23 ottobre 2022

INTERVISTA ALLO SCRITTORE MATTIA BERTOLDI



   

Carissimi amici e carissime amiche,

L'ospite di questa nuova intervista è  Mattia Bertoldi, autore del libro “Il coraggio di lilly”. In libreria e sugli store online dal 19 maggio 2022 edito Tre60.
Mattia è nato nel 1986 a Lugano, ha vissuto più o meno alla grande tutti gli anni Novanta. Sognava il chiodo di pelle di Max Pezzali ed erta innamorato di Xena e Buffy. Finalista al Premio Chiara Giovanni nel 2011, ha esordito con il romanzo Ti sogno, California (Booksalad. 2012).
È curatore di La dura legge di Baywatch. Tutto quello che avete amato negli anni '90 (Booksalad, 2017). Tra gli altri suoi libri: Come tanti piccoli ricordi (Tre60, 2019).


D: CHI È MATTIA?

R: Sono una persona che ha sempre amato la lettura e mi sono avvicinato alla scrittura solo durante i tempi dell'università. Ho studiato lettere a Zurigo e in quel periodo mi sono cimentato nei primi racconti, per poi esordire con un romanzo alla fine degli studi. All'epoca ritenevo impossibile poter “vivere di scrittura”, ma ho capito che un obiettivo del genere era alla mia portata se avessi declinato lo scrivere in più direzioni. Oggi lavoro per l'ufficio di comunicazione del Governo ticinese, dirigo una rivista dedicata all'enogastronomia e nel tempo che resta sono autore di romanzi, documentari e serie TV. Insomma, ho deciso di cimentarmi in più ambiti rifornendo il... motore della scrittura ogni giorno, con del nuovo carburante.

D: GRAZIE AL TUO ROMANZO “IL CORAGGIO DI LILLY” HAI RIPORTATO ALLA MEMORIA COLLETTIVA LA STORIA DI LILLY VOLKART, LA DONNA CHE APRÌ UNA CASA PER ORFANI SUI MONTI DEL VERBANO. DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE DIVENNE UN PICCOLO CENTRO DI SOLIDARIETA INTERNAZIONALE, COSA TI HA SPINTO A RACCONTARE LA SUA STORIA?

R: Innanzitutto il desiderio di riportare in superficie il percorso di una donna che in pochi conoscevano, almeno al di fuori di Ascona (il Borgo ticinese in cui ha vissuto la maggior parte della vita). Inoltre, ho voluto esplorare quel mondo attraverso gli occhi dei tre ragazzi protagonisti del mio romanzo (Ranieri, Ettore e Dora) e immaginare una vicenda che esplorasse le loro emozioni e il dolore legato alle conseguenze del conflitto. Infine, desideravo sperimentare il genere del romanzo storico con tutto ciò che ne consegue: ricerca, studio e continui sopralluoghi sul territorio.

D: UNA SCENA DEL LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R: Scelgo il capitolo in cui Ranieri viene affidato a Folgore, il contrabbandiere che dall'Italia lo conduce fino in Svizzera, lungo un sentiero all'ombra del Monte Limidario (o Ghiridone) che ho percorso io stesso nel giugno 2020. Per me era fondamentale sperimentare sulle gambe la fatica di quella strada e intercettare con gli occhi i diversi punti di riferimento che potevano colpire le persone in fuga verso la salvezza tra cui pietre di confine, fontane e punti panoramici sul Lago Maggiore. È il momento della narrazione in cui ci si avvicina non solo alla casa di Lilly, ma anche a una delle pagine più oscure della storia italiana del Novecento. Ranieri si dirige infatti verso la Svizzera nel settembre 1943, a poche ore dal proclama Badoglio; da lì a pochi giorni l'esercito tedesco sarebbe sceso in forze verso l'Italia, intensificando i controlli lungo le frontiere italo-svizzere.

D: QUALI SONO LE DIFFICOLTA’ NELLO SCRIVERE UN ROMANZO STORICO?

R: Scrivere un romanzo storico ti costringe a camminare sulle uova in tutte le fasi di stesura per paura di incappare in anacronismi. Per farti un esempio: una lettrice, qualche giorno fa, mi ha detto che si era chiesta se negli anni Quaranta esistevano veramente le tapparelle di cui parlo nelle prime pagine del romanzo, e per fortuna che in effetti era così! Devo però dire che entrare in una dimensione del genere ti porta a interessarti ad aspetti molto specifici del passato, anche perché ogni capitolo è introdotto da una data ben precisa. Ho quindi consultato gli annali di MeteoSvizzera per sapere che tempo facesse in quei giorni e, se la vicenda si svolgeva di notte, in che fase si trovasse la Luna. L'obiettivo ultimo era insomma quello di raggiungere un grado di verosimiglianza così elevato da poter inserire elementi di fantasia o romanzati senza che questi venissero notati. D'altro canto è questa l'essenza del romanzo storico, come dice la definizione stessa dell'espressione.

