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RECENSIONE DEL LIBRO: UMILIATI DI ROBERTO VETRUGNO
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INTERVISTA A VITO CATALANO AUTORE DEL LIBRO: IL CONTE DI RACALMUTO
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“LA SENTENZA PERFETTA”- INTERVISTA ALLA SCRITTRICE ESORDIENTE ROSALIA ALBERGHINA
24 gennaio 2022
RECENSIONE DEL LIBRO: IL PRIMO CAFFÈ DELLA GIORNATA DI TOSHIKAZU KAWAGUCHI
NOTE SULL'AUTORE
Toshikazu Kawaguchi, nato a Osaka nel 1971.In Giappone lavora come sceneggiatore e regista. Con Finché il caffè è caldo (Garzanti, 2020), suo romanzo d’esordio, ha vinto il Suginami Drama Festival. A questo successo segue Basta un caffè per essere felici (Garzanti, 2021), il secondo volume sulla caffetteria speciale.
SINOSSI
Nel cuore del Giappone esiste un luogo che ha dello straordinario. È una piccola caffetteria che serve un caffè dal profumo intenso e avvolgente, capace di evocare emozioni andate. Di far rivivere un momento del passato in cui non si è riusciti a dar voce alle emozioni più profonde e sentite o si è arrivati a un passo dal deludere le persone più importanti. Per vivere questa esperienza unica, basta seguire poche e semplici regole: accomodarsi al tavolino che si preferisce e gustare il caffè con calma, un sorso dopo l'altro. L'importante è fare attenzione che non si raffreddi. Per nessuna ragione. Gira voce che cose inimmaginabili accadano a chi lascia anche una sola goccia, gelata, nella tazza. Non è un caso che entrare in questa caffetteria non sia per tutti. Solo chi ha coraggio e sente il bisogno di mettersi in gioco, può farsi avanti e rischiare. Proprio come Yayoi, che, privata dell'affetto dei genitori quando era ancora molto piccola, non sa bene come accogliere e accudire una nuova vita. O Hayashide, la cui carriera sfavillante, costellata di successi, non gli ha dato modo di accorgersi della felicità che ha sempre avuto a portata di mano. O ancora Reiko, che non ha mai saputo chiedere scusa all'amata sorella e ora si sente schiacciata dal senso di colpa, bloccata in un eterno presente dove ogni giorno è identico al successivo. E Reiji, per cui una frase semplice come “ti amo” rappresenta ancora un ostacolo invalicabile. Ciascuno vorrebbe poter cambiare quello che è stato. Riavvolgere il nastro e ricominciare da capo. Ma cancellare il passato non è la scelta migliore. Al contrario, ciò che conta è imparare dai propri errori per guardare al futuro con ottimismo, senza pensare alle occasioni mancate. Perché ci saranno sempre nuove possibilità di inseguire la vita che si desidera.
COSA NE PENSO
Per chi ha conosciuto i protagonisti dei due romanzi precedenti sarà un ritorno diverso.
Questa volta la caffetteria è cambiata, siamo ad Hakodate e non più a Tokyo.
Si narra come nei volumi precedenti che ,bevendo un caffè nella caffetteria di Yukari Tokita, sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata.
Ma c'è una regola da rispettare.. Finché il caffè è caldo.
“Una volta tornati nel passato,non si può comunque fare niente per cambiare il presente.”
È davvero una regola incredibile? Allora perché fare un viaggio nel passato? La penna acuta di Kawaguchi cerca di elaborare il dolore sotto ogni aspetto, sovrapponendo due elementi fondamentali la razionalità e l' irrazionalità della mente umana in questi casi.
La trama surreale ci porta a riflettere sul senso della vita. Un' opera come dicevo prima di pura fantasia,ma incredibilmente emozionante.
Il personaggio di Sachi, la figlia di Kazu mi ha colpita particolarmente, per la sua spiccata capacità di vedere nel cuore della gente. In questa nuova avventura, conosceremo le vite di Yayoi, Yukita, Reiko, Todoroki,Setsuko, Reiji e Nanako.
