21 giugno 2020

INTERVISTA A CHRISTIAN PAGLIA AUTORE DI “FELICI BASTA ESSERLO”

 


Monica ha 13 anni e una bella famiglia: papà Christian, mamma Barbara e una sorella maggiore, Vanessa. Le piace correre, fare capriole nell’acqua, andare a scuola, viaggiare e stare con i suoi amici. Ma un giorno la vita si capovolge: a Monica viene diagnosticato un tumore osseo maligno. È una malattia rara e la strada da fare è lunga: operazioni, chemioterapie, esami, tante rinunce. Tra dolore, speranze e desideri Monica non perde mai il suo sorriso: è lei che infonde ottimismo nei suoi cari e li incoraggia a guardare «fino all’infinito e oltre». Ma questa non è soltanto la storia di Monica, è la storia di tutta la sua famiglia qui raccontata dal papà , «Felici basta esserlo» è infatti il titolo del libro in cui Christian Paglia, partendo dai primi anni di vita di Monica, quando la famiglia si trovava negli Stati Uniti per motivi di lavoro, racconta la spensierata gioventù, e poi il dramma della malattia.
La storia di relazioni fatte di amore e solidarietà, che nel momento più doloroso si rafforzano e fanno scudo per proteggere chi è più fragile. come recita la quarta di copertina, «Monica ci insegna a guardare le cose in un modo nuovo e lo fa attraverso le parole di chi l’ha amata moltissimo. Ci insegna l’amore per le piccole cose, la solidarietà incondizionata, la bellezza di saper guardare oltre le difficoltà, perché, in fondo, felici basta esserlo».
Al legame con i genitori e la sorella, si aggiunge quello con Sabrina (LaSabri di YouTube, tanto amata dai giovanissimi e che qui firma la nota a chiusura del libro), che diventa l’amica del cuore di Monica. Anche lei, con generosità e affetto, le resta accanto fino all’inevitabile epilogo, che giunge tre anni dopo la scoperta della malattia.


D: QUAL’E LA COSA CHE RENDEVA PIU’ FELICE MONICA? CI PARLI DI LEI?

R: Monica aveva una carattere determinato. Non nel senso del far prevalere le proprie idee o di imporsi, ma sopratutto rispetto a quanto desiderava perseguire e raggiungere. Non si paragonava con gli altri, ma li osservava per informazione e proseguiva lungo il proprio cammino. Diceva che ognuno è speciale a modo suo. Le piaceva aiutare le persone in difficoltà. Si preoccupava degli altri, di noi, anche quando lei stava per morire. Amava gli animali e le attività manuali. Queste le permettevano di esprimere al meglio la propria infinità dolcezza e creatività.

D: C’ERA UNA POESIA O LIBRO, UNA FRASE CHE AMASSE IN PARTICOLARE?

R: Le piacevano diversi libri. Una volta aveva segnato nel suo cellulare una frase ripresa da qualcuno: le persone normali lasciano un segno, quelle speciali lasciano un sogno. Guardava spesso i volumi dei Guinness World Records.

D: COSA HA PROVATO QUANDO HA VISTO PUBBLICATO IL SUO LIBRO «FELICI BASTA ESSERLO»?

R: Un lieve alleggerimento dell’animo, poichè ero consapevole di poter raccontare agli esseri umani, al mondo, il grande valore di Monica. Lei avrebbe potuto aiutare gli altri ben oltre quest’opera, raccontando le sfide e le sofferenze che ha dovuto fronteggiare e la forza che ci ha voluto e dovuto mettere.

D: COSA BASTA PER ESERE DAVVERO FELICI SECONDO SUA FIGLIA MONICA?

R: Monica aveva la capacità di adattare la propria linea della felicità in base a quanto le era possibile fare. Questa è la felicità.

D: QUAL’ERA IL SOGNO NEL CASSETTO DI SUA FIGLIA?

R: Il sogno principale era semplicemente quello di vivere, in salute. Poi, la famiglia, avere dei figli e occuparsi degli animali, probabilmente come aiuto veterinaria.

 

Intervista a cura di C.L

 

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14 giugno 2020

LO SCRITTORE DIEGO GALDINO CI PARLA DEL SUO NUOVO ROMANZO : “ UNA STORIA STRAORDINARIA.”




Diego Galdino, scrittore e barista romano. Scrive romanzi d’amore tradotti con successo in molti Paesi europei, Germania, Austria, Svizzera, Polonia, Bulgaria, Serbia, Spagna e Sudamerica. Definito «il Nicholas Sparks italiano.»Il primo caffè del mattino (2013), primo romanzo pubblicato con la casa editrice del Gruppo Mondadori, è stato definito un caso letterario. Da questo romanzo è scaturito Il viaggio delle fontanelle, un itinerario alla scoperta di Roma e delle sue fontanelle al di là delle classiche mete turistiche della città.Nel 2014 pubblica Mi arrivi come da un sogno a cui segue, l’anno successivo, Vorrei che l’amore avesse i tuoi occhi. Del 2017, invece, è Ti vedo per la prima volta in cui si affronta il tema della narcolessia. Nel 2018 esce L’ultimo caffè della sera sequel de Il primo caffè del mattino.Dopo aver auto pubblicato Bosco bianco nel 2019, nel 2020 entra nella scuderia di Fanucci Editore pubblicando Una storia straordinaria con il marchio Leggedereditore.

 Ringrazio per aver reso possibile questa intervista Simona Mirabello, addetta Ufficio Stampa di Diego.


D: QUAL È STATA L’ILLUMINAZIONE CHE TI HA PORTATO A SCRIVERE UNA STORIA STRAORDINARIA?

