14 maggio 2025

CONOSCIAMO ROSITA MANUGUERRA AUTRICE DEL LIBRO “MALANIMA”



Bentrovati amici lettori,

L'ospite di oggi è Rosita Manuguerra.
Rosita è cresciuta a Favignana, un’isola nell’isola dove ha imparato che, tra il dire e il fare, c’è davvero di mezzo il mare. Quando era piccola qualcuno le ha suggerito che il modo migliore per ritrovarsi è scrivere. Da allora, e dopo una lunga parentesi a Torino e la formazione alla Scuola Holden, racconta storie. Malanima è il suo primo romanzo.

D. QUANDO È NATA IN TE LA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Nasco come lettrice. Da piccola leggevo di tutto da che ho imparato a farlo. A Favignana ai tempi c’era solo una piccola edicola, dove arrivavano fumetti e pochi bestseller. Centellinavo i soldi della paghetta e compravo i libri più voluminosi, così che durassero di più. Proprio per questa passione per la lettura, a un certo punto qualcuno, forse una maestra, mi chiese perché non scrivessi io. Mi sembrò bizzarro, per me non erano due cose consequenziali. Ma da allora iniziai a leggere smontando i libri, per capire com’erano fatti. E cominciai a scrivere.

D. C'È  UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE TI HA ISPIRATA PER “MALANIMA”?

R. Non uno. Direi piuttosto che in “Malanima” sono confluiti tanti piccoli frammenti di cose ho vissuto, osservato, sentito. Che, messi su pagina, hanno iniziato a vivere di vita propria, sorprendendomi.

D. A QUALE DEI PERSONAGGI DA TE SCRITTI IN QUEST'OPERA SEI PIÙ LEGATA?

R. Sono legata a tutti i personaggi in modo diverso perché ognuno di loro rimanda per me a qualcosa: alcuni al momento in cui sono stati scritti, altri a un’azione che hanno compito e mi ha stupita. Ma se dovessi sceglierne tre su tutti sarebbero il pescatore Nunzio, la magara Amalia e Nietta, la zia di Mia. Quanto alle due protagoniste, Mia e Marina, le amo in un modo tutto mio che non contempla competizioni con altri personaggi.

D. RIASSUMI IN POCHE PAROLE COSA HA SIGNIFICATO PER TE SCRIVERE QUESTO LIBRO?

R. Scrivere questo libro ha significato per me iniziare un percorso di crescita interiore che prosegue tuttora. Riuscire a imprimere su carta l’istinto ad andare e quello a tornare nella mia piccola isola e questo Malanima (sì, al maschile) che ho sempre visto negli occhi di tanti isolani e anche in quelli di chi dell’isola si era innamorato per qualche motivo. Nella finzione del romanzo il Malanima è il sentimento, anzi, più il malanno, che affligge chi sente di trovarsi in un posto in cui non dovrebbe stare. Questo posto non è necessariamente un luogo geografico, ma più una fase di vita nella quale ci forziamo perché la percepiamo senza via d’uscita. Scrivere questo romanzo mi ha aiutata a comprendermi meglio, ed è incredibile come si possa riuscire a farlo tramite un’opera di finzione.

D. COSA SI PROVA A VEDERE IL PROPRIO ROMANZO PRENDERE CORPO E DIVENTARE LIBRO?

R. È indescrivibile. Non credo che mi abituerò mai. La prima volta che l’ho visto ero a Milano in casa editrice. Anche avendolo fra le mani non sono riuscita a convincermi che fosse reale.

D. C'È UN LIBRO DI UN ALTRO AUTORE CHE VORRESTI AVER SCRITTO TU?

R. “Fuochi fiammanti a un’hora di notte” di Ermanno Rea. Non avrei potuto scriverlo io, ma mi ha dato una direzione a cui aspirare. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Continuare a leggere, a scrivere. Viaggiare, respirare vita. Crescere. 

Ringrazio Rosita per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online dal 8 aprile 2025 Feltrinelli Editore


SINOSSI

Sull’isola non tutti vanno e vengono allo stesso modo. Ci sono quelli che arrivano con il sole di maggio e ripartono con le prime piogge di settembre. C’è chi fa avanti e indietro ogni giorno, senza più chiedersi a quale riva appartenga davvero. E poi ci sono quelli che, messi dalla vita davanti a un bivio, hanno dovuto scegliere se restare o imbarcarsi per una partenza che può valere un addio. Entrambe le scelte lasciano un segno invisibile e profondo. Mia lo ha imparato da bambina attraverso la storia della sua famiglia – la madre Teresa è rimasta, nella convinzione che l’isola fosse l’unica realtà possibile, mentre la zia Nietta è andata via appena ha potuto – e continua a vivere questi conflitti da adolescente insieme a Giulia, Anna e Nello, gli amici di sempre. Adesso però a portare scompiglio è arrivata Marina, la ragazza di città che non se ne andrà con le piogge di settembre. Così diversa e a tratti scostante, Marina attira su di sé sentimenti contrastanti: dalla curiosità al disprezzo, dall’attrazione all’invidia. Mia, invece, in lei vede soprattutto il fascino di chi proviene da un altrove lontano. Eppure Marina si trascina dietro legami ancestrali – sua madre Lia è legata a filo doppio con l’isola da un trauma e dall’antica amicizia con Teresa – e sembra destinata a riportare a galla segreti inconfessabili. 


COSA NE PENSO

La malanima del cuore corrisponde al canto antico del mare, tanto esso è più profondo tanto la malinconia assale gli isolani del romanzo Malanima.
Amo le storie di formazione che percorrono intere vite e qui di vita c'è ne sono tante.
Marina, Mia,Aldo,Nello,Anna, Giulia, Totò.
L'adolescenza non è mai stata facile per nessuno, soprattutto per questi ragazzi che vivono in un' isola. Il mare è tutto ciò che conoscono e adesso devono fare i conti con una nuova realtà. I cambiamenti sono dietro l'angolo per ciascuno di loro, i sogni di Mia sono in bilico, l'amicizia con Marina subisce fasi altalenanti e anche le sue vecchie conoscenze vacillano e rischiano di finire.
Un passato che torna imperterrito a minacciare il presente di Marina.

«Il patto fra noi era che io quelle ferite non le guardassi,non le nominassi, fingessi che non esistevano. Se invece ne avessi parlato,lei sarebbe scappata via da me come acqua fra le mani.»

Molte domande, poche risposte, nel passato di Marina,un' anima inquieta che si aggira tra le cave di tufo dei suoi antenati. Bel personaggio, davvero!
In conclusione, Malanima è una storia ben strutturata. I colpi di scena sparsi qua e là,  accompagnano il lettore alla scoperta di segreti sorprendenti, scrittura scorrevolissima. Dal mio punto di vista, il messaggio che l'autrice vuole fare arrivare ai suoi lettori riguarda il cambiamento interiore in ognuno di noi, l’anima muta le sue corrispondenze relazionali che ci piaccia o no. Un libro che mi ha pienamente soddisfatta! Consigliato.Buona lettura.