D: QUAL È IL ROMANZO CHE TI È PIACIUTO PARTICOLARMENTE LEGGERE E PERCHÉ?

R: Ho iniziato a scrivere Il coraggio di Lilly dopo aver ascoltato l'audiolibro de Il treno dei bambini, di Viola Ardone. Anche se ero a conoscenza della storia di Lilly Volkart sin dal 2015, è in quel momento che ho intravisto la possibilità di raccontare una pagina della Seconda guerra mondiale meno nota di tante altre. Nel caso del romanzo di Ardone il tema centrale era costituito dai bambini meridionali che, nell'immediato Secondo dopoguerra, trascorrevano alcune settimane in nord Italia per rimettersi in forze. Anche Lilly aveva partecipato a programmi simili ma nel caso del mio romanzo, che si svolge tra il 1943 e il 1944, ho voluto soprattutto approfondire il concetto di “bambini reduci”. Si tratta di un'espressione usata spesso da Franco Debenedetti Teglio, che ho intervistato durante la stesura del romanzo. Lui è sfuggito alla morsa nazifascista, ha soggiornato da Lilly ed è oggi un testimone della shoah molto attivo nelle scuole. In ogni suo intervento sottolinea quanto è stato difficile superare la Seconda guerra mondiale per chi all'epoca era bambino, proprio come lui. E poco importava se ci si trovava in un posto relativamente sicuro come la Svizzera; questi bambini hanno portato sulle spalle il senso di colpa e il dolore legato al destino (spesso infausto) dei loro familiari, un carico emotivo che ha accompagnato il resto delle loro vite.

D: C’E’ UN ALTRO PERIODO STORICO IN CUI TI PIACEREBBE AMBIENTARE UN ROMANZO?

R: Se oltre ai limiti temporali posso superare anche quelli spaziali, scelgo la Londra vittoriana di fine Ottocento o la Parigi della Belle Époque. La prima per il tumultuoso contesto dato da una metropoli che si trovava a fare i conti con un impero da gestire e una vita nelle strade che spesso era misera e derelitta; la seconda per la grande verve creativa e artistica che si poteva toccare con mano. Se invece dovessi rimanere in un ambiente italofono, sceglierei la Milano da bere degli anni Ottanta. In quel decennio ero solo un bambino ma sarebbe interessante scoprire il periodo in cui i miei genitori avevano l'età che ho io oggi, vale a dire 36 anni.

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sto lavorando a un progetto narrativo legato alle wunderkammer, che rappresentano un tema su cui mi sono fissato da ormai diversi anni. Molti dei miei romanzi partono proprio da queste ossessioni: nel caso de Il coraggio di Lilly la fascinazione era per il mondo della magia della prima metà del Novecento in Italia e i giochi di carte, che rappresentano una passione condivisa da Ranieri e Cesare, suo padre. In merito a questo progetto, invece, non vedo l'ora di riempire una stanza (immaginaria) di oggetti e reperti bizzarri e creare una storia che la metta in luce nella maniera più coinvolgente possibile.

Ringrazio Mattia Bertoldi per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.




SINOSSI

Zurigo, 1917. Lilly Volkart ha vent’anni e sogna di diventare pediatra. Mentre risparmia per pagarsi gli studi, lavora presso la pensione dei suoi genitori. Nelle sue stanze ospita moltissimi studenti del Politecnico, perlopiù svizzeri provenienti da altri cantoni. Ma tra loro c’è anche un italiano, Umberto, che si distingue per gentilezza e simpatia. Innamorarsi e fare progetti per il futuro sembra essere la cosa più naturale al mondo. Ma in Italia infuria la guerra, e presto Umberto è costretto a lasciare la Svizzera per andare a combattere in Veneto… Ascona, 1943. Il sogno di diventare pediatra non si è realizzato, ma Lilly può mettere a frutto la sua esperienza per qualcosa di ancora più grande. Nel 1924 ha aperto una colonia per ospitare bambini di famiglie benestanti durante l’estate, che presto è diventata anche un luogo di approdo per bambini meno fortunati. Con lo scoppio della guerra il numero di ospiti è aumentato: Ascona si trova al confine con l’Italia e si rivela un posto sicuro per tanti bambini ebrei in fuga. Con l’aiuto di Massimo, il proprietario dell’emporio del paese, Lilly decide di accoglierli e li nasconde, offrendo loro una casa e la possibilità di studiare e imparare un mestiere. Nella speranza che, in una sorta di famiglia allargata, i piccoli possano superare la guerra, per poi riabbracciare i loro genitori… In questo romanzo, Mattia Bertoldi racconta con grande delicatezza la storia sorprendente di Lilly Volkart, una donna che, come Oskar Schindler o Irena Sendler, cambiò il destino di centinaia di bambini durante la Seconda guerra mondiale e di migliaia nel corso della sua vita.


