10 ottobre 2024

“... CHIACCHIERATA CON ANGELO CAROTENUTO.”




Cari amici lettori,

L'ospite di questa nuova intervista è Angelo Carotenuto.
Nato nel 1966, giornalista, si è occupato di calcio, libri, musica, cinema. Ha pubblicato i romanzi: Dove le strade non hanno nome (Ad est dell’equatore, 2013) e La grammatica del bianco (Rizzoli, 2014), ambientato durante il torneo di tennis a Wimbledon nel 1980, e vincitore del Premio Selezione Bancarella Sport, e, con Sellerio, Le canaglie (2020) e Viva il lupo (2024). Ha scritto e diretto il documentario C’era una volta Gioânn - 100 anni di Gianni Brera (Sky Arte, 2019).

D. ANGELO, COM'È NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Non saprei dire se la passione per la scrittura è nata subito in questa forma oppure se questa forma è diventata l’anello finale di una catena di cose. Inizialmente, intendo proprio da bambino, c’è stata una passione soprattutto fisica per la scrittura, voglio dire per la scrittura a mano. Una specie di dipendenza dal gesto. Riempivo quaderni e quaderni di cose, quasi sempre formazioni e risultati di partite di calcio, arrivi di corse di ciclismo, gare di atletica leggera. Quando non c’era niente da scrivere, ricalcavo. Sono stato un bambino al quale non sapevano cosa regalare, così succedeva nelle ricorrenze di ricevere o una penna o un libro. Mio zio lavorava in ferrovia, per un certo periodo abbiamo vissuto insieme. Rientrava a casa con certi quadernoni che oggi ricordo enormi, ma saranno stati di normalissime dimensioni, di quelli su cui in ferrovia segnavano forse orari, transiti, merci scaricate, chi lo sa. Erano fatti di una carta bellissima, con le righe, i quadratoni, una copertina marroncina un po’ più rigida. Sto parlando degli anni Settanta, di certe infanzie pre-digitali. Altri blocchi aziendali li metteva in palio il padre di un mio amico che faceva il rappresentante di prodotti di bellezza. Veniva il sabato fuori scuola e organizzava una corsa fra noi bambini nello spiazzale. Chi vinceva, portava a casa questo oggetto che era come una medaglia d’oro. Aveva la copertina di cuoio ed era alto così, non meno di 200 pagine. Non ho mai saputo disegnare, allora ho cominciato a riempirli di tutte le frasi che mi piacevano, frasi sentite in televisione, alla radio, nelle commedie di Eduardo, frasi lette in giro. Certe mie giornate finivano con il polpastrello dell’indice destro deformato per le ore passate con la penna in mano. Una volta sentii dire a Enzo Biagi in un’intervista che per fare il giornalista bisognava leggere tutto, anche le etichette dell’acqua minerale. Così cominciai a copiare pure le etichette dell’acqua. Perché quello credevo di voler fare, il giornalista. In realtà, ricostruisco oggi, forse volevo solo impugnare una penna e non conoscevo un altro mestiere che mi consentisse di farlo. 

D. QUAL È IL MESSAGGIO CHE VUOI TRASMETTERE CON VIVA IL LUPO ?

R. Nessuno. Da lettore sarei molto infastidito alla scoperta che un romanzo è stato scritto per trasmettere un messaggio. Lo troverei un atto presuntuoso, un atto violento. Nella letteratura, al cinema, nelle opere teatrali, mi piacciono le autrici e gli autori che raccontano storie, esistenze, e con quelle storie si fanno delle domande, con quelle domande spingono noi lettori, lettrici, spettatrici, spettatori a farcene insieme a loro. Mi piace la narrativa che fa vivere esperienze simulate, la narrativa che coinvolge, accoglie, chiama in causa, mon semblable, mon frère, dice Baudelaire al suo lettore. Mi piace il lettore che scopre in un libro qualcosa che l’autore non sapeva, qualcosa che non si aspettava di aver scritto: tutto il contrario della volontà di lasciare un messaggio. 

D. QUALE PARTE DEL LIBRO TI HA CREATO MAGGIORI DIFFICOLTÀ? 

R. La scelta delle canzoni che i ragazzi portano al talent show. Le ho cambiate molte volte, fino all’ultimo momento prima della consegna. Tutte servono a dire qualcosa dei personaggi o a indirizzare verso un umore la storia. Dovevano essere tutte esatte, necessarie. 

D. CON QUALI COLORI DESCRIVERESTI I PERSONAGGI?

R. Questa storia è un cammino, un cammino alla ricerca prima del buio e poi della luce, un cammino di metamorfosi, sia per i personaggi adulti sia per gli adolescenti – che con la metamorfosi ci fanno i conti per definizione, per natura. Forse il colore di questa storia è il colore dei capelli della ragazza in copertina, con quei riflessi in cui pare ci siano l’argilla, le fiamme. 

D. COSA TI AIUTA A CONCENTRARTI MENTRE SCRIVI? 

R. Per molti anni ho fatto il mio lavoro in postazioni di fortuna, su un treno, un vaporetto, in un bar, oppure in ambienti rumorosi come uno stadio durante una partita di calcio. Ho fatto in tempo a conoscere stanze in cui non c’erano ancora i computer e si usavano le macchine per scrivere: ogni volta che si andava a capo il carrello suonava un campanello, e suonava a te, al collega di fianco, a quello di fronte, a quello dietro. Un’orchestra di gente che scriveva insieme. Oggi mi piace molto scrivere quando la casa tace, al mattino presto o di notte. Se ho bisogno di isolarmi, attacco la cuffia al computer e metto Morricone. 

D. COSA VORRESTI CHE I TUOI LETTORI SAPESSERO? 

R. Ah, io sono molto affascinato dai lettori e dalle lettrici che chiedono di sapere se nella storia raccontata c’è qualcosa di autobiografico. E’ proprio una curiosità che mi conquista: tutto questo bisogno di realtà, di verità, di confessioni, di autofiction. E’ incredibile perché in fondo, se ci pensi, quando inventi una storia, quando inventi tutto, stai donando la parte più intima di te: le tue fantasie. Più di quello, che altro c’è da sapere? 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Ridere. Ridere molto. 

