“.. CHIACCHIERATA CON ARIANNA MORTELLITI, AUTRICE DEL ROMANZO: QUELLA VOLTA CHE MIA MOGLIE HA CUCINATO I PEPERONI”


Cari lettori,

L'ospite di oggi è Arianna Mortelliti, nata a Roma nel 1987, si è laureata in Scienze Biologiche e lavora come insegnante nella scuola.


D: QUANDO HAI CAPITO DI ESSERE PORTATA PER LA SCRITTURA?

R: Ho sempre amato scrivere. Lettere, diari, pensieri. Lo faccio fin da quando sono bambina. Un romanzo, però, è qualcosa di diverso. Dentro di me sapevo che prima o poi mi sarebbe piaciuto intraprendere questo percorso, ma non trovavo mai il coraggio di cominciare. Tra il 2018 e il 2019 ho supportato nella scrittura mio nonno, diventato ormai cieco. Ricordo quell’anno come il più felice della mia vita, forse perché finalmente avevo trovato la mia dimensione: mattina “scienziata”, pomeriggio scrittrice. A dicembre del 2019 mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza lavorativa con nonno, da quel momento mio padre non ha fatto che spronarmi a scrivere un romanzo. È stato lui ad avere così tanta fiducia in me da farmi trovare finalmente il coraggio. E così, tra fine agosto e inizio settembre 2020, ho buttato giù la storia di Arturo e della sua famiglia.

D: DOVE HAI TROVATO L’IDEA PER QUESTO LIBRO E COSA TI HA INSEGNATO?

R: L’idea del romanzo è nata mentre cercavo di metabolizzare la perdita di nonno. Prima di lasciarci, è stato in coma per un mese, dal 17 giugno al 17 luglio 2019. Situazioni di questo tipo lasciano un’impronta emotiva molto forte. La persona cara è davanti a te, respira, vive, esiste. Eppure sembra altrove. Non risponde, non reagisce. Nessuno sa se abbia percezione di sé e dell’ambiente intorno. Io gli parlavo, sapendolo cieco temevo potesse impaurirsi e cercavo di tranquillizzarlo raccontandogli dove fosse e perché. Scrivere la storia di Arturo, un anno dopo questa esperienza, mi ha aiutato a lasciarmi alle spalle il dolore. Alla fine la scrittura è diventata l’unica terapia utile per ricordare nonno con il sorriso. 
Prima di questo romanzo, a causa della mia impostazione scientifica, cercavo risposte nella ragione. Dado, il fratello di Arturo, mi ha insegnato che l’immaginazione, certe volte, può salvarci la vita.

D: COME COSTRUISCI I TUOI PERSONAGGI E LA TRAMA?

R: Mi piace raccontare più storie in un unico romanzo, scrivere di come si mescolino le vite delle persone, di come un singolo incontro possa cambiare il percorso di ciascuno. Della vita dei miei personaggi si sa poco, di alcuni nemmeno che lavoro facciano. Preferisco lasciare spazio alle loro emozioni, ai loro turbamenti interiori. Racconto del loro animo, della loro coscienza. Non li delineo in maniera precisa prima di scrivere, solitamente vengono fuori a mano a mano che la storia procede. La trama di “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” l’ho pensata in macchina, bloccata nel traffico di Roma. 

D: CI SONO PERSONAGGI NEL TUO LIBRO “QUELLA VOLTA CHE MIA MOGLIE HA CUCINATO I PEPERONI”CHE HANNO SOMIGLIANZE CON TE O PERSONE CHE CONOSCI?

R: La mia famiglia, come quella del romanzo, è matriarcale. Non ci sono personaggi femminili direttamente riconducibili a un elemento della famiglia, ma in ognuno di loro c’è un po’ di tutte noi. Sfaccettature del carattere e modi di fare. Nella figura di Nina, una delle nipoti di Arturo, rivedo parte di me e della complicità che rendeva unico il legame con mio nonno. 

D: QUALE PARTE DEL TUO PROCESSO DI SCRITTURA È LA PIÙ DIFFICILE?

R: Ho deciso di scrivere senza un narratore esterno, ma sempre dal punto di vista del protagonista. Questa scelta ha reso difficili alcuni passaggi del libro, perché ogni fatto raccontato doveva essere stato necessariamente visto o sentito dal protagonista. La parte più difficile dunque è stata svelare i segreti della famiglia solo attraverso i dettagli conosciuti da Arturo.

D: PUOI RACCONTARCI UN ANEDDOTO LEGATO A TUO NONNO IL GRANDE ANDREA CAMILLERI?

