23 febbraio 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: TREMA LA NOTTE DI NADIA TERRANOVA


NOTE SULL' AUTRICE

Nadia Terranova, nata a Messina nel 1978, si è laureata in filosofia e si è dottorata in storia moderna. Per Einaudi ha scritto i romanzi "Gli anni al contrario" (2015, vincitore di numerosi premi tra cui il Bagutta Opera Prima, il Brancati e l'americano The Bridge Book Award) e "Addio fantasmi" (2018, finalista al Premio Strega, vincitore del premio Subiaco Città del libro, del premio Alassio Centolibri, del premio Nino Martoglio e del premio Mario La Cava). Ha scritto anche diversi libri per ragazzi, tra cui "Bruno il bambino che imparò a volare" (Orecchio Acerbo 2012), "Casca il mondo" (Mondadori 2016) e "Omero è stato qui" (Bompiani 2019, selezionato nella dozzina del Premio Strega Ragazzi), e un saggio sulla letteratura per ragazzi, "Un'idea di infanzia" (ItaloSvevo 2019). Le sue opere sono tradotte in tutto il mondo.


SINOSSI

28 dicembre 1908: il piú devastante terremoto mai avvenuto in Europa rade al suolo Messina e Reggio Calabria.
Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un'inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un'esistenza magari sghemba, ma piú somigliante all'idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l'apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente.

«C'è qualcosa di piú forte del dolore, ed è l'abitudine». Lo sa bene l'undicenne Nicola, che passa ogni notte in cantina legato a un catafalco, e sogna di scappare da una madre vessatoria, la moglie del piú grande produttore di bergamotto della Calabria. Dall'altra parte del mare, Barbara, arrivata in treno a Messina per assistere all'Aida, progetta, con tutta la ribellione dei suoi vent'anni, una fuga dal padre, che vuole farle sposare un uomo di cui non è innamorata. I loro desideri di libertà saranno esauditi, ma a un prezzo altissimo. La terra trema, e il mondo di Barbara e quello di Nicola si sbriciolano, letteralmente. Adesso che hanno perso tutto, entrambi rimpiangono la loro vecchia prigione. Adesso che sono soli, non possono che aggirarsi indifesi tra le rovine, in mezzo agli altri superstiti, finché il destino non li fa incontrare: per pochi istanti, ma cosí violenti che resteranno indelebili. In un modo primordiale, precosciente, i due saranno uniti per sempre.


COSA NE PENSO

Il 28 dicembre 1908, un terremoto di smisurate proporzioni colpisce Reggio Calabria, Messina e i paesini circostanti. 
È la più grave catastrofe dell'appena nato Stato italiano si trovi ad affrontare. 
Un dramma che lasciò ai vivi la consapevolezza di rinascere su di un campo di morti. 
Una Nouvelle Histoire dove le idee, assieme ai comportamenti, vengono poste all'interno delle condizioni sociali di inizio Novecento.
La protagonista è Barbara, una giovane donna forte, risoluta, indomita, è certa di quello che vale, di ciò che può raggiungere.  Il terremoto le darà la possibilità di liberarsi di tutte le costrizioni da cui era sempre stata intrappolata, di vivere la tanto agognata libertà che pagherà, purtroppo a caro prezzo.
Oltre a Barbara, conosceremo, Elvira, Rosalba e Jutta. Ma in questo romanzo non si parlerà solo di loro, ma di Nicola, un bambino “invisibile” agli occhi degli altri,un bambino emotivamente fragile e sensibile, che si riscoprirà forte e ben diverso da come appare all'inizio.
Nadia Terranova dedica anche buona parte del romanzo alla figura di un'altra figlia di Messina, Letteria Montoro, una scrittrice “dimenticata".Una donna “di spiriti liberali”.
Letteria Montoro è stata una scrittrice romantica, poetessa di manifesta ispirazione leopardiana e rara sensibilità, nello scenario letterario di metà ‘800.
In conclusione, questo romanzo colpisce molto per la trama e per come l’autrice sia stata in grado di creare dei personaggi indimenticabili, grazie ai quali riesce a dar voce a tutti coloro che lottano da sempre i pregiudizi, l' esperienza del dolore e la denuncia sociale.
Il linguaggio è chiaro, lineare e scorrevole. I dettagli sono descritti in modo accurato e preciso, incisivo e perfetto il connubio tra magia e realtà.
Consiglio vivamente la lettura di questo interessante libro.


