01 aprile 2023

INTERVISTA A PATRIZIA CARRANO


Cari amici e care amiche,

È un’ onore, oltre che un piacere ospitare nel mio blog Patrizia Carrano. Scrittrice e poi sceneggiatrice tra le più apprezzate nella fiction televisiva italiana, negli anni Ottanta e Novanta ha pubblicato libri con grandissimo successo di pubblico come La Magnani (Rizzoli 1982); Baciami stupido (Rizzoli 1984); L’età crudele (Mondatori 1995); A lettere di fuoco (Mondadori 1999) e Illuminata (Mondadori 2000). Le sue opere sono tradotte in quattro lingue. Oggi vive e lavora a Roma.

 
D: HA LAVORATO PER IL SETTIMANALE NOI DONNE, AMICA, ANNA, ELLE, MAX, PANORAMA E SETTE. PER RAI 3 E RAI 1 HA RACCONTATO OLTRE VENTI EDIZIONI DEL FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA. QUALI SONO GLI INGREDIENTI DELLA GIORNALISTA PERFETTA?

R: Se esiste una giornalista perfetta ( ma non sono certo io) direi che soprattutto deve avere il senso della notizia. Deve capire prima degli altri cosa sta succedendo. Ricordo Miriam Mafai, giornalista eccellente e mia madrina professionale, leggere alcuni decenni fa un trafiletto in cui si diceva che certe donne americane avevano buttato dei reggiseni nella spazzatura. Lei capì da quella notizia che stava scoppiando l'ondata femminista negli USA. Lo capì lei, per prima, in Italia.
Poi, certo, bisogna scrivere bene, sentire la necessità di controllare le fonti, rispettare la verità ( che è cosa diversa dall'obbiettività, simulacro inesistente poiché ognuno legge i fatti con le proprie lenti culturali). Bisogna saper annusare il mondo, le sue novità. Ed essere estremamente curiose. Senza curiosità non c'è giornalismo.

D: COME È NATA LA SUA PASSIONE VERSO LA SCENEGGIATURA E A QUALI MAESTRI SI È ISPIRATA?

R: Ho vissuto per oltre dieci anni con un regista e i copioni che passavano per casa erano numerosi, e solitamente realizzati da ottimi professionisti, gente che aveva scritto film come Dramma della gelosia, Amici miei, Morte a Venezia. Leggendoli, ascoltando le riunioni di sceneggiatura che si tenevano a casa, mi ero resa conto di come fosse necessaria una grande capacità tecnica. Quando, parecchi anni dopo, ho cominciato a scrivere per la televisione, quella "scuola", frequentata da semplice uditrice, è venuta molto utile. In una serie, o in un film, la storia è fondamentale, perché anche il più bravo dei registi non raddrizza un intreccio sbagliato. E poi ho avuto la fortuna di lavorare con Rodolfo Sonego, che è stato uno sceneggiatore grandissimo. Ho fatto con lui la serie Linda e il brigadiere. E ho imparato moltissimo.

D: QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA SCRIVERE UN ROMANZO E UNA SCENEGGIATURA?

R: Sono differenze piuttosto irraccontabili. In una romanzo puoi far scendere in campo dieci battaglioni da centomila soldati ognuno. Se ci provi al cinema, ti scontrerai subito con il "no" di un produttore, perché quella scena è troppo costosa. E poi devi servire gli attori, sottolineare il loro ingresso nella storia, arrivare alla fine nei fatidici 90 minuti di ogni puntata. Se scrivi un libro, non hai limiti di lunghezza: puoi costruire un romanzo breve come Agostino di Moravia, oppure un romanzo fiume come La scuola cattolica di Edorado Albinati. C'è un unico, vero elemento comune: il senso del racconto. Occorre riuscire ad agguantare il lettore, conducendolo fino alla fine. Daniel Pennac scrive che un lettore ha diritto di lasciare un libro a metà, se si annoia. Figurarsi uno spettatore televisivo, che in mano ha uno scettro di nome telecomando.

D: QUALE È STATA LA DIFFICOLTÀ MAGGIORE DURANTE LA STESURA DEL LIBRO “TUTTO SU ANNA - LA SPETTACOLARE VITA DELLA MAGNANI”?

R: Prima di tutto ho faticato a convincere un editore che valeva la pena di occuparsi di un personaggio come la Magnani. Alla fine degli anni '70 tutti erano propensi a riconoscerle una innegabile bravura ma a liquidarla come un reperto archeologico. Una volta convinta la Rizzoli, ho cominciato un lavoro certosino andando a scovare il maggior numero possibile di persone che l'avevano conosciuta, frequentata e avevano lavorato con lei. Un lavoro che oggi sarebbe impossibile compiere perché quelle persone sono tutte mancate: Monicelli, Massimo Serato, Riccardo Billi che aveva fatto di lei una divertentissima imitazione, Alfredo Giannetti... sarebbe troppo lungo elencarli tutti. Poi ho passato alcune settimane alla libreria del Burcardo, della Siae, che ora è chiusa. Lì ho trovato le locandine degli spettacoli della Magnani, ai tempi del suo debutto, e poi durante gli anni del varietà. Ho fatto per quasi dodici mesi una ricerca minuziosa. E poi ho cominciato a scrivere. Un lavoro preparatorio fondamentale che oggi sarebbe impossibile.

D: C'È QUALCHE ANEDDOTO PARTICOLARE DELLA SUA CARRIERA DI SCRITTRICE O GIORNALISTA CHE VUOLE CONDIVIDERE CON NOI?

R: La vita di una persona che scrive romanzi ( il temine scrittore mi appare vanitoso, orgoglioso: c'è gente che dopo aver scritto un telegramma si considera scrittore) è fatalmente una vita solitaria. E' un mestiere duro, da spaccapietre, che si fa in compagnia di se stessi. Dovrei raccontarle quanto fanno male le spalle, quanto bruciano gli occhi, quanto è difficile venire a capo di una storia, ma non c'è niente di particolarmente divertente. Come giornalista, soprattutto quando per la Rai ho raccontato assieme a dei meravigliosi colleghi come Vincenzo Mollica, Enrico Mentana e Irene Bignardi quasi venti edizioni del Festival del cinema di Venezia, m'è capitato di conoscere tanta gente del cinema, attori famosi, uffici stampa gentili... ma il ricordo che più mi ha fatto amare il mio mestiere riguarda una mattinata in cui il direttore del festival di quell'anno, Gillo Pontecorvo, aveva convocato una "assise mondiale degli autori". E io ho intervistato, con una sola domanda ripetuta a ognuno di loro, settanta autori del calibro di Steven Spielberg, Robert Altman, Sidney Pollock, Costa Gavras, Bertrand Tavernier... In una mattinata ho avuto davanti a me il gotha del cinema mondiale. Indimenticabile. 

