27 gennaio 2022

“LA SENTENZA PERFETTA”- INTERVISTA ALLA SCRITTRICE ESORDIENTE ROSALIA ALBERGHINA


Cari lettori,

Ospite del blog di oggi è Rosalia Alberghina, un'autrice esordiente e bookstagrammer. Rosalia Alberghina, nata a Palermo nel 1980, è un avvocato penalista, moglie e mamma di due bambini, Stefano e Arianna.
È una gran divoratrice di libri e ama scrivere sin da quando aveva circa 9 anni. 
“La sentenza perfetta. I casi dell'avvocato Amato” è il suo romanzo d'esordio edito da Porto Seguro Editore.
Il libro è disponibile nelle librerie e nei bookstore online a partire dal 15 ottobre 2021. 
È risultata prima classificata nella sezione narrativa a tema, organizzata dall'associazione L'anfora di Calliope, con un racconto inedito sull'amicizia. Ha pubblicato altresì un racconto con la Guida Editori in una raccolta di racconti a tema quarantena.




D: AVVOCATO, APPASSIONATA DI LIBRI: CHI È ROSALIA?

R: Una persona che cerca sempre di migliorarsi, come donna, come professionista, come mamma. Mi piace dire che faccio l'avvocato, non che sono un avvocato. È una professione che amo ma che non mi definisce come persona. Non riesco a stare mai ferma, mi piace dedicarmi a tante attività, mi fa stare bene.


D: QUANDO HAI LETTO IL PRIMO LIBRO?

R:A 8 anni mi pare. Il diario di Anna Frank è uno dei primi che ricordo. Mia nonna Pina aveva l'abitudine di regalare ai nipoti dei libri. È un ricordo prezioso che ho di lei ed è una passione che non mi ha mai abbandonato e che spero di trasmettere ai miei figli.


D: ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA?

R: Uno solo no, ma vari. Sicuramente i classici hanno influenzato la mia passione per la lettera e per la scrittura. Da ragazza amavo Andrea De Carlo, Wilde  e Shakespeare. 


D: QUANTO C'È DI TE IN QUESTO LIBRO?

R: Di me c'è inevitabilmente tanto, soprattutto come avvocato. Giulia, la mia protagonista, ha il mio modo di affrontare la professione con passione, serietà, studio e, ahimè a volte, con troppo coinvolgimento emotivo. Anche se con gli anni ho imparato a tenere fuori il lavoro il più presto dalla mia vita personale.


D: QUAL' E IL PROSSIMO PASSO DI GIULIA?

R:Spero che Giulia abbia un futuro letterario. Io sto già scrivendo il seguito del romanzo. Al momento ho concepito la storia di Giulia come una trilogia, poi chissà. Se dovesse piacere, se i lettori avessero voglia di leggere ancora di Giulia io sono qui. Scrivere per me è vitale, l'apprezzamento dei lettori è linfa.


D: C'È UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE TI HA ISPIRATO PER QUESTA STORIA? 

R: Sì. Mi riferisco a un processo che ho patrocinato tanti anni fa e che mi ha coinvolto molto. È narrato incidentalmente nella storia, ma mi ha ispirato a raccontare la storia di un avvocato penalista donna, della sua professione e delle difficoltà di conciliare lavoro e vita privata.


D: C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE.. CHE  VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R: Spero che leggendo il mio romanzo possano appassionarsi a Giulia, alla quale sono molto legata. Se riesco suscitare emozioni durante la lettura, allora vuol dire che qualcosa di buono l'ho scritto.



Ringrazio Rosalia per essere stata mia ospite.



Intervista a cura di C.L


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24 gennaio 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: IL PRIMO CAFFÈ DELLA GIORNATA DI TOSHIKAZU KAWAGUCHI



NOTE SULL'AUTORE

Toshikazu Kawaguchi, nato a Osaka nel 1971.In Giappone lavora come sceneggiatore e regista. Con Finché il caffè è caldo (Garzanti, 2020), suo romanzo d’esordio, ha vinto il Suginami Drama Festival. A questo successo segue Basta un caffè per essere felici (Garzanti, 2021), il secondo volume sulla caffetteria speciale.