Recensione a cura di C.L

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07 febbraio 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: UMILIATI DI ROBERTO VETRUGNO


NOTE SULL'AUTORE

Roberto Vetrugno (Lecce 1975) è professore associato di Linguistica Italiana presso l’Università per Stranieri di Perugia. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo romanzo, Tripoli (Unicopli).


SINOSSI

Dopo una violenta lite con la moglie, Alberto vuole separarsi e si rifugia in pieno inverno a Otranto, in una casa sul mare. Va a trovare un amico, il professore: appena lo informa delle sue intenzioni, il professore gli mostra un misterioso trattato rinascimentale, Anteros, sive contra amorem, che illustra i rischi mortali dell'amore. Poi insieme a due vecchi amici convocati apposta, decide di togliere ogni dubbio dalla testa di Alberto e gli racconta la storia tragicomica degli Umiliati, una squadretta di calcio formata da mariti integralmente umiliati dalle mogli. Alberto ascolta, è confuso, torna nella sua solitudine per riflettere. Ma un fatto di cronaca lo sconvolge: un padre ha ucciso i figli perché la moglie gli ha chiesto la separazione, poi si è ammazzato lanciandosi da un ponte. Alberto decide di andare al funerale dell'assassino, per cercare di capire quel gesto maledetto. Per comprendere fino in fondo quanto male può fare l'amore coniugale.


COSA NE PENSO

Un insieme di racconti brevi, esempi molto concreti sulla crisi di coppia e sull’amore che si concentrano su liti, incomprensioni, sofferenze e separazioni e sulle problematiche irrisolte.
Un testo semplice quanto efficace: uomini e donne hanno due diversi modi di pensare, di parlare, di amare; quasi come se venissero da pianeti diversi. Personalmente trovo immorale e ingiusto questo "vittimismo" maschile, perché sono ben poco cosa rispetto alle milioni di donne che ogni giorno sono vittime di violenze come ha ricordato lo stesso autore in una nota.
Il vero problema è la mancanza di dialogo all'interno di un rapporto di coppia, un chiaro invito dell'autore all'ascolto reciproco.
In conclusione, è una vera chiave di lettura della realtà e delle relazioni di coppia, un testo ideale per approfondire il tema della psiche maschile sotto svariati punti di vista, scoprendone le molteplici sfaccettature.

Buona lettura!

Recensione a cura di C.L

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01 febbraio 2022

INTERVISTA A VITO CATALANO AUTORE DEL LIBRO: IL CONTE DI RACALMUTO


Cari lettori,

Oggi ho l'onore di ospitare Vito Catalano, scrittore palermitano, nipote di Leonardo Sciascia.
Nato nel 1979, negli ultimi quindici anni Catalano ha vissuto fra Italia e Polonia e ha pubblicato i romanzi L'orma del lupo (Avagliano editore, 2010), La sciabola spezzata (Rubbettino, 2013), Il pugnale di Toledo (Avagliano editore, 2016), La notte della colpa (Lisciani Libri, 2019), Il Conte di Racalmuto (Vallecchi editore,2021) 
    

D: COSA L’HA SPINTA AD INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI SCRITTORE?

R: Probabilmente si sono intrecciate più cose: l'inclinazione che ho a fantasticare, a immaginare e a ricordare; il piacere che mi dà il progettare e il creare un racconto; l'essere cresciuto in un mondo di libri.


D: DOVE TROVA L’ISPIRAZIONE PER I SUOI LIBRI?

R: Lo spunto di ogni libro può essere diverso: un episodio storico, un fatto di cronaca, un ricordo, un sogno, un'esperienza.


D: CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R: Quando porto a termine un libro, sono contento di essere arrivato a una conclusione. Ma è sempre mia intenzione mantenere un certo distacco e perciò metto da parte il testo finito per tornare a rivederlo a distanza di qualche tempo.