D: C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOLE AGGIUNGERE... CHE VORREBBE DIRE AI SUOI LETTORI?

R: Vorrei tornare per un istante a parlare della mia biografia su Anna Magnani. Che non ho voluto raccontare soltanto come grande attrice. Ma come una donna libera, appassionata, moderna. Sempre in anticipo sui tempi: negli anni '40 si è legata a un uomo di dieci anni più giovane di lei, ha fatto un figlio crescendolo da sola, non ha avuto la protezione di produttori importanti. E' stata una donna libera, indipendente, forte nonostante le sue molte fragilità. Anna Magnani è una creatura che mescola l'antico e il moderno. E' dunque una figura eterna. Un medaglione sbalzato nel metallo. L'aveva ben compresa Federico Fellini, che ha avuto la generosità di scrivere una presentazione al mio libro. L'edizione che ora la Vallecchi ha dato alle stampe è stata da me arricchita, e un po' modificata. Ha avuto una nuova veste, ma alle parole di Fellini non ho voluto rinunciare. Ma, ripeto, questo libro è il romanzo di una vita. Ed è capace di parlare alle donne di oggi.

D: PROGETTI PER IL FUTURO? 

R: Sto lavorando a un altro romanzo, che spero uscirà l'anno prossimo. Ancora una volta la storia di una donna. Ho scritto 24 libri, e le donne sono e restano al centro della mia attenzione. Bisogna scrivere di ciò che si conosce. E' sempre un buon punto di partenza. In quanto ad arrivare... lo diranno i lettori!

Desidero ringraziare Patrizia Carrano per aver risposto alle mie domande.

     In libreria e sugli store online dal  27 gennaio 2023 Vallecchi


COSA NE PENSO 

Anna Magnani è particolarmente ricordata insieme ad Alberto Sordi e Aldo Fabrizi per essere una delle figure preminenti della romanità cinematografica del novecento.
Affettuosamente chiamata dai romani “Nannarella”, Anna fu la prima attrice non di lingua inglese a vincere l’ambito Academy Award, portando il suo talento, il suo carisma e la propria forza oltreoceano, diventando così una celebre e indimenticabile interprete.
Da “Roma città aperta” a “Bellissima”, “La rosa tatuata” a “Mamma Roma”, fino a uno dei suoi ultimi film, “Roma” di Federico Fellini, unica collaborazione con il grande regista italiano.
Musa e compagna di vita di Roberto Rossellini, la vita privata di Anna Magnani è stata spesso messa a dura prova, soprattutto quando si ritrovò madre single nell’Italia degli anni ‘40.
Questo libro racconta la donna prima che l’artista, una donna dal temperamento deciso e ribelle, mai del tutto compresa dagli altri.Qui analizzata e ripercorsa per la prima volta, consente di comprendere lo sguardo poliedrico e severo di Anna.
Tante le testimonianze raccolte in questo volume da Vittorio De Sica, Federico Fellini e molti altri nomi noti del grande schermo.
In conclusione, la più bella e completa biografia sulla Magnani. Consigliatissimo!
Buona lettura.

Intervista e recensione a cura di C.L

© Riproduzione riservata 




23 marzo 2023

FABIANO MASSIMI: INTERVISTA ALLO SCRITTORE “ SE ESISTE UN PERDONO ”

Cari amici e care amiche,

Bentrovati! L'ospite di questa nuova intervista è lo scrittore Fabiano Massimi.
Nato a Modena nel 1977. Laureato in Filosofia tra Bologna e Manchester, bibliotecario alla Biblioteca Delfini di Modena, da anni lavora come consulente per alcune tra le maggiori case editrici italiane. L’angelo di Monaco è stato l’esordio italiano più venduto alla Fiera di Londra 2019.



D: COSA TI HA SPINTO AD INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI SCRITTORE?

R: Non ne ho idea! Il desiderio di scrivere – e scrivere storie – mi accompagna da quando ero bambino, da prima della scuola. Ho mie fotografie alla macchina da scrivere quando non conoscevo ancora l’alfabeto, e non ci sono scrittori nella mia famiglia – non ci sono nemmeno narratori orali straordinari come si legge nelle vite di molti autori, una nonna o una balia o un fratello dotati di talento narrativo. È semplicemente un’ambizione con cui sono nato, e per buona parte della mia vita ci ho girato intorno con circospezione, sospetto, persino paura. Poi ho deciso di mettermi alla prova: mi sono iscritto a una scuola di scrittura, sono entrato in editoria, e dopo anni di avvicinamenti e allontanamenti ho trovato una storia che dovevo raccontare. La carriera è iniziata lì, e chissà dove mi porterà. Di certo so che non potrei più farne a meno.


D: QUALE È STATA LA DIFFICOLTÀ MAGGIORE DURANTE LA STESURA DEL ROMANZO “SE ESISTE UN PERDONO"?

R: Quando ho scoperto l’impresa di Nicholas Winton, lo “Schindler britannico”, pensavo di raccontarla in forma di thriller: una storia avventurosa con corse contro il tempo e lotte all’ultimo sangue, da un lato l’eroico trentenne inglese deciso a salvare quanti più bambini possibile dalle grinfie di Hitler, dall’altro lato spietate SS pronte a tutto pur di impedirlo. Poi ho scavato nelle poche fonti esistenti e con mia sorpresa ho appreso che sono esistiti altri due volontari britannici, una donna e un uomo, senza i quali Winton non avrebbe mai potuto fare ciò che ha fatto. Doreen Warriner e Trevor Chadwick sono a tutt’oggi completamente sconosciuti, e capire il motivo di questa lunga dimenticanza e poi trovare il modo di rimediare ha comportato una profonda riscrittura del primo romanzo che avevo ideato. La voce narrante, Petra Linhart, e la Bambina del Sale, che tutti cercano e nessuno riesce a trovare, sono nate da questa revisione, sofferta e appagante come mai mi era successo finora.


D: L’ASPETTO POSITIVO E QUELLO NEGATIVO DELL' ESSERE UNO SCRITTORE? 