Ringrazio Angelo per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande

In libreria e sugli store online dal 27 agosto 2024 Sellerio Editore


SINOSSI

Un mercoledì di fine luglio Gabriele Purotti si sveglia senza voce. Ha poco più di cinquant’anni ed è il leader dei Dorita, uno dei gruppi rock più in vista della scena indie italiana. Tutti lo conoscono come Puro, è diventato davvero famoso grazie alla televisione, ogni settimana gli passano davanti le giovani speranze della musica italiana e lui è il loro giudice, nel talent show musicale di maggior successo, «Viva il lupo». Adesso il suo futuro di cantante è a rischio, i medici non sanno darsi spiegazioni, lui sì. La voce si è spenta appena saputo della morte di Tete, una ragazzina sedicenne. È stata travolta da un treno mentre attraversava in monopattino un passaggio a livello, con le cuffie alle orecchie e la musica alta. Due giorni prima, alle audizioni del programma, aveva dimostrato un grande talento. Però era stata rifiutata con il voto decisivo del Puro. Forse – sospetta la Procura – potrebbe essere stato un gesto volontario. Gabriele sprofonda nell’abisso del rimorso e comincia una doppia ricerca, dentro e fuori di sé. Vuol sapere tutto di Tete, ricostruire i suoi sogni e quel mondo che sente d’aver spezzato. Poi ha l’urgenza di rintracciare le altre ragazze e i ragazzi da lui bocciati negli anni, di verificare se si è lasciato dietro una scia di dolore e disperazione. Mentre la gara televisiva prosegue inarrestabile senza di lui, macinando rivalità e rancori, vincitori e sconfitti, Puro riesce a entrare in contatto con la famiglia della ragazzina, scoprendo una nonna straordinaria e un fratello stralunato e geniale. Un doppio incontro che cambierà il senso della sua ricerca e il corso della vita di ognuno di loro.
Un romanzo che racconta il presente nei desideri e nelle sconfitte, nella violenza della competizione e nella dolcezza dell’amicizia, capace di rappresentare lo smarrimento della vecchiaia che incombe, lo struggimento di un’adolescenza che pare non aver fine, il disagio di una società di adulti fragili, convinti che invece la fragilità sia dei giovani.

COSA NE PENSI 

Viva il lupo rappresenta quelli che sono i nostri veri sentimenti dettati dall' inconscio davanti ad un rifiuto. Carotenuto ne delinea i tratti più significativi, li rielabora e ce li restituisce attraverso Puro, un noto cantante e giudice di un talent canoro e della giovane aspirante cantante Tete. Questo libro è uno specchio sulla fragilità umana senza età.

«C'è un grosso imbuto di infelicità,una tristezza diffusa che ispira molte richieste in più di aiuto,sono trasversali,sai»

Le nostre fragilità hanno dunque a che fare con l'empatia, con la nostra capacità di immedesimarci nell'altro o meglio di "sperimentare i sentimenti di qualcuno",facendoli nostri è quello che fa Puro nella maggior parte del racconto.
In conclusione,in parallelo, in questa storia c'è un elemento altrettanto significativo " la necessità d'ascolto" da parte dei giovani , il calore genera ancora calore in questo libro e lo vediamo con Puro e Ardo. 
Lettura consigliata!

Intervista e recensione a cura di C.L

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13 settembre 2024

RECENSIONE DEL LIBRO: “SENTIMI” DI TEA RANNO




In libreria e sugli store online dal 28 giugno 2022 Sperling & Kupfer



NOTE SULL' AUTRICE 

Tea Ranno è nata a Melilli, in provincia di Siracusa, nel 1963. Dal 1995 vive a Roma. È laureata in giurisprudenza e si occupa di diritto e letteratura.
Ha pubblicato per e/o i romanzi Cenere (2006, finalista ai premi Calvino e Berto, vincitore del premio Chianti) e In una lingua che non so più dire (2007).
Nel 2012 per Mondadori esce La sposa vermiglia e nel 2014, sempre per Mondadori, Viola Fòscari. Nel 2018 per Frassinelli esce Sentimi e nel 2019 per Mondadori L'amarusanza.
Per Piemme pubblica nel 2023 Un tram per la vita e nel 2024 Bombolla. Una fiaba moderna per vincere il bullismo.


SINOSSI 

Durante una notte surreale, e nello stesso tempo fin troppo reale, una donna, una scrittrice, tornata nel paese siciliano dove è nata, ascolta decine di voci che giungono da un altrove indistinto, che si fanno strada in una nebbia strana, inquietante. Sono voci di donne morte, che vogliono raccontare le loro storie perché la scrittrice le trascini fuori dall'oblio. Sono storie dolorose, a volte tragiche, che hanno una caratteristica in comune: in tutte, l'umanità delle protagoniste, la loro complessità emotiva e intellettuale tutta femminile, viene annullata nella dicotomia maschile della donna "santa o buttana". Ma non solo per raccontarsi, i fantasmi di queste donne parlano all'autrice: c'è anche un'altra storia, che tutte le coinvolge, e che vogliono si sappia. La storia di Adele, figlia di Rosa, ma non del suo legittimo marito, Rosario. E la colpa più grave di Adele è quella di avere i capelli rossi, come il suo vero padre, segno inequivocabile del tradimento. Per questo Rosario passerà il resto della sua vita nel tentativo di uccidere la bambina. E per questo le donne del paese, le stesse donne che si raccontano, faranno di tutto per salvarla. Perché levare almeno la piccola Adele dai meccanismi mentali malati di questi maschi brutali, ancestrali e irredimibili, vorrebbe dire aver salvato tutte loro.


COSA NE PENSO

Le parole non bastano, davvero per poter spiegare cosa si prova a fine lettura. Sgomento, rabbia, sono forse gli unici sentimenti che si provano a caldo dopo aver letto questo romanzo.
Ho da sempre apprezzato e amato lo stile narrativo di Tea Ranno, e anche questa volta è riuscita a tenermi incollata fino all' ultima pagina.
Vi confesso che ho pianto, non solo lacrime di dolore ma di commozione per il suo meraviglioso messaggio di solidarietà al femminile.
Sentimi è un grido d'aiuto per tutte le volte che una donna viene violata dentro e fuori il suo corpo.
La donna che diventa ombra di se stessa.Gli occhi del suo "uomo"che diventano cani, quello che deve proteggerla e amarla ,diventa il suo peggior nemico. E così, Sentimi le racconta una ad una tutte queste donne.Pietra,Rosa,Stella,Brigida, Irene, Angelica, Costantina, Maria,Nina,Luisa, Lorena, e Adele, sono solo alcune.

«Restai con la penna a mezz'aria mentre, all'improvviso, chissà da dove, nella piazza si diffondeva una musica.
Una musica... Un tango,mi parve, inusitato e senza senso in quella notte di tragedie legate filo a filo dal racconto di quelle donne ch’erano trapassate.»