D: NELLA NOTA FINALE DEL LIBRO, FA RIFERIMENTO AI LIBRI “LE PARROCCHIE DI REGALPETRA” E “MORTE DELL'INQUISITORE” DI SUO NONNO, LEONARDO SCIASCIA. PERCHÉ HA VOLUTO SCRIVERE UN ROMANZO SUL CONTE GIROLAMO II DEL CARRETTO?

R: Trovo suggestiva la vicenda del conte del Carretto: il signore di un paese che viene ucciso da un suo servo, nel XVII secolo, in un'epoca in cui è più facile trovare un conte che fa uccidere un servo di un servo che uccide un conte. C'è poi il Seicento, un secolo di cui mi sono occupato più di una volta. Infine, lo scenario della vicenda è Racalmuto, un posto che ha fatto parte della mia vita: tanti ricordi mi legano al paese e tante storie legate a Racalmuto ho appreso fin dall'infanzia.


D: A QUALE DEI PERSONAGGI PRESENTI IN QUEST'OPERA SI SENTE MAGGIORMENTE LEGATO. E PERCHÉ?

R: Non credo di poter indicare un solo personaggio. In questo libro diversi personaggi hanno un ruolo di rilievo e in tutti c'è una certa dose di ambiguità.


D: PUÒ RACCONTARCI UN ANEDDOTO LEGATO A SUO NONNO?

R: In campagna, d'estate, la sera, prima di cena o dopo, raccontava delle storie. C'era già buio e io chiedevo racconti con carabinieri, briganti e delitti. Sento ancora la suggestione di quei momenti nelle serate estive che trascorro in campagna, ogni anno.


D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sceglierò di nuovo la Sicilia e uno sfondo storico. La mia immaginazione viene di solito stimolata dal tornare indietro nel tempo...

Ringrazio di cuore Vito Catalano per aver risposto alle mie domande.



SINOSSI

Sicilia, XVII secolo. Il paese di Racalmuto è governato dal conte Girolamo del Carretto, uomo spietato e avido, dall’insaziabile
istinto predatorio. Traditori e assassini senza scrupoli percorrono ogni giorno vie e sentieri, mentre la gente vive in mezzo a sospetti e paure. Il bene e il male si confondono. Ancora una volta, il potere schiaccia i deboli, umilia la dignità umana, offende
la ragione. Ma il conte finisce col trovare un inaspettato intreccio di nemici: la moglie Beatrice, il priore del convento degli agostiniani e un servo. Fra inganni, agguati e innamoramenti, i personaggi del romanzo si trovano invischiati in una rete velenosa. Ispirandosi a una storia vera e partendo dalle righe che il nonno Leonardo Sciascia ha scritto sull’episodio nelle pagine dedicate al paese natale di Racalmuto, Vito Catalano ha costruito una trama in cui la fantasia si mescola a ricordi di luoghi e persone.


COSA NE PENSO

Un romanzo storico con una trama avvincente. Lo stile narrativo di Catalano è coinvolgente e i riferimenti storici non sono mai tediosi o esorbitanti. Certamente il periodo trattato ha un certo fascino.La lettura è scorrevole e incalzante,non mancano i colpi di scena. 
Personaggi sfaccettati e complessi, dal conte Girolamo II di Carretto,Lucia, Padre Evodio, a Pietro D'Asaro l'abile disegnatore Racalmutese che con quell’occhio solo seppe incantare la bella contessa Beatrice. Bene e male sono quindi profondamente radicati in questo romanzo fino alla fine. 
In conclusione, vi lascio con le parole tratte 
dal primo libro di Leonardo Sciascia “Le parrocchie di Regalpetra” dove racconta brevemente del conte Girolamo II di Carretto.

«Credo nella ragione umana, e nella libertà e nella giustizia che dalla ragione scaturiscono.»