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24 aprile 2025

“LA GRANDE SETE DI LIBERTÀ: ERICA CASSANO SI RACCONTA”





Cari amici lettori,
oggi vi presento Erica Cassano, autrice esordiente che si affaccia con entusiasmo e talento nel mondo della scrittura. Conosciamola insieme.
Erica Cassano nasce nel 1998 a Maratea.
Dopo il liceo classico, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne e la magistrale in Filologia Moderna presso l’Università Federico II di Napoli. Ha inoltre frequentato un master in Scrittura e narrazione. Oltre ai libri, ama l’arte, la fotografia e i gatti, di cui si è sempre circondata. La Grande Sete è il suo romanzo d’esordio, pubblicato da Garzanti nel 2025.


D. CHI È ERICA?

R. Prima, una ragazza che amava tanto scrivere, ora una scrittrice. 
Ma ero tante cose anche prima di questo libro. Ho moltissime passioni, le elencherò brevemente perché credo possano dare un’idea del tipo di persona che sono.
Amo i musei e tutto ciò che ha a che fare con l’arte di ogni epoca e proveniente da ogni luogo del mondo. Sono una “gattara” e ho due gatte, Clio e Linda che mi mancano moltissimo quando sono lontana da loro, e lo stesso vale per il mio cane, Blu. Sono sempre, in ogni contesto, la fotografa del gruppo. Tutti i miei amici sono affezionati alla mia ormai anziana reflex e la chimano per nome, Nadia (sì, anche la mia macchina fotografica ha un nome). Non so se si può definire passione, sicuramente il mio portafoglio non ne sarebbe felice: adoro fare shopping, soprattutto di abiti e scarpe. Ahimè, anche gli scrittori sono vittime del capitalismo. Leggo moltissimo ma, anche se mi duole dirlo, tendo ad abbandonare crudelmente i libri che non mi piacciono da subito dopo le prime pagine. 

D. CHE COSA TI HA FATTO APPASSIONARE ALLA SCRITTURA? E DA QUANTO TEMPO
SCRIVI?

R. La risposta è semplice quanto banale: da sempre. Non ho memoria di un momento della mia vita in cui non abbia voluto fare la scrittrice. Mi sono appassionata alla scrittura, credo, leggendo: mi immergevo del tutto nei miei libri preferiti (quelli che non ho abbandonato)  e pensavo che anche io volevo scrivere delle storie così. In più ha contribuito anche la scuola. Sin dalla scuola primaria, quando il compito a casa comprendeva il dover inventare una storia oppure scrivere un tema, la mia testa si illuminava, non vedevo l’ora di mettermi all’opera. 

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL TUO NUOVO LIBRO “LA GRANDE SETE”, COSA DIRESTI?

R. La Grande Sete è un romanzo che inizia con un miracolo: mentre in tutta Napoli manca l’acqua, in un piccolo appartamento, al mezzanino di un condominio a Chiaia, l’acqua continua a scorrere. Intanto il popolo, stremato, combatte per cacciare i Nazisti dalla città. Siamo nel 1943 e Napoli sta per liberarsi da sola, prima città in Europa, dall’oppressore. La protagonista, Anna, è una ragazza che deve diventare donna, nonostante gli squilibri della guerra. Mentre tutti provano una sete fisica, Anna prova un altro tipo di sete, difficile da soddisfare, che ha a che fare con la volontà di creare un futuro migliore per se stessa e per la propria famiglia. Il senso della storia forse si trova tutto qui: nei limiti che si riescono a superare per soddisfare la propria sete. 

D. UNA SCENA DEL LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R. La mia scena preferita arriva verso la fine del romanzo, nel capitolo intitolato “ ‘O sole mio”. La protagonista si trova al teatro San Carlo di Napoli. Prima dell’opera, il Rigoletto, l’orchestra intona due inni, quello inglese e quello americano. Un signore, dalla platea, si alza per chiedere al console americano, seduto nel palco reale, che anche il popolo italiano presente venga rappresentato dal proprio inno. La risposta del console è sarcastica, ferisce nell’orgoglio sia l’uomo che ha parlato che quelli che non hanno osato protestare. Non vi resta che leggere per scoprire la reazione dell’uomo e di tutte le persone italiane in platea…
Posso dire però che amo particolarmente questa scena perché è una delle prime che ho immaginato di scrivere e anche una delle più commoventi!

D. QUAL È IL MESSAGGIO CHE VORRESTI TRASMETTERE AI LETTORI CHE LEGGERANNO IL TUO LIBRO?

R. Ci sono molti messaggi che vorrei trasmettere, ma il più importante credo sia questo: tutti abbiamo il diritto di non arrenderci, di scegliere quello di cui abbiamo bisogno, senza lasciarci scoraggiare dalle condizioni esterne e senza farci intimorire da quello che gli altri si aspettano da noi. 

D. CI SONO SCRITTORI CHE SONO PER TE FONTE D’ISPIRAZIONE?

R. Quando si scrive è quasi inevitabile sentire l’influenza di tutto ciò che si legge. Mi viene da rispondere che tutte le autrici e tutti gli autori a cui mi sono approcciata, in parte, sono stati una fonte di ispirazione. Per scrivere “La Grande Sete”, però, ho avuto bisogno di guide che mi aiutassero a creare con precisione il mondo in cui volevo il lettore si immergesse. Queste guide le ho trovate in Curzio Malaparte, che con La pelle offre infiniti tableau vivant di Napoli nei giorni dell’occupazione americana; in Elsa Morante, da cui ho imparato come gestire l’irrompere della storia sulla pagina e infine in Elena Ferrante, che con la sua scrittura trascinante mi ha insegnato a creare una storia coinvolgente. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Spero di avere l’opportunità di continuare a scrivere per sempre le mie storie.