Mi ha colpita in modo particolare il capitolo,"Canto di buttana", non poteva usare metafora migliore per concludere il suo libro la Ranno, perché la donna accoglie, nutre,ama, si annulla per amore.
In conclusione, leggere "Sentimi" è un modo per ricordarci ogni giorno chi siamo, cosa possiamo fare e che non siamo da sole davanti alla lotta contro il femminicidio.Scritto in maniera ineccepibile. Consigliatissimo!


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24 agosto 2024

RECENSIONI DEI LIBRI: “VECCHIO SMOKING” E “PER RITROVARE QUEL BACIO” - LIALA.

NOTE SULL' AUTRICE 

Liala, pseudonimo di Amalia Liana Negretti Odescalchi, coniugata Cambiasi (Carate Urio, 31 marzo 1897 – Varese, 15 aprile 1995), è stata una scrittrice italiana, fra le più note autrici di romanzi rosa del XX secolo.
Deve il suo pseudonimo a Gabriele D'Annunzio, il quale volle darle un nome che contenesse ortograficamente un'ala.

SINOSSI

-Vecchio Smoking - 

Roberto Dora è un giovane ingegnere milanese, unico discendente di una famiglia nobile decaduta. Per ridare prestigio alla famiglia, la madre decide di farlo sposare con Amelita Lonez, una facoltosa ereditiera di Barcellona. La donna è attraente e molto sensuale, ma altrettanto autoritaria e gelosa. Tiene il marito al guinzaglio e non gli lascia alcuna libertà, cosa che lo porterà a partecipare di nascosto a una festa elegante, facendosi prestare un vecchio smoking dall’amante del suo amico Gianolini. Alla serata di gala, Roberto conoscerà Tea, una bellissima sarta di cui si innamorerà perdutamente. Ma può un uomo scegliere tra i doveri verso la famiglia e la potenza dell’amore?


- Per ritrovare quel bacio - 

Duna Hyblà è una bellissima ragazza egiziana che vive tra viaggi, gioielli e alberghi di alta classe. Dentro, però, porta lo stigma dell’origine torbida della sua ricchezza. Per questo, la giovane è piena di rancore e si sente rifiutata dalla società. Si finge cinica e arrogante, incapace di affetto, ma in realtà nel profondo del cuore desidera trovare qualcuno che la protegga, che le faccia vivere la gioia di una relazione autentica e disinteressata. Alla ricerca del vero amore e di un rapporto che vada oltre le apparenze, Duna cambia amici e fidanzati, fino a sposare l’ingegnere Goffredo Steven – anche se il suo cuore batte da sempre per un altro ingegnere, l’intrigante Guido Nova. Riuscirà Duna a mettere da parte l’orgoglio per inseguire il suo sogno d’amore?

Entrambi nelle librerie e sugli store online dal 18 giugno 2024 Sonzogno


COSA NE PENSO 

VECCHIO SMOKING pubblicato per la prima volta a Milano dall'editore Sonzogno nel 1952. È un romanzo garbato, gentile, scritto in maniera semplice. 
La scrittura si rivela elegantemente insolita nei romanzi di oggigiorno. Un linguaggio indubbiamente in disuso quello adoperato da Liala nella narrazione,ma che sa arrivare esattamente dove vuole, e cioè dritto nel cuore delle lettrici. In questo romanzo, si denota in maniera netta l'evoluzione dell' uomo come tale e del sentimento a lui più caro, l'amore. Non si può parlare in definitiva esclusivamente di un romanzo storico anche se l'ambientazione si svolge a cavallo tra il prima e il dopoguerra. Piuttosto, direi che Vecchio Smoking non ha tempo. 
I personaggi si rivelano per quello che sono di volta in volta.
Partendo dalla co-protagonista Amelita Lonez la cattiva della storia piace quel tanto che basta. Amelita ha un certo fascino solo all'inizio, ma poi la sua presenza diventa frustrante e fastidiosa, approvo la scelta dell' autrice per averla messa abilmente in disparte.

«La felicità non esiste per alcuno. Amelita è una preziosa amante e una pessima moglie, è una magnifica donna e una cattiva amica...»

Roberto Dora da adulto assume nel mio immaginario lo charm e l' amplomb impeccabile alla Cary Grant. Sebbene, mi sarei aspettata altro da lui.
Di Roberto, c'è veramente poco da dire.
Adorabile la goliardia di Gianolini, unico vero amico di Roberto.
Il personaggio rimasto nel mio cuore è quello di Tea. Una figura immediatamente chiara, un personaggio senza pretese che sa trasmettere solo immagini belle di una vita semplice fatta di antichi valori e coraggio.


PER RITROVARE QUEL BACIO 
pubblicato per la prima volta da, Del Duca, 1954.
Liala, non è andata molto in là con la fantasia perché come accade in genere nei romanzi rosa e come in “VECCHIO SMOKING” I protagonisti principali sono lui, lei e l'altro.Penserete al classico triangolo amoroso,e qui vi sbagliate, dato che la protagonista Duna Hyblà,modernissima, nonostante le apparenze, si rivelerà nel corso della narrazione una donna parecchio lontana dagli stereotipi a cui è stata catalogata dalla preclusione altrui soprattutto da quella maschile.
Contrariamente il protagonista maschile, Guido Nova, rappresenta l'uomo tutto d'un pezzo, l'unica sua pecca è stata quella di lasciarsi facilmente circuire dall' infido antagonista Faunetto Massena. 

«Sapeva bene che per ritrovare quel bacio bisognava poter tornare da capo..»

All'impatto, anche l'altro antagonista Goffredo Steven, darà la stessa impressione prosaica del Messena. Personaggi così diversi accomunati dal desiderio di avere Duna a tutti i costi. Bello il finale.

In conclusione, gli scritti di Liala vanno rivalutati e conosciuti perché modernissimi e significativi, rievocano infatti, gli aspetti più veri e contorti della vita. Amore, amicizia, gelosia.
Vi consiglio di leggerli entrambi. Buona lettura!

Recensione a cura di C.L

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12 agosto 2024

“LA NOTTE SOPRA TEHERAN”, INTERVISTA ALL' ATTIVISTA PEGAH MOSHIR POUR.







Benvenuti cari lettori,

Oggi ho il piacere e l'onore di ospitare nel blog Pegah Moshir Pour.
Pegah è nata in Iran nel 1990 e si è trasferita in Italia con la famiglia quando aveva nove anni. È cresciuta tra le storie del Libro dei Re e i versi della Divina Commedia. Oggi è consulente e attivista per i diritti umani e digitali. Racconta l’Iran su «la Repubblica» ed è una delle più importanti voci nella battaglia per l’emancipazione delle donne iraniane e non solo. Punto di riferimento a livello istituzionale e mediatico sul tema dei diritti umani, promuove il valore della diversità e dei third culture kids in Italia. Per la sua attività ha meritato le lodi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La notte sopra Teheran è il suo romanzo d’esordio.

