29 ottobre 2023

RECENSIONE DEL LIBRO: LA VIOLINISTA DI HITLER DI YOANN IACONO


In libreria e sugli store online dal 12 maggio 2022 Garzanti



NOTE SULL' AUTORE

Yoann Iacono è nato nel 1980 a Bordeaux. Il suo romanzo d’esordio, La violinista di Hitler, nasce al termine di tre anni di ricerche in Francia, Germania e Giappone sulla vita di Nejiko Suwa.

SINOSSI

Nejiko accarezza le corde tese del violino sotto i polpastrelli. La sua maestria nello strumento l’ha condotta dal lontano Giappone fino in Europa, per tenere una serie di concerti. Ma Nejiko sa che lo strumento che stringe tra le mani ha un significato profondo: è stato il gerarca nazista Goebbels a regalarle quel magnifico Stradivari, come segno di alleanza tra il suo paese e la Germania. Anche se è molto giovane, ha avuto l’onore di quel dono. Nejiko non fa che ripeterselo mentre, intorno a lei, rimbomba l’eco della guerra. Eppure non riesce a suonare come ha sempre fatto. Il violino sembra osteggiarla: invece di far vibrare la sua musica, si chiude di più a ogni tocco. È come se avesse un’anima, un passato. E lei non riesce a vincere questa battaglia. Perché Nejiko sa. Nejiko sa che lo Stradivari è stato rubato. Che è appartenuto a un musicista ebreo. Che sono state le mani di un uomo morto per mano dei nazisti a sfiorarlo prima di lei. Da quel momento ha un solo obiettivo: protegge - re il violino. Difenderlo con la sua stessa vita per rendere onore al suo proprietario. Ma ora qualcuno è alla ricerca dello strumento e Nejiko deve trovare il coraggio di fare la scelta giusta. Solo allora lo Stradivari potrà tornare a suonare. Solo quando sarà libero. Libero davvero.


COSA NE PENSO 

Il romanzo d’esordio di Yoann Iacono,ispirato alla storia vera di Nejiko Suwa, la giovane violinista Giapponese a cui Joseph Goebbels ministro del terzo Reich donò uno Stradivari (Guarnieri) per suggellare l'alleanza tra Germania e Giappone.
“La violinista di Hitler” è un
romanzo sensibile, malinconico proprio come le struggenti note suonate da Nejiko durante i suoi concerti. Al contempo si rivela un racconto forte e risoluto come la stessa Nejiko. Scritto davvero molto bene.
In conclusione, cosa ci insegna questo libro? Bèh, ci insegna, il valore della libertà di poter scegliere il proprio destino. Ma soprattutto, riporta alla luce numerosi eventi accaduti durante la seconda guerra mondiale, molti dei quali sono stati dimenticati, o peggio, denegati.
È dunque nostro dovere tramandarli e preservarli intatti nel tempo. Consigliato. Buona lettura!


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04 ottobre 2023

INTERVISTA A EVELINA SANTANGELO AUTRICE DEL LIBRO: IL SENTIMENTO DEL MARE









Cari lettori,

L'ospite di oggi è Evelina Santangelo. Nata a Palermo. Presso Einaudi ha pubblicato nel 2000 la raccolta di racconti L'occhio cieco del mondo (con cui ha vinto i premi Berto, Fiesole, Mondello opera prima, Chiara, Gandovere-Franciacorta), e i romanzi La lucertola color smeraldo (2003), Il giorno degli orsi volanti (2005), Senzaterra (2008), Cose da pazzi (2012), Non va sempre cosí (2015) e Da un altro mondo (2018, libro dell'anno della trasmissione Fahrenheit Rai-Radio3, Premio Feudo di Maida, Superpremio Sciascia-Racalmare, Premio Pozzale Luigi Russo). Nel 2023, sempre per Einaudi, è uscito il reportage narrativo Il sentimento del mare. Suoi racconti sono apparsi nelle antologie Disertori e Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi Stile Libero, 2000 e 2004), Principesse azzurre 2 (Oscar Mondadori, 2004) e Deandreide (Rizzoli Bur, 2006), Le ferite (Einaudi, 2021). Con il racconto Presenze ha partecipato all'antologia L'agenda ritrovata. Sette racconti per Paolo Borsellino (Feltrinelli, 2017). Ha anche tradotto Firmino di Sam Savage, Rock'n'roll di Tom Stoppard, e curato Terra matta di Vincenzo Rabito.


D. EVELINA CI PARLI DI LEI E DEL SUO INCONTRO CON LA LETTERATURA…

R. Diciamo la verità. Io da piccola non ero una gran lettrice. Amavo I giochi scalmanati. Avevo bisogno di muovermi all'aria aperta. La lettura e la letteratura sono arrivate nella mia vita quando ho capito che volevo avere pensieri miei e mie parole per esprimerli, quando cioè ho sentito il bisogno di una libertà più grande.