Ringrazio Erica per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande



In libreria e sugli store online dal 4 marzo 2025 Garzanti


SINOSSI

Anna ha sete. Tutta la città ha sete, da settimane. C’è chi li chiamerà i giorni della Grande Sete, e chi le ricorderà come le Quattro Giornate di Napoli. È il 1943 e l’acqua manca ovunque, tranne che nella casa in cui Anna vive con la sua famiglia. Mentre davanti alla Casa del Miracolo si snoda una fila di donne che chiede quanto basta per dissetarsi, lei si domanda come mai la sua sete le paia così insaziabile. Perché quella che Anna sente è diversa: è una sete di vita e di un futuro di riscatto. A vent’anni vorrebbe seguire le lezioni alla facoltà di Lettere, leggere, vivere in un mondo senza macerie, senza l’agguato continuo delle sirene antiaeree. Ma non c’è tempo per i sogni. Il padre è scomparso, la madre si è chiusa in sé stessa, la sorella e il nipote si sono ammalati. Il loro futuro dipende da lei. Così, quando ne ha l’opportunità, Anna accetta un impiego come segretaria presso la base americana di Bagnoli. Entra in un mondo che non conosce, incontra persone che provengono da una terra lontana, piena di promesse, che incanta e atterrisce allo stesso tempo, come tutte le promesse. La cosa più semplice sarebbe scappare, lasciarsi alle spalle gli anni dolorosi della guerra. Ma Anna non vuole che qualcun altro la salvi. Come Napoli si è liberata da sola, anche Anna deve trovare da sola la sua via di salvezza. La grande sete non è facile da soddisfare. Viene da dentro e parla di indipendenza e di amore per il sapere e, soprattutto, parla del coraggio necessario per farsi sentire in un mondo che non sa ascoltare.

COSA NE PENSO

Dire soltanto che si tratta di una vera rivelazione sarebbe riduttivo, considerando che si tratta di un libro d'esordio. La trama si mantiene interessante dall' inizio alla fine. La Grande Sete, narra gli aspetti più importanti di una persona,la famiglia, le amicizie, il battersi per i propri ideali, e ciò ne fa di Anna la protagonista di questo romanzo una vera eroina. 
Ottima la stesura, personaggi credibili all' interno di un contesto storico di fame e miseria che ha visto Napoli ed il resto del nostro paese morire per la seconda guerra mondiale, per poi risorgere più forte di prima in mezzo alle macerie. 
Napoli con i suoi vicoli stretti,i bassi, il mezzanino dove vive Anna insieme alla sua famiglia, la solidarietà della gente in momento di grande miseria, il miracolo perché Napoli vive di miracoli nonostante tutto.

«Dare da bere agli assetati, c'era scritto pure nella Bibbia. Quanta gente aveva evitato la morte in quei giorni, grazie a noi. Avrei dovuto sentirmi pulita,mondata di tutti i peccati. Invece continuavo a sentire una grande pesantezza.»

La rabbia abita nei personaggi, un' altra protagonista che secondo il mio punto di vista va attenzionata è Carmela, la sua storia colpisce perché il suo vissuto è avvolto in una nube di malinconia e nell' inganno.
La rivalsa di Carmela diventa un filo sottile pronto a spezzarsi, ma poi tutto cambia e questo dà la vera svolta ad uno dei personaggi più belli del libro, citare tutti gli altri non basterebbe una sola pagina, ma i genitori di Anna sono entrambi, due menti e due anime che reggono il peso del dolore, senza che esso possa scalfire le loro forti personalità.
In conclusione,La Grande Sete è un grande insegnamento per tutti noi, mai arrendersi, bisogna invece, cercare conforto l'uno nell'altro e mai perdere la speranza, i miracoli esistono basta solo crederci. La voglia di Anna di fare della sua vita quello che sente la rendono uno dei personaggi più belli letti nell' ultimo periodo. 
L'onestà di questa ragazza convince,piace e soprattutto stimola di continuo la mente di chi legge la sua storia.Lettura super consigliata.Buona lettura!


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16 aprile 2025

RECENSIONE DEL LIBRO “CRISTINA” DI MATILDE SERAO







NOTE SULL' AUTRICE 

Matilde Serao fu una figura di spicco nel giornalismo e nella scena letteraria italiane a cavallo tra Otto e Novecento. Fondatrice e direttrice di diversi quotidiani (tra cui «II Mattino» e «II Giorno»), trovò comunque il tempo per pubblicare decine di romanzi e centinaia di racconti, i più celebri dei quali riuniti ne Il ventre di Napoli.

SINOSSI 

Uscito in volume nel 1908, Cristina appartiene all’ultima fase della narrativa di Matilde Serao, quella definita “aristocratica”. Cristina è una storia che inizia come tante ma termina con un finale a sorpresa. Nel racconto, ambientato in un paese della provincia napoletana, una giovane di buona famiglia viene corteggiata da uno squattrinato ragazzo del luogo, che però rifiuta. Così il giovane, assumendo gli atteggiamenti melodrammatici da amante infelice, si trasferisce a Napoli dove si avvicina all’attività politica e al giornalismo. Pur ripetendo alle amiche, e a sé stessa, di non nutrire alcun interesse per lui, la protagonista, attraverso alcuni gesti, lascia trapelare che il ragazzo non le era affatto indifferente. E anche se nel frattempo accetta la proposta di matrimonio di un ricco bottegaio del luogo che inizia ad amare «con un’affezione calma e sicura», Cristina dimostra di essere ancora interessata all’altro ragazzo seguendone le notizie sul giornale locale. E l’inatteso ritorno di lui stravolgerà tutti i piani stabiliti. Qui la scrittrice tratteggia con grandi capacità ritrattistiche la provincia napoletana a cavallo fra Ottocento e Novecento, e due interessantissimi personaggi: quello di una ragazza fin troppo corriva al volere della famiglia e quello di un giovanotto inquieto e affascinante.
In libreria e sugli store online dal 19 novembre 2020 Edizioni Croce

COSA NE PENSO

Finora non conoscevo gli scritti di Matilde Serao. Posare per caso lo sguardo su questo libro, si è rivelata ben presto una scelta azzeccata. Non immaginavo si potesse scrivere così scorrevolmente e con un lessico contemporaneo nonostante i pochi vocaboli di una volta. Una storia tragicomica, che porta con se lo spirito del melodramma partenopeo di fine ottocento in cui l'amore,il rispetto e la vita in se erano tutt'altra cosa, e dove gli aspetti più inconsci dell' uomo e della donna riflettano sugli amori, e sulle generazioni di oggi. 
Per quanto la Serao, abbia scritto questi due testi circa due secoli fa',dimostra che fosse un' osservatrice molto attenta prima che una abile scrittrice.
Il suo occhio indagatore ha saputo catturare e scrutare ben oltre, gli aspetti superficiali visibili a chiunque, ma i segreti e le parole non dette delle fanciulle,e le fragilità dell' IO femminile più intimo e profondo.
Peccato, per quel premio Nobel mancato 
nel 1926 solo perché antifascista, questo riconoscimento sarebbe stato meritatissimo per quella sua mente rivoluzionaria  caratterizzata da un realismo appassionato e coinvolgente, che riflette la sua forte connessione con la realtà quotidiana.
L'introduzione a cura di Simona Lomolino si rivela molto utile per i lettori, perché ci consente di avere un quadro dettagliato sulla vita privata e lavorativa di Matilde Serao.
In conclusione, entrambe le novelle presenti in questo libro sono brevissime, ambedue piacevoli, un libro senza parti dispersive, che segue una logica impeccabile, belli anche i disegni al suo interno. Consigliatissimo

