator Stendhal, Tolstoj, Virginia Woolf, Anna Maria Ortese, Lalla Rimano, Giuseppe Pontiggia. E mi limito a questi fra i tanti che ho amato e che rileggo. E non posso non nominare i saggi di Montaigne, gli scritti sull’estetica di Croce e di Giorgio Colli e i diari di Max Frisch.   

D. QUALE È IL MESSAGGIO CHE VORREBBE TRASMETTERE AI LETTORI CHE HANNO LETTO O LEGGERANNO L'ACQUARIO?

R.Vorrei che dalla lettura del mio romanzo venisse chiaro che essere e rendersi vivi comporta il sapere di star compiendo un cammino con tanti altri e che questi altri, come noi, si aspettano vicinanza e comprensione. E ancora che la vita è un’avventura difficile e meravigliosa e in cui vale restare.  

D. CHE COSA CONSIGLIEREBBE A UN SUO LETTORE CHE VOLESSE SCRIVERE UN LIBR0?

R. Esprimersi con la scrittura richiede la buona conoscenza del suo uso, per questo conta soprattutto la lettura dei grandi narratori, quelli consegnati alla durata. Ma non basta la qualità formale, pure necessaria. Occorre tanto al poeta che al narratore la capacità di guardarsi dentro e intorno e di farlo con compassione e insieme con spietatezza, quindi lasciarsi portare dal demone della narrazione. 


Desidero ringraziare il Maestro Pecora per la sua gentile disponibilità e per l’attenzione riservata alle mie domande.



In libreria e sugli store online dal 11 aprile 2025 Neri Pozza


SINOSSI 

Chi può parlare di verità? Della verità che non si dice neanche a sé stessi, quella che qualcuno va a cercare dai curatori dell’anima, impastata di facili bugie, di articolate menzogne. Carlo, Giacomo, Anna, Laura, Lorenzo e gli altri che camminano in queste pagine, e per un poco le abitano, le loro verità invece vanno raccontandole, a noi e fra loro, facendone un teatro. Parlano delle loro giornate, di assilli, di ritorni, di assenze. Raccontano, si raccontano. Perché la vita, quella in cui si muovono vigili e inquieti, non basta. Così va narrata, anche nell’imprecisione. Con il risultato di fornire a chi ascolta mappe intricate di percorsi, in gran parte inesplorabili, tanto che all’uno e all’altro, chi racconta e chi ascolta, restano in dono particelle di un corpo sconosciuto. Forse per questo continuano a cercarsi, ad ascoltarsi, e quel che è prima parso intricato, confuso, si fa più chiaro, sicuro: fino al piacere di consegnare, di consegnarsi. E nell’età della scontentezza e dell’ansia, dove la solitudine è tacitata dal frastuono, forse un’ultima speranza di salute può venire dal sapersi uguali nel raggiro, compagni nella confidenza. Come munirsi di una mappa, e per quella aggirare la paura di smarrirsi, forse di condividere.


COSA NE PENSO

In queste pagine si cammina, sì, ma non con i piedi: si avanza con l’anima, a piccoli passi, dentro vite che non ci appartengono e che pure, misteriosamente, ci somigliano. Carlo, Giacomo, Anna, Laura, Lorenzo e gli altri , figure appena accennate o profondamente indagate  abitano il libro come si abita un sogno condiviso, uno di quelli da cui ci si sveglia con una domanda in più e qualche certezza in meno.
La scrittura, intessuta di cura e verità, non si accontenta del reale. Lo interroga, lo scava, lo traduce in parola narrante. I personaggi non fanno che raccontarsi, e nel farlo costruiscono un teatro dell’anima, un palcoscenico fragile e prezioso dove ogni gesto ha il peso di una confessione. Parlano di giorni che si assomigliano, di ritorni attesi o solo immaginati, di assenze che fanno più rumore delle presenze. Ma è proprio in questo continuo rivelarsi che si apre un varco: la narrazione si fa cura, il racconto diventa rifugio.
Ho letto queste pagine con un senso di gratitudine crescente, come si ascolta una voce che non alza mai il tono, eppure ti arriva addosso come una folata piena. L’imprecisione, lungi dall’essere un difetto, è qui un gesto d’amore verso la complessità umana. Non si cerca la perfezione, ma l’autenticità: quella che ci disarma e ci rende veri.
E così, tra intrecci e confessioni, ci si ritrova ad accogliere una nuova consapevolezza: che siamo tutti, in fondo, esploratori di mappe interiori, in gran parte ignote. E il racconto  questo racconto ci tende la mano e ci accompagna a decifrarle. Non si esce indenni da questo libro, ed è un bene. Perché c’è un momento, durante la lettura, in cui si sente con chiarezza il passaggio: da spettatori a partecipi, da lettori a testimoni.

«Bisogna badare all' essenziale».

In conclusione, lo consiglio a chi cerca nella letteratura un luogo di incontro, non di evasione. A chi, stanco della superficialità del rumore, desidera finalmente ascoltare. Perché forse, come suggerisce l’autore, la vera speranza sta proprio qui: nel riconoscerci compagni, fragili e veri, dentro una narrazione condivisa.Leggetelo. Rileggiamolo. Buona lettura!


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