24 aprile 2025

“LA GRANDE SETE DI LIBERTÀ: ERICA CASSANO SI RACCONTA”





Cari amici lettori,
oggi vi presento Erica Cassano, autrice esordiente che si affaccia con entusiasmo e talento nel mondo della scrittura. Conosciamola insieme.
Erica Cassano nasce nel 1998 a Maratea.
Dopo il liceo classico, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne e la magistrale in Filologia Moderna presso l’Università Federico II di Napoli. Ha inoltre frequentato un master in Scrittura e narrazione. Oltre ai libri, ama l’arte, la fotografia e i gatti, di cui si è sempre circondata. La Grande Sete è il suo romanzo d’esordio, pubblicato da Garzanti nel 2025.


D. CHI È ERICA?

R. Prima, una ragazza che amava tanto scrivere, ora una scrittrice. 
Ma ero tante cose anche prima di questo libro. Ho moltissime passioni, le elencherò brevemente perché credo possano dare un’idea del tipo di persona che sono.
Amo i musei e tutto ciò che ha a che fare con l’arte di ogni epoca e proveniente da ogni luogo del mondo. Sono una “gattara” e ho due gatte, Clio e Linda che mi mancano moltissimo quando sono lontana da loro, e lo stesso vale per il mio cane, Blu. Sono sempre, in ogni contesto, la fotografa del gruppo. Tutti i miei amici sono affezionati alla mia ormai anziana reflex e la chimano per nome, Nadia (sì, anche la mia macchina fotografica ha un nome). Non so se si può definire passione, sicuramente il mio portafoglio non ne sarebbe felice: adoro fare shopping, soprattutto di abiti e scarpe. Ahimè, anche gli scrittori sono vittime del capitalismo. Leggo moltissimo ma, anche se mi duole dirlo, tendo ad abbandonare crudelmente i libri che non mi piacciono da subito dopo le prime pagine. 

D. CHE COSA TI HA FATTO APPASSIONARE ALLA SCRITTURA? E DA QUANTO TEMPO
SCRIVI?

R. La risposta è semplice quanto banale: da sempre. Non ho memoria di un momento della mia vita in cui non abbia voluto fare la scrittrice. Mi sono appassionata alla scrittura, credo, leggendo: mi immergevo del tutto nei miei libri preferiti (quelli che non ho abbandonato)  e pensavo che anche io volevo scrivere delle storie così. In più ha contribuito anche la scuola. Sin dalla scuola primaria, quando il compito a casa comprendeva il dover inventare una storia oppure scrivere un tema, la mia testa si illuminava, non vedevo l’ora di mettermi all’opera. 

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL TUO NUOVO LIBRO “LA GRANDE SETE”, COSA DIRESTI?

R. La Grande Sete è un romanzo che inizia con un miracolo: mentre in tutta Napoli manca l’acqua, in un piccolo appartamento, al mezzanino di un condominio a Chiaia, l’acqua continua a scorrere. Intanto il popolo, stremato, combatte per cacciare i Nazisti dalla città. Siamo nel 1943 e Napoli sta per liberarsi da sola, prima città in Europa, dall’oppressore. La protagonista, Anna, è una ragazza che deve diventare donna, nonostante gli squilibri della guerra. Mentre tutti provano una sete fisica, Anna prova un altro tipo di sete, difficile da soddisfare, che ha a che fare con la volontà di creare un futuro migliore per se stessa e per la propria famiglia. Il senso della storia forse si trova tutto qui: nei limiti che si riescono a superare per soddisfare la propria sete. 

D. UNA SCENA DEL LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R. La mia scena preferita arriva verso la fine del romanzo, nel capitolo intitolato “ ‘O sole mio”. La protagonista si trova al teatro San Carlo di Napoli. Prima dell’opera, il Rigoletto, l’orchestra intona due inni, quello inglese e quello americano. Un signore, dalla platea, si alza per chiedere al console americano, seduto nel palco reale, che anche il popolo italiano presente venga rappresentato dal proprio inno. La risposta del console è sarcastica, ferisce nell’orgoglio sia l’uomo che ha parlato che quelli che non hanno osato protestare. Non vi resta che leggere per scoprire la reazione dell’uomo e di tutte le persone italiane in platea…
Posso dire però che amo particolarmente questa scena perché è una delle prime che ho immaginato di scrivere e anche una delle più commoventi!