SINOSSI

Nel cuore del Giappone esiste un luogo che ha dello straordinario. È una piccola caffetteria che serve un caffè dal profumo intenso e avvolgente, capace di evocare emozioni andate. Di far rivivere un momento del passato in cui non si è riusciti a dar voce alle emozioni più profonde e sentite o si è arrivati a un passo dal deludere le persone più importanti. Per vivere questa esperienza unica, basta seguire poche e semplici regole: accomodarsi al tavolino che si preferisce e gustare il caffè con calma, un sorso dopo l'altro. L'importante è fare attenzione che non si raffreddi. Per nessuna ragione. Gira voce che cose inimmaginabili accadano a chi lascia anche una sola goccia, gelata, nella tazza. Non è un caso che entrare in questa caffetteria non sia per tutti. Solo chi ha coraggio e sente il bisogno di mettersi in gioco, può farsi avanti e rischiare. Proprio come Yayoi, che, privata dell'affetto dei genitori quando era ancora molto piccola, non sa bene come accogliere e accudire una nuova vita. O Hayashide, la cui carriera sfavillante, costellata di successi, non gli ha dato modo di accorgersi della felicità che ha sempre avuto a portata di mano. O ancora Reiko, che non ha mai saputo chiedere scusa all'amata sorella e ora si sente schiacciata dal senso di colpa, bloccata in un eterno presente dove ogni giorno è identico al successivo. E Reiji, per cui una frase semplice come “ti amo” rappresenta ancora un ostacolo invalicabile. Ciascuno vorrebbe poter cambiare quello che è stato. Riavvolgere il nastro e ricominciare da capo. Ma cancellare il passato non è la scelta migliore. Al contrario, ciò che conta è imparare dai propri errori per guardare al futuro con ottimismo, senza pensare alle occasioni mancate. Perché ci saranno sempre nuove possibilità di inseguire la vita che si desidera.

COSA NE PENSO

Per chi ha conosciuto i protagonisti dei due romanzi precedenti sarà un ritorno diverso.
Questa volta la caffetteria è cambiata, siamo ad Hakodate e non più a Tokyo.
Si narra come nei volumi precedenti  che ,bevendo un caffè nella caffetteria di Yukari Tokita, sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata.
Ma c'è una regola da rispettare.. Finché il caffè è caldo.

“Una volta tornati nel passato,non si può comunque fare niente per cambiare il presente.”

È davvero una regola incredibile? Allora perché fare un viaggio nel passato? La penna acuta di Kawaguchi cerca di elaborare il dolore sotto ogni aspetto, sovrapponendo due elementi fondamentali la razionalità e l'  irrazionalità della mente umana in questi casi.
La trama surreale ci porta a riflettere sul senso della vita. Un' opera come dicevo prima di pura fantasia,ma incredibilmente emozionante.
Il personaggio di Sachi, la figlia di Kazu mi ha colpita particolarmente, per la sua spiccata capacità di vedere nel cuore della gente. In questa nuova avventura, conosceremo le vite di Yayoi, Yukita, Reiko, Todoroki,Setsuko, Reiji e Nanako.
Storie che si riscontrano nella realtà di tutti i giorni, ma forse proprio per questo ogni lettore può immedesimarsi facilmente nei protagonisti.
Una storia originale ed insolita.
Consigliato!

Buona lettura!


Recensione a cura di C.L


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20 gennaio 2022

INTERVISTA AD ALICE BASSO

 




Cari lettori,

Oggi ho il piacere di ospitare nel mio blog Alice Basso, scrittrice, redattrice, traduttrice, valutatrice di proposte editoriali. Nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni canta e scrive canzoni per un paio di rock band. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.

 

D: QUANDO HA INIZIATO A SCRIVERE E DA DOVE ARRIVA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R: Mi sono accorta che scrivere era un'attività che prometteva un gran divertimento appena me l'hanno insegnato a scuola. Avete presente quando le maestre fanno scrivere i primi “pensierini”? (Be', almeno ai miei tempi si chiamavano così). Scoprire che due, tre pensierini, uno dopo l'altro, potevano costruire una storia è stata un'emozione grandiosa! Da quel momento non sono mai stata senza qualcosa in corso di scrittura: racconti, ma soprattutto romanzi e anche qualche fumetto. Poi, se vogliamo parlare di scrivere professionalmente... questa è tutt'un'altra storia. Prima mi sono messa a lavorare coi libri, sì, ma con quelli altrui: faccio la traduttrice e la redattrice dal 2002, anno della mia laurea. Solo nell'autunno del 2013 ho scritto qualcosa di cui mi sia sentita abbastanza fiera da non vergognarmi a spedirlo a qualche agenzia. Era L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome, il primo libro della pentalogia sulla ghostwriter-investigatrice Vani Sarca, che Garzanti ha acquistato a marzo del 2014 e che è uscito poi nel 2015. Da allora, sempre con Garzanti, ho pubblicato un libro all'anno: i cinque di Vani Sarca, appunto, e dal 2020 i primi due della nuova saga di Anita Bo.