R: Questa storia è nata tanti anni fa, una domenica mattina, mentre ero a passeggio con le mie figlie sull’Aventino, più precisamente all’interno del Giardino degli aranci. Seduto su una panchina osservavo le mie figlie farsi dei selfie tenendo alle loro spalle il bellissimo panorama che si gode da quel posto affacciato sull’intera e meravigliosa città di Roma. Ad un tratto mi sono chiesto cosa avrei fatto se mi fosse stata tolta improvvisamente la possibilità di guardare le persone che amavo, la mia città, i film di cui sono un grande appassionato. Quando ho riaperto gli occhi ho iniziato a scrivere nella mia mente una storia straordinaria, dove i due protagonisti hanno i nomi di una delle canzoni d’amore a cui sono affezionato…La Silvia lo sai di Luca Carboni.

D: QUALI SONO STATE LE TUE EMOZIONI O SENSAZIONI DURANTE LA SUA STESURA?

R: Scrivendo questa storia ho pianto, ho riso, mi sono emozionato, mi sono innamorato, come se io fossi il protagonista e i protagonisti fossero gli autori della mia storia.

D: SE TU DOVESSI SCEGLIERE UNO O PIÙ COLORI PER DESCRIVERE QUESTO ROMANZO, QUALI COLORI SAREBBERO E PERCHÉ?

R: Sarebbe facile dire rosa, o il rosso della passione, o il nero del buio con cui Luca è costretto a convivere, o il nero della notte in cui Silvia viene aggredita. In realtà questo romanzo è un arcobaleno a cui aggrapparsi per far tornare colorato tutto ciò che era diventato grigio.

D: QUESTO TUO ROMANZO RACCOGLIE MOLTE CITAZIONI CELEBRI TRATTE DAI PIÙ GRANDI ATTORI CHE HANNO SEGNATO LA STORIA DEL CINEMA. QUAL È LA TUA CITAZIONE PREFERITA IN ASSOLUTO?

R: Quella di Joaquin Phoenix…”Il cinema è come l’amore: ti accade e basta.

D: COME MAI HAI DECISO DI TRATTARE UN TEMA TANTO DELICATO COME LA DISABILITÀ?

R: Perdere improvvisamente la vista credo sia davvero una cosa tremenda, forse perché ho sempre considerato la vista il senso più importante. Non poter più guardare le persone che ami, la tua città, i film… Ma so che comunque bisognerebbe farsi coraggio e tirare fuori tutta la forza che si ha dentro per reagire cercando di vivere malgrado tutto al massimo delle proprie possibilità… Ho scritto questa storia pensando a cosa cercherei di fare io se mi capitasse la stessa cosa di Luca, ma so che tra il dire e il fare ci scorre in mezzo un oceano di stati d’animo diversi…

D: QUANDO NASCE LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R: Ho iniziato a scrivere molto tardi, ma poi non ho più smesso. Per me la prima storia che ho scritto resta indimenticabile perché è nata in un modo particolare e per merito di una ragazza a cui sono stato molto legato…Un bel giorno mi mise in mano un libro e mi disse: «Tieni, questo è il mio romanzo preferito, lo so, forse è un genere che piace più alle donne, ma sono certa che lo apprezzerai, conoscendo il tuo animo sensibile». Il titolo del romanzo era Ritorno a casa di Rosamunde Pilcher, e la ragazza aveva pienamente ragione: quel libro mi conquistò a tal punto che nelle settimane a seguire lessi l’opera omnia dell’autrice. Il mio preferito era I cercatori di conchiglie. Scoprii che il sogno più grande di questa ragazza di cui ero perdutamente innamorato era quello di vedere di persona i posti meravigliosi in cui la Pilcher ambientava le sue storie, ma questo non era possibile perché un grave problema fisico le impediva gli spostamenti lunghi. Così, senza pensarci due volte, le proposi: «Andrò io per te, e i miei occhi saranno i tuoi. Farò un sacco di foto e poi te le farò vedere». Qualche giorno più tardi partii alla volta di Londra, con la benedizione della famiglia e la promessa di una camicia di forza al mio ritorno. Fu il viaggio più folle della mia vita e ancora oggi, quando ci ripenso, stento a credere di averlo fatto davvero. Due ore di aereo, sei ore di treno attraverso la Cornovaglia, un’ora di corriera per raggiungere Penzance, una delle ultime cittadine d’Inghilterra, e le mitiche scogliere di Land’s End. Decine di foto al mare, al cielo, alle verdi scogliere, al muschio sulle rocce, al vento, al tramonto, per poi all’alba del giorno dopo riprendere il treno e fare il viaggio a ritroso insieme ai pendolari di tutti i santi d’Inghilterra che andavano a lavorare a Londra. Un giorno soltanto, ma uno di quei giorni che ti cambiano la vita. Tornato a Roma, lasciai come promesso i miei occhi, i miei ricordi, le mie emozioni a quella ragazza e forse le avrei lasciato anche il mio cuore, se lei non si fosse trasferita con la famiglia in un’altra città a causa dei suoi problemi di salute. Non c’incontrammo mai più, ma era lei che mi aveva ispirato quel viaggio e in fin dei conti tutto ciò che letterariamente mi è successo in seguito si può ricondurre alla scintilla che lei aveva acceso in me, la voglia di scrivere una storia d’amore che a differenza della nostra finisse bene e poi non ho più smesso fino ad arrivare a Il primo caffè del mattino…

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: I miei progetti futuri sono tornare a girare l’Italia per parlare faccia a faccia con i lettori del mio ultimo romanzo, aspettare l’uscita di Mi arrivi come da un sogno in Bulgaria e leggere la sceneggiatura definitiva del film tratto da Il primo caffè del mattino. Per quanto riguarda la scrittura in questi mesi ho ripreso una mia vecchissima storia riscrivendola quasi completamente, con la speranza che possa diventare il mio prossimo romanzo. Una storia diversa da quelle scritte finora, si parla di stregoneria, una favola in cui per la prima volta il principe azzurro non s’innamorerà della principessa. Una storia in cui dimostrerò che nessuno può fare nulla contro l’amore, forse nemmeno Dio. Al momento il titolo provvisorio è Incanto.

COSA NE PENSO DI UNA STORIA STRAORDINARIA.