D. QUAL È IL MESSAGGIO CHE VORRESTI TRASMETTERE AI LETTORI CHE LEGGERANNO IL TUO LIBRO?

R. Ci sono molti messaggi che vorrei trasmettere, ma il più importante credo sia questo: tutti abbiamo il diritto di non arrenderci, di scegliere quello di cui abbiamo bisogno, senza lasciarci scoraggiare dalle condizioni esterne e senza farci intimorire da quello che gli altri si aspettano da noi. 

D. CI SONO SCRITTORI CHE SONO PER TE FONTE D’ISPIRAZIONE?

R. Quando si scrive è quasi inevitabile sentire l’influenza di tutto ciò che si legge. Mi viene da rispondere che tutte le autrici e tutti gli autori a cui mi sono approcciata, in parte, sono stati una fonte di ispirazione. Per scrivere “La Grande Sete”, però, ho avuto bisogno di guide che mi aiutassero a creare con precisione il mondo in cui volevo il lettore si immergesse. Queste guide le ho trovate in Curzio Malaparte, che con La pelle offre infiniti tableau vivant di Napoli nei giorni dell’occupazione americana; in Elsa Morante, da cui ho imparato come gestire l’irrompere della storia sulla pagina e infine in Elena Ferrante, che con la sua scrittura trascinante mi ha insegnato a creare una storia coinvolgente. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Spero di avere l’opportunità di continuare a scrivere per sempre le mie storie.

Ringrazio Erica per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande



In libreria e sugli store online dal 4 marzo 2025 Garzanti


SINOSSI

Anna ha sete. Tutta la città ha sete, da settimane. C’è chi li chiamerà i giorni della Grande Sete, e chi le ricorderà come le Quattro Giornate di Napoli. È il 1943 e l’acqua manca ovunque, tranne che nella casa in cui Anna vive con la sua famiglia. Mentre davanti alla Casa del Miracolo si snoda una fila di donne che chiede quanto basta per dissetarsi, lei si domanda come mai la sua sete le paia così insaziabile. Perché quella che Anna sente è diversa: è una sete di vita e di un futuro di riscatto. A vent’anni vorrebbe seguire le lezioni alla facoltà di Lettere, leggere, vivere in un mondo senza macerie, senza l’agguato continuo delle sirene antiaeree. Ma non c’è tempo per i sogni. Il padre è scomparso, la madre si è chiusa in sé stessa, la sorella e il nipote si sono ammalati. Il loro futuro dipende da lei. Così, quando ne ha l’opportunità, Anna accetta un impiego come segretaria presso la base americana di Bagnoli. Entra in un mondo che non conosce, incontra persone che provengono da una terra lontana, piena di promesse, che incanta e atterrisce allo stesso tempo, come tutte le promesse. La cosa più semplice sarebbe scappare, lasciarsi alle spalle gli anni dolorosi della guerra. Ma Anna non vuole che qualcun altro la salvi. Come Napoli si è liberata da sola, anche Anna deve trovare da sola la sua via di salvezza. La grande sete non è facile da soddisfare. Viene da dentro e parla di indipendenza e di amore per il sapere e, soprattutto, parla del coraggio necessario per farsi sentire in un mondo che non sa ascoltare.

COSA NE PENSO

Dire soltanto che si tratta di una vera rivelazione sarebbe riduttivo, considerando che si tratta di un libro d'esordio. La trama si mantiene interessante dall' inizio alla fine. La Grande Sete, narra gli aspetti più importanti di una persona,la famiglia, le amicizie, il battersi per i propri ideali, e ciò ne fa di Anna la protagonista di questo romanzo una vera eroina. 
Ottima la stesura, personaggi credibili all' interno di un contesto storico di fame e miseria che ha visto Napoli ed il resto del nostro paese morire per la seconda guerra mondiale, per poi risorgere più forte di prima in mezzo alle macerie. 
Napoli con i suoi vicoli stretti,i bassi, il mezzanino dove vive Anna insieme alla sua famiglia, la solidarietà della gente in momento di grande miseria, il miracolo perché Napoli vive di miracoli nonostante tutto.