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04 aprile 2025

IL CORAGGIO DI ESSERE: DIALOGO CON STEFANO FERRI



Miei cari lettori,

È un'onore, oltre che un piacere ospitare nel mio blog Stefano Ferri. Stefano è nato a Milano nel 1966, vive a Milano dove è giornalista e consulente in comunicazione.
Nel 2004 ha ricevuto il Premio Hilton per il giornalismo specializzato in turismo d’affari e nel 2006 il Premio Italia for Events per la stampa di settore. Da molti anni è attivo a sostegno dei diritti civili, dando testimonianza, su giornali, tv e social media, della sua condizione di crossdresser.
Parla inglese (bilingue) e tedesco, conosce l’arabo e il russo e nel tempo libero si diletta di chitarra classica (tra gli autori interpretati Bach, Sor, Villa-Lobos, Yepes).
Inoltre, Stefano è il direttore generale di
Meritocrazia Italia , associazione no-profit a carattere socio-culturale, che sta rapidamente crescendo e diffondendo la sua voce in giro per l’Italia. Mossa dalla volontà di conferire forza “all’Italia che Merita”, ossia riaffermare il valore del merito, dell’impegno e dell’equità sociale.
Per chi vorrà aderire (solo TRE euro) Clicca qui


D. STEFANO, COM'E' NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Da un’incessante ricerca su me stesso. Chi mi conosceva bene aveva capito già dalla mia prima giovinezza che potevo essere uno scrittore (un mio cugino me lo disse che avevo solo 19 anni!), ma io bene non mi conoscevo, ho avuto un percorso parecchio lungo e arduo, come chi ha sentito parlare di me sa, e ciò si è riflesso negativamente sull’identificazione della “carriera” giusta. Che poi tanto carriera non è, né è solo legata alla scrittura. L’altra mia anima è quella legata alle PR, ai lavori di rappresentanza, alla consulenza di marketing. I romanzi restano la mia grande passione, e come tanta altra gente mi cimento nel crearne di nuovi. Dico sempre che scrivo i romanzi che vorrei leggere.

D. COSA TI AIUTA A CONCENTRARTI MENTRE SCRIVI?

R. Il silenzio. Ammiro quanti si concentrano con la musica. Io amo la musica, non smetterei mai di ascoltarla, ma se metto su una delle mie playlist non riesco a buttar giù una riga.

D. CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R. È un’emozione che porta con sé due sentimenti opposti: liberazione – per la grande fatica che finisce (scrivere è una fatica nera, ricordatelo sempre) – e nostalgia per i personaggi che non vedrai mai più crescere, vivere, gioire e piangere nella tua testa.

D. CHE MESSAGGIO HAI VOLUTO LANCIARE CON IL LIBRO “DUE VITE UNA RICOMPENSA”?

R. Due vite una ricompensa intende mostrare una delle più profonde e amare regolarità dell’esistenza umana, ossia che se da un lato non è vero in assoluto che chi la dura la vince, dall’altro è sempre vero che un sacrificio onesto e amorevole lascia un segno, per quanto eventualmente diverso dall’intento originario, come un seme che porta frutto ai posteri e non a chi lo ha piantato.

D. QUALI SONO GLI AUTORI O I LIBRI CHE HAI AMATO DI PIU' O CHE MAGGIORMENTE TI HANNO INFLUENZATO?

R. In assoluto Stephen King, il più grande genio letterario del XX Secolo, tuttora colui che sa maneggiare la penna meglio di chiunque altro. Ho imparato da lui la descrizione precisa di quanto sta intorno alla scena principale, come una cartolina che vive di parole e non di immagini. Sempre da lui ho imparato l’introspezione psicologica dei personaggi, vero tallone d’Achille di tanti scrittori, specie italiani. Ho molto amato anche Andrea Camilleri, Paolo Giordano e il primo Ammaniti.

D. COSA DIRESTI ALLO STEFANO DI 20 ANNI E VICEVERSA?

R. Lui mi parlerebbe per primo esclamando «Come ti sei ridotto!» e io gli risponderei «Come tu stesso vorresti ridurti» raccomandandogli di non avere paura e di non aspettare altri vent’anni per lasciarsi andare.

D. STAI LAVORANDO A QUALCHE PROGETTO FUTURO CHE TI PIACEREBBE CONDIVIDERE CON NOI?

R. L’ho già annunciato sui social, volentieri lo ripeto qui: mi sono dato alla cittadinanza attiva divenendo direttore generale dei Ministeri di Meritocrazia Italia, associazione culturale a-partitica (nel senso che non ha vincoli ideologici e si interfaccia con tutti) volta a propugnare una società fondata soltanto sul merito. Obiettivo nobile e arduo, visto il punto di partenza che sappiamo e di cui si vedono i ben tristi risultati. Ha un'organizzazione capillare, sia sul territorio sia nella dirigenza, articolata essenzialmente in Ministeri recuperando il senso etimologico della parola (da "minus", "meno", contrapposto a "magis", "più", laddove in origine i ministri erano gli esecutori pratici degli ordini dei magistrati). In sei anni ciò si è rivelato molto funzionale all'interlocuzione con le istituzioni, perché ne adotta lo stesso linguaggio.
Come sapete, da un decennio do testimonianza a favore di una società senza discriminazioni, proprio per averne subite a bizzeffe, anche da gente insospettabile. Non immaginerei modo migliore per festeggiare il decimo compleanno del mio attivismo pubblico se non questa grande occasione per potenziarlo all'infinito.

In libreria e sugli store online dal 26 settembre 2024 Mursia  anche in formato Kindle. 


SINOSSI 

«Era la voce del cardinale che proclamava: 
“Un giorno tutto il mondo farà così”.»

Anno Mille. In uno sperduto feudo del Regno di Lombardia la routine del contadino Guglielmo viene funestata dall’improvvisa – e gravissima – malattia della giovane moglie Rosa. Deciso a non rassegnarsi all’idea di perderla, mentre sacrifica tutto il raccolto a un viaggio della speranza allo Spedale di Milano, s’inventa un modo per non togliere il cibo di bocca ai suoi bambini: una pietanza sconosciuta chiamata riso, insaporita col contenuto dell’osso grande del bue.
È la stessa pietanza che ritroviamo secoli dopo nella Milano di San Carlo Borromeo, tinta di giallo zafferano da un pittore del cantiere del Duomo, e che dopo la peste del 1576-77 lascerà una traccia perenne nei miti e nei riti dell’amore.
Una storia emozionante, indicativa del senso della vita quant’altre mai.


Foto gentilmente tratta dal profilo Facebook di Stefano Ferri, utilizzata a corredo dell’intervista.