Intervista a cura di C.L

Photo by Elizabeth La Rosa

© Riproduzione riservata 






07 ottobre 2022

INTERVISTA A FRANÇOIS MORLUPI



Cari lettori, buongiorno!

Oggi, ho il piacere di ospitare François Morlupi ,classe 1983, italo-francese, lavora in ambito informatico in una scuola francese di Roma. 
Il suo romanzo d’esordio Formule Mortali, edito da Croce Edizioni nell’aprile 2018, ha vinto sei premi letterari nazionali tra cui il Giorgione Prunola e il Grottammare nella categoria noir-giallo, arrivando in finale a Garfagnana in Giallo e a GialloCeresio. Nel luglio 2020, esce il suo secondo romanzo, Il Colbacco di Sofia, un noir ambientato tra la Bulgaria e Roma. Pubblicato sempre dall’editore Croce, si è subito posizionato, assieme a Formule Mortali, per mesi, nella top 10 dei noir più venduti su Amazon ed entrando in finale a Garfagnana in Giallo. Il commissario Ansaldi con la sua squadra sono ormai divenuti familiari e apprezzati dai lettori. Dal 2018 Morlupi è recensore per il blog ThrillerNord e dal 2020 fa parte della giuria nella sezione giallo del Premio Letterario di Grottammare.


D: QUANDO HAI CAPITO DI ESSERE PORTATO PER LA SCRITTURA? 

R: Ho iniziato a scrivere per scommessa nel 2017. Fondamentalmente sono stati tre i motivi che mi hanno spinto a scrivere... Il primo, forse il più importante, era la volontà di evadere dalla quotidianità che mi stava attanagliando, soprattutto a lavoro dove le cose non andavano benissimo. Ho tentato dunque di rifugiarmi in un mondo nuovo, dove io ero il protagonista e nessuno mi schiacciava con il suo peso. Poi leggere una quantità industriale di libri l'anno ha fatto sì che nel mio cervello, qualcosa venisse seminato ogni giorno. Il tutto ha germogliato in un determinato periodo, ma probabilmente bolliva da parecchio. Prima di essere uno scrittore sono infatti un lettore. Lo stress da lavoro non ha fatto altro che accelerare un processo inevitabile. The last but not the least, è che spesso rimanevo deluso da alcuni romanzi. Mi sentivo quasi tradito quando compravo un libro pubblicizzato che poi non rispettava le attese. Invece di criticare soltanto, ho voluto mettermi alla prova, agire. Ho capito che ero portato nella scrittura quando “Come delfini tra pescecani” è stato tra i cento romanzi più venduti in Italia, tutti i generi compresi, nel 2021. Mi sono detto: evidentemente la mia scrittura piace a molti!
 
D: NEL MARZO DEL 2022 ESCE NEL NERO DEGLI ABISSI, LA SECONDA INDAGINE DELLA SERIE DEI CINQUE DI MONTEVERDE, ROMANZO ACCOLTO POSITIVAMENTE DALLA CRITICA NAZIONALE, CON IL QUALE A LUGLIO HAI VINTO IL PREMIO LETTERARIO GARFAGNANA IN GIALLO, ARRIVATO TRA I FINALISTI DEL FESTIVAL TOLFA GIALLI&NOIR. COSA CI ASPETTERÀ PROSSIMAMENTE?

R: Ora siamo in finale per il secondo anno di seguito al premio Fedeli, che è il premio indetto dalle Forze dell’ordine. Sarei un bugiardo se scrivessi che mi accontento della finale…io ci spero! Aspettando anche a dicembre il premio Scerbanenco; l’anno scorso ho avuto l’onore di vincere il premio dei lettori, quest’anno chissà….incrocio le dita e vedremo, comunque vada sarà un successo!

D: QUALI SONO GLI INGREDIENTI NECESSARI PERCHÉ UNA STORIA MERITI DI ESSERE RACCONTATA?

R: Non posso avere la presunzione di conoscere la ricetta segreta per scrivere un buon libro; sicuramente però bisogna aver letto moltissimo, seguire alcuni corsi di scrittura di genere in cui ci si vuole cimentare e avere una scrittura originale. Molto spesso la maggior parte idee non lo sono, ma ciò che fa la differenza a mio avviso, ovvero la chiave del successo, è come le si racconta.

D: DOVE TROVI L’ISPIRAZIONE PER I TUOI LIBRI? 

R: Dalla vita di tutti i giorni, ovvero la quotidianità. Poi è innegabile; chi scrive noir butta un occhio sempre sulla cronaca nera. L’idea per esempio di “nel nero degli abissi” mi è venuta leggendo che a Villa Pamphili, il parco poco distante da dove vivo, era stata sgominato un giro di prostituzione notturno. Invece per la costruzione dei personaggi e per descrivere Roma come sesta protagonista dei miei romanzi, ho preso spunto da amici, familiari, me stesso anche e scene di viva vissuta in questa città bella quanto complessa.