D. DA QUALE IDEA, SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, NASCE QUESTO SUO ROMANZO “ IL SENTIMENTO DEL MARE”?

R. Questo libro è nato da due tensioni. Da una parte, un sentimento di ribellione dinanzi alla crescente consapevolezza che il mio mare, il mar Mediterraneo, mare tra le terre (che storicamente unisce le sponde del sud Europa e del nord Africa) da tempo è ridotto a un immenso sudario dove si consuma una ecatombe. Così mi sono detta: ma ce lo vogliamo ricordare cosa è questo mare? e cosa è il mare in generale? Vogliamo tornare alla radice della legge del mare tanto evocata? Dall'altra, sono stata spinta al mare dal bisogno personale di tornare a un elemento che ha scandito la mia vita e che, per questo, potesse aiutarmi a ritrovare me stessa in un momento di perdita totale del senso della mia esistenza. Così ho scoperto come il mare cura, salva, accoglie la fragilità, e l'ho scoperto mettendo in relazione la mia esperienza con quella di altre persone: madri che hanno perso figli in mare, apneisti che calandosi negli abissi scendono nella propria interiorità, nuotatori che affrontano il mare in un corpo a corpo, donne e uomini che ci lavorano per sopravvivere o lo solcano per mettere alla prova se stessi...

D. QUANTO TEMPO È STATO NECESSARIO PER LA REALIZZAZIONE DEL LIBRO?

R. Mi ci sono voluti 3 anni per scrivere questo libro. È stato difficile trovare la strada delle parole. All'inizio ho sperimentato il mare, ho riscoperto la mia mediterraneità, ho ascoltato tante voci che in maniere diverse mi restituivano modi di stare nel mare e nella vita, poi ho trovato la prima frase del libro e non mi sono più fermata. Ci ho messo anni per trovare quell'incipit così semplice. Il resto è venuto da sé.

D. HA DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R. Prima di cominciare un nuovo libro, quando sento che più o meno è arrivato il momento, prendo una pezzuola e pulisco i tasti, lo schermo, come per fare spazio alle nuove parole, ai nuovi pensieri, all'immaginazione. E quando scrivo, mi sveglio anche di notte per prendere appunti su qualsiasi supporto mi capiti sottomano.

D. UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA SUA VITA?

R. Mah, sono tanti i libri che hanno segnato vari momenti della mia crescita spirituale e umana. Il ricordo più vivo di una lettura che mi è rimasta impressa risale ai miei 15 o 16 anni. Avevo una febbre fortissima che quasi non ragionavo e intanto leggevo «Il tamburo di latta» di Gunter Grass. Il malessere fisico si è andato a saldare al malessere esistenziale del nano Oscar calato nella Germania neonazista. Ho un ricordo esatto e indelebile di quei giorni a letto trascorsi a leggere al punto che non riesco più a separare il libro da quel momento della mia vita.

D.C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOLE AGGIUNGERE... CHE VORREBBE DIRE AI SUOI LETTORI?

R. Quel che vorrei dire a lettrici e lettori è semplicemente questo: non smettere di leggere i libri che vi appassionano. Leggere aiuta a essere persone libere.

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Ancora non ho un nuovo progetto. Scrivo articoli, brevi pezzi narrativi e intanto nutro un pensiero che non so ancora se diventerà un libro: penso a come posso immaginare e raccontare la fragilità. 


Ringrazio Evelina per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.


 


