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14 maggio 2025

CONOSCIAMO ROSITA MANUGUERRA AUTRICE DEL LIBRO “MALANIMA”


Bentrovati amici lettori,

L'ospite di oggi è Rosita Manuguerra.
Rosita è cresciuta a Favignana, un’isola nell’isola dove ha imparato che, tra il dire e il fare, c’è davvero di mezzo il mare. Quando era piccola qualcuno le ha suggerito che il modo migliore per ritrovarsi è scrivere. Da allora, e dopo una lunga parentesi a Torino e la formazione alla Scuola Holden, racconta storie. Malanima è il suo primo romanzo.

D. QUANDO È NATA IN TE LA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Nasco come lettrice. Da piccola leggevo di tutto da che ho imparato a farlo. A Favignana ai tempi c’era solo una piccola edicola, dove arrivavano fumetti e pochi bestseller. Centellinavo i soldi della paghetta e compravo i libri più voluminosi, così che durassero di più. Proprio per questa passione per la lettura, a un certo punto qualcuno, forse una maestra, mi chiese perché non scrivessi io. Mi sembrò bizzarro, per me non erano due cose consequenziali. Ma da allora iniziai a leggere smontando i libri, per capire com’erano fatti. E cominciai a scrivere.

D. C'È  UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE TI HA ISPIRATA PER “MALANIMA”?

R. Non uno. Direi piuttosto che in “Malanima” sono confluiti tanti piccoli frammenti di cose ho vissuto, osservato, sentito. Che, messi su pagina, hanno iniziato a vivere di vita propria, sorprendendomi.

D. A QUALE DEI PERSONAGGI DA TE SCRITTI IN QUEST'OPERA SEI PIÙ LEGATA?

R. Sono legata a tutti i personaggi in modo diverso perché ognuno di loro rimanda per me a qualcosa: alcuni al momento in cui sono stati scritti, altri a un’azione che hanno compito e mi ha stupita. Ma se dovessi sceglierne tre su tutti sarebbero il pescatore Nunzio, la magara Amalia e Nietta, la zia di Mia. Quanto alle due protagoniste, Mia e Marina, le amo in un modo tutto mio che non contempla competizioni con altri personaggi.

D. RIASSUMI IN POCHE PAROLE COSA HA SIGNIFICATO PER TE SCRIVERE QUESTO LIBRO?

R. Scrivere questo libro ha significato per me iniziare un percorso di crescita interiore che prosegue tuttora. Riuscire a imprimere su carta l’istinto ad andare e quello a tornare nella mia piccola isola e questo Malanima (sì, al maschile) che ho sempre visto negli occhi di tanti isolani e anche in quelli di chi dell’isola si era innamorato per qualche motivo. Nella finzione del romanzo il Malanima è il sentimento, anzi, più il malanno, che affligge chi sente di trovarsi in un posto in cui non dovrebbe stare. Questo posto non è necessariamente un luogo geografico, ma più una fase di vita nella quale ci forziamo perché la percepiamo senza via d’uscita. Scrivere questo romanzo mi ha aiutata a comprendermi meglio, ed è incredibile come si possa riuscire a farlo tramite un’opera di finzione.

D. COSA SI PROVA A VEDERE IL PROPRIO ROMANZO PRENDERE CORPO E DIVENTARE LIBRO?

R. È indescrivibile. Non credo che mi abituerò mai. La prima volta che l’ho visto ero a Milano in casa editrice. Anche avendolo fra le mani non sono riuscita a convincermi che fosse reale.

D. C'È UN LIBRO DI UN ALTRO AUTORE CHE VORRESTI AVER SCRITTO TU?

R. “Fuochi fiammanti a un’hora di notte” di Ermanno Rea. Non avrei potuto scriverlo io, ma mi ha dato una direzione a cui aspirare. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Continuare a leggere, a scrivere. Viaggiare, respirare vita. Crescere. 

