25 febbraio 2022

INTERVISTA A MICHELA ZANARELLA, AUTRICE DEL LIBRO “RECUPERO DELL' ESSENZIALE”


Cari lettori,

L' ospite di oggi è Michela Zanarella, giornalista, autrice di libri di narrativa e testi per il teatro, è redattrice di Periodico italiano Magazine e Laici.it. Le sue poesie sono state tradotte in inglese, francese, arabo,spagnolo, rumeno, serbo, greco, portoghese, hindi, cinese e giapponese. 
È tra gli otto co-autori del romanzo di Federico Moccia “La ragazza di Roma Nord” edito da SEM. 
Dopo il fortunato “Le parole accanto” pubblicato con Interno Poesia nel 2017, a distanza di cinque anni esatti, Michela Zanarella torna in libreria con ‘Recupero dell’essenziale’ Interno Libri, progetto editoriale di Interno Editoria, casa editrice che ha fondato e gestisce il marchio Interno Poesia Editore. ‘Recupero dell’essenziale’ prende forma dal mistero delle coincidenze. Il libro è il frutto di un recupero di poesie andate perdute, ritrovate con l’aiuto di alcuni amici dell’autrice. La raccolta, con prefazione di Dante Maffia e postfazione di Anna Santoliquido, è dedicata all’amica Marcella Continanza, voce nota della poesia contemporanea, ideatrice del Festival della Poesia Europea di Francoforte sul Meno, scomparsa il 29 aprile 2020. 


D: CI VUOI RACCONTARE CHI SEI, COSA FAI NELLA VITA?

R: Sono nata a Cittadella in provincia di Padova nel 1980. Ho vissuto fino al 2007 con la mia famiglia a Campo San Martino, piccolo paese della provincia di Padova, nel cuore della pianura padana. Per amore mi sono trasferita a Roma e dal 2010 vivo a Monteverde, quartiere in cui hanno vissuto grandi nomi della letteratura come Pier Paolo Pasolini, Gianni Rodari, Giorgio Caproni. Quando mi trovavo in Veneto lavoravo in una azienda di commercio delle carni come amministrativa. Ora mi occupo di comunicazione e relazioni internazionali, sono giornalista pubblicista e collaboro con la redazione di Periodico Italiano Magazine e Brainstorming Culturale. 


D: COM' È NATA LA TUA POESIA E COME DEFINIRESTI IL TUO STILE?

R: Ho iniziato a scrivere dopo un tragico incidente stradale al quale sono sopravvissuta. La poesia è arrivata in modo inaspettato, unico, come un dono. Molto probabilmente dovevo iniziare un percorso di conoscenza interiore e la poesia era lo strumento ideale per compiere questa esperienza. Ho iniziato a pubblicare i primi versi in alcuni blog e forum di poesia, mi sono fatta conoscere partecipando attivamente nel web e anche attraverso i concorsi letterari. Nel 2006 è arrivata la pubblicazione della mia prima raccolta “Credo” con un’associazione culturale calabrese. Da allora ho sempre continuato a scrivere e al momento ho pubblicato diciassette libri, alcuni anche all’estero. Definirei il mio stile classico, ma con una sua attualità. Sono legata alla tradizione della poesia che si nutre di metafore, similitudini, assonanze, immagini, ritmo, ma mi piace sperimentare cercando di puntare ad una scrittura riflessiva, molto meditativa. 


D: CI SONO POESIE CHE NON POTRESTI MAI FARE A MENO DI RILEGGERE?

R: Si, amo le poesie di Emily Dichinson, la rileggo spesso, perché la considero poetessa autentica, voce inimitabile. I suoi componimenti brevi e privi di punteggiatura rispecchiano il mio concetto di poesia che abbraccia il cosmo nell’essenzialità. 


D: SE DOVESSI ILLUSTRARE IL CONTENUTO DELLA RACCOLTA AD UN POTENZIALE LETTORE, COME LO RIASSUMERESTI?

R: La mia raccolta affronta molteplici tematiche di valore universale: troviamo l’amicizia, l’amore, la memoria, il tempo, la natura, l’esistenza. E’ un viaggio di esplorazione tra emozioni e sentimenti, luci ed ombre, in cui ognuno può riconoscersi. Alcune esperienze possono coincidere con il percorso di chi legge, inoltre le dediche ai poeti del passato possono diventare un modo originale per approfondire meglio le loro opere.  