Una storia straordinaria è una lettura garbata che coinvolge in maniera sensibile il lettore, perché ci racconta l’amore con la A maiuscola di due giovani innamorati. Una storia che ci insegna ad ascoltare e ad ascoltarci, e non soltanto quando la vita ci pone davanti ad eventi irrimediabili come la disabilità.La storia d’amore tra i due protagonisti Luca e Silvia, è fatta di sensi, profumi, passioni reciproche, citazioni celebri, un amore di altri tempi direi, poiché la loro purezza è in grado di riscaldare i nostri cuori man mano che ci addentriamo nelle loro vite, fatti narrati in maniera sensibile, autentica, dove ognuno di noi può facilmente riconoscersi.Infondo come ci hanno da sempre insegnato i grandi capolavori della letteratura La domanda è, L’amore tutto può? Forse la risposta sta tra le pagine di questo romanzo.C’è inoltre una frase molto significativa che ha colpito la mia attenzione e che voglio condividere con voi:«Perché non era nel mio orecchio che hai sussurrato, ma nel mio cuore. Non era sulle mie labbra che hai baciato, ma nella mia anima.» Judy Garland.Una storia delicata e commovente che vi consiglio di leggere.  Buona lettura!

 

Intervista a cura di C.L

 

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07 giugno 2020

«CHIACCHIERATA CON LUCA TRAPANESE: UN PAPÀ SPECIALE.»

 


Cari lettori,

È stato un piacere, ospitare nel mio blog Luca Trapanese, il papà della piccola Alba.  Un uomo che da sempre ha a cuore la tematica della disabilità.


D. NEL 2007 HA FONDATO L’ASSOCIAZIONE A RUOTA LIBERA ONLUS, NEGLI ANNI SUCCESSIVI AVETE REALIZZATO IL PROGETTO “LA CASA DI MATTEO”. CI PARLI DELLA SUA ASSOCIAZIONE E DI QUESTO PROGETTO?

R. A Ruota Libera nasce con l’dea di creare delle attività per persone disabili in età post-scolare, l’associazione e rivolta a tutte le fasce d’età. Nasce in relazione a un forte bisogno dovuta l’assenza delle istituzioni e l’assenza di una vera e propria progettualità sulla persona disabile. In tredici anni di attività A Ruota Libera si è specializzata non solo ad accompagnare le famiglie delle persone disabili, ma anche ad accompagnare le stesse persone affette da disabilità verso una vera e propria autonomia per cercare di creare non solo attività ludiche ma anche un inserimento lavorativo. Infatti i ragazzi lavorano in un bar, abbiamo anche una fattoria dove produciamo il miele e presto apriremo un albergo e un ristorante, abbiamo inoltre una serie di case dove i ragazzi disabili vivono in forma di Housing. Abbiamo tantissime attività e altrettante numerose sedi e due progetti importanti; Il primo si tratta di un borgo sociale, il parco regionale di Rocca Monfina nel comune di Marzano Appio. Il secondo progetto anch’esso importante è la Casa di Matteo, è la prima comunità in tutto il sud Italia dove vengono accolti i bambini con grave disabilità anche in stato terminale alcuni di loro sono stati abbandonati in ospedale dopo la nascita o tolti alle famiglie di origine perché non sono all’altezza di portare avanti un peso così grande come la gestione di una persona disabile.

D. QUAL’ È STATO IL SUO PRIMO PENSIERO, QUANDO HA INCONTRATO PER LA PRIMA VOLTA ALBA?

R. Ho incontrato Alba per la prima volta subito dove aver ritirato in Tribunale il decreto di affido. Il nostro primo incontro avvenne in ospedale. La prima volta che la vidi e la presi tra le mie braccia capì subito che ci appartenevamo l’un l’altro. Ero felicissimo come credo che avvenga a tutti quando si diventa genitori soprattutto dopo aver desiderato un figlio così a lungo. Allo stesso tempo mi resi conto che la mia scelta era una scelta definitiva e dalla quale dipendeva la felicità di una creatura. Alba per me è stata subito mia figlia sin dal primo giorno.

D. COM’È STATO IL SUO PERCORSO DI ADOZIONE?

R. Il mio percorso di adozione è stato molto lineare e non faticoso. Perché avevo innanzitutto chiesto in affido un bambino disabile che non riusciva ad essere collocato nelle coppie tradizionali e quando io ho fatto richiesta Alba non era ancora nata. Successivamente venni contattato per Alba. La bambina mi è stata data prima in affido poi in affido pre-adottivo e poi grazie all’articolo 44 sulla legge delle adozioni ho potuto richiedere l’adozione speciale lettera C, perché Alba in quanto neonata però con la sindrome di Down non riusciva ad essere collocata nelle coppie tradizionali che avevano l’idoneità all’adozione e perché ricordiamo che Alba è stata lasciata in ospedale dalla madre al momento della nascita dunque era adottabile per questo ho potuto fare richiesta per prenderla in affido. Invece l’adozione definitiva è arrivata esattamente un anno dopo.

D. COME SONO STATI I PRIMI GIORNI INSIEME AD ALBA?

R. Appena uscita dall’ospedale l’ho subito portata nella nostra casa di campagna, desideravo fortemente avere un rapporto privilegiato con lei e vivermi appieno questa paternità. I primi giorni siamo stati proprio da soli avevo bisogno di conoscerla, di far pratica con un neonato. Tutt’oggi abitiamo in questa casa dove abbiamo vissuto i tre mesi di reclusione per il recente Lockdown. Sono stato fortunato perché Alba è una bambina buonissima, non abbiamo passato notti intere senza riposare né tantomeno ci sono stati lunghi pianti inconsolabili da questo punto di vista è stata una vera passeggiata. Adesso sicuramente è un po’ più pesante perché Alba è più esuberante.

D.COME È NATO IL PROGETTO EDITORIALE (INSIEME A LUCA MERCADANTE) CHE HA CONSENTITO LA REALIZZAZIONE DI “NATA PER TE”?