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27 marzo 2025

INTERVISTA A NOVITA AMADEI AUTRICE DEL LIBRO “DA SOLO”




Cari miei lettori,

Bentrovati! L'ospite di oggi è Novita Amadei. Nata a Parma e vive in Francia. Lavora come consulente nel campo dell’asilo politico e delle migrazioni internazionali, e anche la sua attività da giornalista pubblicista è relativa a questi temi. Dentro c’è una strada per Parigi (Neri Pozza 2014), il suo romanzo d’esordio, è stato finalista alla prima edizione del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza e anche ai premi Bottari Lattes Grinzane e Corrado Alvaro e ha vinto il XXVIII Premio Massarosa. Sempre presso Neri Pozza sono usciti i romanzi Finché notte non sia più (2016) e Il cuore è una selva (2020), le raccolte di racconti Ragazze di Parigi (2018) e Operazione umanitaria (2019), oltre a un contributo nell’antologia L’allegra brigata (2020).


D. QUANDO HAI INIZIATO A SCRIVERE?

R. Quindicenne, scrivevo poesie. Più avanti, viaggiando per studio e per lavoro, ho iniziato a scrivere racconti su persone che incontravo o incrociavo soltanto, pezzetti di storie, volti e dialoghi trattenuti in una sorta di fotografia a parole. Col moltiplicarsi dei racconti, mi sono resa conto che la scrittura era un “posto” dove stavo bene, la “room of one’s own” di Virginia Woolf, e mi sono misurata col formato del romanzo, che non ho più lasciato (anche se il mio primo - Dentro c’è una strada per Parigi - rimane ancora una via di mezzo fra il racconto lungo e il romanzo breve). 
Faccio fatica a datare con precisione il momento in cui ho iniziato a scrivere, forse, per il piacere e l’impegno che ci mettevo erano già una forma di scrittura in nuce i biglietti di Natale, i diari delle vacanze, le lettere alle amiche, i temi delle medie... 
Oggi, comunque, posso dire con certezza che la scrittura mi abita e condiziona il modo stesso in cui penso, in cui trattengo certe immagini, certe storie o solo dettagli, e il modo in cui si ricompongono, poi, sulla pagina scritta.  

D. IL TUO ROMANZO “DA SOLO” È TRATTO DA UNA STORIA VERA. 
QUAL È STATO IL MOMENTO PIÙ SIGNIFICATIVO DURANTE IL PROCESSO DI SCRITTURA? 

R. La scrittura di questo libro è stata “fisica”, fatta di scambi con altre persone e di viaggi, in un rimando continuo, e concreto, fra il mondo e la pagina, la realtà, l’immaginazione e la parola. Da solo, infatti, non è stato nato fra me e me, alla scrivania, ma mi ha richiesto di recuperare interviste e contatti di migranti ucraine con cui avevo lavorato agli inizi degli anni 2000 - oltre alla scrittura, mi occupo di asilo politico e migrazioni internazionali – e di viaggiare in Ucraina, nelle terre da dove viene il mio personaggio, attraversando poi il Paese in treno, da ovest a est, come aveva fatto lui nel mettersi in salvo. Dopo aver finito di scrivere il libro, mi sono messa alla sua ricerca, alla ricerca del bambino vero a cui la storia è ispirata. Mi scoraggiava il numero di rifugiati ucraini Europa (otto milioni dichiarati e ventiquattro le persone uscite dal Paese), invece l’ho trovato, a Bratislava, con la sua famiglia. E devo dire che questo incontro, insieme alla visita delle zone di guerra con la gente del posto, sono state emozioni grandissime.

D. TRA LA TRAMA E I TUOI PERSONAGGI, COSA È ESSENZIALE PER TE? PERCHÉ?

R. Senza dubbio i personaggi, sono loro a portare la trama. Inizio spesso a scrivere una storia senza avere un plot ben definito, ma non sarei in grado di buttare giù nemmeno una riga senza avere in testa il protagonista e uno o due altri personaggi principali. 
Ogni personaggio è portatore di filiazioni, relazioni, aspettative e panorami, ognuno ha un suo profilo, un suo movimento, una storia che, incrociata con quella degli altri, suggerisce di per sé la trama o, perlomeno, vi dà la direzione. Capita che non debba nemmeno decidere perché, per come sono, i personaggi condizionano certe scelte, le dettano proprio. La convinzione che l’autore sia un deus ex machina che decide di ucciderli o crescerli, di essere violento o lascivo con loro, folle o amaro, è solo un’illusione. L’autore non è che un prestanome.

D. HAI DELLE ABITUDINI QUANDO SCRIVI? PREDILIGI DEI LUOGHI PARTICOLARI DOVE SCRIVERE?

R. Scrivo a casa, quando la casa è vuota. Pantaloni della tuta e con una finestra accanto. L’occhio che s’allontana aiuta il pensiero.

D. A QUALE SCRITTORE TI SENTI PIÙ VICINA PER GENERE O SCRITTURA?

R. Non so se posso definirmi “vicina”, ma sento di condividere la sensibilità di Alice Munro nella ricerca di una lingua esatta e nella narrazione di vicende dalla quotidianità spiazzante, attraversate da crudeltà e felicità con cui tutti prima o poi ci misuriamo.

D. COSA VORRESTI CHE I TUOI LETTORI SAPESSERO?

R. La scrittura narrativa non mente, non inganna, non accetta compromessi. Richiede ostinazione e fiducia. Abnegazione. Nelle sue vertigini, si nascondono i confini del proprio io, le stanze di una casa, mondi senza fine, misteri che generano altri misteri che si vogliono senza spiegazione né regole immutabili e oggettive, ordine e riposo, frastuono, una foresta di terminazioni nervose, un chiodo fisso, una falda sotterranea... Non è un insegnamento, questo, nessuna spiegazione, solo l’augurio che i lettori sentano tutto ciò nelle pagine di un libro. 

D. QUALI SONO I TUOI PROGETTI PER IL FUTURO? 

R. Intanto, vorrei che il neonato Da solo si facesse strada con la stessa ostinazione e lo stesso coraggio del bambino e della madre di cui racconta. Poi, è già prevista l’uscita di un altro romanzo nel 2026 e una nuova storia mi sta covando in testa. Il mio progetto per il futuro, insomma, è continuare a coltivare questa tensione: l’equilibrio fra la scrittura e tutto il resto.