 

D: PARLANDO DEI SUOI LIBRI IL MORSO DELLA VIPERA E IL GRIDO DELLA ROSA, LA SERIE DEI RACCONTI CHE VEDE COME PROTAGONISTA ANITA BO, DATTILOGRAFA NELLA TORINO ANNI TRENTA, DOVE HA TROVATO L'ISPIRAZIONE PER QUESTO PERSONAGGIO? COS'HA AMATO MAGGIORMENTE DURANTE LA STESURA?

R: Mi fa sempre piacere parlare di com'è nato lo spunto per la saga di Anita, perché è arrivato da una specie di Big Bang! Nel 2019, dopo aver finito di scrivere l'ultimo libro di Vani Sarca, stavo lavorando a qualcosa di nuovo, più tante cosette di quelle che agli scrittori capita spesso di fare: per esempio, stavo preparando un corso sulla nascita del giallo da tenere nelle scuole, e mi stavo appassionando un sacco ai rapporti fra giallo, giallisti e regime fascista. (Spoiler: erano un casino. Il regime odiava il potenziale di denuncia dei gialli e cercava in ogni modo di censurarli e controllarli.) Nel frattempo, stavo preparando una specie di spettacolo teatrale, su commissione (lo dico perché di solito si pensa ai lavori su commissione come a qualcosa di arido e poco motivante, e invece in questo caso è stato tutto il contrario!), sulla storia di una dattilografa. E anche studiare il modo in cui la professione della dattilografia ha emancipato un sacco di ragazze nella prima metà del '900 mi stava appassionando da morire. Così un giorno, mentre mi lavavo i denti, mi è sorto il pensiero: ma perché non scrivo una serie in cui una dattilografa va a lavorare per un giallista, negli anni trenta? E addio: da quel momento non sono più riuscita a pensare ad altro. Anita e Sebastiano sono diventati il centro dei miei pensieri!

 

D: QUALE SARÀ IL PROSSIMO PASSO PER ANITA BO?

R: Anita ha un sacco di cose da fare, infatti come per Vani Sarca ho progettato per lei una serie di cinque libri (avevo fatto così anche per Vani: programmare subito le trame di tutti e cinque, come se fossero un unico lungo macro-libro). Il prossimo episodio, il terzo, dovrebbe uscire a primavera. E stavolta ci porterà a spasso non solo nella Torino della stampa e dell'editoria di gialli, ma anche nella Torino del cinema (perché Torino aveva smesso da pochissimo di essere la capitale italiana del cinema, e proprio in quel periodo stava passando lo scettro a Roma).​

 

D: QUALI COLORI POTREBBERO RIASSUMERE LE PERSONALITÀ DI VANI SARCA E DI ANITA BO?

R: Be', Vani è di sicuro nera e viola. È una ragazza dall'aria molto dark, che gira perennemente in impermeabile nero sdrucito e trucco pesante perché le piace mettere una certa strizza alla gente che incontra. Ha anche un umorismo nero, direi. Anita invece è solare e gioviale, anzi: siccome è una brunetta molto graziosa (ma anche furbacchiona), ha capito che fingersi una bella svampita ha i suoi vantaggi, perché la gente tende a sottovalutarti e ad abbassare la guardia in tua presenza. Dunque direi che per lei vanno bene un rosso, energico e vulcanico, o un fucsia, così femminile ma acceso.

 

D: NEL 2019 ESORDISCE COME ILLUSTRATRICE PER IL SAGGIO. C'ERA UNA SVOLTA DI BARBARA FIORIO. CI RACCONTA DI QUESTA ESPERIENZA?