Ringrazio Rosita per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online dal 8 aprile 2025 Feltrinelli Editore


SINOSSI

Sull’isola non tutti vanno e vengono allo stesso modo. Ci sono quelli che arrivano con il sole di maggio e ripartono con le prime piogge di settembre. C’è chi fa avanti e indietro ogni giorno, senza più chiedersi a quale riva appartenga davvero. E poi ci sono quelli che, messi dalla vita davanti a un bivio, hanno dovuto scegliere se restare o imbarcarsi per una partenza che può valere un addio. Entrambe le scelte lasciano un segno invisibile e profondo. Mia lo ha imparato da bambina attraverso la storia della sua famiglia – la madre Teresa è rimasta, nella convinzione che l’isola fosse l’unica realtà possibile, mentre la zia Nietta è andata via appena ha potuto – e continua a vivere questi conflitti da adolescente insieme a Giulia, Anna e Nello, gli amici di sempre. Adesso però a portare scompiglio è arrivata Marina, la ragazza di città che non se ne andrà con le piogge di settembre. Così diversa e a tratti scostante, Marina attira su di sé sentimenti contrastanti: dalla curiosità al disprezzo, dall’attrazione all’invidia. Mia, invece, in lei vede soprattutto il fascino di chi proviene da un altrove lontano. Eppure Marina si trascina dietro legami ancestrali – sua madre Lia è legata a filo doppio con l’isola da un trauma e dall’antica amicizia con Teresa – e sembra destinata a riportare a galla segreti inconfessabili. 


COSA NE PENSO

La malanima del cuore corrisponde al canto antico del mare, tanto esso è più profondo tanto la malinconia assale gli isolani del romanzo Malanima.
Amo le storie di formazione che percorrono intere vite e qui di vita c'è ne sono tante.
Marina, Mia,Aldo,Nello,Anna, Giulia, Totò.
L'adolescenza non è mai stata facile per nessuno, soprattutto per questi ragazzi che vivono in un' isola. Il mare è tutto ciò che conoscono e adesso devono fare i conti con una nuova realtà. I cambiamenti sono dietro l'angolo per ciascuno di loro, i sogni di Mia sono in bilico, l'amicizia con Marina subisce fasi altalenanti e anche le sue vecchie conoscenze vacillano e rischiano di finire.
Un passato che torna imperterrito a minacciare il presente di Marina.

«Il patto fra noi era che io quelle ferite non le guardassi,non le nominassi, fingessi che non esistevano. Se invece ne avessi parlato,lei sarebbe scappata via da me come acqua fra le mani.»

Molte domande, poche risposte, nel passato di Marina,un' anima inquieta che si aggira tra le cave di tufo dei suoi antenati. Bel personaggio, davvero!
In conclusione, Malanima è una storia ben strutturata. I colpi di scena sparsi qua e là,  accompagnano il lettore alla scoperta di segreti sorprendenti, scrittura scorrevolissima. Dal mio punto di vista, il messaggio che l'autrice vuole fare arrivare ai suoi lettori riguarda il cambiamento interiore in ognuno di noi, l’anima muta le sue corrispondenze relazionali che ci piaccia o no. Un libro che mi ha pienamente soddisfatta! Consigliato.Buona lettura.


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27 marzo 2025

INTERVISTA A NOVITA AMADEI AUTRICE DEL LIBRO “DA SOLO”



Cari miei lettori,

Bentrovati! L'ospite di oggi è Novita Amadei. Nata a Parma e vive in Francia. Lavora come consulente nel campo dell’asilo politico e delle migrazioni internazionali, e anche la sua attività da giornalista pubblicista è relativa a questi temi. Dentro c’è una strada per Parigi (Neri Pozza 2014), il suo romanzo d’esordio, è stato finalista alla prima edizione del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza e anche ai premi Bottari Lattes Grinzane e Corrado Alvaro e ha vinto il XXVIII Premio Massarosa. Sempre presso Neri Pozza sono usciti i romanzi Finché notte non sia più (2016) e Il cuore è una selva (2020), le raccolte di racconti Ragazze di Parigi (2018) e Operazione umanitaria (2019), oltre a un contributo nell’antologia L’allegra brigata (2020).


D. QUANDO HAI INIZIATO A SCRIVERE?

R. Quindicenne, scrivevo poesie. Più avanti, viaggiando per studio e per lavoro, ho iniziato a scrivere racconti su persone che incontravo o incrociavo soltanto, pezzetti di storie, volti e dialoghi trattenuti in una sorta di fotografia a parole. Col moltiplicarsi dei racconti, mi sono resa conto che la scrittura era un “posto” dove stavo bene, la “room of one’s own” di Virginia Woolf, e mi sono misurata col formato del romanzo, che non ho più lasciato (anche se il mio primo - Dentro c’è una strada per Parigi - rimane ancora una via di mezzo fra il racconto lungo e il romanzo breve). 
Faccio fatica a datare con precisione il momento in cui ho iniziato a scrivere, forse, per il piacere e l’impegno che ci mettevo erano già una forma di scrittura in nuce i biglietti di Natale, i diari delle vacanze, le lettere alle amiche, i temi delle medie... 
Oggi, comunque, posso dire con certezza che la scrittura mi abita e condiziona il modo stesso in cui penso, in cui trattengo certe immagini, certe storie o solo dettagli, e il modo in cui si ricompongono, poi, sulla pagina scritta.  