Ringrazio Novita per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online 21 febbraio 2025 Neri Pozza


SINOSSI 

In tempo di guerra cambia ogni cosa, anche per chi non combatte in prima linea: i gesti, le parole, gli sguardi, i sogni non sono più gli stessi. In tempo di guerra ci sono bambini che, nello spazio stretto di una notte, si trasformano in piccoli uomini che devono affrontare e comprendere il mondo da soli. E ci sono madri che, nella speranza di proteggere i loro figli, li lasciano andare condannandosi a vivere con solo mezzo cuore. Questa è la storia di Jarek che, pochi giorni prima dei suoi dieci anni, pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, attraversa il Paese da solo per cercare rifugio a Bratislava, a migliaia di chilometri da casa. Parte con la destinazione scritta sulla mano e giochi d’immaginazione nella testa, a cui ricorre istintivamente per dare un senso a ciò che senso non ha. Sua madre Hanna lo ha lasciato nella folla di fuggitivi alla stazione di Zaporižžja, restando a casa con Olena, la nonna invalida, e scegliendo per lui un insidioso viaggio nell’ignoto come alternativa al vivere per sempre con l’orrore negli occhi o al diventare un bersaglio. Lo ha portato in stazione con l’inganno e non ha voluto aspettare la partenza del treno. A dimostrazione del fatto che anche gli animi più impauriti possono generare atti di grande coraggio.

COSA NE PENSO

Un libro emotivamente profondo che spacca in due il cuore. L'abbandono visto da occhi diversi. Addii non pronunciati,anime ferite e occhi che si cercano ma non si trovano.
Sono 3 i personaggi principali della storia, Jarek un bambino di appena dieci anni,sua madre Hanna, e la nonna di Jarek, Olena.
La forza dell' amore raccontata con quella sensibilità dovuta alle vittime della guerra in Ucraina, toglie il respiro ogni volta che il racconto va avanti e procede senza interruzioni perché una pagina tira l'altra in quel susseguirsi di curiosità vissuta nel dolore.
L'orrore della guerra,la sola idea di una madre che tenta di proteggere e di salvare suo figlio lascia sgomenti chiunque. Leggere questo libro è molto importante perché ci mette davanti alla realtà, che accade proprio nella porta accanto.

«Rieccoli,i miei pensieri senza capo né coda e l'impossibilità maledetta di parlare a Jarek come ho sempre fatto,con misura e giudizio,ma schiettamente. Più me lo riprometto, più mi sento confusa. Eppure,la scelta da prendere è semplice: restare o partire...»

In conclusione, a fine lettera, si ha una percezione diversa di come eravamo all'inizio lettura, tutto cambia dentro di noi, e niente sarà più come prima, un libro che ci scuote fin dentro le viscere.
Dire che si tratta di un bel libro sarebbe scontato è molto di più. L'unico consiglio che io vi possa dare è leggetelo,leggetelo,leggetelo.
Buona lettura!

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18 marzo 2025

L'URLO DEI GATTOPARDI – LIANA ZIMMARDI, TRA STORIA E PASSIONE.







Cari lettori,

L'ospite di oggi è Liana Zimmardi.
Nata a Palermo, città dove vive con il marito e due figli. Si è laureata in Economia e Commercio ed esercita la professione di commercialista, ma sin da bambina la sua più grande passione sono la letteratura e la storia. È autrice di romanzi e saghe storiche pubblicati in self-publishing, L'urlo dei Gattopardi segna il suo esordio in tutte le librerie italiane.


D. CHI È LIANA?

R. Sono una persona tranquilla, ordinata e metodica, con una buona dose di vivacità che spero non mi renda noiosa. Mi piace circondarmi di persone esuberanti e brillanti, purché non siano mai arroganti o aggressive. Le cose che amo di più al mondo sono il cioccolato, i libri e la mia famiglia, non necessariamente in quest’ordine. 
Sin da bambina sono stata una discreta divoratrice di romanzi di ogni genere, spaziando da quelli d’amore alla fantascienza, dagli storici, all’avventura fino ai grandi classici. Ho la fortuna di provenire da una famiglia serena e di averne costruita una altrettanto stabile e amorevole. Circondata dall’affetto, ho potuto coltivare la mia grande passione per la lettura e, grazie al costante sostegno di mio marito, negli ultimi anni ho potuto dedicarmi a una nuova passione: la scrittura. 
Nella vita sono mamma di due splendidi ragazzi, il mio orgoglio e la mia gioia; sono moglie di un collega commercialista, la mia forza e il mio grande amore, con cui condivido vita e lavoro; infine, sono autrice di romanzi sentimentali storici, in netto contrasto con la mia laurea in Economia e Commercio. Credo che quest’ultima rappresenti il lato concreto dalla mia personalità, mentre i libri ne incarnino quello sognatore.

D. COME E QUANDO NASCE LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Non dirò che scrivo da quando ero bambina perché non sarebbe vero. Anzi, fino al 2020 non avevo scritto altro che i temi a scuola. Nei mesi precedenti al lockdown ho attraversato un momento difficile, di apatia e paura. Ero profondamente scossa dalla perdita di un’amica e dalla morte di una bambina, compagna di classe di mio figlio. Poi iniziarono ad arrivare le terribili immagini dalla Cina, che aggiungevano nuovo terrore al mio animo provato, mentre attorno a me percepivo una grande indifferenza al problema. 
Sentivo il bisogno di evadere, ma non trovavo ristoro neanche nella lettura, nulla riusciva a soddisfarmi. Così decisi di scrivere la storia che avrei voluto leggere. Mi resi conto che era un’esperienza terapeutica. Il mio animo si rasserenava e riuscivo a vincere le mie paure. Quando ci chiusero in casa, avevo già completato la prima bozza del mio romanzo. Era terribile, perché non avevo alcuna conoscenza delle tecniche di scrittura, ma avevo dimostrato a me stessa di saper orchestrare una trama e portarla a termine. 
Approfittai del lockdown per studiare e revisionare il libro, affinché raggiungesse una forma più dignitosa. Al contrario di quello che successe a molti, in quel periodo ho trovato la liberazione. Tutte le persone che amavo erano al sicuro in casa e, in più, avevo scoperto un mondo, quello della scrittura, che mi affascinava e mi donava nuova stabilità.

D. IN QUALE MOMENTO DELLA GIORNATA PREFERISCI SCRIVERE?

R. Il momento migliore per me è l’ora di pranzo. Preparo da mangiare per i miei ragazzi, poi li lascio a tavola e mi ritiro in salotto per dedicarmi alla scrittura per almeno un’ora e mezza, senza interruzioni. La sera, di solito mi concedo una mezz’ora per rileggere e sistemare ciò che ho scritto durante il giorno, ma senza attardarmi troppo, perché quello è anche il momento che considero sacro per leggere i libri degli altri, di cui sono sempre avida.

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL TUO ROMANZO, L’URLO DEI GATTOPARDI, COSA DIRESTI?