«Dare da bere agli assetati, c'era scritto pure nella Bibbia. Quanta gente aveva evitato la morte in quei giorni, grazie a noi. Avrei dovuto sentirmi pulita,mondata di tutti i peccati. Invece continuavo a sentire una grande pesantezza.»

La rabbia abita nei personaggi, un' altra protagonista che secondo il mio punto di vista va attenzionata è Carmela, la sua storia colpisce perché il suo vissuto è avvolto in una nube di malinconia e nell' inganno.
La rivalsa di Carmela diventa un filo sottile pronto a spezzarsi, ma poi tutto cambia e questo dà la vera svolta ad uno dei personaggi più belli del libro, citare tutti gli altri non basterebbe una sola pagina, ma i genitori di Anna sono entrambi, due menti e due anime che reggono il peso del dolore, senza che esso possa scalfire le loro forti personalità.
In conclusione,La Grande Sete è un grande insegnamento per tutti noi, mai arrendersi, bisogna invece, cercare conforto l'uno nell'altro e mai perdere la speranza, i miracoli esistono basta solo crederci. La voglia di Anna di fare della sua vita quello che sente la rendono uno dei personaggi più belli letti nell' ultimo periodo. 
L'onestà di questa ragazza convince,piace e soprattutto stimola di continuo la mente di chi legge la sua storia.Lettura super consigliata.Buona lettura!


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16 aprile 2025

RECENSIONE DEL LIBRO “CRISTINA” DI MATILDE SERAO







NOTE SULL' AUTRICE 

Matilde Serao fu una figura di spicco nel giornalismo e nella scena letteraria italiane a cavallo tra Otto e Novecento. Fondatrice e direttrice di diversi quotidiani (tra cui «II Mattino» e «II Giorno»), trovò comunque il tempo per pubblicare decine di romanzi e centinaia di racconti, i più celebri dei quali riuniti ne Il ventre di Napoli.

SINOSSI 

Uscito in volume nel 1908, Cristina appartiene all’ultima fase della narrativa di Matilde Serao, quella definita “aristocratica”. Cristina è una storia che inizia come tante ma termina con un finale a sorpresa. Nel racconto, ambientato in un paese della provincia napoletana, una giovane di buona famiglia viene corteggiata da uno squattrinato ragazzo del luogo, che però rifiuta. Così il giovane, assumendo gli atteggiamenti melodrammatici da amante infelice, si trasferisce a Napoli dove si avvicina all’attività politica e al giornalismo. Pur ripetendo alle amiche, e a sé stessa, di non nutrire alcun interesse per lui, la protagonista, attraverso alcuni gesti, lascia trapelare che il ragazzo non le era affatto indifferente. E anche se nel frattempo accetta la proposta di matrimonio di un ricco bottegaio del luogo che inizia ad amare «con un’affezione calma e sicura», Cristina dimostra di essere ancora interessata all’altro ragazzo seguendone le notizie sul giornale locale. E l’inatteso ritorno di lui stravolgerà tutti i piani stabiliti. Qui la scrittrice tratteggia con grandi capacità ritrattistiche la provincia napoletana a cavallo fra Ottocento e Novecento, e due interessantissimi personaggi: quello di una ragazza fin troppo corriva al volere della famiglia e quello di un giovanotto inquieto e affascinante.
In libreria e sugli store online dal 19 novembre 2020 Edizioni Croce