Consigliato! Buona lettura


Intervista e Recensione a cura di C.L



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27 gennaio 2022

“LA SENTENZA PERFETTA”- INTERVISTA ALLA SCRITTRICE ESORDIENTE ROSALIA ALBERGHINA


Cari lettori,

Ospite del blog di oggi è Rosalia Alberghina, un'autrice esordiente e bookstagrammer. Rosalia Alberghina, nata a Palermo nel 1980, è un avvocato penalista, moglie e mamma di due bambini, Stefano e Arianna.
È una gran divoratrice di libri e ama scrivere sin da quando aveva circa 9 anni. 
“La sentenza perfetta. I casi dell'avvocato Amato” è il suo romanzo d'esordio edito da Porto Seguro Editore.
Il libro è disponibile nelle librerie e nei bookstore online a partire dal 15 ottobre 2021. 
È risultata prima classificata nella sezione narrativa a tema, organizzata dall'associazione L'anfora di Calliope, con un racconto inedito sull'amicizia. Ha pubblicato altresì un racconto con la Guida Editori in una raccolta di racconti a tema quarantena.




D: AVVOCATO, APPASSIONATA DI LIBRI: CHI È ROSALIA?

R: Una persona che cerca sempre di migliorarsi, come donna, come professionista, come mamma. Mi piace dire che faccio l'avvocato, non che sono un avvocato. È una professione che amo ma che non mi definisce come persona. Non riesco a stare mai ferma, mi piace dedicarmi a tante attività, mi fa stare bene.


D: QUANDO HAI LETTO IL PRIMO LIBRO?

R:A 8 anni mi pare. Il diario di Anna Frank è uno dei primi che ricordo. Mia nonna Pina aveva l'abitudine di regalare ai nipoti dei libri. È un ricordo prezioso che ho di lei ed è una passione che non mi ha mai abbandonato e che spero di trasmettere ai miei figli.


D: ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA?

R: Uno solo no, ma vari. Sicuramente i classici hanno influenzato la mia passione per la lettera e per la scrittura. Da ragazza amavo Andrea De Carlo, Wilde  e Shakespeare. 


D: QUANTO C'È DI TE IN QUESTO LIBRO?

R: Di me c'è inevitabilmente tanto, soprattutto come avvocato. Giulia, la mia protagonista, ha il mio modo di affrontare la professione con passione, serietà, studio e, ahimè a volte, con troppo coinvolgimento emotivo. Anche se con gli anni ho imparato a tenere fuori il lavoro il più presto dalla mia vita personale.


D: QUAL' E IL PROSSIMO PASSO DI GIULIA?

R:Spero che Giulia abbia un futuro letterario. Io sto già scrivendo il seguito del romanzo. Al momento ho concepito la storia di Giulia come una trilogia, poi chissà. Se dovesse piacere, se i lettori avessero voglia di leggere ancora di Giulia io sono qui. Scrivere per me è vitale, l'apprezzamento dei lettori è linfa.


D: C'È UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE TI HA ISPIRATO PER QUESTA STORIA? 

R: Sì. Mi riferisco a un processo che ho patrocinato tanti anni fa e che mi ha coinvolto molto. È narrato incidentalmente nella storia, ma mi ha ispirato a raccontare la storia di un avvocato penalista donna, della sua professione e delle difficoltà di conciliare lavoro e vita privata.


D: C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE.. CHE  VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R: Spero che leggendo il mio romanzo possano appassionarsi a Giulia, alla quale sono molto legata. Se riesco suscitare emozioni durante la lettura, allora vuol dire che qualcosa di buono l'ho scritto.



Ringrazio Rosalia per essere stata mia ospite.



Intervista a cura di C.L


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24 gennaio 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: IL PRIMO CAFFÈ DELLA GIORNATA DI TOSHIKAZU KAWAGUCHI



NOTE SULL'AUTORE

Toshikazu Kawaguchi, nato a Osaka nel 1971.In Giappone lavora come sceneggiatore e regista. Con Finché il caffè è caldo (Garzanti, 2020), suo romanzo d’esordio, ha vinto il Suginami Drama Festival. A questo successo segue Basta un caffè per essere felici (Garzanti, 2021), il secondo volume sulla caffetteria speciale.