R: Ahah, che divertimento! Io non sono un'illustratrice, ho sempre disegnato e dipinto volentieri, sì, ma solo per diletto personale. Però Barbara è una collega e un'amica (faccio spesso delle comparsate come docente extra nei corsi di scrittura che tiene online – un laboratorio dal buffissimo nome di Gruppo di Supporto Scrittori Pigri) e C'era una svolta è un libro particolarmente spiritoso: parla delle fiabe tradizionali, nella loro versione originale però (cioè di solito crudele e scioccante), e ci fa un sacco di ironia sopra. Barbara ha raccolto a sé svariati amici illustratori professionisti e non: l'importante è che avessero voglia di interpretare quest'ironia. E io mi sono divertita tantissimo!

 

D: I SUOI LIBRI O AUTORI PREFERITI DI QUANDO ERA BAMBINA E DI ADESSO?

R: Wow, questa è una di quelle risposte in cui devo impormi una bella autodisciplina o finisco per sproloquiare per cinquanta righe. Allora, io ho un affetto e una gratitudine speciali per quegli attori dallo stile brillante che non si prendono troppo sul serio, ti fanno ridere, ma che poi, quando arrivi alla fine del libro, ti accorgi che sono riusciti anche a lasciarti qualcosa. Il mio preferito in assoluto è William Goldman, autore del più bel libro metaletterario che abbia mai letto (peraltro, da bambina), La principessa sposa; ma ho voluto molto bene anche a Pennac, a Benni, in tempi più recenti a Christopher Moore. Come quasi tutta la mia generazione, ho amato molto Stephen King, però, più che per i brividi horror, per quei libri o pezzi di libri in cui racconta infanzia e adolescenza: chi non lo considera un grande scrittore forse non conosce la novella Cuori in Atlantide dall'omonima raccolta, in cui parla di college al tempo del Vietnam. E poi adoro Raymond Chandler, con quel suo umorismo malinconico, e John Fante e John Steinbeck, che ti portano in mondi desolati ipnotizzandoti con uno stile meraviglioso. E mi fermo solo per, appunto, autodisciplina!

 

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Come ho già accennato, adesso ho intenzione di portare a spasso Anita Bo ancora per tre libri. E poi...vedremo. La mia testa e i miei cassetti non sono mai vuoti di progetti!

 

Ringrazio Alice Basso per aver risposto alle mie domande.

 




Ph di Alice Basso by Sara Lando


Intervista a cura di C.L

 

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26 dicembre 2021

RECENSIONE DEL LIBRO: SCRIVERE È L'INFINITO DI MARIANO SABATINI




NOTE SULL' AUTORE


Mariano Sabatini, nato a Roma nel 1971, è giornalista e scrittore. Dagli anni Novanta ha lavorato per quotidiani, periodici e web, curando rubriche e scrivendo pezzi di attualità, cultura e spettacoli. È stato autore per TMC e per la Rai (Tappeto volante, Parola mia, Uno Mattina) e poi temuto critico televisivo. Ha ideato e condotto rubriche su radio nazionali e locali, e come commentatore è molto presente sui grandi network. Ha pubblicato numerosi saggi (LA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL CINEMA, (Edizioni Scientifiche Italiane 2001), TRUCCHI D'AUTORE (Nutrimenti 2005), VI RACCONTO MONTALBANO - (Datanews 2006), ALTRI TRUCCHI D'AUTORE (Nutrimenti 2007), CI METTO LA FIRMA, (Aliberti 2009), L’ITALIA S’E'  MESTA (Giulio Perrone 2010), È LA TV BELLEZZA, (Lupetti, 2012). 
Ha debuttato nella narrativa con il noir L’INGANNO DELL' IPPOCASTANO (Adriano Salani Editore, 2016), Premio Flaiano e Premio Mariano Romiti opera prima 2017, seguito da PRIMO VENNE CAINO, (Adriano Salani Editore 2018), vincitore del Premio Internazionale di Letteratura Città di Como 2018, del Premio Logos Cultura Milano International 2018 e del Premio Letterario GialloCeresio 2019.
SCRIVERE È L'INFINITO (Vallecchi Firenze, 2021) é il suo nuovo saggio.