R: Vedo solo aspetti positivi: il desiderio di scrivere, come dicevo, è antico e assillante. Diventare scrittore – ovvero pubblicare, arrivare a lettori sconosciuti, togliere le storie dalla mia testa per metterle sulla pagina – è l’unica soluzione per non impazzire. Poi bisogna essere riconoscenti: L’angelo di Monaco e I demoni di Berlino mi hanno portato in giro per il mondo – ero a Madrid in ottobre, sarò a Parigi in aprile –, mi hanno aperto porte professionali che mai avrei pensato e soprattutto mi hanno fatto conoscere centinaia di lettori, scrittori e professionisti dell’editoria, arricchendo enormemente la mia vita. E siccome, come diceva Angelo Rizzoli, la fortuna non la si merita, ce la si può solo far perdonare, in Se esiste un perdono ho messo il doppio dell’impegno, e nel prossimo romanzo metterò il quadruplo.


D: DOVE TROVI L’ISPIRAZIONE PER I TUOI LIBRI?

R: Da un paio d’anni insegno scrittura alla Scuola Holden, e ai miei studenti, quando mi chiedono lo stesso, rispondo: da dove non trovo l’ispirazione per i miei libri? Il mondo è un carosello incessante di stimoli, spunti, storie, personaggi, troppi per poterli afferrare tutti. Non esiste la penuria, solo la sovrabbondanza. Basta sedersi un’ora su una panchina, come fece Georges Perec in un libro famoso, e osservare lo spettacolo gratuito della gente per riempirsi gli occhi e le tasche di idee. Poi i giornali, i libri, ma anche i social: notizie di attualità e storiche si avvicendano con una rapidità che toglierebbe il sonno al più attento dei reporter. Io scrivo thriller storici, basati su storie vere, e le storie vere sono infinite. Al momento ho appunti per una ventina di romanzi, e non passa giorno che qualcuno non mi segnali episodi interessanti che ignoravo. Uno scrittore non basta, ci vuole una factory!


D: HAI DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R: Sono uno scrittore molto rapido, una volta che so cosa raccontare: in due ore scrivo un capitolo, in tre mesi completo la prima stesura. Ho però bisogno di astrarmi completamente dal mondo circostante mentre sono alla tastiera, per cui: buio, cuffie, colonna sonora composta ad hoc prima di iniziare (di solito un misto tra classica e pop). Con questi ingredienti posso lavorare ovunque, anche sul treno, anche in un sottoscala. E se qualcuno mi parla, rispondo con coerenza, salvo poi dimenticarmene all’istante.


D: UN LIBRO CHE NON TI STANCHERAI MAI DI RILEGGERE?

R: Il nome della rosa è il libro della vita, ma l’ho detto fin troppe volte, rischio di diventare noioso. Diciamo allora Fatherland di Robert Harris – il miglior thriller di sempre? – e Il senso di una fine di Julian Barnes – 150 pagine che si leggono in una sera e risuonano per anni. Sto del resto raggiungendo quell’età in cui, più che leggere, si rilegge, per cui torno quasi quotidianamente su Calvino, Follett, Houellebecq, Updike, in cerca di ispirazione o anche solo di compagnia. Consolazione.


D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: In letteratura, completare il ciclo dedicato al Commissario Sauer sotto il Nazismo (ho diverse avventure progettate prima di raggiungere la meta iniziale), poi scrivere quelle tre-quattro storie indipendenti che mi girano intorno da tempo (una compirà 23 anni a Pasqua). Fuori dalla letteratura, affinare il francese e imparare lo spagnolo; raggiungere un livello accettabile con il pianoforte; salire su un elicottero, su una mongolfiera, su un vulcano; vivere un anno a New York e uno a Barcellona. Per un po’ dovrei essere impegnato.


Desidero ringraziare Fabiano Massimi per aver risposto alle mie domande.

                In libreria dal 24 gennaio 2023 Longanesi


SINOSSI

«La storia dimenticata dello Schindler britannico. Un autore di grande successo in tutta Europa. Vincitore del Prix Polar 2022»

La chiamano la Bambina del Sale, perché tutte le sere, quando il buio allaga la città, puoi incontrarla all’imbocco di un vicolo che vende ai passanti sacchetti in tela azzurra con dentro una manciata di sale, introvabile da tempo. Nessuno a Praga conosce il suo nome. Nessuno sa come si procura quella preziosa merce. La Bambina compare dopo il tramonto e scompare prima dell’alba, senza dare confidenza a chi incontra. Una moneta, un sacchetto. Tutto qui.
È il 1938. Il furore nazista incombe sulla Cecoslovacchia e Hitler è alle soglie della città. La paura dilaga, soprattutto fra gli ebrei del Ghetto. Non c’è tempo, bisogna fuggire. Bisogna salvare i più deboli, come i bambini senza famiglia, come la Bambina del Sale. Un’impresa impossibile. Eppure c’è un uomo che ci crede, un inglese di origini ebraiche, Nicholas Winton, che tenta il miracolo: allestire treni diretti nel Regno Unito per mettere in salvo quanti più bambini possibile. Tra mille ostacoli logistici e politici, e con l’aiuto della giovane Petra che lo guida in una città a lui sconosciuta e colma di fascino, Winton sta per riuscire nel suo eroico intento. Ma la Bambina del Sale sembra non voglia farsi salvare. Perché quello sguardo sfuggente? Quale segreto nasconde?
In questo toccante romanzo, che racconta la vicenda vera e dimenticata di sir Nicholas Winton, tornata alla luce grazie a un commovente video della BBC dove l’uomo ottantenne incontra a sorpresa i “suoi” bambini ormai adulti, Fabiano Massimi ci accompagna in un viaggio fra storia e finzione, rischiarando una delle pagine più oscure del nostro passato con la luce della speranza.