Storie che si riscontrano nella realtà di tutti i giorni, ma forse proprio per questo ogni lettore può immedesimarsi facilmente nei protagonisti.
Una storia originale ed insolita.
Consigliato!
Buona lettura!
Recensione a cura di C.L
© Riproduzione Riservata
20 gennaio 2022
INTERVISTA AD ALICE BASSO
Cari lettori,
Oggi ho il piacere di ospitare nel mio blog Alice Basso, scrittrice, redattrice, traduttrice, valutatrice di proposte editoriali. Nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni canta e scrive canzoni per un paio di rock band. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.
D: QUANDO HA INIZIATO A SCRIVERE E DA DOVE ARRIVA LA
SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?
R: Mi sono accorta che scrivere era un'attività che
prometteva un gran divertimento appena me l'hanno insegnato a scuola. Avete
presente quando le maestre fanno scrivere i primi “pensierini”? (Be', almeno ai
miei tempi si chiamavano così). Scoprire che due, tre pensierini, uno dopo
l'altro, potevano costruire una storia è stata un'emozione grandiosa! Da quel
momento non sono mai stata senza qualcosa in corso di scrittura: racconti, ma
soprattutto romanzi e anche qualche fumetto. Poi, se vogliamo parlare di
scrivere professionalmente... questa è tutt'un'altra storia. Prima mi sono
messa a lavorare coi libri, sì, ma con quelli altrui: faccio la traduttrice e
la redattrice dal 2002, anno della mia laurea. Solo nell'autunno del 2013 ho
scritto qualcosa di cui mi sia sentita abbastanza fiera da non vergognarmi a
spedirlo a qualche agenzia. Era L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome,
il primo libro della pentalogia sulla ghostwriter-investigatrice Vani Sarca,
che Garzanti ha acquistato a marzo del 2014 e che è uscito poi nel 2015. Da
allora, sempre con Garzanti, ho pubblicato un libro all'anno: i cinque di Vani
Sarca, appunto, e dal 2020 i primi due della nuova saga di Anita Bo.
D: PARLANDO DEI SUOI LIBRI IL MORSO DELLA VIPERA E IL
GRIDO DELLA ROSA, LA SERIE DEI RACCONTI CHE VEDE COME PROTAGONISTA ANITA BO,
DATTILOGRAFA NELLA TORINO ANNI TRENTA, DOVE HA TROVATO L'ISPIRAZIONE PER QUESTO
PERSONAGGIO? COS'HA AMATO MAGGIORMENTE DURANTE LA STESURA?
R: Mi fa sempre piacere parlare di com'è nato lo
spunto per la saga di Anita, perché è arrivato da una specie di Big Bang! Nel
2019, dopo aver finito di scrivere l'ultimo libro di Vani Sarca, stavo
lavorando a qualcosa di nuovo, più tante cosette di quelle che agli scrittori
capita spesso di fare: per esempio, stavo preparando un corso sulla nascita del
giallo da tenere nelle scuole, e mi stavo appassionando un sacco ai rapporti
fra giallo, giallisti e regime fascista. (Spoiler: erano un casino. Il regime
odiava il potenziale di denuncia dei gialli e cercava in ogni modo di
censurarli e controllarli.) Nel frattempo, stavo preparando una specie di
spettacolo teatrale, su commissione (lo dico perché di solito si pensa ai lavori
su commissione come a qualcosa di arido e poco motivante, e invece in questo
caso è stato tutto il contrario!), sulla storia di una dattilografa. E anche
studiare il modo in cui la professione della dattilografia ha emancipato un
sacco di ragazze nella prima metà del '900 mi stava appassionando da morire.
Così un giorno, mentre mi lavavo i denti, mi è sorto il pensiero: ma perché non
scrivo una serie in cui una dattilografa va a lavorare per un giallista, negli
anni trenta? E addio: da quel momento non sono più riuscita a pensare ad altro.
Anita e Sebastiano sono diventati il centro dei miei pensieri!
D: QUALE SARÀ IL PROSSIMO PASSO PER ANITA BO?