D. IL TUO ROMANZO “DA SOLO” È TRATTO DA UNA STORIA VERA. 
QUAL È STATO IL MOMENTO PIÙ SIGNIFICATIVO DURANTE IL PROCESSO DI SCRITTURA? 

R. La scrittura di questo libro è stata “fisica”, fatta di scambi con altre persone e di viaggi, in un rimando continuo, e concreto, fra il mondo e la pagina, la realtà, l’immaginazione e la parola. Da solo, infatti, non è stato nato fra me e me, alla scrivania, ma mi ha richiesto di recuperare interviste e contatti di migranti ucraine con cui avevo lavorato agli inizi degli anni 2000 - oltre alla scrittura, mi occupo di asilo politico e migrazioni internazionali – e di viaggiare in Ucraina, nelle terre da dove viene il mio personaggio, attraversando poi il Paese in treno, da ovest a est, come aveva fatto lui nel mettersi in salvo. Dopo aver finito di scrivere il libro, mi sono messa alla sua ricerca, alla ricerca del bambino vero a cui la storia è ispirata. Mi scoraggiava il numero di rifugiati ucraini Europa (otto milioni dichiarati e ventiquattro le persone uscite dal Paese), invece l’ho trovato, a Bratislava, con la sua famiglia. E devo dire che questo incontro, insieme alla visita delle zone di guerra con la gente del posto, sono state emozioni grandissime.

D. TRA LA TRAMA E I TUOI PERSONAGGI, COSA È ESSENZIALE PER TE? PERCHÉ?

R. Senza dubbio i personaggi, sono loro a portare la trama. Inizio spesso a scrivere una storia senza avere un plot ben definito, ma non sarei in grado di buttare giù nemmeno una riga senza avere in testa il protagonista e uno o due altri personaggi principali. 
Ogni personaggio è portatore di filiazioni, relazioni, aspettative e panorami, ognuno ha un suo profilo, un suo movimento, una storia che, incrociata con quella degli altri, suggerisce di per sé la trama o, perlomeno, vi dà la direzione. Capita che non debba nemmeno decidere perché, per come sono, i personaggi condizionano certe scelte, le dettano proprio. La convinzione che l’autore sia un deus ex machina che decide di ucciderli o crescerli, di essere violento o lascivo con loro, folle o amaro, è solo un’illusione. L’autore non è che un prestanome.

D. HAI DELLE ABITUDINI QUANDO SCRIVI? PREDILIGI DEI LUOGHI PARTICOLARI DOVE SCRIVERE?

R. Scrivo a casa, quando la casa è vuota. Pantaloni della tuta e con una finestra accanto. L’occhio che s’allontana aiuta il pensiero.

D. A QUALE SCRITTORE TI SENTI PIÙ VICINA PER GENERE O SCRITTURA?

R. Non so se posso definirmi “vicina”, ma sento di condividere la sensibilità di Alice Munro nella ricerca di una lingua esatta e nella narrazione di vicende dalla quotidianità spiazzante, attraversate da crudeltà e felicità con cui tutti prima o poi ci misuriamo.

D. COSA VORRESTI CHE I TUOI LETTORI SAPESSERO?

R. La scrittura narrativa non mente, non inganna, non accetta compromessi. Richiede ostinazione e fiducia. Abnegazione. Nelle sue vertigini, si nascondono i confini del proprio io, le stanze di una casa, mondi senza fine, misteri che generano altri misteri che si vogliono senza spiegazione né regole immutabili e oggettive, ordine e riposo, frastuono, una foresta di terminazioni nervose, un chiodo fisso, una falda sotterranea... Non è un insegnamento, questo, nessuna spiegazione, solo l’augurio che i lettori sentano tutto ciò nelle pagine di un libro. 

D. QUALI SONO I TUOI PROGETTI PER IL FUTURO? 

R. Intanto, vorrei che il neonato Da solo si facesse strada con la stessa ostinazione e lo stesso coraggio del bambino e della madre di cui racconta. Poi, è già prevista l’uscita di un altro romanzo nel 2026 e una nuova storia mi sta covando in testa. Il mio progetto per il futuro, insomma, è continuare a coltivare questa tensione: l’equilibrio fra la scrittura e tutto il resto.