In libreria e sugli store online dal 23 maggio 2023 Einaudi


SINOSSI

Il mare, lo sa chi lo ama, è un sentimento. Ma anche un serbatoio di memoria, una possibilità, un tesoro, un pericolo. Il mare è di tutti. Nessuno può raccontarlo senza finirci dentro, senza perdersi anche nella fragilità. E così, in questo libro al calor bianco, le storie di uomini e donne che hanno sfidato, amato o subíto il mare s’intrecciano con quella di chi racconta, mettendosi a nudo. Al punto che qualsiasi etichetta – romanzo, memoir, reportage narrativo – diventa inutile: questo è un testo vertiginoso, che inventa se stesso pagina dopo pagina. «Anche il mio è un viaggio di ritorno attraverso il mare, di ritorno a quanto mi sembrava irrimediabilmente perduto: la passione per qualcosa che ci fa sentire vivi». Il mare trabocca di storie: viste da terra, cercate fra le onde o luccicanti sul fondale. Vicende e avventure che hanno sempre qualcosa di epico, mitico ed estremo. E a raccontare questo mare corale è la voce della scrittrice colta in un momento di deriva della propria esistenza. È lei, ferita e stremata come dopo un naufragio, che ne raccoglie le tante storie con un’angolazione calda, narrativa, quasi investigativa: l’ostinazione di Carmelo, che ha cercato di dare una nuova esistenza a un capodoglio ucciso dall’uomo ricomponendone lo scheletro per anni; le parole di due apneisti, Fausto e Gaetano, che ci trasmettono con una concretezza visionaria cosa significa «sentirsi tutt’uno con l’acqua, sentirsi pesce, mare...»; la mattanza finita con la morte di un ragazzo pieno di vita; le gesta di chi – come Donald Crowhurst nel 1968 – il mare lo ha voluto sfidare in barca a vela, in un giro del mondo senza scali che lo ha portato alla follia; le disavventure di quanti hanno rischiato la vita tra pirati e banditi, o fronteggiato tempeste che nemmeno il coltello che taglia la coda di drago è riuscito a domare; le donne di Lipari, instancabili, che negli anni Cinquanta hanno affrontato fatiche immani per strappare magre risorse alla terra e alle onde. Il Mediterraneo è il mare tra le terre, il mare delle civiltà, e insieme il mare della vergogna, il mare dei migranti. Sulla sua superficie affiora pian piano anche la vita della donna che scrive: l’infanzia scatenata tra campagna e rocce, la passione matta per uno zio pescatore, la crisi che sta vivendo ora, mentre racconta da sopravvissuta anche lei, e si immerge d’inverno nell’acqua gelida alla ricerca di qualcosa che assomigli alla più sfrenata vitalità, a una ridefinizione liquida di sé, forse. Tanto da poter dire: «Così adesso ho raccolto i miei venti favorevoli nel bicchiere di vino che sorseggio lentamente e sto in ascolto di quel che accade intorno e dentro di me…»


COSA NE PENSO

Poeti e scrittori di ogni epoca sono rimasti affascinati dal mare e dalle sensazioni che questa distesa infinita di acqua gli faceva provare.
In “Il sentimento del mare” Evelina Santangelo, racconta
Il mare con occhi diversi, con gli occhi di coloro che il mare lo vivono o che lo hanno vissuto sulla propria pelle, dalle madri e mogli dei pescatori, da quest'ultimi stessi, testimoni di una tradizione ormai, quasi perduta, per arrivare fino ai naufraghi che ogni giorno attraversano il Mediterraneo con la speranza di avere un futuro migliore in Europa.
In conclusione, libro scritto molto bene, capitoli brevi, ma suggestivi e incalzanti, alcuni episodi narrati ci colpiscono per la loro profondità e viene spontaneo porsi alcune domande sul valore del mare. Un continuo rimescolarsi di sentimenti veri e contrastanti verso ciò che rappresenta la vita stessa.
Consigliato! Buona lettura.


Caterina Lucido

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20 settembre 2023

RECENSIONE DEL LIBRO: LE MEDUSE NON HANNO ORECCHIE DI ADÈLE ROSENFELD





In libreria e sugli store online dal 23 maggio 2023 Piemme



NOTE SULL' AUTRICE

Adèle Rosenfeld nata a Parigi nel 1986, a 35 anni pubblica il suo primo romanzo, Le meduse non hanno orecchie, finalista al premio Goncourt opera prima e in corso di traduzione in tutti i principali paesi europei. Prima di dedicarsi alla scrittura ha lavorato per dieci anni in editoria. Anche lei, come Louise, la protagonista del romanzo, è parzialmente sorda dalla nascita.

SINOSSI

Louise è nata sorda da un orecchio, e con l'altro che funziona a malapena. Così ha vissuto i primi trent'anni della sua vita, sul crinale tra sordità e "normalità", nascondendo con i capelli l'apparecchio acustico che le sta abbarbicato sull'orecchio ancora sano come un piccolo cavalluccio marino. Trent'anni passati a fare le cose che fanno tutti gli altri - quelli "normali" - eppure trent'anni passati al margine di tutto, a capire male o a fingere di aver capito, a sperare che l'interlocutore non nasconda le labbra con la mano, a preferire di essere considerata stupida dalla maestra di inglese piuttosto che sorda , e a benedire le serate nei bar rumorosi dove, per qualche ora, sono tutti un po' duri d'orecchie. E soprattutto trent'anni passati a vivere più in un mondo immaginato che in quello reale, in cui spesso è la fantasia a riempire i buchi lasciati dal non aver sentito bene . Una pagina dopo l'altra, navighiamo con Louise le insidie e le sorprese di un mondo che, per lei, è semplicemente più difficile, più incomprensibile, più complicato che per tutti gli altri: eppure Louise lo attraversa con leggerezza e ironia, aiutandosi con la fantasia, l'amicizia, l'amore. E non lasciandosi definire dalla sua disabilità, ma piuttosto cercando di essere lei a definirla: come una medusa, che non ha orecchie ma si muove più leggiadra di ogni altra creatura nel mare.