COSA NE PENSO

Un romanzo che nasce da una storia vera, 
In cui l'autore mescola brillantemente personaggi realmente esistiti ad altri di fantasia.
Nel libro si parla di Nicholas Winton, eroe dimenticato che alla vigilia della Seconda guerra mondiale, aveva salvato 669 bambini praghesi dalle grinfie di Hitler.
Operando nella Praga occupata dai nazisti, a continuo rischio di essere arrestato, Winton porta avanti un progetto più ampio: vuole trovare famiglie britanniche che consentano almeno ai bambini di salvarsi, espatriando in Inghilterra. Il collaboratore di Winton a Praga Trevor Chadwick compila una lista di bambini pronti a partire. È l’inizio dei Kindertransport.I salvataggi si interrompono il 3 settembre 1939, quando il nono treno in partenza da Praga viene bloccato perché è scoppiata la guerra.
Non saranno gli unici a dirigere questa “missione impossibile”, saranno affiancati dall'economista britannica Doreen Warriner,la quale iniziò il suo lavoro a Praga come rappresentante del Comitato britannico per i rifugiati dalla Cecoslovacchia (BCRC). 
Tra i personaggi inventati dall'autore trovo bellissima la Bambina del Sale, un personaggio avvolto nel mistero, poiché compare all'improvviso tutte le sere, all'imbrunire, in un vicolo che vende ai passanti sacchetti in tela azzurra con dentro una manciata di sale, introvabile da tempo.
In conclusione,una narrazione incalzante sulla più grande operazione di salvataggio avvenuta nel secolo scorso. Riecheggia in queste pagine la stessa volontà che anima i volontari di oggi perché purtroppo quel “MAI PIÙ” che doveva essere il futuro è ancora il presente.
Consigliatissimo.Buona lettura!


Intervista e recensione a cura di C.L

© Photo by Yuma Martellanz


© Riproduzione riservata 

18 marzo 2023

INTERVISTA A SARA GAMBAZZA


Cari amici lettori,

L'ospite di questa nuova intervista è Sara Gambazza, nata a Parma e vive a Noceto, nella campagna parmense, con il marito, tre figli e quattro cani. Ci sono mani che odorano di buono è il suo primo romanzo edito Longanesi in commercio dal 10 gennaio 2023

D: CHI È SARA?

R: Una persona leggera, che porta con sé la bambina di piombo che è stata. E la culla, e non fa che dirle: “Hai visto? È facile adesso.”

D: RACCONTACI LA PRIMA EMOZIONE CHE HAI PROVATO QUANDO HAI VISTO PUBBLICATO IL TUO LIBRO?

R: Difficile definirla. La sensazione che ho provato è molto fisica, un prurito nella pancia impossibile da grattare, un solletico in punta di dita, il respiro che galleggia tanto in superficie da non espandere il petto. Un’emozione infantile, simile a quella che si avverte nello scartare il regalo di Natale, nel guardarlo, nel tenerlo tra le mani sentendolo tuo.

D: IN “CI SONO MANI CHE ODORANO DI BUONO”, LA PAROLA CHIAVE È LA SOLIDARIETÀ: «LA GENEROSITÀ È COME UNA COPERTA GRANDISSIMA: AGGIUNGI UN PEZZO E LEI SCALDA DI PIÙ» C’È FORSE UN MESSAGGIO IN SOTTOFONDO CHE DOBBIAMO ASSOLUTAMENTE PERCEPIRE DENTRO QUESTO LIBRO?

R: Credo fortemente nelle ‘mani tese’ e altrettanto nel saperle vedere e afferrare. Spesso bastano piccoli gesti per far scivolare le dita tra le dita, gesti che ognuno è in grado di compiere, riquadri di una coperta patchwork morbida e calda.
Il messaggio?
Un paio di mani in tasca non serve a nessuno, tendete le braccia senza pensarci troppo se ne avete l’occasione. E, se affondate nel fango fino alle ginocchia, siate pronti a stringere la presa.

D: QUANDO SCRIVI HAI GIÀ TUTTA LA STORIA IN MENTE O LA ELABORI STRADA FACENDO?

R: Conosco il punto di partenza e so con precisione dove voglio arrivare. Tutto ciò che mi porterà dalla scena iniziale all’ultima frase è piuttosto nebuloso. La nebbia si dirada scrivendo. Ascoltare i personaggi e vederli agire nella mia testa è quel che facevo da bambina: mi perdevo in storie immaginarie dettagliatissime, così vivide da confonderle coi ricordi. Ora rincorro l’immaginazione picchiettando sul tablet, ma il meccanismo è quello.

D: UNA SCENA DEL LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R: Maurizio, personaggio marginale, grossolano e gentile, che consola Genny, sottile come i vetri delle finestre antiche, sbriciolata e incollata un milione di volte. Maurizio abbraccia Genny e lascia che lei pianga carezzandole le spalle. Come farebbe un buon padre, immagino. Ho riempito quella scena di tutta la tenerezza di cui sono capace.

D: UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA?

R: Il primo libro letto da sola, Cipollino di Gianni Rodari. Lo conservo come una reliquia: le pagine hanno un profumo dolciastro, di carta che invecchia e pastelli, le immagini sono scolorite, ma potrei descriverle una per una con la minuziosità e l’amore che si riserva alle cose preziose. Leggere significa uscire dal casino del mondo ed entrare in una dimensione creata da altri, in cui i colori puoi deciderli tu. E puoi rimanere quanto vuoi, senza paura, sempre giusta. Questo sì, ha avuto grande influenza nella mia vita.

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Accudire figli (tre), cani (tre), asinelli (due). Lavorare. Leggere. Scrivere, sempre.


Ringrazio di cuore Sara per aver risposto alle mie domande.


              
                          



SINOSSI

Un pomeriggio d'inverno, freddo da spezzare le ossa, Bina si ritrova sola. Ha ottantatré anni e aspetta suo nipote al parco del Cinghio, un quartiere da cui è meglio tenersi alla larga ai margini di una cittadina perbene. Marta, che di anni ne ha venticinque, e che al Cinghio è cresciuta imparando che il mondo è storto e non lo si può aggiustare, la osserva dalla finestra: la vede farsi rigida su una panchina sfondata, il naso gocciolante, un berretto rosa calato sugli occhi spauriti. Decide di offrirle un tetto per la notte. Poi per la notte dopo e per quella dopo ancora. Marta finisce così per prendersi cura di Bina, e intorno a lei, a proteggere quaranta chili di ossa e grinze, si stringono gli abitanti dell'intera palazzina. Poche strade più in là, Fabio viene preso a pugni: ha sgarrato con la persona sbagliata ed è nei guai, grossi guai. Fabio è il nipote di Bina e, mentre Marta prepara il letto per la nonna, lui bussa alla porta di Genny, un'ex prostituta in grado di raccogliere i cocci altrui senza fare domande. Bina e Fabio vivono giorni sospesi, in un luogo duro e sconosciuto, nell'attesa che qualcosa accada. Qualcosa accadrà. E il destino rimescolerà il mazzo, distribuendo ai giocatori nuove carte. Quei giorni freddi si faranno via via più caldi dentro le palazzine di appartamenti rattoppati: tra coperte rimboccate, il rumore del caffè che sale nella moka, il profumo del sugo e una carezza sulla fronte, Marta, Bina, Fabio e Genny scopriranno che dietro ogni abbandono, nascosti sotto ogni solitudine, sopravvivono sempre la forza di amare e il bisogno di prendersi cura l'uno dell'altro.