R. All’inizio quando siamo finiti su tutti i giornali si parlava di tante cose per giunta tutte sbagliate. La mia adozione venne definita come un gesto di carità di un uomo che ha salvato una bambina, si parlava di una madre senza cuore per aver abbandonato una disabile, e delle coppie che non volevano adottarla. Non ero assolutamente d’accordo con tutto quello che veniva detto. Quando ho fatto la richiesta d’ affido di un bambino disabile non ho fatto un gesto di carità, la mia scelta nasce da una forte e maturata esperienza di vita dove per me la disabilità non è una sconfitta ma è un modo di essere, ero pienamente consapevole della mia decisione, non ero nemmeno spaventato ero preparato. Questa è un’enorme differenza rispetto a chi si trova davanti a questa scelta e non è una scelta ma un obbligo. Non ero nemmeno d’accordo di colpevolizzare la mamma di Alba, perché io credo che la madre di Alba abbia fatto un gesto di grande coraggio e di dignità ed è un gesto regolamentato da una legge (Una donna può andare in ospedale per partorire e decidere di lasciare il bambino in ospedale) quindi cento volte la madre di Alba che piuttosto quei bambini che vengono buttati nella spazzatura senza nemmeno che si sappia della loro esistenza ma lo sappiamo solo se li troviamo. Tra le tante attività sociali gestisco anche una casa famiglia per ragazze madri e se penso che la mamma di Alba poteva essere una di quelle ragazze che noi accogliamo, molto spesso sono donne vittime di violenze di soprusi di abusi dove loro per prime non hanno avuto una famiglia e quindi è probabile che la madre di Alba non era in grado di essere madre e non ultimo io mi sentivo in grado di difendere e di parlare delle coppie che non hanno voluto Alba perché credo che bisogna lasciare la libertà a tutti di fare le proprie scelte. Personalmente credo che una coppia che si avvicina all’adozione comunque è una coppia ferita perché non può avere un proprio figlio è spaventata comunque dalla disabilità. Oggi quando nasce un figlio disabile i genitori si sentono abbandonati poiché nessuno pensa concretamente alla vita di questo bambino che un giorno diventerà un adulto disabile per questo bisogna creare dei percorsi educativi alla disabilità non trovare i colpevoli. Da qui nasce l’idea con Luca Mercadante di parlare di paternità di scelte, siamo due papà completamente diversi. Io sono cattolico credente a favore di un figlio disabile, gay, ho una famiglia molto allargata. Luca Mercadante è ateo a favore dell’aborto ha un problema con la piccola disabilità del figlio che è celiaco è per lui è un grande problema ha una famiglia molto ristretta, ha una compagna. Siamo due mondi completamente diversi. Ma dal libro non nasce uno scontro ma un incontro di due paternità dove dialoghiamo e dove nessuno dei due vuole prevalere sull’altro, o immagina di dire che le sue scelte sono quelle giuste.

D. CHE TIPO DI PAPÀ È?

R: Cerco di essere un papà sereno, dando ad Alba serenità, solidità, ma soprattutto fiducia in sé stessa e di chi la ama. non credo di essere apprensivo sono un papà allegro mi diverte stare tanto con Alba, le giornate passano anche se poi a fine giornata avrei bisogno di una spa (ride), spero di essere un papà speciale in modo che lei non senta mai troppo la mancanza di una madre.

D. CHE BAMBINA È ALBA?

R. È una bambina molto allegra esuberante, gioiosa, giocosa, le piace cantare e ballare ed è un tipo tostissima dico sempre che noi litigheremo tantissimo perché è una bambina determinata quando una cosa non la vuole fare non la fa, è una vera donna perché quando è nervosa è insopportabile è una forza della natura. È una bambina molto carismatica e sicuramente non solo ha cambiato la mia vita ma l’ha reso meravigliosa.  Non ho mai pensato di tornare indietro e non ho mai pensato che questa scelta mi avesse compromesso tante altre possibilità. Alba ha cambiato la vita di tante altre persone che sono intorno a noi, io dico sempre che io ho scelto di adottare Alba ma c’è chi ha scelto di adottare me e Alba e di aiutarci in questo percorso.

Desidero ringraziare Luca Trapanese per aver risposto alle mie domande

Intervista a cura di C.L


©Riproduzione riservata 


12 maggio 2020

INTERVISTA A CHIARA FRANCINI




Cari lettori,

L'ospite di questa nuova intervista è Chiara Francini.Chiara è nata a Firenze e cresciuta a Campi Bisenzio, è un’attrice di teatro e cinema e una scrittrice. Per Rizzoli ha pubblicato i romanzi best-seller Non parlare con la bocca piena  pubblicato da BUR Biblioteca Univ. Rizzoli nel (2018), l’anno successivo pubblica Mia madre non lo deve sapere (2019), e Un anno felice (2019).


D. CHIARA CI PUOI DIRE QUAL È IL TUO LIBRO PREFERITO TRA TUTTI QUELLI CHE HAI PUBBLICATO?

R. I libri per quanto mi riguarda sono un po’ come i figli. Nel senso che l’amore di una mamma si moltiplica e non si divide. Sono molto affezionata a tutti e tre per motivi diversi ma egualmente forti.

D. NELLA PREFAZIONE DI UN ANNO FELICE HAI USATO UNA DELLE PIÙ BELLE POESIE (AMAI, DI UMBERTO SABA);”AMAI TRITE PAROLE CHE NON UNO OSAVA. M’INCANTÒ LA RIMA FIORE AMORE, LA PIÙ ANTICA DIFFICILE DEL MONDO.” COME MAI HAI SCELTO QUESTA POESIA?

R. L’ho usata perché la poesia è una grandissima fonte di ispirazione per me, ed è la rappresentazione massima di quello che un essere umano può comporre a livello scritto. Amo particolarmente Umberto Saba, perché è un maestro che riesce a trasferire tutto questo nella manciata di quelle “trite parole che trite non sono.” Amo moltissimo Sandro Penna, Patrizia Cavalli, Patrizia Valduga.