D: QUALI AUTORI HANNO INDIRIZZATO E INFLUENZATO MAGGIORMENTE LA TUA
FORMAZIONE POETICA?

R: Come ho già accennato prima, sicuramente Emily Dichinson è un riferimento per la mia scrittura. Più la leggo e più mi appassiono al suo mondo, la trovo attuale e potente, le sue parole volteggiano e toccano vette altissime. Amo molto Pier Paolo Pasolini, con il suo stile critico, acuto e pungente, impegnato civilmente. Ci sono diversi autori che apprezzo come: Sandro Penna, Vittorio Sereni, Umberto Saba, e i classici Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli. Ognuno ha una identità poetica riconoscibile. Credo sia fondamentale leggere chi ci ha preceduto per apprendere metodo, bellezza, profondità. Riuscire ad acquisire uno stile proprio è la grande sfida. 


D: COME MAI NELLE TUE POESIE HAI DECISO DI DEDICARE DEI VERSI A ORIANA FALLACI E ALTRI AUTORI DEL PASSATO?

R: Spesso dedico versi ai poeti o agli autori che leggo e approfondisco. Mi sembra interessante fare un percorso parallelo tra le loro opere e la mia scrittura. Diventa uno stimolo per mettermi alla prova. Nel caso di Oriana Fallaci e gli altri inclusi nel volume, le poesie sono nate dopo alcuni contest dedicati, organizzati da alcune associazioni culturali, come Euterpe, di Lorenzo Spurio. Mi piaceva l’idea di recuperare gli omaggi, come feci nel 2017 con la raccolta “Le parole accanto” pubblicata da Interno Poesia. In quell’occasione il libro era diviso in due parti: la prima con gli affetti, i ricordi, le origini, la seconda parte tutta dedicata ai poeti che avevo letto e amato. 


D: HAI ALTRI LAVORI NEL CASSETTO? SE SÌ, PUOI DARCI QUALCHE ANTICIPAZIONE?

R: È appena uscita in Colombia una raccolta bilingue italiano/spagnolo “La verdad a la luz” con Papel y Lapiz, realtà editoriale diretta da Aaron Parodi. Le traduzioni in spagnolo sono a cura di Elisabetta Bagli, poeta, traduttrice, e promotrice culturale italiana, ma residente a Madrid, molto attiva nel panorama letterario internazionale. La prefazione è della docente e autrice Brunhilde Roman Ibáñez, la copertina della pittrice Tatyana Zaytseva. Ho in lavorazione anche una nuova raccolta di poesie, ma è prematuro parlarne. Credo mi dedicherò alla narrativa, avendo da anni un romanzo in sospeso. I progetti non mancano, vedremo cosa mi riserverà il futuro. Non faccio quasi mai previsioni a lungo termine, perché so che tutto può cambiare. Per ora mi dedico ai libri usciti, perché una volta pubblicati inizia il loro percorso. Spero che i lettori colgano l’invito a conoscere la mia poesia.


Ringrazio per aver reso possibile questa intervista Simona Mirabello, addetta Ufficio Stampa di Michela.



COSA NE PENSO

L' autrice nei suoi compimenti rappresenta le esperienze del vivere quotidiano e ne coglie le forti e intime emozioni che investono l'anima.
Di seguito, ho deciso di pubblicare una delle sue poesie a mio parere più significative.
 
«Ci sono notti
che s’inventano stelle sulla pelle
e vorrebbero che la luce fosse un ciliegio
che non smette mai di fiorire
se fosse facile capire che il buio
è un preludio di albe dismesse
coglieremo tutte le ombre
anche le più scompigliate.
Il sole come l’amore non scompare
si muove tra le fronde dentro gli astri
è una tenera presenza che spinge ai talloni del giorno saldo ai sogni scorre tra le curve della luna senza sapere di essere l’eco di una memoria crepuscolare.»

Buona lettura!


Intervista e recensione a cura di C.L

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23 febbraio 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: TREMA LA NOTTE DI NADIA TERRANOVA


NOTE SULL' AUTRICE

Nadia Terranova, nata a Messina nel 1978, si è laureata in filosofia e si è dottorata in storia moderna. Per Einaudi ha scritto i romanzi "Gli anni al contrario" (2015, vincitore di numerosi premi tra cui il Bagutta Opera Prima, il Brancati e l'americano The Bridge Book Award) e "Addio fantasmi" (2018, finalista al Premio Strega, vincitore del premio Subiaco Città del libro, del premio Alassio Centolibri, del premio Nino Martoglio e del premio Mario La Cava). Ha scritto anche diversi libri per ragazzi, tra cui "Bruno il bambino che imparò a volare" (Orecchio Acerbo 2012), "Casca il mondo" (Mondadori 2016) e "Omero è stato qui" (Bompiani 2019, selezionato nella dozzina del Premio Strega Ragazzi), e un saggio sulla letteratura per ragazzi, "Un'idea di infanzia" (ItaloSvevo 2019). Le sue opere sono tradotte in tutto il mondo.