R: Anita ha un sacco di cose da fare, infatti come per
Vani Sarca ho progettato per lei una serie di cinque libri (avevo fatto così
anche per Vani: programmare subito le trame di tutti e cinque, come se fossero
un unico lungo macro-libro). Il prossimo episodio, il terzo, dovrebbe uscire a
primavera. E stavolta ci porterà a spasso non solo nella Torino della stampa e
dell'editoria di gialli, ma anche nella Torino del cinema (perché Torino aveva
smesso da pochissimo di essere la capitale italiana del cinema, e proprio in
quel periodo stava passando lo scettro a Roma).
D: QUALI COLORI POTREBBERO RIASSUMERE LE PERSONALITÀ
DI VANI SARCA E DI ANITA BO?
R: Be', Vani è di sicuro nera e viola. È una ragazza
dall'aria molto dark, che gira perennemente in impermeabile nero sdrucito e
trucco pesante perché le piace mettere una certa strizza alla gente che
incontra. Ha anche un umorismo nero, direi. Anita invece è solare e gioviale,
anzi: siccome è una brunetta molto graziosa (ma anche furbacchiona), ha capito
che fingersi una bella svampita ha i suoi vantaggi, perché la gente tende a
sottovalutarti e ad abbassare la guardia in tua presenza. Dunque direi che per
lei vanno bene un rosso, energico e vulcanico, o un fucsia, così femminile ma
acceso.
D: NEL 2019 ESORDISCE COME ILLUSTRATRICE PER IL
SAGGIO. C'ERA UNA SVOLTA DI BARBARA FIORIO. CI RACCONTA DI QUESTA ESPERIENZA?
R: Ahah, che divertimento! Io non sono
un'illustratrice, ho sempre disegnato e dipinto volentieri, sì, ma solo per
diletto personale. Però Barbara è una collega e un'amica (faccio spesso delle
comparsate come docente extra nei corsi di scrittura che tiene online – un
laboratorio dal buffissimo nome di Gruppo di Supporto Scrittori Pigri) e C'era
una svolta è un libro particolarmente spiritoso: parla delle fiabe
tradizionali, nella loro versione originale però (cioè di solito crudele e
scioccante), e ci fa un sacco di ironia sopra. Barbara ha raccolto a sé
svariati amici illustratori professionisti e non: l'importante è che avessero
voglia di interpretare quest'ironia. E io mi sono divertita tantissimo!
D: I SUOI LIBRI O AUTORI PREFERITI DI QUANDO ERA
BAMBINA E DI ADESSO?
R: Wow, questa è una di quelle risposte in cui devo
impormi una bella autodisciplina o finisco per sproloquiare per cinquanta
righe. Allora, io ho un affetto e una gratitudine speciali per quegli attori
dallo stile brillante che non si prendono troppo sul serio, ti fanno ridere, ma
che poi, quando arrivi alla fine del libro, ti accorgi che sono riusciti anche
a lasciarti qualcosa. Il mio preferito in assoluto è William Goldman, autore
del più bel libro metaletterario che abbia mai letto (peraltro, da bambina), La
principessa sposa; ma ho voluto molto bene anche a Pennac, a Benni, in tempi
più recenti a Christopher Moore. Come quasi tutta la mia generazione, ho amato
molto Stephen King, però, più che per i brividi horror, per quei libri o pezzi
di libri in cui racconta infanzia e adolescenza: chi non lo considera un grande
scrittore forse non conosce la novella Cuori in Atlantide dall'omonima
raccolta, in cui parla di college al tempo del Vietnam. E poi adoro Raymond Chandler,
con quel suo umorismo malinconico, e John Fante e John Steinbeck, che ti
portano in mondi desolati ipnotizzandoti con uno stile meraviglioso. E mi fermo
solo per, appunto, autodisciplina!
D: PROGETTI PER IL FUTURO?
R: Come ho già accennato, adesso ho intenzione di
portare a spasso Anita Bo ancora per tre libri. E poi...vedremo. La mia testa
e i miei cassetti non sono mai vuoti di progetti!
Ringrazio Alice Basso per aver risposto alle mie domande.
Ph di Alice Basso by Sara Lando
Intervista a cura di C.L
© Riproduzione Riservata