D. CHI È PEGAH?

R. Pegah oggi è una donna che scopre quanto per una donna sia complesso affermarsi e restare salda professionalmente in una società. 
All'età di nove anni, incontra gli stereotipi culturali poi quelli religiosi e poi quelli di genere: “non riuscirai mai a superare il primo anno di ingegneria tu esci da un linguistico” ma si laurea alla magistrale di Ingegneria Edile quindi non è stupida, tanti sono gli stereotipi culturali tanti sono i bias nel nostro quotidiano digitale. Fino ad oggi che all'ottavo mese di gravidanza si rende conto di quanto sia complesso il mondo della maternità preparto e di quanto le città e la società, le persone non siano in grado di capire e accogliere una donna incinta. Quindi Pegah non smetterà mai di incontrare ingiustizie ma è sempre pronta a portare avanti i diritti umani. 


D. COME HAI INIZIATO IL TUO PERCORSO DI CONSULENTE E ATTIVISTA DI DIRITTI UMANI?

R. All'età di quindici anni ho scoperto di non essere cittadina italiana nonostante fossi in Italia da quando avevo 9 anni, mi sono molto arrabbiata e mi sono chiesta perché non sono italiana quando sono perfettamente integrata e anzi riconosco l'Italia come la mia casa. Da lì, è iniziato un percorso di esternazione e di racconto della mia storia che incontrava man mano tantissime altre storie e quindi vedevo che la mia voce era la voce di tante altre persone e quindi non ho mai smesso di parlare di informarmi di organizzare dibattiti sul tema dei diritti a 360°gradi fino ad arrivare a capire che attivavo nelle persone un senso di consapevolezza e di avvicinamento a molti temi e da qui diventai attivista. 

D. HAI UN RICORDO, UN’EMOZIONE PARTICOLARE, LEGATA ALLA STESURA DI “LA NOTTE SOPRA TEHERAN”?

R. Ho pianto, riso e ho ascoltato tantissimo i miei genitori.  
li ho presi in momenti differenti da soli e mi sono fatta raccontare tutto ma proprio tutto, dall'inizio fino a quel momento in Italia e ho capito di quanto sono fortunata ad avere dei genitori così che senza mai raccontarsi hanno fatto delle grandi rivoluzioni. E poi, mi sono anche liberata di tante cose di cui mi vergognavo o che reputavo non importanti. Invece, è sempre importante parlare per poter cambiare per gli altri. 

D. DONNA, VITA, LIBERTÀ ,QUESTO SLOGAN DIVENNE UN GRIDO DI RICHIAMO DURANTE LE PROTESTE SEGUITE ALLA MORTE DI MAHSA AMINI, E CHE HAI PORTATO ANCHE A SANREMO NEL 2023. COSA POSSIAMO FARE OGGI PER LE DONNE IN IRAN?

R. Donna, vita, libertà è lo slogan che donne e uomini portano avanti in una lotta intersezionale e intergenerazionale,che coinvolge tutte le regioni del paese da nord a sud, perché l'iran è un insieme di culture e lingue diverse dal Kurdistan iracheno al Sīstān e Baluchistan a l’Azerbaigian.
Sono tutte regioni con ricchezze culturali incredibili e differenti, ma che si trovano d'accordo sul cambiare la politica in Iran, di buttare giù il regime della Repubblica islamica iraniana creata nel 1979 da Khomeyni che oggi ha portato al collasso finanziario e non solo, il paese, uno dei regimi più corrotti al mondo, che ha ristretto la ricchezza del paese in mano a pochissimi, che ha portato la classe media a essere sempre più povera e quella più povera a non esistere. 
Le nuove generazioni hanno il coraggio, non hanno più paura, invitano le generazioni che li hanno preceduti alla mobilitazione, sono tutti insieme, anche quelli che avevano partecipato alla rivoluzione nel 1979, oggi si trovano pentiti e gridano a gran voce una politica seria, giusta e democratica. 
Noi possiamo fare tanto possiamo continuare a parlare, possiamo continuare a chiedere soprattutto ai nostri politici di rappresentarci di chiedere all’ambasciata iraniana le sorti dei prigionieri. Abbiamo ancora la Premio Nobel per la pace Narges Mohammadi ancora in carcere a Evin, abbiamo attiviste, attivisti, avvocati avvocati dei diritti umani, rapper che sono in carcere anche da molti anni, in stato di salute molto precarie, chiediamo giustizia che vengano liberati chiediamo che una possibile opposizione possa nascere in Iran. Perché chiunque parla contro la guida suprema viene imprigionato e poi nei peggiori dei casi incolpato di “guerra contro Dio” e quindi impiccato. 

D. PARLACI DELLE INFLUENZE LETTERARIE CHE HAI AVUTO, DEGLI SCRITTORI CHE AMI.

R. Ci sono tante scrittrici e scrittori che mi hanno influenzato non solo italiani.
Essere una ragazza di terza cultura mi ha permesso di pensare con due culture diverse crescendo in due culture, ma soprattutto trovarci anche dei punti in comune. Mi ha aiutato molto a guardare di più dentro e fuori. L' autore al quale sono legata di più perché come spiego anche nel libro avviene in un momento di grande trasformazione di consapevolezza nella mia crescita è Cesare Pavese.  
Lui è arrivato in uno dei momenti più delicati ma più combattivi della mia affermazione soprattutto nel mondo scolastico e di quella rivincita dell'essere additata come straniera, immigrata, mangia cammelli, terrorista, sbagliata. 
Quindi avrà sempre un luogo speciale nel mio cuore ma ovviamente sono tantissime le donne e gli uomini che amo leggere e da cui imparare sempre. 

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE... CHE VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R. Sicuramente vorrei tranquillizzare gli uomini che questo non è un romanzo rosa. Anzi, la prima figura che conosceranno è proprio quella di mio padre, perché ha un ruolo importantissimo da quel momento fino ad oggi. E vorrei dire che ci sono tanti temi, c'è l'iran e l'Italia degli anni 2000 ad oggi, molti millennials riconosceranno anche il passaggio dalle lettere alle email :)
Ci si arrabbia, ma si ride anche, esattamente come normale che debba essere la vita di ogni essere umano. 