SINOSSI

28 dicembre 1908: il piú devastante terremoto mai avvenuto in Europa rade al suolo Messina e Reggio Calabria.
Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un'inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un'esistenza magari sghemba, ma piú somigliante all'idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l'apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente.

«C'è qualcosa di piú forte del dolore, ed è l'abitudine». Lo sa bene l'undicenne Nicola, che passa ogni notte in cantina legato a un catafalco, e sogna di scappare da una madre vessatoria, la moglie del piú grande produttore di bergamotto della Calabria. Dall'altra parte del mare, Barbara, arrivata in treno a Messina per assistere all'Aida, progetta, con tutta la ribellione dei suoi vent'anni, una fuga dal padre, che vuole farle sposare un uomo di cui non è innamorata. I loro desideri di libertà saranno esauditi, ma a un prezzo altissimo. La terra trema, e il mondo di Barbara e quello di Nicola si sbriciolano, letteralmente. Adesso che hanno perso tutto, entrambi rimpiangono la loro vecchia prigione. Adesso che sono soli, non possono che aggirarsi indifesi tra le rovine, in mezzo agli altri superstiti, finché il destino non li fa incontrare: per pochi istanti, ma cosí violenti che resteranno indelebili. In un modo primordiale, precosciente, i due saranno uniti per sempre.


COSA NE PENSO

Il 28 dicembre 1908, un terremoto di smisurate proporzioni colpisce Reggio Calabria, Messina e i paesini circostanti. 
È la più grave catastrofe dell'appena nato Stato italiano si trovi ad affrontare. 
Un dramma che lasciò ai vivi la consapevolezza di rinascere su di un campo di morti. 
Una Nouvelle Histoire dove le idee, assieme ai comportamenti, vengono poste all'interno delle condizioni sociali di inizio Novecento.
La protagonista è Barbara, una giovane donna forte, risoluta, indomita, è certa di quello che vale, di ciò che può raggiungere.  Il terremoto le darà la possibilità di liberarsi di tutte le costrizioni da cui era sempre stata intrappolata, di vivere la tanto agognata libertà che pagherà, purtroppo a caro prezzo.
Oltre a Barbara, conosceremo, Elvira, Rosalba e Jutta. Ma in questo romanzo non si parlerà solo di loro, ma di Nicola, un bambino “invisibile” agli occhi degli altri,un bambino emotivamente fragile e sensibile, che si riscoprirà forte e ben diverso da come appare all'inizio.
Nadia Terranova dedica anche buona parte del romanzo alla figura di un'altra figlia di Messina, Letteria Montoro, una scrittrice “dimenticata".Una donna “di spiriti liberali”.
Letteria Montoro è stata una scrittrice romantica, poetessa di manifesta ispirazione leopardiana e rara sensibilità, nello scenario letterario di metà ‘800.
In conclusione, questo romanzo colpisce molto per la trama e per come l’autrice sia stata in grado di creare dei personaggi indimenticabili, grazie ai quali riesce a dar voce a tutti coloro che lottano da sempre i pregiudizi, l' esperienza del dolore e la denuncia sociale.
Il linguaggio è chiaro, lineare e scorrevole. I dettagli sono descritti in modo accurato e preciso, incisivo e perfetto il connubio tra magia e realtà.
Consiglio vivamente la lettura di questo interessante libro.


Recensione a cura di C.L

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07 febbraio 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: UMILIATI DI ROBERTO VETRUGNO


NOTE SULL'AUTORE

Roberto Vetrugno (Lecce 1975) è professore associato di Linguistica Italiana presso l’Università per Stranieri di Perugia. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo romanzo, Tripoli (Unicopli).