R. Era il 12 gennaio del 1848 e i siciliani decisero di fare la festa al re. Infatti era il compleanno di Ferdinando di Borbone e un gruppo di nobili e borghesi siciliani, che tramavano da tempo contro l’odiato despota, la festa la fecero davvero. Ma chi erano? 
Per noi sono solo nomi di vie o di piazze, di larghi e di vicoli. Sono nomi e soprannomi, nomi storpiati e dimenticati. Già, dimenticati… Dicevo, era il 12 gennaio del 1848. Era il giorno del compleanno di un re molto odiato. Così, scoppiò una rivoluzione, che nei mesi successivi si propagò al resto d’Europa, dando il via alla Primavera dei popoli. 
Ruggero Settimo, Rosolino Pilo, Giuseppe La Masa, Giuseppe La Farina, Emerico Amari, Francesco Crispi e tanti altri comprese le donne siciliane, fervide patriote e poetesse che, oltre a battersi per la libertà, si battevano già per quello che nel resto del mondo solo parecchi anni dopo sarebbe diventato il femminismo. 
Eppure oggi sono solo piazze e vie, ma un tempo furono i Gattopardi che urlarono la loro libertà. 
Il mio romanzo vuole ricordarli e omaggiarli, e lo fa attraverso una storia d’amore che tra intrighi e tradimenti ci trasporterà nella Palermo dell’Ottocento.

D. UNA SCENA DEL TUO LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R. È ambientata nella cripta delle Repentite, un luogo avvolto nel mistero, che ho potuto visitare solo di recente. Un tempo era la sepoltura delle monache, ex prostitute, di un convento ormai scomparso. Quando sono scesa nella cripta, ho avuto la sensazione di vedere i miei protagonisti prendere vita, fronteggiandosi nel duro scontro che avevo descritto. È stato emozionante.

D. UN LIBRO CHE NON TI STANCHERAI MAI DI RILEGGERE?

R. Orgoglio e pregiudizio, primo fra tutti, che ho già letto quattro volte e che medito di rileggere per la quinta. Anche Ragione e sentimento, letto tre volte, ed Emma, solo due, meriterebbero nuove attenzioni. E poi, ce ne sarebbero tanti altri: tutta la saga de Il cavaliere d’inverno, che ho letto solo un paio di volte, i libri di Natoli e, perché no, i simpaticissimi Bridgerton. 

D. QUALI SONO I TUOI PROGETTI PER IL FUTURO? 

R. Nella mia mente le storie nascono e si rincorrono velocissime, molto più di quanto io riesca a scriverle, quindi di progetti non me ne mancano. Al momento sto terminando il mio primo romanzo medievale, che, tra l’altro, è anche la prima storia vera che racconto… o quasi, perché la sto romanzando parecchio. Poi devo revisionare altri due libri scritti tempo fa, che necessitano di qualche cura, e rimettere mano a una novella che ho trascurato. Insomma, tanto lavoro!


Ringrazio Liana per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online dal 29 gennaio 2025 Giunti Editore


SINOSSI 

Palermo, autunno 1847. In città l’aria è incandescente: il popolo sta tramando contro i Borboni, e la rivolta è ormai incombente. La marchesina Isabella di Cabrera arriva da Messina carica di speranze e aspettative. Nonostante alla sua famiglia interessi solo che combini un buon matrimonio, lei freme per entrare nei salotti bene e convincere gli intellettuali che l’insurrezione deve servire anche a difendere i diritti delle donne. George Seymour ha lasciato Londra per amministrare le proprietà di famiglia in Sicilia, e adesso è inebriato dalla vitalità, dai profumi, dalla magia di quella terra. Stringe una profonda amicizia con i fratelli Alberto e Leonardo de Martini, che lo introducono alla nobiltà cittadina e agli ideali dei ribelli. George sposa la causa e si lascia travolgere dalla passione per la locandiera Cettina, verace e ardente. Quando però conosce Isabella, amata anche da Alberto, capisce che quella ragazza colta, intelligente e indocile cambierà per sempre il suo destino. Mentre i due si dibattono fra i rimorsi verso Alberto e la nascita di un sentimento ormai impossibile da reprimere, esplodono i moti, travolgendo i destini di tutti i protagonisti nell’inesorabile avanzare della Storia.


COSA NE PENSO

Ho finito di leggere o meglio di "divorare L'urlo dei Gattopardi" in appena ventiquattrore.
Un romanzo a dir poco sublime, scritto con una tale grazia e dialettica perfetta, che si legge tutto d'un fiato. 
Storie e vite che si intrecciano quelle di George, Alberto, Isabella, e Cettina, dei "cuori ribelli" impavidi e innamorati della vita come della rivoluzione che insorge a Palermo. Isabella la si ama da subito, forte e determinata com'è, esattamente come lo scanzonato e contradditorio George, l'uomo dalle azioni sconsiderate. Cettina è l'antagonista perfetta, perché esprime l'idea dell' amore nella sua più reale grandezza in quel vortice di perdizione tra gelosia e orgoglio.
Per quanto concerne, Alberto, bè, un personaggio ben costruito, vendicativo quanto basta, uno che non ti aspetti, ma che poi ti porta a farti cambiare opinione su di lui, come spesso accade anche nella vita di tutti noi ogni giorno. 
Tutti personaggi convincenti che non stancano mai di stupire nello sfondo delle tristi vicende della rivoluzione Siciliana conosciuta anche come la "Primavera dei popoli" del  1848 quando molti palermitani si radunarono per le vie della città, dove nei giorni precedenti erano stati diffusi manifesti che incitavano alla rivoluzione guidata da dei nomi che poi hanno fatto la storia della Sicilia: Ruggero Settimo, Emerico Amari, Mariano Stabile, Rosolino Pilo, Giuseppe La Masa, Francesco Crispi, Giuseppe La Farina e tanti altri. Ma l'aspetto più interessante sta nel ricordare le figure femminili che hanno fatto la storia, dando voce a tutte le donne oppresse dal dominio Borbonico. Giuseppina Turrisi Colonna spesso citata nel libro, che per prima parlò di dignità conforme anticipando di oltre vent'anni il saggio sull' assoggettazione delle donne di John Stuart Mill. Insieme ad altre donne, dalla Principessa di Butera e la scrittrice Rosina Muzio Salvo fondatrici della "Legione delle pie sorelle". 

«Questa non sarà una rivolta ma una vera rivoluzione,e i Borboni non avranno scampo. Non staremo più a guardare un sovrano che affama il suo popolo e lo tiene nell' ignoranza e nella miseria.»

In conclusione, "L'urlo dei Gattopardi" un romanzo storico e d'amore super consigliato!

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09 marzo 2025

INTERVISTA A MARIA COSTANZA BOLDRINI AUTRICE DEL LIBRO: GLI ANNI DELL' ABBONDANZA



Cari lettori,

Ben ritrovati! L'ospite di questa nuova intervista è Maria Costanza Boldrini. 
Maria Costanza è laureata in Lingue e specializzata in Giornalismo. Vive in Francia, dove lavora come traduttrice freelance e redattrice per Una parola al giorno, sito di approfondimento linguistico ed etimologico. Gli anni dell’abbondanza è il suo romanzo d’esordio.