COSA NE PENSO 

“Ci sono mani che odorano di buono” è un libro sulla rinascita di uomini e donne abbandonati a loro stessi e costretti a vivere in un quartiere degradato ai margini della società.
Tanti sono i protagonisti in questo romanzo.
A partire da Marta, una giovane donna,in cerca d'amore, dopo un infanzia travagliata e una adolescenza piena di dolore e solitudine. La sua vita cambierà grazie a Bina, una nonnina sola, che riuscirà a darle quell'affetto mancato. 
Benny ,l'amico d'infanzia di Marta, una presenza costante nella sua vita.
E poi, Ljuba, l'amica di tutti, una donna silenziosa dal cuore grande.
Fabio, il nipote scapestrato di Bina.Un personaggio contraddittorio,
autodistruttivo.
Genny, una donna dal passato turbolento, la quale riuscirà a ritrovare se stessa contando solo sulle proprie forze.
Maurizio e Anna, sono altri due personaggi altrettanto interessanti, seppur poco presenti all'interno della storia.
E per finire, Gianna, colei che affronta i propri demoni con inerzia, in un mondo tutto suo dove nessuno vi può entrare.
In conclusione, mi è piaciuta l’abilità di Sara Gambazza di creare personaggi e ambienti convincenti, è proprio questo l’aspetto interessante del libro. “Ci sono mani che odorano di buono”, è una storia toccante e incredibilmente capace di tramutarsi in memoria personale del lettore. Consigliatissimo! Buona lettura.


Intervista e recensione a cura di C.L


Ph by Basso Cannarasa


©Riproduzione riservata





26 dicembre 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: “LE AVVENTURE DI DORCAS DENE” DI GEORGE ROBERT SIMS

Nelle librerie dal 24 febbraio 2022 edito IlPalindromo


NOTE SULL'AUTORE 

George Robert Sims, nasce a Londra, il 2 settembre 1847.
È stato un giornalista, poeta, commediografo e romanziere inglese che scrisse anche sotto lo pseudonimo di Dagonet. Molti suoi lavori, da quelli teatrali alle opere poetiche, furono adattati per il cinema. Muore a Londra, il 22 settembre 1922.

SINOSSI 

Negli anni in cui Conan Doyle, il principe dei giallisti, confeziona i racconti e i romanzi che avrebbero dato fama imperitura a Sherlock Holmes, George Robert Sims dà forma e soprattutto cervello a un suo alter ego femminile: Dorcas Dene, detective protagonista di diverse avventure nella Londra di fine Ottocento che ora possono essere apprezzate anche dai lettori italiani. Tra le prime donne-detective della storia della letteratura, nelle sue indagini Dorcas Dene è accompagnata da un assistente, Mr. Saxon, anziano drammaturgo con cui l'investigatrice ha stretto amicizia anni prima durante la sua breve carriera d'attrice: è sua la voce narrante che svela le argute intuizioni e i sorprendenti travestimenti della giovane detective. Pubblicate in Inghilterra nel 1897, stesso anno della costituzione della "Società Nazionale per il suffragio femminile" e nel pieno della stagione d'oro del giallo, Le avventure di Dorcas Dene sono qui proposte per la prima volta ai lettori italiani nella traduzione di Viviana Carpifave. Apre il volume una nota critica di Salvatore Ferlita.


COSA NE PENSO

Questo libro è stato una vera novità, per una come me che ama perdersi in storie elaborate dove l'autore spinge continuamente il lettore a porsi delle domande, su chi sia il colpevole.
È la prima volta che mi imbatto su Dorcas Dene. Un incontro del tutto casuale se così lo si può definire.
“Il caso è il miglior detective che si conosca" dice Dorcas Dene al suo assistente Mr. Saxon. Dal mio punto di vista lei è la migliore detective che si conosca e lo è per caso, visto che sulla scena del delitto è arrivata dritta dal teatro (faceva l'attrice), in un periodo storico in cui le donne non avevano alcuna voce in capitolo in situazioni gestite da soli uomini.
Alter Ego femminile del maestro indiscusso del mistero di tutti i tempi Sherlock Holmes. 
In alcune parti del testo si evince lo stretto legame tra i due.
Da Mr. Saxon, che inevitabilmente rimanda al celebre Mr. Watson.
In conclusione, Dorcas Dene è una donna acuta,abilissima nei travestimenti, dall'animo nobile sempre pronta a smascherare i cattivi della situazione con grande destrezza e parsimonia. Mrs.Dene vi piacerà!
Consigliatissimo. Buona lettura!

Recensione a cura di C.L

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15 dicembre 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: IL CANTO DI MR. DICKENS DI SAMANTHA SILVA

       Nelle librerie dal 8 novembre 2022 edito Neri Pozza

NOTE SULL’ AUTRICE 

Samantha Silva è una scrittrice e sceneggiatrice che vive in Idaho. Si è laureata alla Johns Hopkins University’s School of Advanced International Studies, e ha studiato per un periodo nella sede di Bologna, in Italia. I suoi racconti e i suoi saggi sono apparsi su One Story e LitHub. Un cortometraggio, The Big Burn, che ha scritto e diretto, è stato presentato in anteprima al Sun Valley Film Festival nel 2018. Attualmente sta lavorando all’adattamento per il teatro del suo romanzo di debutto, Mr. Dickens and His Carol.