COSA NE PENSO

Finora non conoscevo gli scritti di Matilde Serao. Posare per caso lo sguardo su questo libro, si è rivelata ben presto una scelta azzeccata. Non immaginavo si potesse scrivere così scorrevolmente e con un lessico contemporaneo nonostante i pochi vocaboli di una volta. Una storia tragicomica, che porta con se lo spirito del melodramma partenopeo di fine ottocento in cui l'amore,il rispetto e la vita in se erano tutt'altra cosa, e dove gli aspetti più inconsci dell' uomo e della donna riflettano sugli amori, e sulle generazioni di oggi. 
Per quanto la Serao, abbia scritto questi due testi circa due secoli fa',dimostra che fosse un' osservatrice molto attenta prima che una abile scrittrice.
Il suo occhio indagatore ha saputo catturare e scrutare ben oltre, gli aspetti superficiali visibili a chiunque, ma i segreti e le parole non dette delle fanciulle,e le fragilità dell' IO femminile più intimo e profondo.
Peccato, per quel premio Nobel mancato 
nel 1926 solo perché antifascista, questo riconoscimento sarebbe stato meritatissimo per quella sua mente rivoluzionaria  caratterizzata da un realismo appassionato e coinvolgente, che riflette la sua forte connessione con la realtà quotidiana.
L'introduzione a cura di Simona Lomolino si rivela molto utile per i lettori, perché ci consente di avere un quadro dettagliato sulla vita privata e lavorativa di Matilde Serao.
In conclusione, entrambe le novelle presenti in questo libro sono brevissime, ambedue piacevoli, un libro senza parti dispersive, che segue una logica impeccabile, belli anche i disegni al suo interno. Consigliatissimo

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04 aprile 2025

IL CORAGGIO DI ESSERE: DIALOGO CON STEFANO FERRI



Miei cari lettori,

È un'onore, oltre che un piacere ospitare nel mio blog Stefano Ferri. Stefano è nato a Milano nel 1966, vive a Milano dove è giornalista e consulente in comunicazione.
Nel 2004 ha ricevuto il Premio Hilton per il giornalismo specializzato in turismo d’affari e nel 2006 il Premio Italia for Events per la stampa di settore. Da molti anni è attivo a sostegno dei diritti civili, dando testimonianza, su giornali, tv e social media, della sua condizione di crossdresser.
Parla inglese (bilingue) e tedesco, conosce l’arabo e il russo e nel tempo libero si diletta di chitarra classica (tra gli autori interpretati Bach, Sor, Villa-Lobos, Yepes).
Inoltre, Stefano è il direttore generale di
Meritocrazia Italia , associazione no-profit a carattere socio-culturale, che sta rapidamente crescendo e diffondendo la sua voce in giro per l’Italia. Mossa dalla volontà di conferire forza “all’Italia che Merita”, ossia riaffermare il valore del merito, dell’impegno e dell’equità sociale.
Per chi vorrà aderire (solo TRE euro) Clicca qui


D. STEFANO, COM'E' NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Da un’incessante ricerca su me stesso. Chi mi conosceva bene aveva capito già dalla mia prima giovinezza che potevo essere uno scrittore (un mio cugino me lo disse che avevo solo 19 anni!), ma io bene non mi conoscevo, ho avuto un percorso parecchio lungo e arduo, come chi ha sentito parlare di me sa, e ciò si è riflesso negativamente sull’identificazione della “carriera” giusta. Che poi tanto carriera non è, né è solo legata alla scrittura. L’altra mia anima è quella legata alle PR, ai lavori di rappresentanza, alla consulenza di marketing. I romanzi restano la mia grande passione, e come tanta altra gente mi cimento nel crearne di nuovi. Dico sempre che scrivo i romanzi che vorrei leggere.

D. COSA TI AIUTA A CONCENTRARTI MENTRE SCRIVI?

R. Il silenzio. Ammiro quanti si concentrano con la musica. Io amo la musica, non smetterei mai di ascoltarla, ma se metto su una delle mie playlist non riesco a buttar giù una riga.

D. CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R. È un’emozione che porta con sé due sentimenti opposti: liberazione – per la grande fatica che finisce (scrivere è una fatica nera, ricordatelo sempre) – e nostalgia per i personaggi che non vedrai mai più crescere, vivere, gioire e piangere nella tua testa.