Ringrazio Novita per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande

In libreria e sugli store online 21 febbraio 2025 Neri Pozza


SINOSSI 

In tempo di guerra cambia ogni cosa, anche per chi non combatte in prima linea: i gesti, le parole, gli sguardi, i sogni non sono più gli stessi. In tempo di guerra ci sono bambini che, nello spazio stretto di una notte, si trasformano in piccoli uomini che devono affrontare e comprendere il mondo da soli. E ci sono madri che, nella speranza di proteggere i loro figli, li lasciano andare condannandosi a vivere con solo mezzo cuore. Questa è la storia di Jarek che, pochi giorni prima dei suoi dieci anni, pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, attraversa il Paese da solo per cercare rifugio a Bratislava, a migliaia di chilometri da casa. Parte con la destinazione scritta sulla mano e giochi d’immaginazione nella testa, a cui ricorre istintivamente per dare un senso a ciò che senso non ha. Sua madre Hanna lo ha lasciato nella folla di fuggitivi alla stazione di Zaporižžja, restando a casa con Olena, la nonna invalida, e scegliendo per lui un insidioso viaggio nell’ignoto come alternativa al vivere per sempre con l’orrore negli occhi o al diventare un bersaglio. Lo ha portato in stazione con l’inganno e non ha voluto aspettare la partenza del treno. A dimostrazione del fatto che anche gli animi più impauriti possono generare atti di grande coraggio.

COSA NE PENSO

Un libro emotivamente profondo che spacca in due il cuore. L'abbandono visto da occhi diversi. Addii non pronunciati,anime ferite e occhi che si cercano ma non si trovano.
Sono 3 i personaggi principali della storia, Jarek un bambino di appena dieci anni,sua madre Hanna, e la nonna di Jarek, Olena.
La forza dell' amore raccontata con quella sensibilità dovuta alle vittime della guerra in Ucraina, toglie il respiro ogni volta che il racconto va avanti e procede senza interruzioni perché una pagina tira l'altra in quel susseguirsi di curiosità vissuta nel dolore.
L'orrore della guerra,la sola idea di una madre che tenta di proteggere e di salvare suo figlio lascia sgomenti chiunque. Leggere questo libro è molto importante perché ci mette davanti alla realtà, che accade proprio nella porta accanto.

«Rieccoli,i miei pensieri senza capo né coda e l'impossibilità maledetta di parlare a Jarek come ho sempre fatto,con misura e giudizio,ma schiettamente. Più me lo riprometto, più mi sento confusa. Eppure,la scelta da prendere è semplice: restare o partire...»

In conclusione, a fine lettera, si ha una percezione diversa di come eravamo all'inizio lettura, tutto cambia dentro di noi, e niente sarà più come prima, un libro che ci scuote fin dentro le viscere.
Dire che si tratta di un bel libro sarebbe scontato è molto di più. L'unico consiglio che io vi possa dare è leggetelo,leggetelo,leggetelo.
Buona lettura!

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09 marzo 2025

INTERVISTA A MARIA COSTANZA BOLDRINI AUTRICE DEL LIBRO: GLI ANNI DELL' ABBONDANZA



Cari lettori,

Ben ritrovati! L'ospite di questa nuova intervista è Maria Costanza Boldrini. 
Maria Costanza è laureata in Lingue e specializzata in Giornalismo. Vive in Francia, dove lavora come traduttrice freelance e redattrice per Una parola al giorno, sito di approfondimento linguistico ed etimologico. Gli anni dell’abbondanza è il suo romanzo d’esordio.

D. MARIA COSTANZA, COM'È NATA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA? 

R. La passione per la scrittura è nata da quella per la lettura. Le due cose sono andate di pari passo. Il primo libro che mi catturò, da bambina, fu Pippi Calzelunghe, scritto da Astrid Lindgren. Ricordo di aver pensato che essere capace di costruire una storia così era un vero prodigio, una meraviglia, e di aver desiderato intensamente, dal profondo del cuore, di poter diventare autrice di una tale prodezza. Ricordo di aver provato a scrivere un romanzo giallo in terza elementare, ma non avevo capito il principio del poliziesco, per cui mi ero messa a raccontare la vita dell’assassino. Rileggendo mi resi conto che qualcosa non quadrava, quindi sono passata a scrivere commedie e tragedie teatrali, spinta soprattutto dall'altra mia grande passione, quella per la recitazione. Amavo creare personaggi che, nel mio spirito infantile, consideravo ‘shakespeariani’. In realtà erano macchiette, nullità, e purtuttavia hanno costituito delle prove generali molto utili per lo sviluppo delle mie capacità inventive che si sono consolidate più tardi.