D. QUANDO LEGGI UN ROMANZO D’AMORE QUALI SONO GLI ELEMENTI FONDAMENTALI SECONDO TE?

R. Solitamente non scelgo un romanzo perché è d’amore. Le motivazioni sono sempre diverse: la stima che nutro nei confronti dell’autore e della tipologia di argomento trattato, il momento che sto vivendo. Sostanzialmente l’innamoramento per i romanzi è come la telegenia e la fotogenia: una magia di proporzioni che non può essere spiegata. Un po’ come la fede che è lo strumento che usi quando non arrivi ad acchiappare qualcosa a livello razionale “Credo quia absurdum est”.

D. COM’È NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA? C’È STATO UN MOMENTO PRECISO IN CUI HAI DECISO DI VOLER DIVENTARE SCRITTRICE?

R. Mi è sempre piaciuto leggere, ma non sono mai stata il tipo di persona che aveva un diario o dei libri nel cassetto. Ho fatto studi umanistici e ho sempre nutrito una grande ammirazione per gli scrittori. Quando sono stata certa di voler raccontare una storia che mi sembrava speciale l’ho fatto in maniera autentica, cercando di veicolare le emozioni, le immagini, i colori che io vedevo, toccavo e che avevo nel cuore.

D. ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA? SE SI QUALE?

R. In realtà sono tanti i libri che hanno avuto un’influenza su di me. Ogni libro appartiene ad un determinato periodo della vita del lettore, quindi quello che leggi a quindici anni non avrà la stessa valenza a cinquant’anni. La lettura è un dialogo tra il lettore e il libro, tra due interlocutori, e nonostante uno dei due sarà sempre lo stesso non sarà il medesimo perché la conversazione apparterrà a momenti della sua vita diversi. Ho letto e apprezzato molto Il Diario di Anna Frank, tutta l’opera di Gadda, lo Dostoevskij, Tolstoj, O. Fallaci, Palazzeschi, il Tasso, il Macchiavelli, il Baldassar Castiglione, il Bembo, Gaspara Stampa, P. Cavalli, P. Valduga, Peter Cameron, Jonathan Ames.

D. C’È CHI SI RIFIUTA TOTALMENTE DI ASCOLTARE MUSICA MENTRE LEGGE UN LIBRO, E CHI INVECE NON RIESCE A LEGGERE SENZA FARLO.. LEGGENDO (UN’ANNO FELICE) QUALE CANZONE CONSIGLIERESTI AI LETTORI DI ASCOLTARE DURANTE LA LETTURA?

R. L’Adagio di Albinoni, il Notturno di Chopin, molto Britpop ma anche musica anni ‘90, Barbra Streisand, Sinatra, Ella Fitzgerald.


Ringrazio Chiara per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.


Intervista a cura di C.L

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19 febbraio 2020

INTERVISTA A SIMONETTA AGNELLO HORNBY






Desidero ringraziare Simonetta Agnello Hornby  per la sua disponibilità mostrata nel concedermi questa intervista. Simonetta Agnello Hornby palermitana di nascita vive a Londra da molti anni. Una delle scrittrici più amate dal pubblico, le sue presentazioni sono sempre affollate, perché è in grado di raccontare e raccontarsi in maniera semplice e diretta. Un successo letterario sempre crescente dal 2002 con “LA MENNULARA” il celebre romanzo che l’ha consacrata al grande pubblico regalandole un sincero affetto da parte di tutte noi diventando uno dei riferimenti del romanzo contemporaneo. Andrea Camilleri aveva detto su di lei: “L’energia vitale di Simonetta Agnello Hornby è un tutt’uno con l’energia trascinante della sua scrittura”,concordo pienamente con questa affermazione del grande e indimenticabile maestro Camilleri un altro mio conterraneo amatissimo dal pubblico.


D: CI RACCONTI IL SUO RAPPORTO CON LA SCRITTURA E COM’È CAMBIATO NEL TEMPO?

R: La scrittura può essere personale e di lavoro. La scrittura personale significa di scrivere a parenti, amici e conoscenti (talvolta con sconosciuti attraverso l’internet). Il contenuto dipende da perché, come e cosa si scrive. Ho sempre scritto lettere. Da piccola scrivevo ai miei cugini e tenevo un diario. Da adolescente scrivevo i compiti di scuola. Da quando, ventunenne, andai a vivere all’estero, ho scritto lettere a parenti e amici. La scrittura di lavoro – sono stata un avvocato di diritto di famiglia – consiste nello scrivere le storie dei miei clienti, nel contesto del processo legale, e dunque veritiere.

D: COSA SIGNIFICA PER LEI SCRIVERE?

R: È un lavoro molto bello, sia lo scrivere da avvocato che da romanziera.  La scrittura dei romanzi è dominata dalla immaginazione, che però deve rispettare i tempi, i posti e i fatti storici. Questi devono essere autentici ed esatti.

D: QUALE DEI SUOI PERSONAGGI LE SOMIGLIA?

R: Nessuno, per quanto io ne sappia. Se scrivo in prima persona, come ho fatto per esempio in UN FILO D’OLIO, VIA XX SETTEMBRE, e NESSUNO PUÒ VOLARE, cerco di attenermi alla realtà e conto sul giudizio di mia sorella, di mia cugina Maria e dei miei figli, per quanto concerne i ricordi condivisi.

D: QUANDO SCRIVE UN LIBRO HA GIÀ TUTTA LA STORIA IN MENTE O LA ELABORA STRADA FACENDO?

R: Si ho tutta la storia in mente. Che però può cambiare mentre lavoro.

D: HA DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA DI UN LIBRO?

R: Nessuna.

D: CHE RELAZIONE C’È TRA LA SCRITTURA E LA SOCIETÀ, CON LE SUE INFLUENZE POLITICHE E CULTURALI? E COME CONVIVONO QUESTI ELEMENTI NELLA SUA SCRITTURA?