COSA NE PENSO

Gli elementi che mi hanno maggiormente colpita in questo romanzo e istintivamente fatto tenerezza sono, lo stato d'animo in perenne tumulto di Louise una ragazza sorda con le sue pantomime, e la sua scarsa autostima.
Non nego che ci sono pagine in questo libro, in cui fa male vedere l'indifferenza del mondo che la circonda. Viene da chiedersi ..Chi decide cosa è normale? 
Fortunatamente, c'è un personaggio in questo romanzo che spicca più di altri per la sua sensibilità, sto parlando di Thomas. Trovo che lui sia pura poesia nella vita di Louise. Un personaggio costruito attentamente, che valorizza in maniera positiva e significativa molti aspetti inediti caratteriali della stessa Louise.
Tutti gli altri personaggi, sono altresì interessanti a modo loro.
In conclusione, Adèle Rosenfeld ci mostra la verità nuda e cruda per quella che è, il sordo non sente, l'udente non ascolta. 
Consiglio a tutti di leggere “Le meduse non hanno orecchie" perché, sensibilizzare e capire l'altro è la chiave dell'uguaglianza e della fratellanza, e ricordiamoci sempre che siamo tutti uguali nessuno escluso.


© Riproduzione riservata

08 settembre 2023

TRE LIBRI , UNA SOLA ANIMA : IL VIAGGIO DI BIANCA NELLA TRILOGIA DI CARMEN LATERZA.

 



NOTE SULL’AUTRICE

Carmen Laterza è nata e cresciuta a Pordenone, dove vive tuttora.

Laureata in Lettere (indirizzo musicologico) e diplomata in Pianoforte, ha lavorato per oltre vent’anni come editor e ghostwriter, firmando – dietro le quinte – una moltitudine di testi.

Conosciuta sui social come Libroza, si è dedicata alla divulgazione sulla Scrittura Creativa e sul Self Publishing.

Oggi pubblica esclusivamente i propri libri in maniera indipendente, con il marchio Libroza.


TRAMA COMPLETA DELLA TRILOGIA

La storia di Bianca attraversa oltre trent’anni della storia italiana, dall’imminenza della Seconda guerra mondiale agli anni del grande fermento sociale del dopoguerra.

Tutto inizia nel 1939, quando Bianca ha solo cinque anni e vive a Milano nella casa dei signori Colombo, dove sua madre Giovanna lavora come domestica. Accanto a lei c’è Maria, la nipote della cuoca Ida, amica inseparabile dei suoi giochi e delle sue fantasie.L’infanzia di Bianca è segnata dall’assenza del padre, che immagina come un eroe caduto in Africa, e dall’ombra sempre più vicina della guerra: i bombardamenti, il razionamento del cibo, la paura costante. Essendo ebrei, i signori Colombo parlano di fuggire dall’Italia, e proprio allora Giovanna decide di lasciare Milano e rifugiarsi in campagna dalla sorella. Una scelta dolorosa, carica di segreti e ferite mai rimarginate.

Gli anni passano e ritroviamo Bianca cresciuta, impegnata come cameriera a Pavia nella casa della signora Cattaneo.Nel tempo libero studia taglio e cucito, decisa a costruire una vita decorosa e indipendente.È proprio a Pavia che conosce Arturo, un giovane pieno di entusiasmo e di sogni. Il loro amore è semplice e luminoso: si sposano e partono per la Svizzera, dove trovano stabilità e nuove possibilità.Ma la vita non è mai lineare, e Bianca dovrà affrontare scelte difficili, silenzi dolorosi, e il peso dell’abbandono, che ritorna più volte nella sua esistenza.

Nel terzo e ultimo atto della trilogia, Bianca appare finalmente come una donna adulta, forte, determinata. Grazie all’eredità della signora Cattaneo, apre un laboratorio di pizzi e merletti, desiderosa di trasformarlo in una vera casa di moda.

Le difficoltà non mancano: giudizi, pregiudizi, ostacoli economici, e soprattutto le sue paure interiori.

A sostenerla c’è un gruppo di persone preziose: Ida, Maria, Giuseppe, Gabriella, Virginia, Leonardo… e Pietro, un contabile intelligente e discreto che diventa per Bianca un punto fermo, una presenza luminosa capace di farle riscoprire fiducia, serenità e il coraggio di aprirsi di nuovo alla vita.

Tra sfide, conquiste e rivelazioni, Bianca scopre che il destino spesso ci conduce più lontano di quanto immaginiamo, e che la felicità, quella vera, nasce dall’amore, dall’amicizia e dalla libertà di scegliere se stessi.

COSA NE PENSO

Questa trilogia è un viaggio potente, emozionante e profondamente umano.Carmen Laterza scrive con una cura raffinata, unendo precisione storica, sensibilità emotiva e una capacità straordinaria di far emergere l’anima dei suoi personaggi.Bianca è una protagonista che cresce sotto gli occhi del lettore: da bambina vivace e affettuosa a donna forte, coraggiosa, capace di affrontare la guerra, le separazioni, l’amore, la perdita e la rinascita.Il suo percorso è reso magnificamente, senza mai forzare i sentimenti, ma lasciandoli sbocciare nella loro autenticità. 