SINOSSI

Mariano Sabatini ha interpellato gli autori più noti per capire se scrittori si nasce o si può diventarlo. E come. Con il proliferare delle scuole di scrittura creativa, l'interrogativo non è affatto pretestuoso. Scrivere può insegnare a scrivere. Ma soprattutto serve leggere: tanto, di tutto. Ecco, allora, che in "Scrivere è l'infinito" il lettore - aspirante scrittore - troverà più di cento testimonianze di romanzieri famosi e apprezzati sui loro singolari metodi di lavoro. Qualche esempio: l'anarchia di Andrea Camilleri; l'isolamento di Giorgio Faletti; la lentezza di Sveva Casati Modignani; le ricerche di Giuseppe Culicchia; i canovacci di Loriano Macchiavelli; gli intrecci automatici di Cristina Comencini; il masochismo di Simonetta Agnello Hornby; il transfert di Alberto Bevilacqua; il dolore di Dacia Maraini; le pennichelle di Margherita Oggero; il tempo scaduto di Gianrico Carofiglio; il plot di Massimo Carlotto; la vendemmia di Enrico Brizzi; la patologia di Lidia Ravera; la naturalezza di Bianca Pitzorno; le riscritture infinite di Michael Cunningham; il falò di Andrea Vitali; il gioco di Romana Petri… Grazia Versanai, Barbara Baraldi, Licia Troisi, e tantissimi altri.


COSA NE PENSO

Questo libro è un vero e proprio “manuale” sulla scrittura. È perfetto per chi vuole intraprendere seriamente il mestiere di scrittore. In questo volume, Sabatini ha chiamato a raccolta i grandi nomi della letteratura italiana e non solo, poiché tra un capitolo e l'altro cita anche frasi di autori di fama mondiale da P.D James, Gabriel Garcia Marquez, Virginia Woolf.
Il primo scrittore che  “incontriamo” è l'indimenticabile maestro Andrea Camilleri, il quale  ricorda, il suo primo romanzo “Il  corso delle cose", racconta con ironia gli anni in cui i suoi manoscritti venivano rifiutati dalle case editrici, fino al meritatissimo successo avvenuto alla veneranda età di 73 anni. Tra una curiosità e l'altra spuntano fuori anche i suoi “rituali" di scrittura. Faccio i miei complimenti a Mariano Sabatini per averci donato un ritratto pressoché inedito del papà del Commissario Montalbano.
Pagina dopo pagina, troverete tante risposte  esaustive su la struttura di un romanzo, come nascono le idee iniziali, la stesura, i luoghi e infine i personaggi che secondo Dacia Maraini ogni personaggio ha una biografia.
In tutto ciò, però trovo  interessante l'osservazione fatta da Lisa Ginzburg:

«L' italiano è una lingua non facile facile, bellissima, musicale e piena di soluzioni interne una più bella dell'altra con le sue trappole però; un uso degli avverbi che può essere oggetto di abuso insidioso,e dall'altra parte una costruzione sintattica con la quale si può “giocare” spaziando in una musicalità e ritmica delle frasi particolarmente ricca.»

In conclusione, cari autori emergenti fate tesoro di questi preziosissimi consigli. 
Sono certa che vi torneranno senz'altro utili in futuro e non disperate davanti ai continui rifiuti dei vostri manoscritti da parte delle Case Editrici.
Il vero segreto in questo lavoro è la costanza seguita da un'infinita pazienza.
E come dice Stephen King nel suo “On writing.”

«La lettura costituisce il nucleo creativo della vita di un autore.»

A mio parere fare lo scrittore non è alla portata di chiunque e inoltre condivido quanto detto da chi fa questo mestiere con vera passione da una vita intera. Perché non conta la quantità di tempo che impiegate per scrivere ma la qualità del prodotto finale.
Buona lettura!


Recensione a cura di C.L

© Riproduzione Riservata 







20 dicembre 2021

RECENSIONE DEL LIBRO: IL SEGRETO DELLA SPEZIALE DI SARAH PENNER

NOTE SULL' AUTRICE

Sarah Penner, vive a St. Petersburg, Florida, insieme al marito e al loro cane, Zoe. Il segreto della speziale, il suo primo libro, sarà pubblicato in oltre trenta paesi nel mondo.