SINOSSI

Nel cuore del Giappone esiste un luogo che ha dello straordinario. È una piccola caffetteria che serve un caffè dal profumo intenso e avvolgente, capace di evocare emozioni andate. Di far rivivere un momento del passato in cui non si è riusciti a dar voce alle emozioni più profonde e sentite o si è arrivati a un passo dal deludere le persone più importanti. Per vivere questa esperienza unica, basta seguire poche e semplici regole: accomodarsi al tavolino che si preferisce e gustare il caffè con calma, un sorso dopo l'altro. L'importante è fare attenzione che non si raffreddi. Per nessuna ragione. Gira voce che cose inimmaginabili accadano a chi lascia anche una sola goccia, gelata, nella tazza. Non è un caso che entrare in questa caffetteria non sia per tutti. Solo chi ha coraggio e sente il bisogno di mettersi in gioco, può farsi avanti e rischiare. Proprio come Yayoi, che, privata dell'affetto dei genitori quando era ancora molto piccola, non sa bene come accogliere e accudire una nuova vita. O Hayashide, la cui carriera sfavillante, costellata di successi, non gli ha dato modo di accorgersi della felicità che ha sempre avuto a portata di mano. O ancora Reiko, che non ha mai saputo chiedere scusa all'amata sorella e ora si sente schiacciata dal senso di colpa, bloccata in un eterno presente dove ogni giorno è identico al successivo. E Reiji, per cui una frase semplice come “ti amo” rappresenta ancora un ostacolo invalicabile. Ciascuno vorrebbe poter cambiare quello che è stato. Riavvolgere il nastro e ricominciare da capo. Ma cancellare il passato non è la scelta migliore. Al contrario, ciò che conta è imparare dai propri errori per guardare al futuro con ottimismo, senza pensare alle occasioni mancate. Perché ci saranno sempre nuove possibilità di inseguire la vita che si desidera.

COSA NE PENSO

Per chi ha conosciuto i protagonisti dei due romanzi precedenti sarà un ritorno diverso.
Questa volta la caffetteria è cambiata, siamo ad Hakodate e non più a Tokyo.
Si narra come nei volumi precedenti  che ,bevendo un caffè nella caffetteria di Yukari Tokita, sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata.
Ma c'è una regola da rispettare.. Finché il caffè è caldo.

“Una volta tornati nel passato,non si può comunque fare niente per cambiare il presente.”

È davvero una regola incredibile? Allora perché fare un viaggio nel passato? La penna acuta di Kawaguchi cerca di elaborare il dolore sotto ogni aspetto, sovrapponendo due elementi fondamentali la razionalità e l'  irrazionalità della mente umana in questi casi.
La trama surreale ci porta a riflettere sul senso della vita. Un' opera come dicevo prima di pura fantasia,ma incredibilmente emozionante.
Il personaggio di Sachi, la figlia di Kazu mi ha colpita particolarmente, per la sua spiccata capacità di vedere nel cuore della gente. In questa nuova avventura, conosceremo le vite di Yayoi, Yukita, Reiko, Todoroki,Setsuko, Reiji e Nanako.
Storie che si riscontrano nella realtà di tutti i giorni, ma forse proprio per questo ogni lettore può immedesimarsi facilmente nei protagonisti.
Una storia originale ed insolita.
Consigliato!

Buona lettura!


Recensione a cura di C.L


© Riproduzione Riservata 




20 gennaio 2022

INTERVISTA AD ALICE BASSO

 




Cari lettori,

Oggi ho il piacere di ospitare nel mio blog Alice Basso, scrittrice, redattrice, traduttrice, valutatrice di proposte editoriali. Nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni canta e scrive canzoni per un paio di rock band. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.

 