SINOSSI 

Gloriosa Devonshire Terrace, casa splendida, con il suo ampio giardino, i vasti scaloni, le grandi promesse di felicità e i suoi costi, altrettanto importanti! Cosí pensa Charles Dickens nell’inverno del 1843 mentre, seduto alla sua scrivania, compone l’ultima puntata di Martin Chuzzlewit. Manca solo un mese a Natale, ma Mr Dickens non è molto in animo di preparare festeggiamenti. Al piano di sotto sua moglie Catherine è in travaglio: un nuovo bambino sta arrivando, pronto ad abitare la lussuosa dimora di famiglia, ma che ben presto, ahimè, sarà solo l’ennesima bocca da sfamare. Tutti vogliono qualcosa da lui: soldi, regali, un autografo, qualche riga di dedica o, nel caso della sua famiglia, una festa di Natale piú grande di quanto si sia mai vista. E Martin Chuzzlewit non sta vendendo bene come tutti speravano. Nemmeno un quindicesimo di Oliver Twist, precisano i suoi editori. Che, per di piú, lo ricattano: se non consegnerà al piú presto un nuovo libro d’occasione, e sarà meglio che sia un libro adatto alle feste di Natale, dovrà restituire l’anticipo già versato. Cosí, gli incubi di una povertà che Dickens ha già ben conosciuto ricominciano a tormentarlo. Ma quello che doveva essere solo un breve libriccino si rivela impresa ben piú ardua, specie perché Dickens sembra afflitto da un caso particolarmente ostinato di blocco dello scrittore. In cerca di idee, vaga per le strade mutevoli di Londra, finché una notte non conosce la misteriosa Eleanor Lovejoy. Avvolta in una mantella viola, Eleanor gli appare come un fantasma gentile o forse una musa, capace di ricondurre da lui l’ispirazione persa. Al suo fianco Charles intraprenderà un viaggio alla scoperta di sé stesso e il libro che ne scaturirà, Canto di Natale, cambierà la storia della letteratura per sempre. 


COSA NE PENSO 

Questo libro ripercorre le tappe fondamentali nella vita dello scrittore britannico Charles Dickens, tra fatti realmente accaduti, e altri nati dalla fantasia dell'autrice. Dalla reclusione del padre John per debiti insieme all'intera famiglia tranne Charles nella prigione della Marshalsea. È in questa situazione che Charles ancora bambino lavorerà in una fabbrica di lucido da scarpe, la Warren's Blacking Warehouse. Charles subisce un grave trauma, sentendosi abbandonato e umiliato. L' autrice decide di affrontare l'argomento dell'abbandono di Charles bambino con pudore e delicatezza, una decisione la sua di grande coraggio soprattutto quando si decide di parlare della vita di un'autore di spessore come Dickens. Dopo una lunga serie di peripezie, incontri strani con personaggi fuori dalle righe come Maria Beadnell, suo grande amore in gioventù.Charles è sempre più frustrato e cupo come il vecchio Scrooge perseguitato dai suoi stessi fantasmi del passato. Ma ecco che giunge in suo soccorso la bella e misteriosa Eleanor Lovejoy (personaggio di fantasia) Un'angelo caduto dal cielo che salverà Charles da se stesso e dal resto del mondo.Trovo che Dickens sia stato un vero genio durante la sua esistenza e non soltanto per la sua carriera di scrittore. In queste pagine , troviamo un fatto assai bizzarro quanto vero e cioè, nel marzo del 1841, Dickens pubblica una lettera aperta sui maggiori quotidiani in cui si dichiara estraneo ai debiti contratti da chiunque utilizzi illecitamente il suo nome (riferendosi, in concreto, al padre). Nella realtà, Ia prima edizione del “Il Canto di Natale fu pubblicata il 19 dicembre 1843, andò esaurita il giorno di Natale. D' ispirazione alla “Christmas Carol” vi fu la visita di Charles all'orfanotrofio Field Lane Ragged School, una delle diverse istituzioni esistenti allora per i bambini di strada di Londra. In conclusione, Il canto di Mr. Dickens,è un libro dal sapore tipicamente Inglese dove non è difficile riconosce l'essenza Dickensiana. Consigliatissimo e non solo come lettura Natalizia. 
Buona lettura! 


Recensione a cura di C.L 

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CHIARA PARENTI: INTERVISTA ALLA SCRITTRICE “PER SFIORARE LE NUVOLE ”



Cari lettori,

L'ospite di questa nuova intervista è Chiara Parenti.
Nata nel 1980 a Lucca dove vive con il marito, il figlio, un cane, un gatto e due galline. Laureata in filosofia, è giornalista pubblicista e lavora nell’ambito della comunicazione. Ama disegnare, leggere e viaggiare. Adora anche parlare di sport. La sua frase preferita è: «Il mese prossimo mi iscrivo in palestra». Con Garzanti ha pubblicato anche “La voce nascosta delle pietre (2017)” e “Per sfiorare le nuvole (2022)”. Clicca qui per visualizzare il suo sito.

D: COSA SIGNIFICA PER TE SCRIVERE?

R: Per me scrivere è una terapia. Intraprendere un viaggio nelle profondità di me e riversare sulla carta le scoperte che faccio è un processo catartico che mi fa stare bene. Con la storia di Sole poi, questo processo è stato particolarmente importante, visto che Sole Santoro, sono io.
In “Per sfiorare le nuvole”, ho sentito l’urgenza di tornare da questa ragazza, insicura ma forte, fragile eppure intrepida, e incominciare insieme a lei un nuovo viaggio, stavolta persino più difficile del primo, perché lanciarsi da un aereo è spaventoso, è vero, ma addentrarsi dentro le profondità di noi stessi, lo è molto, molto di più. Scriverne è stato terapeutico anche in questo secondo capitolo, mi è servito a capire dove affonda le sue radici questa mia grande paura, a riconoscerla e a imparare ad affrontarla.

D: “PER SFIORARE LE NUVOLE” È IL SEGUITO DEL ROMANZO “PER LANCIARSI DALLE STELLE”. QUANTO È CAMBIATA SOLE LA PROTAGONISTA IN QUESTO NUOVO ROMANZO?

R: Sole è cresciuta e cambiata e con lei sono cambiate anche le sue paure.
In “Per lanciarsi dalle stelle” doveva superare un lutto: la perdita della sua migliore amica è stato l’evento scatenante per mettersi finalmente in gioco e affrontare le sue paure. Ma quelle erano paure, diciamo forse un po’ più fisiche, per lo più prove di coraggio, come lanciarsi col paracadute, tenere in mano una tarantola, o una corsa sulle montagne russe. 
Adesso invece si tratta di una paura diversa, profonda, adulta, ma connaturata in lei praticamente da tutta la vita. Quella di dire appunto no, di deludere le aspettative altrui e sopravvivere al senso di colpa che ne scaturisce. E, andando ancora più in profondità, di sopportare la frustrazione che proviene dal negare l’immagine che Sole ha di sé, ovvero quella di una persona sempre perfetta, disponibile, amabile che si è creata da quando era bambina, anche grazie all’educazione ricevuta.
Per lei si rivelerà un’impresa titanica, persino più difficile di tutte le prove che aveva superato in quella estate magica di tre anni prima. Per fortuna però non è da sola. Come in ogni viaggio dell’eroe che si rispetti anche in questa nuova sfida, Sole ha dei validi compagni di avventura. Questa eccentrica e stravagante scultrice, Gertrude, poi Samanta, che già l’aveva accompagnata l’altra volta, e anche Massimo, che riappare nella sua vita, proprio quando pensava che ne fosse uscito per sempre.
Ognuno di loro, in modo e in misura diversa, la aiuta in questa presa di coscienza, ovvero a capire prima di tutto da dove nasce questa paura, e quindi ad accettare che è suo diritto dire di no.