SINOSSI

Nascosta nei vicoli della Londra settecentesca, la piccola bottega di una speziale è frequentata da una clientela inusuale. Le donne di tutta la città sussurrano fra di loro il nome di una misteriosa donna, Nella, che vende veleni difficili da rintracciare e che possono essere usati contro gli uomini che le opprimono. Le regole sono poche ma ferree: il veleno non deve essere mai usato contro un’altra donna; i nomi delle vittime e delle assassine verranno per sempre conservati nei registri della bottega.
Eliza ha solo dodici anni quando entra dalla porta con l’insegna di un orso per richiedere, su ordine della sua padrona, un potente veleno. Da subito capisce che quel mondo magico, fatto di boccette di vetro, erbe odorose e ingredienti misteriosi, è fatto per lei. E chiede alla speziale di diventare la sua assistente. Ma sarà proprio un errore di Eliza a sconvolgere il delicato equilibrio del piano di Nella e a scatenare terribili conseguenze che avranno eco nei secoli a venire.
Nella Londra di oggi, una giovane storica americana, Caroline Parcewell, trascorre il suo anniversario di nozze in solitudine, fuggendo dai demoni che la perseguitano. Non si aspetta certo di ritrovare, nascosto nelle acque del Tamigi, un indizio che può essere la chiave per risolvere la serie di delitti perpetrati due secoli prima. Eppure le spire del veleno della speziale sono ancora pericolose, e qualcuno potrebbe non sopravvivere.


COSA NE PENSO

Un libro ben scritto, per essere un romanzo d'esordio.
Durante l'intera lettura ho avuto la perenne sensazione di stare nella Londra settecentesca descritta dall'autrice per quanto dettagliatamente sono state descritte le scene e i personaggi.
La penna di Sarah Penner, soddisfa anche il lettore più esigente. 
Storie d’amore e d’avventura con i ritmi incalzanti di un noir colmo di intrighi, segreti, e vendette.Un continuo alternarsi tra passato e presente.
Un mistero quello della Speziale tenuto nascosto per oltre duecento anni dalle rive del Tamigi e riportato alla luce per un caso fortuito da Caroline.

“La storia non conserva traccia degli intricati rapporti tra le donne,che non è possibile rivelare.”

Questo libro ci insegna cosa significa essere solidali.
Inoltre, l'intera vicenda è un inno alla speranza, al riscatto e al diritto di vivere per ciò che sentiamo e non per effetto di decisioni prese da altri per noi.
Lo consiglio a tutti.
Buona lettura!


Recensione a cura di C.L

© Riproduzione Riservata 







13 dicembre 2021

RECENSIONE DEL LIBRO: PROMETTIMI DI ESSERE LIBERA DI NADIA CRUCITTI


NOTE SULL' AUTRICE

Nadia Crucitti, è nata e vive a Reggio Calabria. Laureata in materie letterarie, è stata tra i curatori delle antologie del Premio di poesia Nosside dal 1984 al 1990. Ha scritto recensioni, articoli e giochi letterari per TuttoLibri – La Stampa e altre riviste. Ha pubblicato i lavori teatrali L’umano vangelo e Affetti familiari e i romanzi Casa Valpatri (Mondadori) e Berlino 1940: la convocazione (La Città del Sole).


SINOSSI

Berlino,1944. L' urlo delle sirene è incessante, centinaia di aerei seminano bombe, incendi, paura. La popolazione è allo stremo e chi può lascia la città.Eppure Lilly Wust resta. Moglie di un ufficiale della Wehrmacht, croce d’onore per aver donato al Reich quattro figli, sa che la città sta per cadere in mano ai nemici, e ha messo i bambini al sicuro in campagna, ma non può scappare. Perché aspetta il ritorno di Felice. Conta i giorni che le separano e tiene per lei un diario. Allinea parole pensate mentre cerca cibo e acqua tra le macerie, mentre trema in cantina attendendo che l’ennesima ondata di aerei passi. La guerra presto finirà e Felice tornerà da quella destinazione sconosciuta dove l’hanno portata dopo l’arresto.Felice Schragenheim è ebrea: forte dei suoi vent’anni ha sopportato tutto, e in quella che potrebbe essere la sua ultima notte ad Auschwitz è a Lilly che rivolge i suoi pensieri. Si rivede bambina ridente con genitori e fratello in una Berlino festosa, e poi giovane donna pronta a infrangere i divieti nazisti, ignorare l’ordine di cucire la stella gialla sugli abiti, inseguire la vita fino a innamorarsi di Lilly, aprirle gli occhi, immaginare un futuro diverso insieme.