R: L’ho avuto accanto per 32 anni, difficile scegliere un aneddoto in particolare. Adoro ripensare al periodo in cui ho lavorato con lui, perché abbiamo trascorso moltissime ore da soli e questo ci ha permesso di legarci ancora di più. Siamo sempre stati complici, ho preso molto del suo carattere, ma rispetto all’infanzia in quella fase ho vissuto il rapporto con maggiore consapevolezza. Abbiamo smesso di considerarci nonno e nipote e ci siamo scoperti ottimi amici e confidenti. Quello che ci siamo detti lo conserverò sempre nel cuore.

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Continuare a fare l’insegnante di scienze, perché adoro il contatto con i ragazzi, amo la mia materia e ritengo sia importante cercare di far capire agli altri come funzioniamo noi e l’ambiente in cui viviamo. La scrittura è una nuova strada che mi si è aperta davanti, spero le due cose possano andare in parallelo senza scontrarsi mai. Il secondo romanzo è già pronto.

Ringrazio Arianna Mortelliti per aver risposto alle mie domande.


Nelle librerie e sugli store online dal 4 aprile 2023 Mondadori


SINOSSI

Arturo Baldi, novantacinque anni, viene portato d'urgenza in ospedale, dove scivola in un coma profondo. A dispetto dei neurologi, che lo escludono categoricamente, la coscienza di Arturo è ancora vigile. In questo misterioso tempo sospeso Arturo riesce a sentire, uno per uno, tutti i componenti della famiglia che vengono a fargli visita in una incessante sequenza di confessioni, sfoghi, preghiere. In quei meandri della coscienza, domina il faccia a faccia con Dado, il fratello inquieto, il pittore talentuoso, il ribelle che manca da anni dentro il teatro famigliare. In questa sorta di popolata immobilità, Arturo risale dall'infanzia fino alla costruzione della grande famiglia che ora, intorno al suo letto, stilla parole e memoria. Così seguiamo l'amore che lo lega a Carolina da tutta una vita, le figlie Dori e Fiore, le nipoti Margherita e Nina, prossima alle nozze, e la pronipote Anna, che ha ereditato dal prozio mai conosciuto l'occhio e la mano da pittrice. Dado è lo specchio per tornare indietro nel tempo, nel formicolio di segreti che alligna là dove la famiglia sembra più salda. Arianna Mortelliti, alla sua prima prova narrativa ma cresciuta alla scuola del nonno Andrea Camilleri, scrive un romanzo decisamente intrigante, calibrando suspense e informazioni all'interno di una struttura a dialoghi che, progressivamente, scioglie nodi e ambiguità.


COSA NE PENSO

Ci troviamo di fronte a due fratelli alquanto diversi tra loro, Dado e Arturo Baldi.
Diversi come lo sono il sole e la luna, ma uniti nel cuore.
Il romanzo si focalizza principalmente sugli ultimi giorni di vita di Arturo,ormai ultra novantenne e in coma.

“È tutto confuso adesso,mi sembra quasi di sognare... Non capisco nemmeno se è un incubo o un bel sogno.”
Pensieri negativi e ricordi felici si intrecciano in un unica immagine.
“ Sai cosa mi ricorda tutto questo?”
“Cosa?”
“Mi sembra uno di quegli incubi che faccio dopo aver mangiato i peperoni al forno di Carolina.”

La sensazione che mi ha lasciato questo romanzo a fine lettura, e che la nostra morte sarà ciò che è stata la nostra vita.Noi reagiamo di fronte alla nostra transizione nello stesso modo in cui abbiamo reagito davanti a tutti i grandi avvenimenti prodottisi durante la nostra esistenza. E tutto questo lo scopriremo grazie ad Arturo che visto dall’esterno, può sembrare immerso in un sonno profondo, una condizione caratterizzata dall’inconsapevolezza 
di sé e dell’ambiente.
Ma di fatto non è così perché lui ascolta. Il suo stato di incoscienza gli permette infatti di sentire, forse per la prima volta quello che hanno da dirgli le donne della sua vita, da sua moglie Carolina, alle sue figlie fino alle sue nipoti, tutte riunitesi al suo capezzale, mentre lui rimane avvolto nel torpore della sua mente che viaggia inesorabile avanti e indietro nel tempo.
In conclusione,lo stile curato e preciso dell'autrice dà linfa e consistenza alla storia.
Una sorta di piccola preghiera muta che Arianna rivolge al suo amato e compianto nonno Andrea Camilleri.
Lettura consigliata!


Intervista e recensione a cura di C.L

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