D: QUANDO HA INIZIATO A SCRIVERE E DA DOVE ARRIVA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R: Mi sono accorta che scrivere era un'attività che prometteva un gran divertimento appena me l'hanno insegnato a scuola. Avete presente quando le maestre fanno scrivere i primi “pensierini”? (Be', almeno ai miei tempi si chiamavano così). Scoprire che due, tre pensierini, uno dopo l'altro, potevano costruire una storia è stata un'emozione grandiosa! Da quel momento non sono mai stata senza qualcosa in corso di scrittura: racconti, ma soprattutto romanzi e anche qualche fumetto. Poi, se vogliamo parlare di scrivere professionalmente... questa è tutt'un'altra storia. Prima mi sono messa a lavorare coi libri, sì, ma con quelli altrui: faccio la traduttrice e la redattrice dal 2002, anno della mia laurea. Solo nell'autunno del 2013 ho scritto qualcosa di cui mi sia sentita abbastanza fiera da non vergognarmi a spedirlo a qualche agenzia. Era L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome, il primo libro della pentalogia sulla ghostwriter-investigatrice Vani Sarca, che Garzanti ha acquistato a marzo del 2014 e che è uscito poi nel 2015. Da allora, sempre con Garzanti, ho pubblicato un libro all'anno: i cinque di Vani Sarca, appunto, e dal 2020 i primi due della nuova saga di Anita Bo.

 

D: PARLANDO DEI SUOI LIBRI IL MORSO DELLA VIPERA E IL GRIDO DELLA ROSA, LA SERIE DEI RACCONTI CHE VEDE COME PROTAGONISTA ANITA BO, DATTILOGRAFA NELLA TORINO ANNI TRENTA, DOVE HA TROVATO L'ISPIRAZIONE PER QUESTO PERSONAGGIO? COS'HA AMATO MAGGIORMENTE DURANTE LA STESURA?

R: Mi fa sempre piacere parlare di com'è nato lo spunto per la saga di Anita, perché è arrivato da una specie di Big Bang! Nel 2019, dopo aver finito di scrivere l'ultimo libro di Vani Sarca, stavo lavorando a qualcosa di nuovo, più tante cosette di quelle che agli scrittori capita spesso di fare: per esempio, stavo preparando un corso sulla nascita del giallo da tenere nelle scuole, e mi stavo appassionando un sacco ai rapporti fra giallo, giallisti e regime fascista. (Spoiler: erano un casino. Il regime odiava il potenziale di denuncia dei gialli e cercava in ogni modo di censurarli e controllarli.) Nel frattempo, stavo preparando una specie di spettacolo teatrale, su commissione (lo dico perché di solito si pensa ai lavori su commissione come a qualcosa di arido e poco motivante, e invece in questo caso è stato tutto il contrario!), sulla storia di una dattilografa. E anche studiare il modo in cui la professione della dattilografia ha emancipato un sacco di ragazze nella prima metà del '900 mi stava appassionando da morire. Così un giorno, mentre mi lavavo i denti, mi è sorto il pensiero: ma perché non scrivo una serie in cui una dattilografa va a lavorare per un giallista, negli anni trenta? E addio: da quel momento non sono più riuscita a pensare ad altro. Anita e Sebastiano sono diventati il centro dei miei pensieri!

 

D: QUALE SARÀ IL PROSSIMO PASSO PER ANITA BO?

R: Anita ha un sacco di cose da fare, infatti come per Vani Sarca ho progettato per lei una serie di cinque libri (avevo fatto così anche per Vani: programmare subito le trame di tutti e cinque, come se fossero un unico lungo macro-libro). Il prossimo episodio, il terzo, dovrebbe uscire a primavera. E stavolta ci porterà a spasso non solo nella Torino della stampa e dell'editoria di gialli, ma anche nella Torino del cinema (perché Torino aveva smesso da pochissimo di essere la capitale italiana del cinema, e proprio in quel periodo stava passando lo scettro a Roma).​

 

D: QUALI COLORI POTREBBERO RIASSUMERE LE PERSONALITÀ DI VANI SARCA E DI ANITA BO?

R: Be', Vani è di sicuro nera e viola. È una ragazza dall'aria molto dark, che gira perennemente in impermeabile nero sdrucito e trucco pesante perché le piace mettere una certa strizza alla gente che incontra. Ha anche un umorismo nero, direi. Anita invece è solare e gioviale, anzi: siccome è una brunetta molto graziosa (ma anche furbacchiona), ha capito che fingersi una bella svampita ha i suoi vantaggi, perché la gente tende a sottovalutarti e ad abbassare la guardia in tua presenza. Dunque direi che per lei vanno bene un rosso, energico e vulcanico, o un fucsia, così femminile ma acceso.