R: La scrittura di una storia contemporanea deve tenere in conto la realtà e dunque la società come la vedo io, che include influenze politiche, come la faccio vedere ai miei personaggi, e il tutto fa parte del testo. Se scrivo in prima persona ovviamente ci metterò anche il mio pensiero.

D: TRA LE SUE OPERE HA VOLUTO RACCONTARE ANCHE LA DISABILITÀ. NEL 2015 HA REALIZZATO UN DOCUMENTARIO PER RAI 3 “IO & GEORGE”, UN VIAGGIO TRA LONDRA E LA SICILIA INSIEME A SUO FIGLIO, SUCCESSIVAMENTE HA GIRATO IL DOCUFILM “NESSUNO PUO’ VOLARE”, CHE HA DATO IL TITOLO ANCHE AL LIBRO NEL 2017 (FELTRINELLI). COM’È STATO COLLABORARE INSIEME A SUO FIGLIO IN QUESTO PROGETTO? E SUCCESSIVAMENTE IN ROSIE E GLI SCOIATTOLI DI ST. JAMES EDITO DA (GIUNTI 2018)?

R: La collaborazione tra George ed io è molto bella e costruttiva, sempre nel contesto del rapporto tra madre e figlio, talvolta con disaccordi ma sempre con tanto affetto…

D: ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA SUA VITA?

R: La storia di JENJI, il primo romanzo del mondo scritto mille anni fa da lady MURASAKI HARUNOBU (una scrittrice Giapponese) e pubblicato da Einaudi, di cui ho parlato e scritto molto.

D: C’È UNO SCRITTORE O UNA SCRITTRICE ITALIANI O STRANIERI CHE CONSIDERA IL SUO MENTORE?

R: No.

D: COME NASCE LA COLLABORAZIONE TRA LEI E MIMMO CUTICCHIO IN “SIAMO PALERMO”?

R: Ci siamo incontrati all’aeroporto di Palermo tre anni fa e abbiamo fatto amicizia. Abbiamo deciso di scrivere della nostra amatissima città, che abbiamo attraversato in lungo e largo nelle nostre belle passeggiate. Mimmo è un grandissimo artista nonché un uomo di grande cultura, famoso e ammirato nel mondo intero.  La sua Opera dei PUPI È PATRIMONIO IMMATERIALE DELL’ UNESCO.

D: QUALI CONSIGLI DAREBBE A CHI “ASPIRA” A DIVENTARE UNO SCRITTORE O UNA SCRITTRICE?

R: Di scrivere e fare leggere ad amici e parenti quanto scritto, come primi giudici. E poi di mandare ad un editore, senza sperare troppo nel successo, che è raro. Se non trova un editore, gli suggerisco di auto pubblicare le proprie opere sull’internet, su cui potrebbe trovare tanti lettori.

 

Caterina Lucido

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15 ottobre 2019

INTERVISTA A STEFANIA AUCI



Cari lettori, 

È un'onore, oltre che un piacere ospitare nel mio blog la mia concittadina Stefania Auci, l’autrice del romanzo rivelazione del 2019 che ha conquistato il mondo con “I leoni di Sicilia”. Desidero ringraziare Stefania per la sua disponibilità mostrata nel concedermi questa intervista. Stefania Auci, Trapanese di nascita e palermitana d’adozione, Stefania con Palermo ha un rapporto d’amore intenso che si rispecchia nelle appassionate ricerche da lei condotte per scrivere la storia dei Florio. Dopo la laurea ha iniziato a lavorare in uno studio legale prima di dedicarsi all’insegnamento. 
Sin dai tempi dell’università si è dilettata nello scrivere fino alla pubblicazione del suo primo romanzo, Florence , nel 2015. Due anni dopo è seguito il saggio La cattiva scuola  scritto con Francesca Maccani. 
Il successo è giunto con la pubblicazione de I Leoni di Sicilia , dapprima negli Stati Uniti, in Germania, Francia, Paesi Bassi e Spagna. Soltanto nel 2019 è stato pubblicato in Italia dall’Editrice Nord, e opzionato per una serie televisiva.


D. IN UN ROMANZO STORICO QUAL È LA RICETTA PERFETTA? QUANTA STORIA E QUANTA FANTASIA?

R. Non esiste secondo me una ricetta perfetta, esiste il modo in cui l’autore vuole rappresentare la storia il modo che può essere più o meno armonico e quindi dipende dall’idea che vuole dare, sé preferisce privilegiare più la storia narrerà più eventi storici, se invece preferisce dare la prevalenza agli aspetti strettamente personali quindi a tutto ciò che ha che fare con la personalità con il carattere del personaggio, allora ovviamente darà la precedenza all’aspetto umano. Però a mio avviso non esiste la “ricetta ideale”, esiste il modo in cui l’autore vede la storia e poi lo narra appunto.

D. A QUALE PERSONAGGIO DEL LIBRO TI SENTI PIÙ VICINA? E PERCHÉ?:

R. Non posso dire che ci sia un solo personaggio a cui mi sento più particolarmente vicina ci sono degli aspetti della personalità che un’po’ condivido con ciascuno di loro. Per esempio la pazienza di Ignazio, sicuramente la condivido molto però non esiste “il personaggio” assoluto cui io mi sento più vicina rispetto ad altri forse a livello affettivo Vincenzo, ma in realtà molti aspetti del carattere sono un’po’ davvero suddivisi l’uno rispetto all’altra.