SINOSSI

Dopo una violenta lite con la moglie, Alberto vuole separarsi e si rifugia in pieno inverno a Otranto, in una casa sul mare. Va a trovare un amico, il professore: appena lo informa delle sue intenzioni, il professore gli mostra un misterioso trattato rinascimentale, Anteros, sive contra amorem, che illustra i rischi mortali dell'amore. Poi insieme a due vecchi amici convocati apposta, decide di togliere ogni dubbio dalla testa di Alberto e gli racconta la storia tragicomica degli Umiliati, una squadretta di calcio formata da mariti integralmente umiliati dalle mogli. Alberto ascolta, è confuso, torna nella sua solitudine per riflettere. Ma un fatto di cronaca lo sconvolge: un padre ha ucciso i figli perché la moglie gli ha chiesto la separazione, poi si è ammazzato lanciandosi da un ponte. Alberto decide di andare al funerale dell'assassino, per cercare di capire quel gesto maledetto. Per comprendere fino in fondo quanto male può fare l'amore coniugale.


COSA NE PENSO

Un insieme di racconti brevi, esempi molto concreti sulla crisi di coppia e sull’amore che si concentrano su liti, incomprensioni, sofferenze e separazioni e sulle problematiche irrisolte.
Un testo semplice quanto efficace: uomini e donne hanno due diversi modi di pensare, di parlare, di amare; quasi come se venissero da pianeti diversi. Personalmente trovo immorale e ingiusto questo "vittimismo" maschile, perché sono ben poco cosa rispetto alle milioni di donne che ogni giorno sono vittime di violenze come ha ricordato lo stesso autore in una nota.
Il vero problema è la mancanza di dialogo all'interno di un rapporto di coppia, un chiaro invito dell'autore all'ascolto reciproco.
In conclusione, è una vera chiave di lettura della realtà e delle relazioni di coppia, un testo ideale per approfondire il tema della psiche maschile sotto svariati punti di vista, scoprendone le molteplici sfaccettature.

Buona lettura!

Recensione a cura di C.L

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01 febbraio 2022

INTERVISTA A VITO CATALANO AUTORE DEL LIBRO: IL CONTE DI RACALMUTO


Cari lettori,

Oggi ho l'onore di ospitare Vito Catalano, scrittore palermitano, nipote di Leonardo Sciascia.
Nato nel 1979, negli ultimi quindici anni Catalano ha vissuto fra Italia e Polonia e ha pubblicato i romanzi L'orma del lupo (Avagliano editore, 2010), La sciabola spezzata (Rubbettino, 2013), Il pugnale di Toledo (Avagliano editore, 2016), La notte della colpa (Lisciani Libri, 2019), Il Conte di Racalmuto (Vallecchi editore,2021) 
    

D: COSA L’HA SPINTA AD INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI SCRITTORE?

R: Probabilmente si sono intrecciate più cose: l'inclinazione che ho a fantasticare, a immaginare e a ricordare; il piacere che mi dà il progettare e il creare un racconto; l'essere cresciuto in un mondo di libri.


D: DOVE TROVA L’ISPIRAZIONE PER I SUOI LIBRI?

R: Lo spunto di ogni libro può essere diverso: un episodio storico, un fatto di cronaca, un ricordo, un sogno, un'esperienza.


D: CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R: Quando porto a termine un libro, sono contento di essere arrivato a una conclusione. Ma è sempre mia intenzione mantenere un certo distacco e perciò metto da parte il testo finito per tornare a rivederlo a distanza di qualche tempo.


D: NELLA NOTA FINALE DEL LIBRO, FA RIFERIMENTO AI LIBRI “LE PARROCCHIE DI REGALPETRA” E “MORTE DELL'INQUISITORE” DI SUO NONNO, LEONARDO SCIASCIA. PERCHÉ HA VOLUTO SCRIVERE UN ROMANZO SUL CONTE GIROLAMO II DEL CARRETTO?

R: Trovo suggestiva la vicenda del conte del Carretto: il signore di un paese che viene ucciso da un suo servo, nel XVII secolo, in un'epoca in cui è più facile trovare un conte che fa uccidere un servo di un servo che uccide un conte. C'è poi il Seicento, un secolo di cui mi sono occupato più di una volta. Infine, lo scenario della vicenda è Racalmuto, un posto che ha fatto parte della mia vita: tanti ricordi mi legano al paese e tante storie legate a Racalmuto ho appreso fin dall'infanzia.


D: A QUALE DEI PERSONAGGI PRESENTI IN QUEST'OPERA SI SENTE MAGGIORMENTE LEGATO. E PERCHÉ?

R: Non credo di poter indicare un solo personaggio. In questo libro diversi personaggi hanno un ruolo di rilievo e in tutti c'è una certa dose di ambiguità.