 

D: NEL 2019 ESORDISCE COME ILLUSTRATRICE PER IL SAGGIO. C'ERA UNA SVOLTA DI BARBARA FIORIO. CI RACCONTA DI QUESTA ESPERIENZA?

R: Ahah, che divertimento! Io non sono un'illustratrice, ho sempre disegnato e dipinto volentieri, sì, ma solo per diletto personale. Però Barbara è una collega e un'amica (faccio spesso delle comparsate come docente extra nei corsi di scrittura che tiene online – un laboratorio dal buffissimo nome di Gruppo di Supporto Scrittori Pigri) e C'era una svolta è un libro particolarmente spiritoso: parla delle fiabe tradizionali, nella loro versione originale però (cioè di solito crudele e scioccante), e ci fa un sacco di ironia sopra. Barbara ha raccolto a sé svariati amici illustratori professionisti e non: l'importante è che avessero voglia di interpretare quest'ironia. E io mi sono divertita tantissimo!

 

D: I SUOI LIBRI O AUTORI PREFERITI DI QUANDO ERA BAMBINA E DI ADESSO?

R: Wow, questa è una di quelle risposte in cui devo impormi una bella autodisciplina o finisco per sproloquiare per cinquanta righe. Allora, io ho un affetto e una gratitudine speciali per quegli attori dallo stile brillante che non si prendono troppo sul serio, ti fanno ridere, ma che poi, quando arrivi alla fine del libro, ti accorgi che sono riusciti anche a lasciarti qualcosa. Il mio preferito in assoluto è William Goldman, autore del più bel libro metaletterario che abbia mai letto (peraltro, da bambina), La principessa sposa; ma ho voluto molto bene anche a Pennac, a Benni, in tempi più recenti a Christopher Moore. Come quasi tutta la mia generazione, ho amato molto Stephen King, però, più che per i brividi horror, per quei libri o pezzi di libri in cui racconta infanzia e adolescenza: chi non lo considera un grande scrittore forse non conosce la novella Cuori in Atlantide dall'omonima raccolta, in cui parla di college al tempo del Vietnam. E poi adoro Raymond Chandler, con quel suo umorismo malinconico, e John Fante e John Steinbeck, che ti portano in mondi desolati ipnotizzandoti con uno stile meraviglioso. E mi fermo solo per, appunto, autodisciplina!

 

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Come ho già accennato, adesso ho intenzione di portare a spasso Anita Bo ancora per tre libri. E poi...vedremo. La mia testa e i miei cassetti non sono mai vuoti di progetti!

 

Ringrazio Alice Basso per aver risposto alle mie domande.

 




Ph di Alice Basso by Sara Lando


Intervista a cura di C.L

 

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26 dicembre 2021

RECENSIONE DEL LIBRO: SCRIVERE È L'INFINITO DI MARIANO SABATINI




NOTE SULL' AUTORE


Mariano Sabatini, nato a Roma nel 1971, è giornalista e scrittore. Dagli anni Novanta ha lavorato per quotidiani, periodici e web, curando rubriche e scrivendo pezzi di attualità, cultura e spettacoli. È stato autore per TMC e per la Rai (Tappeto volante, Parola mia, Uno Mattina) e poi temuto critico televisivo. Ha ideato e condotto rubriche su radio nazionali e locali, e come commentatore è molto presente sui grandi network. Ha pubblicato numerosi saggi (LA SOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL CINEMA, (Edizioni Scientifiche Italiane 2001), TRUCCHI D'AUTORE (Nutrimenti 2005), VI RACCONTO MONTALBANO - (Datanews 2006), ALTRI TRUCCHI D'AUTORE (Nutrimenti 2007), CI METTO LA FIRMA, (Aliberti 2009), L’ITALIA S’E'  MESTA (Giulio Perrone 2010), È LA TV BELLEZZA, (Lupetti, 2012). 
Ha debuttato nella narrativa con il noir L’INGANNO DELL' IPPOCASTANO (Adriano Salani Editore, 2016), Premio Flaiano e Premio Mariano Romiti opera prima 2017, seguito da PRIMO VENNE CAINO, (Adriano Salani Editore 2018), vincitore del Premio Internazionale di Letteratura Città di Como 2018, del Premio Logos Cultura Milano International 2018 e del Premio Letterario GialloCeresio 2019.
SCRIVERE È L'INFINITO (Vallecchi Firenze, 2021) é il suo nuovo saggio.