D: L’ASPETTO POSITIVO E QUELLO NEGATIVO DELL' ESSERE UNA SCRITTORE? 

R: L’aspetto positivo ? Sicuramente il rapporto con i lettori e il condividere le mie storie con loro. Notare quanto i miei lettori siano affezionati ai cinque di Monteverde mi riempie di felicità. Alcuni li considerano oramai degli amici e mi scrivono in continuazione per sapere quando usciranno i prossimi romanzi.
Un lato negativo? A volte non posso dire che i rapporti con i colleghi scrittori siano così gratificanti, diciamo così.

D: UN LIBRO CHE NON TI STANCHERAI MAI DI RILEGGERE? 

R: Il conte di Montecristo di Dumas; raramente ho letto un libro che racchiudere così tante tematiche come amore, amicizia, morte, vendetta, perdono, redenzione e tante altre.

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: La pubblicazione di un prequel per i cinque di Monteverde e poi speriamo in traduzioni all’estero e chissà….in una serie Tv con magari Battiston come protagonista, sarei l’uomo più felice del mondo!


Ringrazio di cuore François Morlupi per aver risposto alle mie domande.


Intervista a cura di C.L

© Riproduzione riservata 






26 settembre 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: “COME PEZZI DI CARTA SULL'ACQUA” DI SARA MORCHIO

NOTE SULL' AUTRICE

Sara Morchio da sempre appassionata di lettura e di scrittura, negli anni ’90 ha collaborato per alcune riviste distribuite nel Ponente ligure, dove è nata. Oltre al romanzo La fine del primo cerchio, ispirato al Cammino di Santiago (Europa Edizioni, 2018), ha pubblicato due racconti. La mia città (KC Edzioni, 2019) è inserito nella raccolta Il ponte silenzioso, dedicata al crollo del Ponte Morandi a Genova, dove attualmente vive e lavora.
Il racconto Essere!, rivisitazione del personaggio di Ofelia dell’Amleto di Shakespeare, compare nell’antologia Sei un mito 4. O. Classici ri-visti e scorretti (Erga Edizioni, 2019).
Il suo ultimo libro è Come pezzi di carta sull'acqua in commercio dal 17 giugno 2021 edito Golem edizioni  

SINOSSI

Ognuno di noi adotta strategie diverse per adattarsi agli eventi della vita. Ivana, delusa dopo una storia d’amore, è fuggita e ha lavorato lontano, ha cercato di dimenticare vivendo altre relazioni, poi ha fatto ritorno. Sabina, sognatrice, idealista e solitaria, dopo un abbandono da cui non si è più ripresa, è rimasta irretita nel rifiuto dei rischi dell’amore. Angela vive un matrimonio ormai senza significato con Bruno, il quale si crogiola nell’indolenza e nel ricordo di un passato da seduttore incallito.
Ivana e Bruno si incontrano casualmente, un tempo amanti, riprendono a frequentarsi, ma con ruoli opposti rispetto alla prima volta: adesso è lei la figura dominante. Sabina, sollecitata dalla vicenda dell’amica Ivana, ripensa agli amori sbagliati e alle assenze che hanno caratterizzato la sua esistenza, ostinandosi a proteggersi dal dolore in una chiusura totale, ma qualcosa dentro di lei comincia a cambiare. Intanto Angela, che da un po’ di tempo sta vivendo una relazione extraconiugale, solo grazie al dialogo immaginario con Gloria, l’amica di un tempo, riesce a riprendere in mano la propria vita. Attraverso continui rimandi fra passato e presente, riflessioni, desideri, manie e paure i personaggi dovranno sbrogliare la matassa dei ricordi.
Come pezzi di carta sull’acqua è un romanzo sulla necessità di fare i conti con il passato per poter ricominciare a vivere. L’ alternativa è restare bloccati in una pace ovattata e sterile.

COSA NE PENSO

Come pezzi di carta sull'acqua, è un viaggio nel misterioso mondo dell'“io” interiore.
Al centro di tutto ci sono Ivana Bruno e Angela.
Dopo anni di lontananza Ivana decide di ritornare in città. 
Ad un evento rivede il suo vecchio amante.Tra i due si riaccende la passione di un tempo.
Una storia la loro abbastanza comune a molte altre tutto sommato che non dà ad entrambi le stesse emozioni di un tempo.
Angela la moglie“infelice”di Bruno, alla fine si arrende all'evidenza del suo più clamoroso errore fatto in gioventù sposandolo.
La solitaria, ironica e pungente Sabina, una storia la sua che segnerà significativamente la vita di un'altra protagonista.
In tutto questo, Sara Morchio ci mostra il valore dell'amicizia, unico salvagente in una vita di alti e bassi. 
Alle loro vite s'intrecceranno altre storie e altri personaggi ,altrettanto interessanti, alcuni disinibiti e ambigui.
A fine lettura è inevitabile porsi delle domande...
Quando finisce un'amore vale davvero la pena riprovarci? È importante assecondare l'istinto o la testa? cos'è la felicità? 
Infine, c'è una frase che mi ha molto colpita:

«Non si comprende mai quando le cose iniziano e quando finiscono. Ci sono sempre quei limiti invisibili, che diventano tangibili solo alla fine»

Consigliato.Buona lettura!