D. PROGETTI E SOGNI?

R. Tantissimi sono una bilancia che cammina un metro da terra. Vi dico solo teatro. 


Ringrazio Pegah per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande

In libreria e sugli store online dal 23 aprile 2024 Garzanti



SINOSSI 

Piano piano, nel mio cuore hai costruito una casa. Le note di questa canzone si mischiano al profumo di tè chai che si diffonde nella casa di una famiglia che non riesce a smettere di sorridere. Perché è nata Pegah. «È una femmina.» L’infermiera lo ripete perché forse non hanno capito bene: come si fa a essere felici di avere una figlia femmina a Teheran? Ma il papà stringe al petto la sua bambina e le promette che farà di ogni luogo del mondo una casa accogliente per lei. Pegah dovrà essere una bambina felice. Ma è impossibile in un paese che non rispetta la libertà di donne e ragazze. Per questo, la famiglia decide di trasferirsi in Italia. Ma Pegah non vuole. Non vuole separarsi da sua cugina Setareh. Eppure, è proprio in Italia che Pegah inizia a conoscere meglio l’Iran. Ascoltando le storie di famiglia e scrivendo a sua cugina, con cui non ha mai smesso di parlare. La vita in Iran per le donne diventa sempre più pericolosa. E quando Pegah perde le tracce di Setareh, capisce che c’è qualcosa che non va. Forse deve mettersi in viaggio e andare a cercarla. Deve riportarla a casa.


COSA NE PENSO 

Un romanzo accorato che arriva nel cuore dei lettori e delle lettrici senza alcuna fatica, perché una storia comune quella di Pegah.
Questa ragazza potrebbe essere la nostra vicina di casa,la nostra migliore amica, una nostra collega. 
Questo libro, mi è piaciuto soprattutto per la fedele riproduzione dei fatti realmente avvenuti negli ultimi anni a 
Teheran e per la forza ed il coraggio delle donne iraniane prese di mira dalla cosiddetta polizia della morale.

«Purtroppo ancora oggi la donna musulmana è vista come una donna debole, abituata solo a stare in cucina ma nonostante la forte discriminazione chi subiamo ogni giorno, stiamo lottando e protestando con tutta la voce che abbiamo. In ogni piazza le donne musulmane sono scese per affermare il proprio diritto ad esserci.»

Quanta verità nelle parole dell'avvocata e pacifista iraniana Shrin Ebadi, che ho scelto per Mahsa Amini, e per le donne che stanno protestando e soffrendo in Iran, e in tutto il resto del mondo.
Per di piú mi ha colpita e non poco l'amore di Pegah verso il suo Paese natale e lo fa anche con l'aiuto dell'altra protagonista Setareh. Non possono essere più che diverse l'una dall' altra, ma unitissime per la stessa causa. Vita e libertà!
Oltre a ciò, bellissima e significativa la riflessione di Pegah sul pregiudizio sugli extracomunitari.
Il pregiudizio è un tema oggi più che mai di attualità, affrontato con superficialità e opportunismo, ma che invece rappresenta in modo appropriato le caratteristiche della nostra società. 
In conclusione,leggetelo,leggetelo,
leggetelo.Buona lettura!



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30 luglio 2024

CONOSCIAMO ELENA BOSI, AUTRICE DEL LIBRO “MIO PADRE È NATO PER I PIEDI”


Miei cari lettori, l'ospite di oggi è Elena Bosi.
Elena è nata nel 1978 a Mirandola e vive a Mirandola ma è di Concordia, dove è cresciuta. Traduce, insegna e scrive. “Mio padre è nato per i piedi” è il suo primo romanzo.


D. CHI È ELENA?

R. Per rispondere ho bisogno di aggiungere anche il mio cognome, e dunque: Chi è Elena Bosi?, perché se penso a Elena, da sola, non so dire esattamente chi sia, né dove voglia andare. Elena Bosi, invece, è una persona che si sente la somma di tutti i suoi antenati, e di tutte le persone che ha incontrato fin qui. Da ciascuno ha preso qualcosa: da uno la forma del naso e i capelli ricci, da un’altra il colore degli occhi, e poi la passione per gli orti, e un certo intercalare, o il gesto di strofinarsi le mani anche quando non ha freddo, fino all’abitudine di leggere tutte le sere e di prendere le annotazioni più varie su tanti piccoli taccuini. 

D. QUANTO TEMPO HAI IMPIEGATO PER LA REALIZZAZIONE DI “MIO PADRE E’NATO PER I PIEDI”?

R. Ho impiegato circa tre anni. Avevo tutto questo materiale a cui non riuscivo a dare una forma coerente, quindi ho dovuto fare molte prove. All’inizio avevo tanti frammenti staccati, poi ho provato a scrivere un romanzo ininterrotto, come un flusso di coscienza, poi sotto forma di interviste ai personaggi, e alla fine sono tornata ai frammenti, non lasciandoli staccati ma cercando di comporre un mosaico che potesse avere un senso, sia per me che per i lettori. E questo è stato possibile anche grazie al lavoro finale con Samuela Serri, che si è occupata dell’editing del libro e che ringrazio perché ha saputo orientarmi con sicurezza rispettando le mie scelte, soprattutto linguistiche.

D. CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R. Per me l’euforia è durata poco: ho iniziato subito a domandarmi: Sarò mai capace di scrivere qualcos’altro? Adesso invece non ci penso, cerco di godermi il più possibile tutte le gioie che mi sta portando questo romanzo.

D. PARLACI DELLE INFLUENZE LETTERARIE CHE HAI AVUTO, DEGLI SCRITTORI CHE AMI.

R. La prima influenza è stata Natalia Ginzburg. Ho letto Lessico famigliare alla fine delle elementari e ricordo di aver pensato che anch’io potevo, e volevo, scrivere un romanzo sulla mia famiglia. Ed eccolo qui. Mentre lo scrivevo avevo in mente Noialtri di Sergej Dovlatov, Le storie di mia zia di Ugo Cornia e Gnanca na busìa di Clelia Marchi, ma anche La scoperta dell’alfabeto di Luigi Malerba. Poi ovviamente devo citare Paolo Nori, che non solo è stato il mio maestro in tanti seminari e al corso Trovare la sedia, della sua Scuola Karenin, ma per me, da lettrice, è sempre stato un autore di riferimento. 

D. HAI DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R. Di solito inizio a scrivere a mano, anche su un foglio volante o di recupero: mi aiuta a trovare la concentrazione. Appena vedo che la scrittura inizia a scorrere, passo alla tastiera del computer. Mi piace pensare a quello che voglio scrivere mentre sbrigo delle commissioni o mentre cammino, perché poi quando mi siedo a scrivere cerco di farlo molto velocemente. Il mio romanzo l’ho scritto mentre frequentavo il corso Trovare la sedia, di Paolo Nori, e per me la difficoltà più grande è ancora quella: trovare la sedia, rimanere lì, obbligarmi ad andare avanti. 