Ho apprezzato moltissimo la capacità dell’autrice di dare voce ai momenti più intimi della protagonista:

  • il dolore dell’abbandono, che segna la sua infanzia e riaffiora in età adulta. 
  • la delicatezza dei rapporti umani, in particolare il ruolo salvifico dell’amicizia
  • la forza della rinascita, quando Bianca costruisce la sua attività e si apre a nuove possibilità e infine la presenza incantevole di Pietro, un personaggio che illumina l’ultimo volume e incarna una forma di amore matura, rispettosa, profonda.

Ogni volume aggiunge un tassello prezioso: il primo emoziona, il secondo commuove, il terzo completa e guarisce.La scrittura è scorrevole, gli ambienti sono descritti con cura, i personaggi hanno un’anima vera.Una trilogia che conquista il cuore e invita a riflettere su ciò che davvero conta:la famiglia che scegliamo, l’amicizia che ci salva, e il coraggio di diventare chi siamo destinati a essere.

Trilogia consigliatissima.Buona lettura! 


Caterina Lucido

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07 settembre 2023

RECENSIONE DEL LIBRO: L'ARTIGLIO DEL TEMPO DI ANNA VERA VIVA





In libreria e sugli store online dal 30 maggio 2023 Garzanti



NOTE SULL' AUTRICE

Anna Vera Viva è un'autrice italiana. Salentina, si trasferisce a Napoli nel 1982. Scrive da molti anni ed è sceneggiatrice di docufilm e cortometraggi tra cui La consegna e Specchio delle mie brame, candidati al David di Donatello. Con Garzanti ha pubblicato Questioni di sangue (2022), il primo capitolo delle indagini di padre Raffaele e L'artiglio del tempo. Un mistero tra gli oscuri vicoli di Napoli (2023).

SINOSSI

La Sanità è un'isola e per navigare il mare che la circonda ci vogliono passione, abilità e coraggio. Lo sa bene padre Raffaele, da poco tornato nei luoghi dove ha vissuto i primi anni di un'infanzia rubata e dove l'ombra di Peppino, il fratello malavitoso che il destino gli ha dato in sorte, si allunga su ogni evento del quartiere. Questa volta, però, un'ombra ancora più fosca avvolge le indagini del prete e della sua perpetua: è l'ombra della storia; di una guerra lontana che sembra ancora vicina; di una Napoli che si ribella ai nazisti; di un popolo fiero che non cede al gioco dei potenti. Perché c'è un morto che non è una persona come le altre: sul braccio porta tatuati i numeri che ricordano un orrore impossibile da dimenticare. È Samuele, l'anziano venditore di cappelli che viene trovato senza vita nel suo negozio. Per tutti si tratta di un incidente, ma nulla di quanto accade alla Sanità risponde alla spiegazione più logica e padre Raffaele, convinto che la morte di Samuele sia strettamente allacciata a quel tempo, si trova a ripercorrere eventi che parevano ormai lontani. Perché lui sa che la storia ha tentacoli lunghi e che il male scorre in fiumi che giungono fino a noi. Così il sangue del passato si mescola con quello del presente, si insinua negli stessi vicoli, ma parla parole nuove che padre Raffaele dovrà decifrare. Anna Vera Viva ha dato vita a due personaggi che sono entrati nel cuore dei lettori. Un prete e un boss della malavita che indagano, vivono e respirano alla Sanità che li ha visti crescere, perdersi e poi ritrovarsi. Le atrocità della seconda guerra mondiale tornano a riaffiorare, ma Napoli sa come resistere e non lasciarsi zittire da niente e nessuno.   

COSA NE PENSO

I miei complimenti all'autrice, per la sua capacità di dar vita a personaggi che sembra di conoscere come degli amici, l'abilità di mescolare humor e dramma nella giusta dose.
La capacità di rappresentare un mondo quello del quartiere la Sanità di Napoli, attraverso un linguaggio semplice, con quella capacità di espressione e di rappresentazione del mondo, con le sue gioie e le sue miserie.
Ma soprattutto,per aver trattato con estrema delicatezza il dolore di milioni di ebrei deportati durante la seconda guerra mondiale ad Auschwitz, attraverso i ricordi di Samuele.
Desidero condividere con voi 
una frase tratta dal libro, e presa in prestito dal “Pastorale americana ” di Philip Roth.

«Aveva imparato la lezione peggiore che la vita possa insegnare: che non c'è un senso. E quando capita una cosa simile,la felicità non è più spontanea. È artificiale e, anche allora,comprata al prezzo di un ostinato estraniamento da sé stessi e dalla propria storia.»