D: PUÒ RACCONTARCI UN ANEDDOTO LEGATO A SUO NONNO?

R: In campagna, d'estate, la sera, prima di cena o dopo, raccontava delle storie. C'era già buio e io chiedevo racconti con carabinieri, briganti e delitti. Sento ancora la suggestione di quei momenti nelle serate estive che trascorro in campagna, ogni anno.


D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sceglierò di nuovo la Sicilia e uno sfondo storico. La mia immaginazione viene di solito stimolata dal tornare indietro nel tempo...

Ringrazio di cuore Vito Catalano per aver risposto alle mie domande.



SINOSSI

Sicilia, XVII secolo. Il paese di Racalmuto è governato dal conte Girolamo del Carretto, uomo spietato e avido, dall’insaziabile
istinto predatorio. Traditori e assassini senza scrupoli percorrono ogni giorno vie e sentieri, mentre la gente vive in mezzo a sospetti e paure. Il bene e il male si confondono. Ancora una volta, il potere schiaccia i deboli, umilia la dignità umana, offende
la ragione. Ma il conte finisce col trovare un inaspettato intreccio di nemici: la moglie Beatrice, il priore del convento degli agostiniani e un servo. Fra inganni, agguati e innamoramenti, i personaggi del romanzo si trovano invischiati in una rete velenosa. Ispirandosi a una storia vera e partendo dalle righe che il nonno Leonardo Sciascia ha scritto sull’episodio nelle pagine dedicate al paese natale di Racalmuto, Vito Catalano ha costruito una trama in cui la fantasia si mescola a ricordi di luoghi e persone.


COSA NE PENSO

Un romanzo storico con una trama avvincente. Lo stile narrativo di Catalano è coinvolgente e i riferimenti storici non sono mai tediosi o esorbitanti. Certamente il periodo trattato ha un certo fascino.La lettura è scorrevole e incalzante,non mancano i colpi di scena. 
Personaggi sfaccettati e complessi, dal conte Girolamo II di Carretto,Lucia, Padre Evodio, a Pietro D'Asaro l'abile disegnatore Racalmutese che con quell’occhio solo seppe incantare la bella contessa Beatrice. Bene e male sono quindi profondamente radicati in questo romanzo fino alla fine. 
In conclusione, vi lascio con le parole tratte 
dal primo libro di Leonardo Sciascia “Le parrocchie di Regalpetra” dove racconta brevemente del conte Girolamo II di Carretto.

«Credo nella ragione umana, e nella libertà e nella giustizia che dalla ragione scaturiscono.»

Consigliato! Buona lettura


Intervista e Recensione a cura di C.L



©Riproduzione riservata


27 gennaio 2022

“LA SENTENZA PERFETTA”- INTERVISTA ALLA SCRITTRICE ESORDIENTE ROSALIA ALBERGHINA


Cari lettori,

Ospite del blog di oggi è Rosalia Alberghina, un'autrice esordiente e bookstagrammer. Rosalia Alberghina, nata a Palermo nel 1980, è un avvocato penalista, moglie e mamma di due bambini, Stefano e Arianna.
È una gran divoratrice di libri e ama scrivere sin da quando aveva circa 9 anni. 
“La sentenza perfetta. I casi dell'avvocato Amato” è il suo romanzo d'esordio edito da Porto Seguro Editore.
Il libro è disponibile nelle librerie e nei bookstore online a partire dal 15 ottobre 2021. 
È risultata prima classificata nella sezione narrativa a tema, organizzata dall'associazione L'anfora di Calliope, con un racconto inedito sull'amicizia. Ha pubblicato altresì un racconto con la Guida Editori in una raccolta di racconti a tema quarantena.




D: AVVOCATO, APPASSIONATA DI LIBRI: CHI È ROSALIA?

R: Una persona che cerca sempre di migliorarsi, come donna, come professionista, come mamma. Mi piace dire che faccio l'avvocato, non che sono un avvocato. È una professione che amo ma che non mi definisce come persona. Non riesco a stare mai ferma, mi piace dedicarmi a tante attività, mi fa stare bene.


D: QUANDO HAI LETTO IL PRIMO LIBRO?

R:A 8 anni mi pare. Il diario di Anna Frank è uno dei primi che ricordo. Mia nonna Pina aveva l'abitudine di regalare ai nipoti dei libri. È un ricordo prezioso che ho di lei ed è una passione che non mi ha mai abbandonato e che spero di trasmettere ai miei figli.


D: ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA?