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE... CHE VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R. Vorrei dire che mi emoziona molto pensare che magari proprio in questo momento c’è qualcuno che sfoglia il mio romanzo e legge le parole che diceva mia nonna, o pronuncia il nome di luoghi che per la maggior parte della gente sono luoghi sperduti, insignificanti, ma a me sono così cari. Quindi vorrei dire ai lettori che li ringrazio, e che spero che il mio romanzo li faccia divertire, e forse anche un po’ commuovere.

D. PROGETTI PER IL FUTURO E SOGNI?

R. Progetti molti, ho sempre tanti cantieri aperti. Sogni non saprei, un desiderio però ce l’ho: da traduttrice, e visto il mio legame forte con la Spagna, mi piacerebbe vedere una bella edizione in spagnolo di Mio padre per i piedi. Questo mi renderebbe davvero felice. 

Ringrazio Elena per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.




In libreria e sugli store online dal 18 giugno 2024 Neri pozza


SINOSSI 

A tre anni, Giulia è una bambina spigliata, autonoma, sempre con la risposta pronta. Forse anche perché la nonna ha l’abitudine di servirle un caffellatte ogni mattina, salvo poi lamentarsi di quanto sia nervosa. Però, visto che abita a Concordia sulla Secchia, un paesino in provincia di Modena, Giulia è anche una bambina che a tre anni può andarsene in giro da sola sul suo triciclo – l’importante è che non esca mai dai portici – fingendo di fare acquisti nei negozi e cantando Bandiera rossa, come le hanno insegnato gli anziani clienti della pasticceria di famiglia. È con loro che Giulia è cresciuta: nonni, zii, zie, vicini di casa e di bottega, parenti acquisiti, passanti, ragazze, mamme, vecchi e commercianti, tutti personaggi di un microcosmo bizzarro e meraviglioso, memorabile. Dal nonno che ha perso un polmone in una tempesta di sabbia durante la guerra alla zia suora che ipnotizza i topi; dal dottor Francesco, dentista che sa curare tutti i mali, alla libraia Arpalice che non vende libri ma manda i clienti in biblioteca; da Lina, una cliente con la fissa delle zucche, alla zia Tilde, capace di riconoscere le donne incinte dal collo. Un mondo che Giulia descrive con tono allegro e solo in apparenza leggero, perché l’ironia e il brio di chi la circonda sono spesso un modo per esorcizzare la malinconia e la solitudine. Una solitudine a cui ogni personaggio risponde a modo suo: chi confidandosi con la luna, chi cercando presagi felici nei sogni propri e altrui, chi con una battuta, una fuga o una grande abbuffata. Con Mio padre è nato per i piedi Elena Bosi, «la figlia dei portici», crea così l’affresco di una famiglia e di un’intera comunità, un romanzo corale che ci restituisce un mondo sorprendente e poetico che forse sta scomparendo.

COSA NE PENSO 

Noi figli degli anni 70 e 80 possiamo facilmente ritrovarci in questo romanzo. Una storia comune quella di Giulia nata e cresciuta in una piccola cittadina romagnola Concordia, un luogo lontano dalle grandi città in cui tutti si evolvevano in quegli anni con una rapidità impressionante.
Il libro si legge senza nessuna difficoltà , poiché la scrittura è semplice e genuina.Lettura scanzonata e per nulla banale.
I capitoli brevissimi ci portano da un contesto all' altro nella vita di ogni personaggio che abitano nel mondo di Giulia, tra aneddoti, curiosità e stili di vita semplici esattamente come l'Italia del dopoguerra in cui l'intera popolazione viveva di stenti e rinunce,un popolo laborioso che con grande dignità ha saputo con amarezza e orgoglio costruirsi un lavoro,una vita, in modo spiccio concreto senza fronzoli.
I personaggi sono tutti molto interessanti, curiosi a volte malinconici, da nonno Veleo, nonna Marta, passando per il papà e la mamma di Giulia, tutta la sua parentela conquista proprio per il loro ruolo determinante.
In conclusione, Elena Bosi si fa tante domande, purtroppo,alcune di queste domande non troveranno mai una risposta concreta.
Il libro piace per la leggerezza e la sensibilità con cui narra questi episodi familiari.
Una serie di episodi, un viaggio attraverso le variegate tipologie di parenti che tutti noi, in un modo o nell’altro, abbiamo incrociato nelle nostre esistenze. 
Consigliato. Buona lettura!


Intervista e recensione a cura di C.L

© Riproduzione riservata 


08 luglio 2024

“... CHIACCHIERATA CON MARTA LAMALFA AUTRICE DEL LIBRO: L' ISOLA DOVE VOLANO LE FEMMINE”







Carissimi lettori,

L’ospite di questa intervista è Marta Lamalfa. 
Marta è nata a Palmi, in Calabria, nel 1990. Vive a Roma, dove lavora per un’organizzazione umanitaria. È laureata in Lingue mediorientali, si è specializzata in Editoria e scrittura e ha studiato pianoforte a livello accademico. Ha frequentato il laboratorio annuale della Bottega di Narrazione, scuola di scrittura creativa diretta da Giulio Mozzi e Giorgia Tribuiani.

D. CHI È MARTA?

R. Se fossi stata uno dei personaggi del romanzo, mi sarei così descritta:
Seconda di tre figli, Marta cammina con le spalle basse, e sembra sempre faticare mentre si muove nel mondo, quasi si portasse dietro un corpo che non ha ancora capito d’essere giovane. Si siede negli spazi più piccoli, si infila negli anfratti più angusti, adattandosi con naturalezza ai piccoli disagi. Come a voler ricreare anche nel mondo esterno quel delicato imbarazzo che si porta dentro.

D. QUANTO TEMPO HAI IMPIEGATO PER LA REALIZZAZIONE DEL TUO ROMANZO “L’ ISOLA DOVE VOLANO LE FEMMINE”?

R. Ho scritto questo romanzo durante il Laboratorio annuale della Bottega di Narrazione, scuola di scrittura creativa diretta da Giulio Mozzi e Giorgia Tribuiani. Ho cominciato a pensare al romanzo nel 2021, portandolo a una prima stesura nel corso di quell’annualità. Una volta terminato, ho capito che avevo troppi personaggi in troppe poche pagine, e non avevano avuto il respiro che meritavano. Da quel momento, ho cominciato il lavoro di revisione prima con l’agenzia letteraria che mi rappresenta, poi con la casa editrice. Abbiamo lavorato sul testo e sulla lingua fino al giorno in cui il romanzo doveva andare in stampa. Si tratta quindi di un percorso di circa tre anni.