Secondo me, in questa frase si può racchiudere la vera essenza della storia narrata.
In conclusione, anche questa volta le avventure di Don Raffaele e dei suoi amici sapranno stupirvi.
“L'artiglio del tempo” è un giallo all'italiana doc, che merita di essere letto, soprattutto se avete già letto e apprezzato il primo libro “Questioni di sangue". 
Consigliatissimo, buona lettura!



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03 settembre 2023

“..CHIACCHIERATA CON DANIELE MENCARELLI”


Cari lettori,

L'ospite di questa nuova intervista è Daniele Mencarelli nasce a Roma, nel 1974. Le sue poesie sono apparse su numerose riviste letterarie e in diverse antologie tra cui L’opera comune (Atelier) e I cercatori d’oro (clanDestino). Le sue raccolte principali sono: I giorni condivisi, (clanDestino, 2001), Guardia alta (La Vita felice, 2005).
Con nottetempo ha pubblicato Bambino Gesù (vincitore del premio Città di Atri, finalista ai premi Luzi, Brancati, Montano, Frascati, Ceppo) nel 2010 e Figlio nel 2013. Sempre nel 2013 è uscito La Croce è una via, Edizioni della Meridiana, poesie sulla passione di Cristo. Il testo è stato rappresentato da Radio Vaticana per il Venerdì Santo del 2013. Nel 2015, per il festival PordenoneLegge con Lietocolle, è uscita Storia d'amore. Del 2018 è il suo primo romanzo La casa degli sguardi, Mondadori (premio Volponi, premio Severino Cesari opera prima, premio John Fante opera prima), nel 2020 esce sempre per Mondadori, Tutto chiede salvezza, nel 2021 Sempre tornare (candidato al Premio Europeo della Letteratura 2022) e nel 2023 Fame d'aria. Collabora scrivendo di cultura e società con quotidiani e riviste.

D. QUANDO HAI INIZIATO A SCRIVERE E DA DOVE ARRIVA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. La passione per la lettura è nata grazie a una professoressa di scuola media, lo racconto anche in uno dei romanzi, mi fece scoprire il libro, non solo come contenuto, ma anche come oggetto da guardare con curiosità, non un anacronismo inutile e polveroso per come lo avevo sempre inteso…dopo la lettura è nata la scrittura, e da tanti anni continuo, in fondo, a scrivere sempre per gli stessi due motivi: testimonianza e gratitudine.

D. I TEMI DELLA TUA POETICA SI FONDANO SUL RAPPORTO CON LA REALTÀ, SUI GRANDI INTERROGATIVI DELL'ESISTENZA. SIAMO LIBERI, CONDOTTI DAL CASO O DAL DESTINO?

R. Le nostre vite sono decise da due grandi forze che controlliamo ben poco. L’origine, ciò che ci mette al mondo, ovviamente a partire dai nostri genitori, e il destino. Sull’origine non possiamo davvero nulla, ognuno nel bene e nel male accoglie dentro di sé chi lo ha generato, ne porta i segni, genetici, psicologici, educativi, economici, si potrebbe continuare a lungo. Il discorso sul destino è diverso, possiamo imprimere alla nostra vita una direzione, scegliere, provare, scommettere, senza, però, mai perdere la consapevolezza che il gesto della vita e della morte è più grande di noi, e non ci chiede il permesso per venire a farci visita.

D. CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R. Ho provato sensazioni molto diverse a seconda dei vari libri. In alcuni casi di liberazione, altri di enorme, straripante nostalgia. C’è una costante per quel che mi riguarda: di solito quando scrivo sono molto tranquillo e concentrato sulla scrittura. C’è una fase precisa, quando il libro va in stampa, in pratica quando si separa definitivamente da me, in cui cado in una profonda crisi, umana, nervosa, esistenziale. Dura di solito un paio di settimane. E non è piacevole per niente.

D. ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA? 

R. Non posso che parlare di poesia e poeti. Lo ripeto sempre: Pianissimo di Camillo Sbarbaro, aggiungo Il muro della terra di Giorgio Caproni.

D. NEL 2022, DAL TUO LIBRO “TUTTO CHIEDE SALVEZZA”, È  STATA TRATTA UNA SERIE TV SU NETFLIX. A BREVE INIZIERANNO LE RIPRESE DELLA NUOVA STAGIONE. PUOI DARCI QUALCHE ANTICIPAZIONE?

R. Sulla trama ancora non si può dire molto…ci saranno nuovi volti, da Drusilla Foer, che adoro, a Valentina Romani, porteranno nuove storie e vite.

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE... CHE VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R. Che la letteratura sarà per sempre la forma di racconto più alta e inarrivabile, nasce per essere iniziata da qualcuno e finita da qualcun altro. Io, scrittore, offro un segno, un significante, il lettore mette il significato, mette in scena. Un miracolo senza pari.

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. A inizio ’24 uscirà un libro di poesie per Mondadori, poi tra qualche mese inizierò a scrivere il nuovo romanzo.

Ringrazio Daniele per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.