R: Uno solo no, ma vari. Sicuramente i classici hanno influenzato la mia passione per la lettera e per la scrittura. Da ragazza amavo Andrea De Carlo, Wilde  e Shakespeare. 


D: QUANTO C'È DI TE IN QUESTO LIBRO?

R: Di me c'è inevitabilmente tanto, soprattutto come avvocato. Giulia, la mia protagonista, ha il mio modo di affrontare la professione con passione, serietà, studio e, ahimè a volte, con troppo coinvolgimento emotivo. Anche se con gli anni ho imparato a tenere fuori il lavoro il più presto dalla mia vita personale.


D: QUAL' E IL PROSSIMO PASSO DI GIULIA?

R:Spero che Giulia abbia un futuro letterario. Io sto già scrivendo il seguito del romanzo. Al momento ho concepito la storia di Giulia come una trilogia, poi chissà. Se dovesse piacere, se i lettori avessero voglia di leggere ancora di Giulia io sono qui. Scrivere per me è vitale, l'apprezzamento dei lettori è linfa.


D: C'È UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE TI HA ISPIRATO PER QUESTA STORIA? 

R: Sì. Mi riferisco a un processo che ho patrocinato tanti anni fa e che mi ha coinvolto molto. È narrato incidentalmente nella storia, ma mi ha ispirato a raccontare la storia di un avvocato penalista donna, della sua professione e delle difficoltà di conciliare lavoro e vita privata.


D: C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE.. CHE  VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R: Spero che leggendo il mio romanzo possano appassionarsi a Giulia, alla quale sono molto legata. Se riesco suscitare emozioni durante la lettura, allora vuol dire che qualcosa di buono l'ho scritto.



Ringrazio Rosalia per essere stata mia ospite.



Intervista a cura di C.L


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24 gennaio 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: IL PRIMO CAFFÈ DELLA GIORNATA DI TOSHIKAZU KAWAGUCHI



NOTE SULL'AUTORE

Toshikazu Kawaguchi, nato a Osaka nel 1971.In Giappone lavora come sceneggiatore e regista. Con Finché il caffè è caldo (Garzanti, 2020), suo romanzo d’esordio, ha vinto il Suginami Drama Festival. A questo successo segue Basta un caffè per essere felici (Garzanti, 2021), il secondo volume sulla caffetteria speciale.

SINOSSI

Nel cuore del Giappone esiste un luogo che ha dello straordinario. È una piccola caffetteria che serve un caffè dal profumo intenso e avvolgente, capace di evocare emozioni andate. Di far rivivere un momento del passato in cui non si è riusciti a dar voce alle emozioni più profonde e sentite o si è arrivati a un passo dal deludere le persone più importanti. Per vivere questa esperienza unica, basta seguire poche e semplici regole: accomodarsi al tavolino che si preferisce e gustare il caffè con calma, un sorso dopo l'altro. L'importante è fare attenzione che non si raffreddi. Per nessuna ragione. Gira voce che cose inimmaginabili accadano a chi lascia anche una sola goccia, gelata, nella tazza. Non è un caso che entrare in questa caffetteria non sia per tutti. Solo chi ha coraggio e sente il bisogno di mettersi in gioco, può farsi avanti e rischiare. Proprio come Yayoi, che, privata dell'affetto dei genitori quando era ancora molto piccola, non sa bene come accogliere e accudire una nuova vita. O Hayashide, la cui carriera sfavillante, costellata di successi, non gli ha dato modo di accorgersi della felicità che ha sempre avuto a portata di mano. O ancora Reiko, che non ha mai saputo chiedere scusa all'amata sorella e ora si sente schiacciata dal senso di colpa, bloccata in un eterno presente dove ogni giorno è identico al successivo. E Reiji, per cui una frase semplice come “ti amo” rappresenta ancora un ostacolo invalicabile. Ciascuno vorrebbe poter cambiare quello che è stato. Riavvolgere il nastro e ricominciare da capo. Ma cancellare il passato non è la scelta migliore. Al contrario, ciò che conta è imparare dai propri errori per guardare al futuro con ottimismo, senza pensare alle occasioni mancate. Perché ci saranno sempre nuove possibilità di inseguire la vita che si desidera.

COSA NE PENSO

Per chi ha conosciuto i protagonisti dei due romanzi precedenti sarà un ritorno diverso.
Questa volta la caffetteria è cambiata, siamo ad Hakodate e non più a Tokyo.
Si narra come nei volumi precedenti  che ,bevendo un caffè nella caffetteria di Yukari Tokita, sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata.
Ma c'è una regola da rispettare.. Finché il caffè è caldo.