D. COME SI PASSA DALL'AVERE UN'IDEA ALLO SCRIVERE UN ROMANZO?

R. In realtà, è un creare. Io almeno personalmente sono una persona abbastanza quadrata, abbastanza decisa, nel senso che  quando ho in testa una storia e questa storia è ben delineata la metto su carta creando una sinossi molto lunga quindi tutta una serie di passaggi, che mi fanno capire se effettivamente c’è una tenuta solida della storia se non ci sono buchi narrativi ,però la sinossi significa anche scrivere e riscrivere, quindi non è un processo così lineare e un processo per tentativi ed errori per continua ricerca della soluzione migliore. Ancora una volta dipende molto dal come uno si sente di fare le cose, io conosco autori per esempio che fanno la descrizione di scena per scena, e c’è ne sono altri che invece danno delle sinossi di massima di mezza pagina e si sentono sollevati è a posto. Io personalmente sono per un’po’ per il giusto mezzo, quindi la sinossi accurata ma non troppo dettagliata.

D. CHE STILE ADOTTI NEL TUO SCRIVERE LEGGI MOLTO?

R. Leggo tantissimo, leggo di tutto, non ho un genere preferito cerco di essere il più possibile vasta, mobile, passo dai classici ai romanzi un’po’ più innovativi. leggo sia autori Italiani che stranieri non leggo in lingua purtroppo ma perché non né ho le capacità, cioè sarei troppo lenta per poter leggere in lingua straniera. Però mi piace molto insomma, laddove è possibile accostarmi a testi che abbiano avuto come traduttore magari una persona che sia già a sua volta uno scrittore perché proprio mi piace vedere l’effetto che fa, non ho un genere preferito per me la cosa importante è che sia un libro scritto bene.

D. QUALE SCRITTORE DELLA LETTERATURA SICILIANA TI ISPIRA MAGGIORMENTE?

R. Allora anche lì, in realtà pesco un’po’da molti autori e da molti caratteri. Non c’è proprio un autore che posso dire abbia pesantemente contraddistinto la mia scrittura per certi aspetti mi sento vicina a Sciascia per altri aspetti mi sento vicina a Tomasi di Lampedusa. Cerco di pescare quello che è il più possibile affine al mio carattere alla scrittura anche se il mio come dire.. la mia area di pertinenza non è tanto la scrittura Siciliana quanto piuttosto quella Anglosassone mi sento abbastanza più vicina agli autori Inglesi.

D. QUAL È IL TUO PUBBLICO IDEALE? A CHE LETTORE PENSI QUANDO SCRIVI?

R. Io non credo di avere un pubblico ideale. Io scrivo essenzialmente l’ho detto tante volte, scrivo i romanzi che mi piacerebbe leggere e l’ho sempre fatto di questo è una colpa o una cosa buona dipende un’po’ dalle prospettive. A me non interessa tanto posizionare o selezionare il mio pubblico. M’ interessa che il mio pubblico ami quello che leggo, e che soprattutto lo apprezzi e poi davvero, cioè la cosa più importante è che si legga, non importa cosa, non importa come, non importa quanto, ma la cosa più importante è che si legga, che le persone leggano.

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Intanto finire la dilogìa dei Florio. E poi riposarmi (sorride), che sono piuttosto stanca. A parte tutto, finire bene questo secondo volume di lavorarlo in maniera adeguata e di dare il giusto lustro a questa famiglia tramite la mia scrittura e poi per il futuro come dicevo appunto un’po’ di riposo finalmente. E poi vedremo, il futuro ci aspetta!


Ringrazio Stefania per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.


Intervista a cura di C.L

© Riproduzione Riservata

17 luglio 2019

“... CHIACCHIERATA CON ALESSANDRO IPPOLITO”




È un’ onore, oltre che un piacere “ospitare” nel mio blog Alessandro Ippolito. Alessandro Ippolito, E’ stato per due anni autore, regista e conduttore dei collegamenti esterni di Mike Bongiorno su Canale 5 “Telemike”. Ippolito dopo Nanni Loi è stato il primo in Italia a riportare le candid camera in televisione (“W le donne”). Ha poi portato avanti con successo questo divertente genere anche con altre trasmissioni come “Scherzi a parte”, “La stangata”, “La strana coppia” e “Italiani in vacanza”. Con“Telecamere a richiesta” è stato il primo a proporre in prime time candid camera in diretta con grande successo di pubblico.Ha adattato, scritto, diretto e condotto il primo reality italiano “Stranamore”.Inoltre ha poi scritto, diretto e prodotto per la Mondadori la prima soap opera italiana (“L’altalena”). Oggi Alessandro si dedica alla formazione ed è il curatore del canale Youtube Filmmakerchannel. Tutta la sua vita professionale Ippolito l’ha inserita nel libro autobiografico “Per Soldi e per TV – la mia vita sul set”, pubblicato nel 2015 per Scrittore Vincente in vendita nelle librerie on-line.


D. IN CHE MISURA GLI INCONTRI (CON GIORNALISTI, SCRITTORI, INTELLETTUALI) HANNO INFLUITO SU DI TE?

R. Non è una questione di categorie. Sono le persone che ti possono arricchire. Certo, quando ho stretto la mano a Eduardo De Filippo e poi l’ho visto recitare dal vivo al San Ferdinando, quando Alberto Moravia mi ha parlato a casa sua del suo metodo di scrittura, quando ho litigato con Carmelo Bene o lavorato con Walter Chiari o Raimondo Vianello o Mike Bongiorno o Arnoldo Foà… l’elenco è lunghissimo, insomma tutti possono darti qualcosa che ti rimane dentro per sempre. Forse Fernanda Pivano, che ho frequentato per tanti anni, mi ha aperto a un mondo letterario e culturale che ha profondamente influenzato il mio modo di esprimermi, anche al di là della scrittura stessa.

D. QUALE GENERE MUSICALE POTREBBE ESSERE LA DEGNA COLONNA SONORA DI QUESTO LIBRO?

R. Anche in questo caso non potrei sintetizzare quarant’anni di lavoro in un genere soltanto. Andiamo dai Rolling Stones a Fabrizio De André, da Bob Dylan a Pino Daniele, dagli Earth Wind & Fire a Paolo Conte. Come faccio a scegliere?