D: “PER LANCIARSI DALLE STELLE” È DIVENTATO UN LUNGOMETRAGGIO PER NETFLIX.. SARÀ LO STESSO ANCHE “PER SFIORARSI LE NUVOLE”?

R: Non lo so, ma… Magari! ☺

D: COME MAI “PER SFIORARSI LE NUVOLE”, HAI SCELTO LA CITAZIONE DI PAULO COELHO «QUANDO DICI “SÌ” A QUALCUNO ASSICURATI DI NON STAR DICENDO “NO” A TE STESSO»?

R: Perché ritengo che riassuma perfettamente il concept del romanzo: Sole dice sì a tutti quelli che la circondano, ma ad ogni sì detto indiscriminatamente agli altri, corrisponde un no a se stessa e ai suoi sogni. 
Le sue giornate sono infatti piene di cose da fare: aiutare con la galleria d’arte il fidanzato Samuele che, al contrario di lei, sta avviando una luminosa carriera; deve scarrozzare ovunque l’amica Samanta; rispondere alle richieste assurde del suo caporedattore. E il desiderio di diventare un’insegnante sembra tornato nel cassetto, infatti non riesce mai a studiare né tantomeno ad andare all’università a seguire le lezioni.
Quello che le darà uno scossone stavolta, sarà l’incontro con un’eccentrica e affermata scultrice, Gertrude, che le offre un lavoro come sua assistente. E lei, neanche a dirlo, accetta, anche se ovviamente non lo vuole. 
In questo vortice di cose da fare per gli altri, Sole perde di vista se stessa e i suoi obiettivi. 
Quando arriva al punto di rottura – anche perché stare dietro alle stranezze di questa artista è veramente impossibile ─ decide di fare una nuova lista di cose da fare, anzi da smettere di fare, un elenco dei NO che deve imparare a dire agli altri, per iniziare finalmente a dire sì a se stessa e realizzare i suoi sogni.

D: QUANDO SCRIVI UN LIBRO HAI GIÀ TUTTA LA STORIA IN MENTE O LA ELABORI STRADA FACENDO?

R: Prima di scrivere, ho bisogno di avere uno schema preciso in mente, non inizio la stesura finché non ho tutto ben chiaro. Poi però matematicamente i personaggi a un certo punto iniziano a fare di testa propria e mi costringono ad aggiustare la rotta, e a volte persino a cambiarla in modo pesante.

D: ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA?

R: Sono diversi, in realtà, ma se devo dirne uno, scelgo “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach, un libro breve ma che sulla giovane me ha avuto un grande potere, forse per il momento particolare in cui l’ho letto. Pagina dopo pagina, il gabbiano Jonathan, diverso da tutti gli altri membri del suo stormo (che è come mi sono sempre sentita io), insegna a non aver paura di distinguersi, a spiccare il volo. È solo una favola, ma a me ha fatto bene al cuore.

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sto lavorando a una nuova storia, un nuovo viaggio per me con un’altra protagonista che, come Sole, dovrà fare i conti con le sue più grandi fragilità per compiere una rinascita e portare la sua vita nella direzione giusta. 

Ringrazio di cuore Chiara Parenti per aver risposto alle mie domande.


Nelle librerie e sugli store online dal 18 ottobre 2022 edito Garzanti


SINOSSI

Ci sono giorni in cui non si ha tempo nemmeno per notare le nuvole in cielo. E quando giorni come questi diventano la normalità, ci si dimentica persino dei sogni. È quello che sta succedendo a Sole che, da quando si è trasferita a Roma, stila una lista infinita di cose da fare: aiutare il fidanzato Samuele con la galleria d'arte; scarrozzare ovunque l'amica Samanta; rispondere alle richieste assurde del suo caporedattore. E il desiderio di diventare un'insegnante sembra tornato nel cassetto. Sole non riesce a imporsi nemmeno quando un'eccentrica e affermata scultrice, Gertrude, la obbliga a diventare sua assistente. Costretta a seguire le assurde regole dell'artista, si sente ancor più alla deriva. Come se non bastasse, Massimo - il ragazzo di cui era innamorata da ragazzina - inizia a lavorare con lei. Eppure quest'esperienza che sta testando i suoi limiti è proprio quello che le serve per cominciare a dire «no». Forse è arrivato il momento di compilare un nuovo tipo di lista, un elenco di cose da non fare. Perché a volte è necessario concentrarsi su di sé, anche se si ha paura di deludere le persone che ci sono vicine. Solo così possiamo trovare il tempo per respirare a fondo, ascoltare la nostra voce interiore e alzare gli occhi al cielo per sfiorare le nuvole. Ogni romanzo di Chiara Parenti, a partire dal suo esordio di successo, "La voce nascosta delle pietre", è capace di toccare il cuore dei lettori. Con il suo nuovo libro, ci regala il seguito della storia di Sole, protagonista dell'amatissimo "Per lanciarsi dalle stelle", ora diventato un lungometraggio Netflix. Perché il coraggio non si misura solo collezionando avventure e uscendo dalla propria zona di comfort. Il vero atto di coraggio è prendere in mano la propria vita e dire no a ciò che ci rende infelici. Senza paura del giudizio altrui.

Frase dal libro:

Devi imparare a procedere “per forza di levare” nella tua vita! […] Impara da Michelangelo […]
La scultura si trova già dentro la pietra, perciò scolpire non è altro che eliminare tutto ciò che è superfluo e impedisce alla statua di venire fuori. Per la vita è lo stesso. Bisogna imparare a dire di no. No a chi ruba tempo, energia, attenzione, senza portare niente in cambio. No ai vampiri, ai parassiti, a tutto ciò che è falso. L’eccesso va tolto perché emerga l’essenziale.”