“Una volta tornati nel passato,non si può comunque fare niente per cambiare il presente.”

È davvero una regola incredibile? Allora perché fare un viaggio nel passato? La penna acuta di Kawaguchi cerca di elaborare il dolore sotto ogni aspetto, sovrapponendo due elementi fondamentali la razionalità e l'  irrazionalità della mente umana in questi casi.
La trama surreale ci porta a riflettere sul senso della vita. Un' opera come dicevo prima di pura fantasia,ma incredibilmente emozionante.
Il personaggio di Sachi, la figlia di Kazu mi ha colpita particolarmente, per la sua spiccata capacità di vedere nel cuore della gente. In questa nuova avventura, conosceremo le vite di Yayoi, Yukita, Reiko, Todoroki,Setsuko, Reiji e Nanako.
Storie che si riscontrano nella realtà di tutti i giorni, ma forse proprio per questo ogni lettore può immedesimarsi facilmente nei protagonisti.
Una storia originale ed insolita.
Consigliato!

Buona lettura!


Recensione a cura di C.L


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20 gennaio 2022

INTERVISTA AD ALICE BASSO

 




Cari lettori,

Oggi ho il piacere di ospitare nel mio blog Alice Basso, scrittrice, redattrice, traduttrice, valutatrice di proposte editoriali. Nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni canta e scrive canzoni per un paio di rock band. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.

 

D: QUANDO HA INIZIATO A SCRIVERE E DA DOVE ARRIVA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R: Mi sono accorta che scrivere era un'attività che prometteva un gran divertimento appena me l'hanno insegnato a scuola. Avete presente quando le maestre fanno scrivere i primi “pensierini”? (Be', almeno ai miei tempi si chiamavano così). Scoprire che due, tre pensierini, uno dopo l'altro, potevano costruire una storia è stata un'emozione grandiosa! Da quel momento non sono mai stata senza qualcosa in corso di scrittura: racconti, ma soprattutto romanzi e anche qualche fumetto. Poi, se vogliamo parlare di scrivere professionalmente... questa è tutt'un'altra storia. Prima mi sono messa a lavorare coi libri, sì, ma con quelli altrui: faccio la traduttrice e la redattrice dal 2002, anno della mia laurea. Solo nell'autunno del 2013 ho scritto qualcosa di cui mi sia sentita abbastanza fiera da non vergognarmi a spedirlo a qualche agenzia. Era L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome, il primo libro della pentalogia sulla ghostwriter-investigatrice Vani Sarca, che Garzanti ha acquistato a marzo del 2014 e che è uscito poi nel 2015. Da allora, sempre con Garzanti, ho pubblicato un libro all'anno: i cinque di Vani Sarca, appunto, e dal 2020 i primi due della nuova saga di Anita Bo.

 

D: PARLANDO DEI SUOI LIBRI IL MORSO DELLA VIPERA E IL GRIDO DELLA ROSA, LA SERIE DEI RACCONTI CHE VEDE COME PROTAGONISTA ANITA BO, DATTILOGRAFA NELLA TORINO ANNI TRENTA, DOVE HA TROVATO L'ISPIRAZIONE PER QUESTO PERSONAGGIO? COS'HA AMATO MAGGIORMENTE DURANTE LA STESURA?

R: Mi fa sempre piacere parlare di com'è nato lo spunto per la saga di Anita, perché è arrivato da una specie di Big Bang! Nel 2019, dopo aver finito di scrivere l'ultimo libro di Vani Sarca, stavo lavorando a qualcosa di nuovo, più tante cosette di quelle che agli scrittori capita spesso di fare: per esempio, stavo preparando un corso sulla nascita del giallo da tenere nelle scuole, e mi stavo appassionando un sacco ai rapporti fra giallo, giallisti e regime fascista. (Spoiler: erano un casino. Il regime odiava il potenziale di denuncia dei gialli e cercava in ogni modo di censurarli e controllarli.) Nel frattempo, stavo preparando una specie di spettacolo teatrale, su commissione (lo dico perché di solito si pensa ai lavori su commissione come a qualcosa di arido e poco motivante, e invece in questo caso è stato tutto il contrario!), sulla storia di una dattilografa. E anche studiare il modo in cui la professione della dattilografia ha emancipato un sacco di ragazze nella prima metà del '900 mi stava appassionando da morire. Così un giorno, mentre mi lavavo i denti, mi è sorto il pensiero: ma perché non scrivo una serie in cui una dattilografa va a lavorare per un giallista, negli anni trenta? E addio: da quel momento non sono più riuscita a pensare ad altro. Anita e Sebastiano sono diventati il centro dei miei pensieri!