Ispirato a una storia vera.


COSA NE PENSO

Ho finito ieri sera di leggere questo capolavoro letterario.
Non lo si può definire diversamente.
È il primo romanzo che leggo di Nadia Crucitti, una scrittrice che ha superato tutte le mie aspettative iniziali. 
Credo che questo libro possa essere utile per tutti, sia per ricordarci la storia che hanno vissuto i nostri nonni e i nostri genitori,sia perché narra la storia d'amore tra due donne, Lilly e Felice. 
Un tema ricorrente nella società di adesso.
E l'autrice lo fa con eleganza e raffinatezza.
Promettimi di essere libera è un romanzo che colpisce al cuore per sedimentare sentimenti veri, puri e contrastanti. Un lungo viaggio crudele, feroce, doloroso ma sicuramente anche uno di quelli più belli che rimangono impressi nella memoria del lettore per la forza della speranza.
Un libro ricco sotto tutti gli aspetti.
Consigliatissimo. Buona lettura!

“Ti dirò l'orrore e la disperazione; ti dirò quanto sono stati ignobili,vili,empi, nefandi. 
Troverò il coraggio di dirti tutto quello che ho vissuto, così mi laverò di dosso il dolore, questo tempo di sangue e violenza, questo tempo di uomini impuri. E respirerò libera in te. In te ritroverò l'orgoglio di appartenere al mondo.”

Recensione a cura di C.L

© Riproduzione Riservata 



29 novembre 2021

INTERVISTA AD AMAL BOUCHAREB



Carissimi lettori, 


Ospite del blog di oggi è Amal Bouchareb.
Amal Bouchareb scrittrice e traduttrice algerina, classe 1984, nata a Damasco. Laureata in interpretariato e traduzione. È stata docente presso il dipartimento di inglese della Scuola Normale Superiore di Algeri. È stata caporedattrice della rivista letteraria dell’Unione degli Scrittori Algerini "Aqlam". I suoi racconti e i suoi romanzi hanno ottenuto importanti premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Ha tradotto in arabo molti autori italiani, sia classici sia moderni e contemporanei, come Niccolò Machiavelli, Pier Paolo Pasolini, e Mariangela Gualtieri. Per Buendia Books ha già pubblicato L’odore, racconto vincitore del Festival International de la Littérature et livre de jeunesse (FELIV) 2008 ad Algeri. Nel 2020 è uscito il suo secondo libro in Italia l’anticonformista sempre per i tipi di Buendia Books. E nel 2021 "Il bianco e il nero" per Edizioni Le Assassine. Nel 2020 l’Università di Tipaza (Algeria) ha indetto in suo onore un convegno sullo studio della sua produzione narrativa. Collabora con numerose testate arabe e algerine nel campo della critica letteraria e della traduzione. È la fondatrice e la direttrice di Arabesque, la prima rivista che si occupa della letteratura e le arti del mondo arabo in Italia, edita da Puntoacapo Editrice. 


Desidero ringraziare Amal per la sua disponibilità nel concedermi questa intervista. 


D: QUALI SONO GLI SCRITTORI CHE PIÙ TI HANNO INFLUENZATA?

R: Direi che sono piuttosto influenzata da tradizioni di scrittura che da singoli autori. I racconti popolari algerini e arabi hanno modellato il mio immaginario, e sono quelli che mi hanno segnata di più, sia sul livello dei temi di scrittura che le tecniche di narrazione. Per come sviluppare i personaggi la letteratura russa ci da delle lezioni insuperabili. Nella letteratura occidentale d’altronde, penso che sia il teatro che mi ha influenzata di più, quello classico francese di Molière, e il dry Anglo-Saxon humour di George Bernard Shaw. Nella narrativa italiana invece mi ha sempre colpito il realismo provocatorio di Alberto Moravia per esempio.


D: COM’È DA TRADUTTRICE IL RAPPORTO CON UN TESTO CHE NON È TUO?

R: Tradurre è un’esperienza che rende un autore più umile. Essendo troppo assorbiti nel nostro ego scrivendo, potrebbe essere auto intossicante, gli autori migliori per poter superare l’io “avvelenante” non la smettono mai di leggere. Nel mio caso, tradurre consiste a portare semplicemente questa cura detox di altruità al livello successivo.