D. DOVENDO RIASSUMERE IN POCHE RIGHE IL SENSO DEL SUO ROMANZO, “GLI ANNI DELL' ABBONDANZA”, COSA DIREBBE?

R. È un romanzo sul talento e le capacità che ci sono proprie, sul saperlo riconoscere, accettare, amare e mettere a frutto con umiltà e dignità. È un romanzo sullo scorrere della vita, coi suoi duri colpi, e sulla Storia, che ha investito le vite di tutti in modi molto diversi. È anche un romanzo di fede, speranza, in cui ho voluto affrontare, in maniera sicuramente troppo superficiale per l'enormità del tema, anche l'argomento del peccato. Il peccato, l’esistenza e la giustificazione del male sono materie che negli anni hanno preso sempre più spazio nelle mie riflessioni.

D. C'È UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE L' HA ISPIRATA PER QUESTA STORIA? 

R. I racconti della mia bisnonna e di mio nonno che, di fatto, si trovano tutti nel testo. Soprattutto il racconto dell'infanzia atroce del mio trisnonno.

D. CON QUALI COLORI DESCRIVEREBBE I PERSONAGGI?

R. Beata è color tabacco, per ovvi motivi. Ettore è ceruleo. Clarice un lavanda con accenni purpurei. Emilio il giallo dell'alba. Antonia è il pallido avorio, Ernesto è il blu di una tuta da lavoro.

D. ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA SUA VITA?

R. Come ho scritto nella postfazione, ‘Cent’anni di solitudine’ di Gabriel Garcia Marquez mi folgorò. Avevo dodici anni quando lo lessi, ne rimasi completamente abbacinata.

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOLE AGGIUNGERE.. CHE  VORREBBE DIRE AI SUOI LETTORI?

R. Certe storie hanno bisogno di narrazioni più pacate, le cui corde vibrino al ritmo di parole antiche e senza sentimentalismi a buon mercato. Credo che ‘Gli anni dell'abbondanza’ sia tra queste. Il lessico è stato scelto con cura per dei motivi precisi, non c'è niente di forzato. Eleggere con attenzione le parole che si usano è un gesto di cura per la storia ma anche per il lettore e non deve essere liquidato come un vezzo dello scrittore. La lingua possiede parole precise per cose precise. Vanno usate, perché permettono di salvare le sfumature, i semitoni. Non può essere tutto estremo e superlativo. Paradossalmente, con questa esasperazione del grado massimo che ha pervaso la lingua e l'espressività contemporanea, si tende ad appiattire tutto su un unico livello omogeneo. Distinguere le intensità e restituire al medio, al tiepido, al moderato i loro giusti posti nella sensibilità dei lettori è a mio avviso fondamentale.

D. PROGETTI PER IL FUTURO E SOGNI?

R. Continuare a scrivere, con cura, amore, passione, e poterne vivere dignitosamente.

Desidero ringraziare Maria Costanza per aver risposto alle mie domande.


In libreria e sugli store online dal 10 gennaio 2025 Nord Editore


SINOSSI

In un piccolo paese dell'Italia del '900, vive un'umile famiglia come tante. Eppure le sue donne hanno un dono speciale. I Contini sono una famiglia come tante, lì a Valchiara, un piccolo paese del centro Italia affacciato sul mare. Benvoluti e gran lavoratori, conducono un'esistenza povera ma dignitosa. Poi qualcosa cambia quando la giovane Beata, a dispetto delle proteste della madre, decide di farsi assumere alla Regia Fabbrica dei Sigari. Perché un misterioso miracolo si produce in lei: è la sua abbondanza, un dono che la rende la beniamina delle colleghe zigarare e il bersaglio dell'occhiuto sospetto dei controllori della fabbrica. E dopo di lei anche sua figlia Clarice e la nipote Antonia saranno benedette e maledette da questo prodigio, ciascuna a modo suo. Tuttavia l'abbondanza non è per sempre, può sparire da un momento all'altro a causa di un grande dolore. E di dolori ne vivranno tanti, Beata, Clarice e Antonia, vittime della violenza della Storia ma capaci di affrontare e superare ogni difficoltà, anche grazie a un'altra benedizione, l'amore puro e incondizionato dei loro adorati mariti.