Recensione a cura di C.L

© Riproduzione riservata 


16 settembre 2022

INTERVISTA A SIMONA LO IACONO


Cari lettori,

L'ospite di oggi è Simona Lo Iacono, nata a Siracusa nel 1970, è magistrato e presta servizio presso il tribunale di Catania. Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Le streghe di Lenzavacche (Edizioni E/O), selezionato tra i dodici finalisti del Premio Strega. Il suo nuovo romanzo La storia di Anna, in libreria e sugli store online dal 6 settembre 2022 edito Neri Pozza


D: MAGISTRATO, SCRITTRICE, CHI È SIMONA?

R: Mi piace definirmi soprattutto una mamma, e applicare la modalità della maternità sia al mio lavoro di magistrato che a quello di scrittrice. Essere madri esige infatti accudimento, volontà, disciplina. E’ la forma di amore più alta e più complessa. Per questo credo che sia anche quella che ben si adatta a ogni forma di servizio e di impegno. 

D: COME È NATA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA? 

R: E’ nata con me. Avevo solo cinque anni quando ho scritto la mia prima poesia. Ricordo che sentivo qualcosa pressare dentro di me, e che tutto mi spingeva a portarlo allo scoperto. Come se straripassi, e come se ciò che stava nel mio cuore fosse impossibile da trattenere. Dovevo lasciarlo andare, dovevo comunicarlo, dovevo dirlo. Ne seguiva una specie di strano sollievo che aveva molto a che fare con una liberazione, ma - anche - con una nuova forma di vita. Raccontare era vivere prima dentro e poi fuori, era un viaggio. 

D: QUANTO È IMPORTANTE PER LEI QUESTO LATO DELLA SUA VITA?

R: E’ la vita. Non è solo una parte di essa, ma è la sua forma, o almeno è la forma che a me consente di vivere. 

D: OLTRE A SCRIVERE LE PIACE ANCHE LEGGERE? QUALI LIBRI HANNO CONTRIBUITO AL SUO PROCESSO CREATIVO?

R: Sono una lettrice appassionata. Leggo di tutto e so che l’atto del leggere è “contemplativo” come quello dello scrivere, perché porta inevitabilmente a creare visioni di un mondo altro, abitabile e tangibile, vero quanto quello in cui viviamo. Tutto ciò che leggo contribuisce al processo creativo, perché noi siamo la somma delle parole che leggiamo, di quelle che scriviamo e di quelle che ascoltiamo. La parola, una volta assorbita, dilaga e ricrea, e c’è quindi un continuo flusso tra le parole che vengono dall’esterno e quelle che - dal nostro interno - tornano fuori. I libri amatissimi sono tanti, ma posso dire che quelli del cuore sono stati i testi di Elsa Morante, di Marguerite Yourcenar, di Anna Maria Ortese, di Lalla Romano, di Sebastiano Vassalli, di Garcia Marquez…impossibile elencarli tutti. 

D: NEL SUO NUOVO LIBRO “LA STORIA DI ANNA”, RACCONTA LA VITA DELLA SCRITTRICE ANNA MARIA ORTESE. COME MAI HA DECISO DI RACCONTARE LA SUA STORIA?

R: Perché Anna Maria Ortese è stata uno di quegli incontri fulminanti che cambiano la vita di chi legge.
Ho scoperto per caso in libreria, negli anni novanta, un suo romanzo, “Il cardillo addolorato”, edito da Adelphi. Io stavo per entrare in magistratura. E quell’unione inaspettata tra la mia nuova professione e il canto del cardilluzzo che piangeva sul mondo la propria bellezza - ma anche la propria prigionia - mi è sembrata una metafora struggente della giustizia. Il cardillo mi avvertiva, proprio alle soglie del mio lavoro di magistrato, che nessun mondo poteva essere giusto se non raccogliendo quel canto. Che è poi la voce degli ultimi, dei defilati, dei perdenti, dei tralasciati.
Da lì in poi ho letto tutta l’opera della Ortese e ho cominciato a sentirla a me cara, vicina e intima come una sorella di sangue.
Ecco perché ho deciso di darle voce con questo mio nuovo romanzo. 
Semplicemente perché era da molti anni dentro di me. 

D: PARLANDO SEMPRE DEL SUO NUOVO LIBRO, COSA HA AMATO MAGGIORMENTE DURANTE LA STESURA?