D. LA TV DEL PASSATO ERA FATTA DA PROFESSIONISTI E GRANDI ARTISTI, QUELLA DI OGGI, PER TUTTA UNA SERIE DI MOTIVI È FATTA SOPRATTUTTO “DALL’UOMO QUALUNQUE”, È UNA STRADA SENZA RITORNO?

R. Non è esattamente così. L’uomo “qualunque” (che brutta parola) l’ho portato per la prima volta io in televisione alla fine degli Anni ’70. Allora era scandaloso. In tv dovevano andarci solo quelli con i nomi, dovevano parlare solo professori ed esperti. Soltanto la Corrida consentiva l’accesso a tutti ma avveniva solo per metterli in ridicolo. Visto poi che il linguaggio semplice e schietto della gente faceva numeri, “l’ uomo qualunque” ha fatto carriera, è diventato protagonista, opinionista. Ha cominciato a spiattellare i suoi fatti privati (“Fra moglie e marito”) fino al Grande fratello. La differenza sta nel fatto che, almeno da parte mia, la gente diventava una voce alternativa, sincera, con un proprio patrimonio di umorismo e di pensiero libero. Se ricordi sono andato in onda tutti i giorni con un programma che si chiamava “Barzellette”. La gente per strada in tutta Italia mi raccontava barzellette davanti ad altra gente, sempre per strada. Si rideva o si restava ammutoliti a seconda della storiella. Sembra un recupero dell’ultimo patrimonio orale dei nostri tempi, dialetti che si incrociavano, soggetti dovuti alla posizione dei luoghi del racconto. Bene, cosa ha poi fatto la tv? “La sai l’ultima”, con tanto di studio, conduttore e cabarettisti in erba. Ha tradotto non solo l’idea ma anche il linguaggio popolare in tv tradizionale. Oggi se sei un vip o uno qualunque puoi andare in tv se sei disposto a farti massacrare, a farti violentare o sputtanare. Per la gioia dei peggiori istinti del pubblico generalista.

D. UN VIAGGIO CHE HAI FATTO E CHE RIFARESTI DOMANI… E PERCHÉ?

R. Dopo tanto girare da un capo all’altro del mondo, un viaggio che rifarei è quello che ebbi la fortuna di fare con Mike da una regione d’Italia all’altra alla ricerca di piccoli sperduti paesi con eccellenze quasi del tutto sconosciute. Due anni straordinari, ricchi di scoperte di bellezze e di bontà. Il successo di Alberto Angela mi fa sperare che questo genere di tv possa avere ancora grande seguito.

D. HAI PARLATO NEL LIBRO DI VITTORIE E DI SCONFITTE, CI PUOI RACCONTARE DUE EPISODI PARTICOLARI LEGATI PROPRIO A QUESTI DUE CONCETTI?

R. Sono stato il primo (sì, le date parlano ma tanti millantano) a portare un progetto di produzione di soap operas in Italia. Studiai negli States, scrissi il soggetto di serie e 60 sceneggiature con Guido Sagliocca, ottenemmo una commissione di un miliardo e 320 milioni di lire ma… dovetti denunciare la produzione per far valere i miei diritti. Vinsi, ma fu una magra consolazione. Vittorie per fortuna ne ho raccolto tante. Le amo tutte, non saprei scegliere.

D. QUALE IL TUO CONSIGLIO A GIOVANI ASPIRANTI FILMMAKER ?

R. Di capire innanzitutto se il loro desiderio poggia su qualche talento. Non puoi fare il cantante se sei stonato. Non puoi scrivere sceneggiature se non hai almeno immaginazione. Per questo ho realizzato i miei due corsi on line di regia e di scrittura. Mettono in grado, in modo semplice e pratico una persona di capire per che cosa è veramente portata. Se talento e passione ti guidano, non hai bisogno di alcun consiglio. Questo è un mestiere che si fa, indipendentemente dal denaro, dal successo, è una specie di vizio. Se cominci non smetti più. E alla fine, se sei bravo e hai idee e grinta, alla fine anche se non hai santi in paradiso ce la fai. Cinema e televisione sono affari miliardari. In una troupe puoi anche infilarci un raccomandato, un baciapiedi, un attricetta disponibile, ma se poi non hai un bravo operatore, un bravo tecnico audio, un bravo direttore della fotografia e tutto il resto, i miliardi vanno in fumo.

D. QUALI SARANNO I TUOI PROGETTI FUTURI?

R. Sto lavorando su una serie da diversi mesi con un gruppo di sceneggiatori e produttori internazionali. E’ un progetto molto complesso e, ahimè, anche costoso. Ma siamo nella fase creativa e questo è sicuramente il momento più bello e libero del nostro lavoro. Ma continuo anche a fare formazione. Tutto quello che ho imparato nella mia vita professionale non voglio che sparisca con me. Devo passare il testimone. E questo è straordinariamente stimolante e gratificante.


Ringrazio con gratitudine Alessandro per la disponibilità e per il dialogo autentico, ricco di parole e pensieri condivisi.




COSA NE PENSO 

“Per Soldi e per TV – la mia vita sul set”. È un titolo semplice, perché con poche efficaci parole, l’autore mette in luce gli aspetti reali delle sue esperienze professionali. Un racconto aperto e sincero scritto con passione e umiltà. Alessandro si racconta in modo efficace, con capitoli che nella sintesi contengono rivelazioni divertenti talvolta pungenti o scandalose “senza filtri”. La scrittura si presenta chiara, fluida a tratti ironica o profonda, come una piacevole chiacchierata confidenziale tra amici. Chi vorrà intraprendere la sua stessa professione troverà insegnamenti utili e preziosi, il messaggio è chiaro la TV non è fatta di soli lustrini e paillettes ma di molti, moltissimi sacrifici non sempre facili da superare. In conclusione, il suo memoir è un’inno senza retorica alla libertà e alla forza di volontà. Rispettare se stesso le proprie idee ha fatto di Alessandro Ippolito, uno dei più grandi professionisti della nostra Televisione. Buona lettura!


Caterina Lucido

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