D. DA QUALE IDEA, SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, È NATO QUESTO ROMANZO?

R. Appena ho letto della teoria di Paolo Lorenzi sulla possibile presenza della segale cornuta ad Alicudi a inizio ‘900, ho pensato che nascondesse dietro un potenziale narrativo notevole: avrei potuto parlare degli ultimi, delle persone dimenticate, ma in parallelo creare un mondo “fantastico”, quello delle allucinazioni, che rappresentava un potente strumento di evasione. Ho quindi cercato una lingua che potesse fare da ponte fra questi due mondi. 

D. CON QUALI COLORI DESCRIVERESTI I PERSONAGGI? 

R. I personaggi del romanzo sono moltissimi e variegati, per cui mi limiterò ai tre principali personaggi femminili: Caterina, la mia protagonista, è bianca, perché non ha ancora deciso di che colore essere; Palmira, sua madre, è grigia, schiacciata dai doveri e dalle responsabilità; Calòria – la pescatrice non sposata che sull’isola si dice essere una majara, una strega – è magenta, come una buganvilla piena di spine.

D. HAI DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R. Sono molto regolare nella scrittura, circa una pagina al giorno. Di solito scrivo di sera, ma non ho dei riti particolari, non potrei permettermeli: scrivo quando ho tempo, e a dire il vero il tempo è sempre poco.

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE... CHE VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R. Di non pensare a questo romanzo come a un romanzo storico: ci sono sicuramente molti elementi che inquadrano la vicenda in un preciso tempo e in un preciso luogo e una ricerca storiografica alla base. Ma ciò che mi premeva era scrivere un romanzo in cui l’essere umano fosse al centro, messo di fronte a una realtà che cambia improvvisamente, a delle scelte da compiere. E ogni personaggio si troverà a confrontarsi con le proprie speranze, i sogni più nascosti.

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Ho qualche idea, ma ho bisogno di un periodo di maggiore tranquillità per metterla a fuoco e per capire se e come portarla avanti. Sicuramente in futuro vorrei scrivere qualcosa che sia ambientato in Calabria, una terra abbastanza trascurata in letteratura.


Ringrazio Marta per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.

In libreria e sugli store online dal 28 maggio 2024 Neri Pozza


SINOSSI 

Alicudi, 1903. Caterina guarda il corpo gelido e duro come una crosta di pane di Maria, la sua gemella, e pensa che ora la vita cambierà per sempre. Era Maria a scegliere per lei i pensieri giusti da pensare, e adesso chi lo farà al suo posto? Se l’è portata via un male cattivo e tutti in famiglia – dalla bisnonna che non ci vede più bene ma capisce tutto, a Palmira, la madre che ha per la quarta volta un bambino in pancia ma ha perso la testa per il dolore – pensano sia colpa di Ferdinando, che sconta una pena al Castello di Lipari, e vuole fare la rivoluzione. Ora che Maria non c’è più, anche se la stanza di Caterina si è allargata, la vita è diventata molto più stretta: lavora nei campi di don Nino fino al tramonto, consegna le acciughe sotto sale e aiuta la mamma con le fatiche di casa, aspettando il suo giorno preferito, quello in cui tutti si riuniscono per impastare il pane. Da qualche tempo, però, alle spighe di segale dell’isola sono spuntati dei piccoli corni neri come il carbone, tizzonare le chiamano. All’inizio non s’erano fidati a mangiare quel pane aspro, ma ora non c’è altro, così anche Caterina butta giù quei morsi duri che hanno l’odore della morte. Forse però in quei bocconi grami c’è la chiave per scappare da un presente sempre più solitario e amaro, e raggiungere le majare, le streghe che vivono sull’isola e si librano in cielo, libere nell’ala scura della notte. Caterina non lo sa, ma non è l’unica a vedere cose che poi sfumano nella nebbia. Per lei, come per tutti i settecentotredici arcudari, verrà il momento di scegliere tra la realtà e il sogno.
 
COSA NE PENSO 

L' isola dove volano le femmine è un romanzo ricco di sentimenti contrastanti tra loro, tali sentimenti rimarranno immutati fino alla chiusura dell'ultimo capitolo.
Da subito, il romanzo si concentra sulle sorti della famiglia Virgona dell' isola di Alicudi.
Per gli alicudari, i Virgona sono gli “Iatti” cioè “gatti”, questo appellativo si confà perfettamente alla loro “innata" pigrizia a non cambiare lo stato in cui riversano, una pigrizia che tecnicamente possiamo chiamare inerzia.
A partire da Onofrio, un uomo che vive in fasi alterne la propria vita per colpa direttamente o indirettamente sua.
Palmira la moglie di Onofrio, si rivela immediatamente una donna tristemente malinconica. Loro figlia Caterina è una ragazza che ammalia il lettore per il suo desiderio ardente di libertà. Vittima di un patriarcato ostile che le vieta di vivere la sua unicità.
Invece, Saverio l'altro figlio, è il personaggio che di più ho amato, perché è un ragazzo dal carattere deciso e ribelle. Si scopriranno di lui aspetti inediti che daranno alla storia quel coup de théâtre perfetto.
Oltre alle vicende familiari dei Virgona, Marta Lamalfa, riporta alla luce un fatto misterioso realmente accaduto ad Alicudi durante l'inizio del secolo scorso, il mistero del pane nero. 
L'isola è stata scenario di un'allucinazione di massa senza precedenti. In quegli anni, si erano infatti diffuse delle strane leggende che avevano come protagonisti animali parlanti, streghe, fantasmi, donne volanti, pagliacci, persone che cambiavano forma e chi più ne ha più ne metta.
In conclusione, tra leggende e misteri, Lamalfa porta alla luce l’essenza più autentica dell’essere umano, i sentimenti che ci guidano e gli istinti primordiali che inevitabilmente condizionano le nostre scelte.
Amerete ogni singolo personaggio anche quelli di passaggio come Ferdinando.Bel libro, consigliato! Buona lettura.

Intervista e recensione a cura di C.L

© Riproduzione riservata 



27 giugno 2024

INTERVISTA A SAMUEL BURR AUTORE DEL LIBRO: LA COMPAGNIA DEGLI ENIGMISTI



Cari lettori, 

l’ospite di oggi è Samuel Burr. Samuel ha studiato alla Westminster Film School e lavora come autore e dirigente televisivo. Ha sviluppato e prodotto programmi molto popolari nel Regno Unito.
L’idea per La Compagnia degli enigmisti è nata in seguito ad un documentario all'età di diciannove anni, girato in una casa di riposo che ha lanciato la sua carriera. Ancor prima della pubblicazione il romanzo, in corso di traduzione in 15 paesi, ha scatenato una corsa tra 15 agenzie letterarie che si sono battute per rappresentarlo. La compagnia degli enigmisti in libreria e sugli store online da maggio 2024 Longanesi

Note personali: Lettura scorrevolissima, i lettori sono invitati a partecipare attivamente alla risoluzione del mistero tra enigmi e soluzioni. Piace soprattutto per i personaggi e la scrittura semplice. Bello il finale!