R: Ho amato molto la vocetta della protagonista, Anna Cannavò. Era incredibile quanto fosse indipendente. Parlava sola, mi intratteneva sempre, anche nei momenti più inopportuni. Aveva una visione del mondo e delle cose che faceva ridere, intenerire e addolorare. L’ho amata molto e l’ho tenuta in grembo come una figlioletta. 

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Il solito progetto: scrivere. 


Ringrazio di cuore Simona Lo Iacono per aver risposto alle mie domande.


SINOSSI 

Siamo nel 1968. La piccola Anna Cannavò, di dieci anni, frequenta la quinta elementare a Siracusa. È una bambina poverissima. La famiglia vive ai margini della società. Eppure la piccola Anna non se ne accorge. È tutta protesa a carpire il mistero delle parole poetiche che sta impa - rando ad amare. Quando la maestra annuncia in classe che il ministero della Pubblica istruzione ha indetto un concorso e che il premio consiste nel trascorrere una intera settimana a Milano in compagnia di una famosa scrittrice, Anna Cannavò decide di partecipare. Il concorso consiste nello scrivere una lettera alla scrittrice raccontandole la propria giornata. La destinataria è Anna Maria Ortese. Con grande stupore di tutti la piccola Anna Cannavò viene selezionata e parte alla volta di Milano per trascorrere un’intera settimana con la «signora Anna». Arrivata a destinazione, però, la bambina avrà una grande sorpresa. Non c’è solo una signora Ortese, ma due: Anna e la sorella Maria. La piccola Anna si immette nel mondo delle due sorelle Ortese rompendo le solitudini di Anna Maria e accostandosi alla malattia degenerativa della sorella con tenerezza. Attraverso questa e altre storie intrecciate Simona Lo Iacono compie un altro viaggio dei suoi, di quelli che il pubblico in questi anni ha imparato ad amare: alla ricerca di un femminile che è talento e misura, forza e umiltà.


COSA NE PENSO

In questo libro Simona Lo Iacono,ci consente di osservare attentamente da vicino il doloroso mondo della scrittrice Anna Maria Ortese.
Un mondo di stenti e dolori che hanno contribuito a formare una creatura fragile in una donna che ha fatto la storia della letteratura.
La prima cosa del libro che mi ha colpita sono stati quei due grandi occhi neri della bambina in copertina, foto di Letizia Battaglia. In quello sguardo, traspare tutto l'universo di chi cerca un posto nel mondo tra sogni e speranze.
Una sintesi perfetta, delle cose che ci abitano nella loro bellezza poetica, perché tutto ciò che ci circonda è poesia, se solo le guardassimo con gli stessi occhi di Anna Cannavò.
La giovane protagonista che insieme alla Ortese ci mostra il mondo dei silenzi rivelatori, quelli che all’improvviso scandagliano la realtà dell’io interiore proiettandolo in una condizione alienante rispetto a tutto il resto.

«Ma la signorina Anna aveva quello sguardo che gira sul mondo,lo ha posato stancamente sui muri della periferia, che erano scrostati e pieni di scritte.»

In conclusione, ci vuole poesia infatti per descrivere queste meravigliose figure. Consigliato.
Buona lettura! 



Intervista e recensione a cura di C.L


© Riproduzione riservata 











14 settembre 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: JUAN & BEATRICE - IL SEGUITO DI CUORE SELVAGGIO DI ANNAMARIA PLATANIA



NOTE SULL' AUTRICE 

Annamaria Platania è nata a Torino, scrivere è la sua più grande passione da più di vent'anni. Ottimista e inguaribile romantica, nei suoi libri non deve mai mancare il lieto fine. Oltre ai romanzi d'amore scrive anche racconti e favole per i più piccini.

SINOSSI

La storia di un grande amore, quello tra Juan e Beatrice, protagonisti della telenovela Cuore Selvaggio, torna a rivivere tra le righe di questo breve romanzo. Intrighi, vendette e sete di potere, metteranno a dura prova il legame tra la bellissima Beatrice D’Altomonte e l’affascinante Juan Aleardi, che, dopo anni passati in mare è diventato un importante e stimato uomo d’affari che con la sua nave si occupa di commerci tra il Messico e le isole vicine.
Mettendosi un passato doloroso alle spalle, Juan ricomincia una nuova vita al fianco dell’unica donna che ha sempre amato. Si riconcilia con il fratello Andrea, che dopo anni ritorna a Camporeal con la sua giovane sposa, e tutto sembra procedere bene, ma i fantasmi del passato sono in agguato e due uomini misteriosi faranno di tutto per vendicarsi della famiglia Aleardi, in qualunque modo, irrompendo nelle loro vite tranquille.
Tutti saranno in pericolo e l’ombra della morte è sempre più vicina...solo l’amore sarà in grado di sconfiggere il male.
Potete acquistare il libro su Amazon

COSA NE PENSO

Cuore selvaggio è una telenovela messicana, andata in onda tra il 1993 e il 1994.
In realtà, Corazón salvaje (titolo originale). È una trilogia di romanzi composta da Corazón Salvaje , Mónica e Juan del Diablo scritto dalla prolifica scrittrice messicana Caridad Bravo Adams, pubblicati per la prima volta nel 1957 e poi adattati per il cinema.
La copertina di “Juan e Beatrice” scelta da Annamaria Platania, riproduce la scena finale di Cuore Selvaggio. Un' immagine talmente potente da aver segnato in modo decisivo il nostro immaginario. 