 

D: QUALE SARÀ IL PROSSIMO PASSO PER ANITA BO?

R: Anita ha un sacco di cose da fare, infatti come per Vani Sarca ho progettato per lei una serie di cinque libri (avevo fatto così anche per Vani: programmare subito le trame di tutti e cinque, come se fossero un unico lungo macro-libro). Il prossimo episodio, il terzo, dovrebbe uscire a primavera. E stavolta ci porterà a spasso non solo nella Torino della stampa e dell'editoria di gialli, ma anche nella Torino del cinema (perché Torino aveva smesso da pochissimo di essere la capitale italiana del cinema, e proprio in quel periodo stava passando lo scettro a Roma).​

 

D: QUALI COLORI POTREBBERO RIASSUMERE LE PERSONALITÀ DI VANI SARCA E DI ANITA BO?

R: Be', Vani è di sicuro nera e viola. È una ragazza dall'aria molto dark, che gira perennemente in impermeabile nero sdrucito e trucco pesante perché le piace mettere una certa strizza alla gente che incontra. Ha anche un umorismo nero, direi. Anita invece è solare e gioviale, anzi: siccome è una brunetta molto graziosa (ma anche furbacchiona), ha capito che fingersi una bella svampita ha i suoi vantaggi, perché la gente tende a sottovalutarti e ad abbassare la guardia in tua presenza. Dunque direi che per lei vanno bene un rosso, energico e vulcanico, o un fucsia, così femminile ma acceso.

 

D: NEL 2019 ESORDISCE COME ILLUSTRATRICE PER IL SAGGIO. C'ERA UNA SVOLTA DI BARBARA FIORIO. CI RACCONTA DI QUESTA ESPERIENZA?

R: Ahah, che divertimento! Io non sono un'illustratrice, ho sempre disegnato e dipinto volentieri, sì, ma solo per diletto personale. Però Barbara è una collega e un'amica (faccio spesso delle comparsate come docente extra nei corsi di scrittura che tiene online – un laboratorio dal buffissimo nome di Gruppo di Supporto Scrittori Pigri) e C'era una svolta è un libro particolarmente spiritoso: parla delle fiabe tradizionali, nella loro versione originale però (cioè di solito crudele e scioccante), e ci fa un sacco di ironia sopra. Barbara ha raccolto a sé svariati amici illustratori professionisti e non: l'importante è che avessero voglia di interpretare quest'ironia. E io mi sono divertita tantissimo!

 

D: I SUOI LIBRI O AUTORI PREFERITI DI QUANDO ERA BAMBINA E DI ADESSO?

R: Wow, questa è una di quelle risposte in cui devo impormi una bella autodisciplina o finisco per sproloquiare per cinquanta righe. Allora, io ho un affetto e una gratitudine speciali per quegli attori dallo stile brillante che non si prendono troppo sul serio, ti fanno ridere, ma che poi, quando arrivi alla fine del libro, ti accorgi che sono riusciti anche a lasciarti qualcosa. Il mio preferito in assoluto è William Goldman, autore del più bel libro metaletterario che abbia mai letto (peraltro, da bambina), La principessa sposa; ma ho voluto molto bene anche a Pennac, a Benni, in tempi più recenti a Christopher Moore. Come quasi tutta la mia generazione, ho amato molto Stephen King, però, più che per i brividi horror, per quei libri o pezzi di libri in cui racconta infanzia e adolescenza: chi non lo considera un grande scrittore forse non conosce la novella Cuori in Atlantide dall'omonima raccolta, in cui parla di college al tempo del Vietnam. E poi adoro Raymond Chandler, con quel suo umorismo malinconico, e John Fante e John Steinbeck, che ti portano in mondi desolati ipnotizzandoti con uno stile meraviglioso. E mi fermo solo per, appunto, autodisciplina!

 

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Come ho già accennato, adesso ho intenzione di portare a spasso Anita Bo ancora per tre libri. E poi...vedremo. La mia testa e i miei cassetti non sono mai vuoti di progetti!

 

Ringrazio Alice Basso per aver risposto alle mie domande.

 




Ph di Alice Basso by Sara Lando


Intervista a cura di C.L

 

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