D. MARIA COSTANZA, COM'È NATA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA? 

R. La passione per la scrittura è nata da quella per la lettura. Le due cose sono andate di pari passo. Il primo libro che mi catturò, da bambina, fu Pippi Calzelunghe, scritto da Astrid Lindgren. Ricordo di aver pensato che essere capace di costruire una storia così era un vero prodigio, una meraviglia, e di aver desiderato intensamente, dal profondo del cuore, di poter diventare autrice di una tale prodezza. Ricordo di aver provato a scrivere un romanzo giallo in terza elementare, ma non avevo capito il principio del poliziesco, per cui mi ero messa a raccontare la vita dell’assassino. Rileggendo mi resi conto che qualcosa non quadrava, quindi sono passata a scrivere commedie e tragedie teatrali, spinta soprattutto dall'altra mia grande passione, quella per la recitazione. Amavo creare personaggi che, nel mio spirito infantile, consideravo ‘shakespeariani’. In realtà erano macchiette, nullità, e purtuttavia hanno costituito delle prove generali molto utili per lo sviluppo delle mie capacità inventive che si sono consolidate più tardi.

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL SUO ROMANZO, “GLI ANNI DELL' ABBONDANZA”, COSA DIREBBE?

R. È un romanzo sul talento e le capacità che ci sono proprie, sul saperlo riconoscere, accettare, amare e mettere a frutto con umiltà e dignità. È un romanzo sullo scorrere della vita, coi suoi duri colpi, e sulla Storia, che ha investito le vite di tutti in modi molto diversi. È anche un romanzo di fede, speranza, in cui ho voluto affrontare, in maniera sicuramente troppo superficiale per l'enormità del tema, anche l'argomento del peccato. Il peccato, l’esistenza e la giustificazione del male sono materie che negli anni hanno preso sempre più spazio nelle mie riflessioni.

D. C'È UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE L' HA ISPIRATA PER QUESTA STORIA? 

R. I racconti della mia bisnonna e di mio nonno che, di fatto, si trovano tutti nel testo. Soprattutto il racconto dell'infanzia atroce del mio trisnonno.

D. CON QUALI COLORI DESCRIVEREBBE I PERSONAGGI?

R. Beata è color tabacco, per ovvi motivi. Ettore è ceruleo. Clarice un lavanda con accenni purpurei. Emilio il giallo dell'alba. Antonia è il pallido avorio, Ernesto è il blu di una tuta da lavoro.

D. ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA SUA VITA?

R. Come ho scritto nella postfazione, ‘Cent’anni di solitudine’ di Gabriel Garcia Marquez mi folgorò. Avevo dodici anni quando lo lessi, ne rimasi completamente abbacinata.

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOLE AGGIUNGERE.. CHE  VORREBBE DIRE AI SUOI LETTORI?

R. Certe storie hanno bisogno di narrazioni più pacate, le cui corde vibrino al ritmo di parole antiche e senza sentimentalismi a buon mercato. Credo che ‘Gli anni dell'abbondanza’ sia tra queste. Il lessico è stato scelto con cura per dei motivi precisi, non c'è niente di forzato. Eleggere con attenzione le parole che si usano è un gesto di cura per la storia ma anche per il lettore e non deve essere liquidato come un vezzo dello scrittore. La lingua possiede parole precise per cose precise. Vanno usate, perché permettono di salvare le sfumature, i semitoni. Non può essere tutto estremo e superlativo. Paradossalmente, con questa esasperazione del grado massimo che ha pervaso la lingua e l'espressività contemporanea, si tende ad appiattire tutto su un unico livello omogeneo. Distinguere le intensità e restituire al medio, al tiepido, al moderato i loro giusti posti nella sensibilità dei lettori è a mio avviso fondamentale.

D. PROGETTI PER IL FUTURO E SOGNI?

R. Continuare a scrivere, con cura, amore, passione, e poterne vivere dignitosamente.

Desidero ringraziare Maria Costanza per aver risposto alle mie domande.



In libreria e sugli store online dal 10 gennaio 2025 Nord Editore


SINOSSI

In un piccolo paese dell'Italia del '900, vive un'umile famiglia come tante. Eppure le sue donne hanno un dono speciale. I Contini sono una famiglia come tante, lì a Valchiara, un piccolo paese del centro Italia affacciato sul mare. Benvoluti e gran lavoratori, conducono un'esistenza povera ma dignitosa. Poi qualcosa cambia quando la giovane Beata, a dispetto delle proteste della madre, decide di farsi assumere alla Regia Fabbrica dei Sigari. Perché un misterioso miracolo si produce in lei: è la sua abbondanza, un dono che la rende la beniamina delle colleghe zigarare e il bersaglio dell'occhiuto sospetto dei controllori della fabbrica. E dopo di lei anche sua figlia Clarice e la nipote Antonia saranno benedette e maledette da questo prodigio, ciascuna a modo suo. Tuttavia l'abbondanza non è per sempre, può sparire da un momento all'altro a causa di un grande dolore. E di dolori ne vivranno tanti, Beata, Clarice e Antonia, vittime della violenza della Storia ma capaci di affrontare e superare ogni difficoltà, anche grazie a un'altra benedizione, l'amore puro e incondizionato dei loro adorati mariti.

COSA NE PENSO

Per essere un romanzo d'esordio è stato proprio una bella scoperta, sotto tanti punti di vista.
Iniziando dalla scrittura semplice e realistica.
Un romanzo scritto meravigliosamente, che mette in luce le caratteristiche della natura umana dei personaggi.
Ho amato ognuno di loro dalla zia Miranda ad Assunta, Enrico solo per citarne alcuni.
“L'abbondanza” arriva in Beata, in Clarice, e in Antonia, in modalità e in tempi differenti e fa appello a tutta la loro forza interiore, una litania impercettibile ma potente, fondamentale per la loro sopravvivenza, e per quella dell'intera comunità in cui vivono,tra magia e superstizione, gioie e dolori, “l'abbondanza” si rivelerà in un certo qual senso un' amica fedele per ognuna di loro tre. 

«Da sempre prestava orecchio agli oggetti che le bisbigliavano storie, e in silenzio assorbiva quelle narrazioni..»

A lettura ultimata ho subito pensato che Maria Costanza Boldrini possa rivelarsi ben presto, una tra le più grandi voce letterarie contemporane per stile e originalità.
In conclusione, si tratta di un racconto collettivo che ha influenzato l'intera società del nostro paese nel tempo. 
Consigliatissimo. Buona lettura!

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