@Foto dal web 

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27 agosto 2023

INTERVISTA A VALERIA PROVENZANO







Cari lettori,

Le vacanze estive sono ormai agli sgoccioli, perciò ho deciso di regalarvi una nuova recensione, ma prima voglio farvi conoscere meglio una nuova scrittrice. Sto parlando di Valeria Provenzano, nata a Cumaná, nei Caraibi Venezuelani, nel 1992. Ha studiato Lettere presso la Universidad Central de Venezuela, e Storytelling & Filmmaking alla Scuola Holden. Ha vagato tra Cumaná, Caracas, Toronto e Montevideo, dove ha studiato e lavorato come editor, segretaria, barista e agente telefonica. Adesso si è fermata a Torino, dove fa la traduttrice e l’insegnante di spagnolo alla luce del sole, e la scrittrice a quella della lampadina. 


D. CHI È VALERIA?

R. Sto rispondendo a questa domanda per ultima perché le cose più ovvie, quelle che sembrano più facili, a volte sono le più difficili da articolare.
Valeria è una scrittrice, una cittadina di più di un Paese, una prof, una migrante – perché mi sono spostata e mi sposto molto, una tifosa del calcio e del baseball, una femminista, un’amante della musica – soprattutto della salsa, una che adora stare con i suoi amici e che si diverte molto con la sua famiglia – niente romanticismo, siamo davvero divertenti, un’appassionata di politica, di letteratura e di cinema, e anche una che canta nel coro queer di Torino. Comunque, una molto tranquilla. Valeria sono io.

D. DA QUALE IDEA, SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, NASCE QUESTO TUO PRIMO ROMANZO “LE MILLE STRADE PER BUENOS AIRES”?

R. Le mille strade per Buenos Aires ha vari genitori. Nasce dopo una conversazione in cui si parlava di movimenti tellurici, migrazioni e maledizioni. Nasce grazie al racconto della storia di una donna molto forte che ha deciso di non accontentarsi mai. Nasce un po’ dalla malinconia e un altro po’ della necessità di avere speranza.
Il primo spunto è arrivato a marzo del 2019, quando raccontando a un’amica delle mie erranze e spostamenti lei mi rispose che la mia somigliava un po’ alla storia di sua nonna Rosario, perché anche lei aveva vissuto in mezzo a troppi movimenti fin da piccola. Entrambe abbiamo vissuto dei terremoti che hanno marcato le nostre vite, entrambe abbiamo cambiato città e Stato, entrambe abbiamo problemi a stare ferme, diciamo.
Io quella settimana iniziai ad abbozzare questa storia, e un mese dopo ho deciso che avrei convertito quella bozza in un vero romanzo.

D. CON QUALI COLORI DESCRIVERESTI I TUOI PERSONAGGI?

R. Quando penso a Rosario mi viene in mente automaticamente la bambina, quella che è cresciuta tra San Juan e le sue vicinanze, una zona piena di montagne i cui colori variano tra tonalità di marroni, rossi e gialli e tramonti color zafferano, quindi a lei – e anche a quasi tutta la sua famiglia, darei i colori della terra. Quando penso agli Stein mi viene in mente Buenos Aires, La ciudad de la furia come la conosciamo in America Latina, e mi vengono subito in mente un bel rosso e un bel blu neon. Pilar mi dà un senso di tenerezza, anche nella sua malattia, che l’avvicina al celeste più chiaro, e Raúl lo associo all’arancione, un colore che dipende tantissimo dalla tonalità. Troppo ti può far vedere le cose molto belle, ma troppo poco è proprio inguardabile. A Nicolás concedo il verde, anche perché lo associo molto con Montevideo. Nel tono giusto, magari caldo, ti va di fissarlo tutto il giorno. Nel tono sbagliato può essere, invece, un po’ triste. 

D. UNA SCENA DEL LIBRO CHE TI PIACE PARTICOLARMENTE?

R. Mi piace molto quel momento in cui la Rosario bambina, piena di forza e speranza, pianifica la sua prima scappata dalla fattoria. Mi piace come fa l’attrice davanti al vecchio Moshé per non fargli avere sospetti, mi piace come trasgredisce le regole ed entra in casa nonostante il divieto di farlo, e mi piace, o meglio, mi fa sentire bene come si sente quando è nascosta dietro il sedile. 
Naturalmente mi dispiace che non ci riesca, però il processo, il tentativo, mi è molto piaciuto. 

D. HAI DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R. Innanzitutto, il silenzio: il motivo per cui di solito scrivo di notte si deve al fatto che è il momento in cui c’è più silenzio. 
Normalmente, costruisco una mappa della storia che voglio raccontare, diciamo che abbozzo un punto di partenza, una strada da percorrere e un punto di arrivo. Poi tutto questo cambia, certamente, perché il processo di scrittura è come la vita: le cose vanno come devono andare e non come le pianifichi. E forse questa è la cosa che mi piace di più dello scrivere: che a un certo punto la storia prende vita e non sono solo io a manipolarla, ma sono anche le regole intrinseche di quello che c’è già scritto a regolarla.
Poi lascio macerare delle scene, dei capitoli interi e torno dopo un po’, assaggio e correggo il sale.

D. UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA?

R. Ho sempre avuto il gravissimo problema di non avere cose preferite nella vita: né colori, né cibo, né libri, per cui parlare di un solo libro mi viene difficilissimo, ma proverò a essere concisa.
I libri che mi hanno reso lettrice sono stati El Rey Mocho di Carmen Berenguer, una scrittrice cilena, e El sapo distraído di Javier Rondón, uno scrittore venezuelano. Sono due storie per bambini che leggevo in continuazione da piccola, così tanto che a 10 anni dissi a mia madre: mi voglio tatuare el rey es mocho, no tiene oreja, por eso usa peluca vieja, una citazione di El rey mocho. Forse da quel momento si è capito che prendevo molto sul serio quello che leggevo. Da adolescente ho letto La isla de los amores infinitos, di Daína Chaviano, una scrittrice cubana, che è e sarà per sempre il romanzo che avrei voluto scrivere, per la sua forza, per la sua sabrosura – il suo sapore così fresco. Si tratta di un romanzo di realismo magico che parla di migrazioni, di famiglie, di storia, di una Cuba molto viva e molto eterogenea. E poi non posso non parlare di come Paula, di Isabel Allende, è uno di quei libri che non potrò rileggere mai più nella mia vita per quanto mi ha fatta piangere: bellissimo, tristissimo, meraviglioso.

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Continuare a fare le cose che mi rendono felice: scrivere, insegnare, cantare, camminare e mangiare il gelato.


Desidero ringraziare Valeria Provenzano per aver risposto alle mie domande



In libreria e sugli store online dal 23 maggio 2023 Garzanti


SINOSSI

San Juan. «Ormai sei grande. Sei forte e non hai paura di niente.» Sono queste le ultime parole che la dodicenne Rosario sente pronunciare da sua madre prima di salire su una macchina che la porta per sempre lontano da casa. Arrivata alla fattoria, Rosario riceve un nuovo nome, perché, a sua insaputa, è stata venduta dalla famiglia, costretta dalla povertà, a una coppia che ha bisogno di manovalanza. Da quel momento non fa che lavorare seguendo il ciclo del sole che sorge e che tramonta. Di notte, però, Rosario cerca di mantenere viva la fiamma del ricordo dei genitori e dei fratelli. Una fiamma sempre più labile che è però vitale per lei, per non sentire la solitudine. Fino al giorno in cui un terribile terremoto sconvolge il suo destino. Rosario riesce a fuggire dalla fattoria, ma non è più sola: aspetta una bambina, anche se l’uomo che ama non vuole seguirla. Nella testa ha un solo desiderio: ritornare a casa. Ma quello che vi trova è un altro rifiuto. Un altro abbandono. Questa volta perché è incinta e senza un marito. Così Rosario capisce di poter contare solo su sé stessa, che lei e sua figlia sono l’unica cosa davvero importante. Parte per Buenos Aires dove, tra relazioni appassionate che le riempiono o le spezzano il cuore e l’amore incondizionato per i figli che la fanno sentire viva, Rosario combatte e si adatta, sempre in cerca del coraggio che sua madre le ha sussurrato all’orecchio quel giorno. Perché se una parte di lei è fiera dell’indipendenza conquistata, un’altra piccola parte è ancora la ragazzina che si sente rifiutata da chi avrebbe dovuto amarla.
L’esordio di un’autrice di talento. La storia di un abbandono e di una fuga. La storia di un rifiuto e di una rinascita. La storia di un ritorno e di un’accettazione. La storia di una donna respinta e di una madre senza paura. 



COSA NE PENSO

La narrazione di “Le mille strade per Buenos Aires” inizia dal giorno in cui Rosario, una ragazzina poco più che tredicenne viene tristemente portata via dalla sua famiglia da una donna sconosciuta e austera. L’abbandono improvviso e la perdita di fiducia accompagnerà Rosario per tutta la vita, nonostante la sua nuova vita e gli amici.
Questo romanzo traccia una condizione triste e reale sulla schiavitù a cui erano costretti moltissimi bambini e bambine nei paesi più poveri dell'America Latina. 
In conclusione, da queste queste pagine traspare l'amore incondizionato di una madre,di quanto forte, disperato, potente sia questo sentimento.

«Fu un piacere vederli crescere, prendere nuove strade, divenire indipendenti.
Li vidi andare via di casa per spostarsi in altre città, e ogni volta li aspettai con del mate e uno spuntino per ascoltare le loro storie.»

Un libro incisivo, emozionante, velatamente malinconico.
Consigliato. Buona lettura!


©Foto:Raymond Crepsac

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