COSA NE PENSO

Per essere un romanzo d'esordio è stato proprio una bella scoperta, sotto tanti punti di vista.
Iniziando dalla scrittura semplice e realistica.
Un romanzo scritto meravigliosamente, che mette in luce le caratteristiche della natura umana dei personaggi.
Ho amato ognuno di loro dalla zia Miranda ad Assunta, Enrico solo per citarne alcuni.
“L'abbondanza” arriva in Beata, in Clarice, e in Antonia, in modalità e in tempi differenti e fa appello a tutta la loro forza interiore, una litania impercettibile ma potente, fondamentale per la loro sopravvivenza, e per quella dell'intera comunità in cui vivono,tra magia e superstizione, gioie e dolori, “l'abbondanza” si rivelerà in un certo qual senso un' amica fedele per ognuna di loro tre. 

«Da sempre prestava orecchio agli oggetti che le bisbigliavano storie, e in silenzio assorbiva quelle narrazioni..»

A lettura ultimata ho subito pensato che Maria Costanza Boldrini possa rivelarsi ben presto, una tra le più grandi voce letterarie contemporane per stile e originalità.
In conclusione, si tratta di un racconto collettivo che ha influenzato l'intera società del nostro paese nel tempo. 
Consigliatissimo. Buona lettura!

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14 gennaio 2025

RECENSIONE DEL LIBRO: JO&LAURIE DI MARGARET STOHL E MELISSA DE LA CRUZ


NOTE SULLE AUTRICI 

Margaret STOHL è un'autrice molto amata, soprattutto dai ragazzi. Ha scritto quindici romanzi e graphic novel. Ha contribuito a innumerevoli giochi e fumetti,tra cui Beautiful Creatures Widow e Forever Red duology.

Melissa de la Cruz è un autrice bestseller internazionale di molti libri acclamati dalla critica per lettori di tutte le età, famosa per la saga Streghe di East End e Sugar blu.

SINOSSI 

1869, Concord, Massachusetts. Dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, Jo March è esterrefatta nel rendersi conto che la sua storia scritta tanto per guadagnare qualche soldo gode di una fama inaspettata e il suo editore e i suoi lettori chiedono a gran voce un seguito, ma non un seguito qualsiasi: il seguito giusto in cui tutte le piccole donne sono appagate, innamorate e felici. Per questo Jo è sotto pressione per scrivere il suo finale e Laurie la porta a New York per una settimana alla ricerca dell'ispirazione: musei, opere e persino una lettura pubblica di Charles Dickens in persona! Ma mentre Jo pensa a quello che sarà il destino dei suoi personaggi, Laurie ha in mente un finale ben preciso per sé e per la donna che ha scoperto di amare: una donna con un tale desiderio di indipendenza da non rendersi conto che la vera indipendenza viene da un cuore appagato.

In libreria e sugli store online dal 24 ottobre 2022 Vintage editore

COSA NE PENSO

D' un tratto, ci si chiede se Jo&Laurie, sia stato scritto dalla vera Louisa May Alcott, stesso stile e scrittura dell'autrice di “Piccole donne”.
Il romanzo si svolge attorno ai giorni liberi e semplici delle sorelle March, ma con un occhio attento verso quello che poteva essere il finale nel romanzo originale, si prosegue così sulle orme della Alcott, tra eventi, luoghi e personaggi che tutti noi abbiamo amato. E poi, new entry particolarmente convincenti che si sposano alla perfezione con i personaggi storici.
Questa volta, nell'immaginario di Margaret Stohl e Melissa De la Cruz, Jo prende il posto di
Louisa May Alcott ,infatti, è lei l'autrice di Piccole donne in questa nuova narrazione,Jo dovrà portare a compimento il sequel del romanzo sulle sue sorelle che l'ha resa famosa anche in Europa,un eccellente coup de théâtre.

«Donne indipendenti, tutte. Esempi di autodeterminazione, chiarezza morale e forza d'animo spirituale.»

In conclusione, anche questa volta, l' adorata Jo è  fuori dagli schemi,coraggiosa, anticonformista, solitaria sempre controvento.
Un libro rivoluzionario, delizioso. Ben fatto, sia il testo che le illustrazioni. Sono certa care amiche che amerete anche questo romanzo. Consigliatissimo.Buona lettura!

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