“Alla fine l'amore tra Juan e Beatrice trionfa, Andrea si riconcilia con il fratello, ma decide di ripartire per l'Europa e di abbandonare la madre che, con il suo atteggiamento possessivo, gli ha reso la vita impossibile.”

Annamaria Platania ha saputo raccontare,in maniera scorrevole questo suo personalissimo nuovo capitolo, dove ritroviamo i buoni e i cattivi della storia originale. È stata molto brava e attenta a non lasciare nulla al caso, questo è rassicurante per chi ha amato la tormentata storia d'amore tra Juan e Beatrice. 
Leggere questo mini racconto è stato per me davvero molto emozionante, avendo amato da ragazzina questa telenovelas. 
In conclusione, prima di tutto, bisogna considerare dove verrà letto,sé verrà letto da computer, ebook o cartaceo, perché le dimensioni del font sono grandi e ciò ci permette di leggere il testo anche senza gli occhiali. L'autrice ha avuto un'ottima idea in questo. Piacevole.Credo sia la parola perfetta per descrivere lo stile di Annamaria Platania. Consigliato.
Buona lettura!


Recensione a cura di C.L

© Riproduzione riservata 







01 settembre 2022

INTERVISTA A ERRI DE LUCA, TRA TEATRO E LETTERATURA.



Cari lettori, nell’intervista di oggi ho avuto il piacere di fare due chiacchiere con lo scrittore Erri de Luca.
De Luca si avvicina al mondo dell'editoria con la traduzione di alcune parti dell'Antico Testamento dall'ebraico antico, apprezzate anche dai maggiori esponenti del settore.
L’esordio di Erri De Luca come scrittore avviene nel 1989, quando, all'età di 40 anni, pubblica il suo primo libro, Non ora, non qui, in cui rievoca gli anni dell’infanzia trascorsa nella sua Napoli. Da quel momento De Luca pubblica, sempre con successo, opere di narrativa che saranno tradotte in oltre 30 lingue.
Si tratta di uno scrittore da sempre fortemente impegnato dal punto di vista sociale. Molto prolifica anche la sua produzione giornalistica, con editoriali sulle principali testate italiane e articoli sulla montagna, di cui lo scrittore è particolare amante e conoscitore.


D: COSA L’HA SPINTA AD INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI SCRITTORE?

R: Non considero la scrittura un mestiere e dunque non implica una carriera. Ogni storia è nuova e resto principiante di fronte a essa. Per me è stato il modo migliore di tenermi compagnia insieme alla lettura. È un piccolo tempo festivo dentro la giornata e non tutte le mie giornate hanno un tempo di scrittura. In principio mi ha spinto una predisposizione all’isolamento. Ho cominciato a raccontarmi storie per iscritto. Le vedevo venir fuori insieme alle righe dei quaderni che riempivo. Non stavano dentro di me, stavano fuori e io le raccoglievo.

D: MARGUERITE DURAS DICEVA: LA SCRITTURA È L'IGNOTO. PRIMA DI SCRIVERE NON SI SA NIENTE DI CIÒ CHE SI STA PER SCRIVERE E IN PIENA LUCIDITÀ. COS’È PER LEI LA SCRITTURA?

R: Confermo che è il mio modo di tenermi compagnia e restare in disparte. Non resto con la penna per aria in attesa di ispirazione. Scrivo a flusso continuo per un breve periodo, meno di un’ora. Non ho il problema della pagina bianca. Ci vado sopra quando sono pronto.

D: UNO SCRITTORE È PRIMA DI TUTTO UN LETTORE, CHE GENERE PREDILIGE?

R: Sono stato un lettore di poesia del 1900, poi di narrativa. Mi interessa la vita degli altri, di quelli vissuti prima, in epoche e luoghi scomodi. 

D: COME NASCE IL TITOLO DI UNA STORIA?

R: Ogni titolo viene da solo, spesso preso dalla frase pronunciata da un personaggio. È un frammento, non una didascalia che deve spiegare lo svolgimento di un tema. 

D: NEGLI ANNI HA PUBBLICATO DIVERSE RACCOLTE DI POESIE. COSA PUÒ DARE LA POESIA ALLA NOSTRA VITA?

R: Quello che ha dato a me lettore è l’improvvisa definizione di una realtà capovolta. Un verso di Brodskij è :” Al mondo non esistono cause, esistono solo effetti”. Quello che faccio io con i versi è condensare una storia, un pensiero in poche righe, per esempio :” So percerto che in natura tutto è sopraffazione/ vita concimata a morte,/ pure il fiore./ Però il fiore mi fa dimenticare la certezza”.