D: DA DOVE È NATA L ’IDEA DEL TUO ROMANZO "IL BIANCO E IL NERO"? È TUTTO FRUTTO DI FANTASIA O QUALCHE PERSONAGGIO E/O FATTO HA DELLE BASI REALI?

R: Per me non esistono personaggi puri frutti di fantasia. Nei miei racconti tutti i personaggi hanno radici nella realtà, mi basta a volte solo un viso interessante incrociato a caso, per trasformarlo ad un protagonista del prossimo libro. In “il bianco e il nero” almeno la donna con il hayek è una vera donna che la incontravo ad Algeri esattamente nel posto descritto nel romanzo, forse è stata lei ad avermi ispirata tutta la storia, Damia invece è ispirata parzialmente dai quadri di Kamil Vojnar... per il resto “qualsiasi somiglianza è del tutto casuale”… Teniamoci al disclaimer!


D: QUAL È IL MESSAGGIO CHE VORRESTI TRASMETTERE AI LETTORI CHE HANNO LETTO O LEGGERANNO “IL BIANCO E IL NERO”?

R: Che siamo tutti uguali; nell’essere buoni e nell’essere cattivi tutti gli esseri umani sono uguali! Sembra banale come messaggio, e può suonare come una predica. Ma scegliendo di sottolineare il lato scuro di questa verità nel romanzo era giustamente per rendere il messaggio poco utopistico.


D: NEL "L' ANTICONFORMISTA" AFFRONTI CON UNO SGUARDO ATTENTO I VIAGGI DEI MIGRANTI NEI PRINCIPALI LUOGHI DA CUI PARTONO E LO FAI MESCOLANDO REALTÀ E FIABA, CRONACA E LETTERATURA SENZA ELUDERE NESSUNO DEI TEMI SCOTTANTI DEGLI ULTIMI ANNI. COSA TI ASPETTI CHE ACCADA IN FUTURO?

R: Secondo me, se aspettiamo una soluzione dall’Europa la situazione rimarrà tale con un anticlimax clamoroso esattamente come il finale descritto nel racconto; visto che il fenomeno di migrazione di massa è solo un effetto collaterale delle guerre del Medio Oriente, e il dominio di regime corrotti in Africa che nutrono sia le prime che i secondi l’economia di certi Paesi occidentali. Ci vogliono dunque vere e proprie  rivoluzioni in Africa e nel mondo arabo per mettere fine alla seconda ondata di un colonialismo subdolo (con tutte le sue varianti sia economiche che culturali o “umanitarie”) e in conseguenza le migrazioni di massa. Tanti giovani africani ne sono consapevoli e questo lo abbiamo visto ultimamente durante le 28ème sommet Afrique-France. Solo che con il colonialismo classico, i nostri popoli dovettero una volta difendere il loro diritto di mettere fuori i colonizzatori, ma con il neo-colonialismo la sfida è doppia, oltre a mettere fuori le potenze neo-coloniali, uno deve anche lottare per difendere il suo sacrosanto diritto di non lasciare il suo Paese.


D: QUALCUNO HA DETTO CHE IL PIACERE, NELLO SCRIVERE, STA NELLA PREPARAZIONE, NON NELL’ ESECUZIONE: SEI D’ACCORDO?

R: Assolutamente, è la fase più magica in cui l’autore si identifica in qualche modo con il divino, con il Creatore. La fase dell’esecuzione invece ci ricorda delle nostre imperfezioni, la nostra incapacità a realizzare un’opera che corrisponde del tutto a quello che abbiamo immaginato. All’inizio, trovavo questa fase anche frustrante, ma poi ho imparato a goderla e considerarla come una preghiera: un “dhikr” che ci ricorda del Grandissimo, e dei nostri limiti in questo mondo.


D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Da poco è uscito in Algeria il terzo romanzo della trilogia che avevo iniziato con “Il bianco e il nero”. Le idee per un nuovo romanzo sono ancora in gestazione. In Italia invece ho una collaborazione in corso con il festival “Bologna in Lettere”, sempre per mantenere quel equilibrio tra scrittura e traduzione.


Intervista a cura di C.L


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