SINOSSI

Mariano Sabatini ha interpellato gli autori più noti per capire se scrittori si nasce o si può diventarlo. E come. Con il proliferare delle scuole di scrittura creativa, l'interrogativo non è affatto pretestuoso. Scrivere può insegnare a scrivere. Ma soprattutto serve leggere: tanto, di tutto. Ecco, allora, che in "Scrivere è l'infinito" il lettore - aspirante scrittore - troverà più di cento testimonianze di romanzieri famosi e apprezzati sui loro singolari metodi di lavoro. Qualche esempio: l'anarchia di Andrea Camilleri; l'isolamento di Giorgio Faletti; la lentezza di Sveva Casati Modignani; le ricerche di Giuseppe Culicchia; i canovacci di Loriano Macchiavelli; gli intrecci automatici di Cristina Comencini; il masochismo di Simonetta Agnello Hornby; il transfert di Alberto Bevilacqua; il dolore di Dacia Maraini; le pennichelle di Margherita Oggero; il tempo scaduto di Gianrico Carofiglio; il plot di Massimo Carlotto; la vendemmia di Enrico Brizzi; la patologia di Lidia Ravera; la naturalezza di Bianca Pitzorno; le riscritture infinite di Michael Cunningham; il falò di Andrea Vitali; il gioco di Romana Petri… Grazia Versanai, Barbara Baraldi, Licia Troisi, e tantissimi altri.


COSA NE PENSO

Questo libro è un vero e proprio “manuale” sulla scrittura. È perfetto per chi vuole intraprendere seriamente il mestiere di scrittore. In questo volume, Sabatini ha chiamato a raccolta i grandi nomi della letteratura italiana e non solo, poiché tra un capitolo e l'altro cita anche frasi di autori di fama mondiale da P.D James, Gabriel Garcia Marquez, Virginia Woolf.
Il primo scrittore che  “incontriamo” è l'indimenticabile maestro Andrea Camilleri, il quale  ricorda, il suo primo romanzo “Il  corso delle cose", racconta con ironia gli anni in cui i suoi manoscritti venivano rifiutati dalle case editrici, fino al meritatissimo successo avvenuto alla veneranda età di 73 anni. Tra una curiosità e l'altra spuntano fuori anche i suoi “rituali" di scrittura. Faccio i miei complimenti a Mariano Sabatini per averci donato un ritratto pressoché inedito del papà del Commissario Montalbano.
Pagina dopo pagina, troverete tante risposte  esaustive su la struttura di un romanzo, come nascono le idee iniziali, la stesura, i luoghi e infine i personaggi che secondo Dacia Maraini ogni personaggio ha una biografia.
In tutto ciò, però trovo  interessante l'osservazione fatta da Lisa Ginzburg:

«L' italiano è una lingua non facile facile, bellissima, musicale e piena di soluzioni interne una più bella dell'altra con le sue trappole però; un uso degli avverbi che può essere oggetto di abuso insidioso,e dall'altra parte una costruzione sintattica con la quale si può “giocare” spaziando in una musicalità e ritmica delle frasi particolarmente ricca.»

In conclusione, cari autori emergenti fate tesoro di questi preziosissimi consigli. 
Sono certa che vi torneranno senz'altro utili in futuro e non disperate davanti ai continui rifiuti dei vostri manoscritti da parte delle Case Editrici.
Il vero segreto in questo lavoro è la costanza seguita da un'infinita pazienza.
E come dice Stephen King nel suo “On writing.”

«La lettura costituisce il nucleo creativo della vita di un autore.»

A mio parere fare lo scrittore non è alla portata di chiunque e inoltre condivido quanto detto da chi fa questo mestiere con vera passione da una vita intera. Perché non conta la quantità di tempo che impiegate per scrivere ma la qualità del prodotto finale.
Buona lettura!


Recensione a cura di C.L

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