D: COS’È PER LEI IL TEATRO?

R: Un posto magico dove l’attore sopra un palcoscenico gioca a essere un altro davanti a una folla di persone che giocano a prenderlo per quell’altro. Questa definizione di teatro appartiene all’argentino JL Borges.

D: CI PARLI DELLA SUA FONDAZIONE? QUALI ATTIVITÀ SONO STATE SVOLTE IN QUESTI ANNI E QUALI SARANNO I PROGETTI FUTURI? 

R: La parola Fondazione fa pensare a chissà quali mezzi. Si tratta di fondi messi a disposizione dalla presidente Paola Porrini Bisson, da me e da alcuni soci. Diamo borse di studio, quest’anno dieci, a studenti extraeuropei venuti in Italia per forti necessità. Con la Comunità di Sant’Egidio di Napoli e l’Università Federico II seguiamo i corsi di laurea degli studenti sostenuti. Abbiano scannerizzato e messo in rete gratuitamente l’intera collezione del quotidiano Lotta Continua degli anni ‘70. Facciamo anche cose più piccole come un corso di arrampicata per bambini disabili a Terni. Non partecipiamo a bandi e a progetti finanziati da enti vari. Malgrado abbia il mio nome, la Fondazione non coincide con me. Ha vita e statuto a parte.0

Ringrazio Erri De Luca per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.



Intervista a cura di C.L

Ph by Niccolò Caranti

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25 agosto 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: ALL'ULTIMO MOMENTO DI ELIZABETH GASKELL


NOTE SULL' AUTRICE 

Elizabeth Cleghorn Gaskell nasce a il 29 settembre 1810 a Londra. È stata una scrittrice britannica.
In alcuni suoi romanzi (Mary Barton, 1848; Nord e sud, North and South, 1855) si avverte l’eco dei problemi sociali del tempo (il conflitto tra capitale e lavoro, quello tra nord industriale e sud agricolo), che la G. affronta con partecipazione umanitaria. L’opera più nota, Cranford (1853), è uno studio di ambiente provinciale, ora lirico ora ironico. Sono da ricordare anche Ruth (1853), in difesa della parità sociale e sessuale della donna, e un’eccellente biografia di Charlotte Brontë (1857).

SINOSSI

La trama ruota attorno alle vicende di Margaret, una giovane donna di Edimburgo dal carattere forte e dallo spirito indomito, e al suo amore per James Brown, promettente dottore in medicina che gode di grande popolarità nei migliori salotti della capitale. Tuttavia si conosce poco del passato del ragazzo, soprattutto non si hanno notizie dei suoi legami familiari, se non che ha perso la madre «prima di iniziare l'università». Una tale incerta biografia genera sorpresa e scontento nei parenti della ragazza all'annuncio del fidanzamento. Il Professor Frazer, zio e tutore della protagonista, sebbene consapevole di non poter imporsi sulla nipote, ormai maggiorenne, prova a dissuaderla da un matrimonio svantaggioso. Ferma nella sua decisione, Margaret sposa James Brown e lo segue a Londra, dove il dottore comincia a farsi strada nella professione medica. Insieme alle ristrettezze economiche, con il matrimonio arrivano nuove ombre a minacciare la felicità della coppia, legate a un passato che James aveva cercato di tenere nascosto ma che torna a perseguitarlo.

COSA NE PENSO 

Il mini racconto di Elizabeth Gaskell “All'ultimo momento”, appare per la prima volta il 27 novembre del 1858 su «Household Words», la rivista diretta da Charles Dickens con cui la Gaskell aveva iniziato a collaborare nel 1850.
Devo ammettere che non ho mai letto nulla finora di questa autrice, e purtroppo tutte le mie aspettative iniziali sono state deluse dalla trama. Trattandosi di un giallo mi aspettavo una storia ben diversa, intrigante, considerando poi l'epoca in cui la vicenda si svolge, c'è da dire però che la Gaskell ha voluto sperimentare in questo breve racconto una nuova forma di scrittura,con una morale ben precisa che si va man mano svelando solo alla fine.
Sono rimasta molto colpita dalla tenacia della protagonista, considerato tutto sommato il ruolo secondario della donna nell'epoca vittoriana, Margaret piace per la sua intraprendenza. Per il resto i pochi personaggi presenti nell'opera persino il dottor Brown si sono rivelati decisamente monotoni.
Infine, trovo a mio modestissimo parere troppo lunga l'introduzione a cura di Raffaella Antinucci, nonostante sia molto dettagliata e curata nei minimi dettagli.
Consiglio la lettura di questo libro a chi non conosce ancora gli scritti di Elizabeth Gaskell e chissà poi voglia approfondire anche gli altri romanzi di questa autrice.Buona lettura!

Recensione a cura di C.L

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