Intervista a cura di C.L

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05 dicembre 2022

INTERVISTA A ELENA PREMOLI



Carissimi e carissime,

L'ospite di oggi è Elena Premoli.
Classe 1986, si è laureata in Scienze Linguistiche per le Relazioni Internazionali con un'attenzione particolare allo studio del cinese mandarino.Ha vissuto a Milano, Pechino e Shanghai, e si è infine stabilita sul Lago di Como. Si è classificata ai primi posti in diversi concorsi di narrativa, tra cui il Premio Chiara Giovani. È mamma di due bambine, e dalla maternità è nata l'ispirazione per il suo romanzo d'esordio: “Per tutti i giorni della tua vita”.

D: CHI È ELENA?

R: Elena è una donna e mamma fortunata che ha realizzato il sogno di pubblicare un romanzo insieme a una Casa Editrice di primo livello! Sicuramente sono una persona molto caparbia e costante: la perseveranza mi ha aiutata a raggiungere questo traguardo, dopo tanti anni di esercizio alla tastiera, invii e tentativi.

D: RACCONTACI LA PRIMA EMOZIONE CHE HAI PROVATO QUANDO HAI VISTO PUBBLICATO IL TUO LIBRO?

R: C’è un video sulla mia pagina Instagram e TikTok che testimonia la mia gioia nello scartare la prima copia del romanzo! Scorrere con le dita le pagine fresche di stampa e pensare che tutti quei contenuti sono frutto del tuo lavoro di ricerca, scrittura, riscrittura è una gratificazione davvero immensa, che prende anima e corpo.

D: AL CENTRO DI “PER TUTTI I GIORNI DELLA TUA VITA”, LA VICENDA, DI DUE GIOVANISSIMI GENITORI, EMILY E WILL, E IL LORO PICCOLO MATT. LA TRAMA È LIBERAMENTE ISPIRATA ALLA STORIA DEL PICCOLO ALFIE EVANS. QUALE È STATA LA DIFFICOLTÀ MAGGIORE DURANTE LA STESURA DEL TUO ROMANZO?

R: Credo che la difficoltà maggiore sia stata quella di mettere a tacere le mie emozioni e di provare a dar voce a entrambe le versioni della storia, dovendo, capitolo dopo capitolo, entrare prima dentro “la voce della scienza” e poi dentro “la voce dei sentimenti”. Il romanzo, infatti, è narrato da due protagoniste: Emily, la mamma del piccolo Matt (che riprende il personaggio reale di Alfie Evans) e Nadia, la dottoressa a capo dell’équipe medica che ha in cura il piccolo. Questa alternanza mi ha fatta soffrire spesso, durante la stesura. Dovevo uscire da una voce ed entrare nell’altra cercando di essere sempre nel personaggio. Ma è stata una sfida che mi ha portato anche grande soddisfazione come scrittrice.

D: UNA SCENA DEL LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R: Adoro l’immagine della mela che marcisce sul tavolo, mentre il personaggio di Nadia soffre sul divano. È un’immagine staccata da quello che sta vivendo la protagonista, ma così forte, perché racchiude tutto il degrado, l’abbandono e la bassezza di un momento.

D: QUAL È IL MESSAGGIO CHE VORRESTI TRASMETTERE AI LETTORI CHE HANNO LETTO O LEGGERANNO IL TUO LIBRO?

R: Che ogni storia merita di essere guardata a tutto tondo. Che spesso i media ci restituiscono solo una parte delle vicende, e di solito quella più emotiva, perché ci fa indignare e ci coinvolge. Ma la realtà vera ha mille sfumature. Certe storie meritano di trovare uno spazio più ampio rispetto a quello della cronaca che si esaurisce in poche settimane. Altro messaggio: se crediamo davvero in qualcosa non ci sono scuse per non credere nell’obiettivo.

D: A QUALE SCRITTORE TI SENTI PIÙ VICINA PER GENERE O SCRITTURA?

R: Amo la narrativa, stando dentro questo insieme non ho limiti nella scelta delle storie. Negli ultimi anni ho prediletto, da lettrice, autori italiani contemporanei, per confrontarmi su quello che il panorama ha da offrire. Ammiro scrittori come Giorgio Fontana per la profondità di pensiero e il grande bagaglio culturale, scrittori come Marco Balzano per la capacità di colpire a fondo, e Nadia Terranova per una qualità e ricercatezza nella scrittura che sa riportarci mondi interi. “Per tutti i giorni della tua vita” deve però tantissimo a Margaret Mazzantini, in particolare al suo “Non ti muovere”. Cercavo quella forza delle immagini che Margaret ha, quasi violenta, sconvolgente. 

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sì, sto già scrivendo un nuovo romanzo che ha come protagonista una donna speciale, ma non posso dire nulla di più!

Ringrazio di cuore Elena Premoli per aver risposto alle mie domande.



SINOSSI

Emily ha vent'anni e non si aspettava di diventare madre così presto. Con Will, conosciuto per caso in un pub, ha un rapporto tiepido, troppo timidi entrambi, forse, troppo poco innamorati. Ma la notizia della gravidanza, per quanto giovanissimi, li unisce in un progetto grande e nuovo, e decidono di provare a essere una famiglia. Quando il loro bambino, Matt, ha quattro mesi, però, qualcosa cambia inesorabilmente. Un ritardo cognitivo, dicono, un disturbo della crescita, un problema cerebrale. Sono parole che lentamente iniziano a farsi spazio nella vita della giovane coppia. Due bambini disperati accanto a un bambino di pochi mesi. È qui che la loro storia si intreccia a quella di Nadia, pediatra di successo, donna bella, carismatica, decisa, il senso di onnipotenza di chi ha sempre avuto tutte le risposte, come in questo caso, di fronte a Matt. Comincia una battaglia prima tra le mura della camera d'ospedale poi sui social network, sulle pagine dei giornali e, infine, in tribunale. È lo scontro tra l'occhio della scienza e quello dell'amore, tra due donne che sembrano così distanti, avvicinate solo dalla tenacia irriducibile di uno scricciolo di pochi chili che cambierà per sempre le loro esistenze.
Questo romanzo, liberamente ispirato alla storia vera di Alfie Evans, è un inno alla vita, un racconto profondo e indimenticabile sulla paura e sul coraggio che hanno forme inaspettate. Un romanzo struggente e delicatissimo che cambia il nostro modo di vedere le cose.

Nelle librerie e sugli store online dal 6 settembre 2022 Piemme editore

Intervista a cura di C.L

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