D. COM'È NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Ho lavorato come produttore in programmi TV dopo più di 10 anni nel settore, ho iniziato ad avere il desiderio di dare vita a una storia tutta mia senza il bisogno di avere il permesso di nessun capo per poter realizzare questo mio desiderio, cosa invece assolutamente necessaria nel mio lavoro in televisione.
Infatti, ciò che mi affascinava della scrittura di romanzi – almeno all’inizio – era che non richiedeva che chiedessi il permesso a nessuno per realizzarlo. Non avevo bisogno di un budget da un milione di sterline. Non avevo nemmeno bisogno che qualcuno approvasse l’idea. Dovevo solo prendere carta e penna e scriverlo.

D. QUAL È LA PARTE PIU’INTERESSANTE NELL'ESSERE UNO SCRITTORE?

R. È immensamente emozionante e allo stesso tempo terrificante condividere il tuo romanzo d'esordio con il mondo. Una delle cose che preferisco è vedere come i lettori si approcciano alla storia, e capire chi sono i loro personaggi e le loro scene preferite, quali battute hanno sottolineato come particolarmente pertinenti e cosa hanno preso dal libro. La settimana scorsa ho ricevuto un messaggio meraviglioso da una lettrice diceva che il libro le ha insegnato a essere più aperta a creare legami con gli estranei e le ha ricordato quanto sia importante sorridere alle persone per strada. Ricevere messaggi come questo ripaga tutto il duro lavoro!

D. DOVE HAI PRESO L'IDEA O LO SPUNTO PER “LA COMPAGNIA DEGLI ENIGMISTI”?

R. Come la maggior parte dei romanzi, è difficile individuare una singola idea, persona o storia che abbia ispirato il libro. Ma c’è stato un momento particolarmente significativo. A diciannove anni ho realizzato un documentario all'interno di una casa di riposo per anziani insieme ad un mio amico. È stata un'esperienza affascinante, anche perché a diciotto anni eravamo completamente sfiniti dalla loro frenetica vita sociale. C'era qualcosa di intrinsecamente divertente nell'idea di una coppia di adolescenti in quel posto, eravamo entrambi interiormente più vecchi  rispetto a queste persone con cui vivevamo accanto.
Penso di essere sempre stato un ragazzo particolarmente profondo, se devo essere sincero. Probabilmente è da lì che viene il personaggio di Clay…!


D. QUAL È STATO IL “FEEDBACK” DA PARTE DEI LETTORI?

R. Mi è piaciuto sentire come i lettori si sono affezionati a “La compagnia degli enigmisti”, ai suoi personaggi e ai temi affrontati. Ho ricevuto diversi commenti da lettori che affermavano come si identificassero con la missione di Clayton e come, essendo qualcuno che ha lottato per "adattarsi" per tutta la vita, ciò abbia ricordato loro che a volte trovare il proprio posto nel mondo è il puzzle più grande di tutti. Se i viaggi di Pippa e Clay possono insegnarci qualcosa, è che siamo tutti capaci di fare qualcosa di straordinario, per costruire un grande futuro per noi stessi. Abbiamo solo bisogno della convinzione e delle persone giuste accanto a noi per arrivare dove vogliamo essere, per trovare i nostri pezzi mancanti. Se il mio passato mi ha insegnato qualcosa, è che la vita stessa è un grande puzzle... e tutti stiamo solo cercando i pezzi mancanti, qualunque cosa ci faccia sentire completi nel grande cruciverba della vita. Scrivere questo libro per me è stato un momento importante. 
È stato incredibile vedere la reazione scaturita da questo libro e spero che induca i lettori a pensare a cosa e come potrebbero ottenere nella loro vita.

D. COSA TI PIACE FARE QUANDO NON SCRIVI? 

R. Amo le storie in ogni sua forma, quindi quando non scrivo probabilmente guardo un film o una serie TV, altrimenti coccolo la mia gatta Muriel, faccio lunghe passeggiate in campagna con il mio compagno, cucino piatti deliziosi e, soprattutto, leggo un sacco di libri!

D. PARLACI DELLE INFLUENZE LETTERARIE CHE HAI AVUTO, DEGLI SCRITTORI CHE AMI.

R. Il libro a cui sono tanto affezionato è  “We All Want Impossible Things” di Catherine Newman. Apparentemente può sembrare un libro sulla morte, eppure è anche uno dei libri più divertenti che abbia mai letto. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO? 

R. Sono felice di avere l’opportunità di scrivere un secondo libro, non è il continuo di “La compagnia degli enigmisti.”
Anche se non posso dire molto per il momento spero che chiunque abbia letto e apprezzato “La compagnia degli enigmisti” apprezzerà anche questo mio secondo libro. È un’altra storia misteriosa e con dei personaggi colorati ed eccentrici. 
Questo è tutto quello che posso dirvi per adesso!

Ringrazio Samuel Burr per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.



SINOSSI 

In una magione del Bedfordshire che ha visto giorni migliori, di proprietà della celebre enigmista Philippa Allsbrook, un eccentrico gruppo composto da sciaradisti e sciaradiste, creatori e creatrici di rebus e labirinti, enigmisti ed enigmiste per lo più ottuagenari trascorre la propria esistenza ideando e risolvendo rompicapi. Le loro menti sono le più acute e affinate d'Inghilterra, eppure c'è un segreto che nemmeno i soci della Compagnia conoscono, un segreto che Philippa, sul letto di morte, affida a Clayton Stumper, il giovane uomo che lei stessa, un giorno di venticinque anni prima, ha trovato abbandonato in fasce fuori dalla porta della villa. Clay, allevato dai più brillanti geni del secolo scorso, si veste come un uomo d'altri tempi, beve sherry e non sa niente delle proprie origini. Ma, forse, il fitto mistero che ammanta il suo passato può trovare una soluzione grazie alla curiosa scatola che Philippa gli ha lasciato in eredità. Aiutato dalla bislacca quanto astuta Compagnia, Clayton (e con lui il lettore) cercherà di decifrare gli indizi contenuti nel cofanetto in un viaggio fra labirinti e rompicapi che, forse, lo porteranno a sciogliere l'enigma più difficile di tutti, quello che riguarda chi siamo veramente.


Intervista a cura di C.L

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