D. CHE MESSAGGIO HAI VOLUTO LANCIARE CON IL LIBRO “DUE VITE UNA RICOMPENSA”?

R. Due vite una ricompensa intende mostrare una delle più profonde e amare regolarità dell’esistenza umana, ossia che se da un lato non è vero in assoluto che chi la dura la vince, dall’altro è sempre vero che un sacrificio onesto e amorevole lascia un segno, per quanto eventualmente diverso dall’intento originario, come un seme che porta frutto ai posteri e non a chi lo ha piantato.

D. QUALI SONO GLI AUTORI O I LIBRI CHE HAI AMATO DI PIU' O CHE MAGGIORMENTE TI HANNO INFLUENZATO?

R. In assoluto Stephen King, il più grande genio letterario del XX Secolo, tuttora colui che sa maneggiare la penna meglio di chiunque altro. Ho imparato da lui la descrizione precisa di quanto sta intorno alla scena principale, come una cartolina che vive di parole e non di immagini. Sempre da lui ho imparato l’introspezione psicologica dei personaggi, vero tallone d’Achille di tanti scrittori, specie italiani. Ho molto amato anche Andrea Camilleri, Paolo Giordano e il primo Ammaniti.

D. COSA DIRESTI ALLO STEFANO DI 20 ANNI E VICEVERSA?

R. Lui mi parlerebbe per primo esclamando «Come ti sei ridotto!» e io gli risponderei «Come tu stesso vorresti ridurti» raccomandandogli di non avere paura e di non aspettare altri vent’anni per lasciarsi andare.

D. STAI LAVORANDO A QUALCHE PROGETTO FUTURO CHE TI PIACEREBBE CONDIVIDERE CON NOI?

R. L’ho già annunciato sui social, volentieri lo ripeto qui: mi sono dato alla cittadinanza attiva divenendo direttore generale dei Ministeri di Meritocrazia Italia, associazione culturale a-partitica (nel senso che non ha vincoli ideologici e si interfaccia con tutti) volta a propugnare una società fondata soltanto sul merito. Obiettivo nobile e arduo, visto il punto di partenza che sappiamo e di cui si vedono i ben tristi risultati. Ha un'organizzazione capillare, sia sul territorio sia nella dirigenza, articolata essenzialmente in Ministeri recuperando il senso etimologico della parola (da "minus", "meno", contrapposto a "magis", "più", laddove in origine i ministri erano gli esecutori pratici degli ordini dei magistrati). In sei anni ciò si è rivelato molto funzionale all'interlocuzione con le istituzioni, perché ne adotta lo stesso linguaggio.
Come sapete, da un decennio do testimonianza a favore di una società senza discriminazioni, proprio per averne subite a bizzeffe, anche da gente insospettabile. Non immaginerei modo migliore per festeggiare il decimo compleanno del mio attivismo pubblico se non questa grande occasione per potenziarlo all'infinito.

In libreria e sugli store online dal 26 settembre 2024 Mursia  anche in formato Kindle. 


SINOSSI 

«Era la voce del cardinale che proclamava: 
“Un giorno tutto il mondo farà così”.»

Anno Mille. In uno sperduto feudo del Regno di Lombardia la routine del contadino Guglielmo viene funestata dall’improvvisa – e gravissima – malattia della giovane moglie Rosa. Deciso a non rassegnarsi all’idea di perderla, mentre sacrifica tutto il raccolto a un viaggio della speranza allo Spedale di Milano, s’inventa un modo per non togliere il cibo di bocca ai suoi bambini: una pietanza sconosciuta chiamata riso, insaporita col contenuto dell’osso grande del bue.
È la stessa pietanza che ritroviamo secoli dopo nella Milano di San Carlo Borromeo, tinta di giallo zafferano da un pittore del cantiere del Duomo, e che dopo la peste del 1576-77 lascerà una traccia perenne nei miti e nei riti dell’amore.
Una storia emozionante, indicativa del senso della vita quant’altre mai.


Foto gentilmente tratta dal profilo Facebook di Stefano Ferri, utilizzata a corredo dell’intervista.



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