16 settembre 2022

INTERVISTA A SIMONA LO IACONO


Cari lettori,

L'ospite di oggi è Simona Lo Iacono, nata a Siracusa nel 1970, è magistrato e presta servizio presso il tribunale di Catania. Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Le streghe di Lenzavacche (Edizioni E/O), selezionato tra i dodici finalisti del Premio Strega. Il suo nuovo romanzo La storia di Anna, in libreria e sugli store online dal 6 settembre 2022 edito Neri Pozza


D: MAGISTRATO, SCRITTRICE, CHI È SIMONA?

R: Mi piace definirmi soprattutto una mamma, e applicare la modalità della maternità sia al mio lavoro di magistrato che a quello di scrittrice. Essere madri esige infatti accudimento, volontà, disciplina. E’ la forma di amore più alta e più complessa. Per questo credo che sia anche quella che ben si adatta a ogni forma di servizio e di impegno. 

D: COME È NATA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA? 

R: E’ nata con me. Avevo solo cinque anni quando ho scritto la mia prima poesia. Ricordo che sentivo qualcosa pressare dentro di me, e che tutto mi spingeva a portarlo allo scoperto. Come se straripassi, e come se ciò che stava nel mio cuore fosse impossibile da trattenere. Dovevo lasciarlo andare, dovevo comunicarlo, dovevo dirlo. Ne seguiva una specie di strano sollievo che aveva molto a che fare con una liberazione, ma - anche - con una nuova forma di vita. Raccontare era vivere prima dentro e poi fuori, era un viaggio. 

D: QUANTO È IMPORTANTE PER LEI QUESTO LATO DELLA SUA VITA?

R: E’ la vita. Non è solo una parte di essa, ma è la sua forma, o almeno è la forma che a me consente di vivere. 

D: OLTRE A SCRIVERE LE PIACE ANCHE LEGGERE? QUALI LIBRI HANNO CONTRIBUITO AL SUO PROCESSO CREATIVO?

R: Sono una lettrice appassionata. Leggo di tutto e so che l’atto del leggere è “contemplativo” come quello dello scrivere, perché porta inevitabilmente a creare visioni di un mondo altro, abitabile e tangibile, vero quanto quello in cui viviamo. Tutto ciò che leggo contribuisce al processo creativo, perché noi siamo la somma delle parole che leggiamo, di quelle che scriviamo e di quelle che ascoltiamo. La parola, una volta assorbita, dilaga e ricrea, e c’è quindi un continuo flusso tra le parole che vengono dall’esterno e quelle che - dal nostro interno - tornano fuori. I libri amatissimi sono tanti, ma posso dire che quelli del cuore sono stati i testi di Elsa Morante, di Marguerite Yourcenar, di Anna Maria Ortese, di Lalla Romano, di Sebastiano Vassalli, di Garcia Marquez…impossibile elencarli tutti. 

D: NEL SUO NUOVO LIBRO “LA STORIA DI ANNA”, RACCONTA LA VITA DELLA SCRITTRICE ANNA MARIA ORTESE. COME MAI HA DECISO DI RACCONTARE LA SUA STORIA?

R: Perché Anna Maria Ortese è stata uno di quegli incontri fulminanti che cambiano la vita di chi legge.
Ho scoperto per caso in libreria, negli anni novanta, un suo romanzo, “Il cardillo addolorato”, edito da Adelphi. Io stavo per entrare in magistratura. E quell’unione inaspettata tra la mia nuova professione e il canto del cardilluzzo che piangeva sul mondo la propria bellezza - ma anche la propria prigionia - mi è sembrata una metafora struggente della giustizia. Il cardillo mi avvertiva, proprio alle soglie del mio lavoro di magistrato, che nessun mondo poteva essere giusto se non raccogliendo quel canto. Che è poi la voce degli ultimi, dei defilati, dei perdenti, dei tralasciati.
Da lì in poi ho letto tutta l’opera della Ortese e ho cominciato a sentirla a me cara, vicina e intima come una sorella di sangue.
Ecco perché ho deciso di darle voce con questo mio nuovo romanzo. 
Semplicemente perché era da molti anni dentro di me. 

D: PARLANDO SEMPRE DEL SUO NUOVO LIBRO, COSA HA AMATO MAGGIORMENTE DURANTE LA STESURA?

R: Ho amato molto la vocetta della protagonista, Anna Cannavò. Era incredibile quanto fosse indipendente. Parlava sola, mi intratteneva sempre, anche nei momenti più inopportuni. Aveva una visione del mondo e delle cose che faceva ridere, intenerire e addolorare. L’ho amata molto e l’ho tenuta in grembo come una figlioletta. 

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Il solito progetto: scrivere. 


Ringrazio di cuore Simona Lo Iacono per aver risposto alle mie domande.


SINOSSI 

Siamo nel 1968. La piccola Anna Cannavò, di dieci anni, frequenta la quinta elementare a Siracusa. È una bambina poverissima. La famiglia vive ai margini della società. Eppure la piccola Anna non se ne accorge. È tutta protesa a carpire il mistero delle parole poetiche che sta impa - rando ad amare. Quando la maestra annuncia in classe che il ministero della Pubblica istruzione ha indetto un concorso e che il premio consiste nel trascorrere una intera settimana a Milano in compagnia di una famosa scrittrice, Anna Cannavò decide di partecipare. Il concorso consiste nello scrivere una lettera alla scrittrice raccontandole la propria giornata. La destinataria è Anna Maria Ortese. Con grande stupore di tutti la piccola Anna Cannavò viene selezionata e parte alla volta di Milano per trascorrere un’intera settimana con la «signora Anna». Arrivata a destinazione, però, la bambina avrà una grande sorpresa. Non c’è solo una signora Ortese, ma due: Anna e la sorella Maria. La piccola Anna si immette nel mondo delle due sorelle Ortese rompendo le solitudini di Anna Maria e accostandosi alla malattia degenerativa della sorella con tenerezza. Attraverso questa e altre storie intrecciate Simona Lo Iacono compie un altro viaggio dei suoi, di quelli che il pubblico in questi anni ha imparato ad amare: alla ricerca di un femminile che è talento e misura, forza e umiltà.


COSA NE PENSO

In questo libro Simona Lo Iacono,ci consente di osservare attentamente da vicino il doloroso mondo della scrittrice Anna Maria Ortese.
Un mondo di stenti e dolori che hanno contribuito a formare una creatura fragile in una donna che ha fatto la storia della letteratura.
La prima cosa del libro che mi ha colpita sono stati quei due grandi occhi neri della bambina in copertina, foto di Letizia Battaglia. In quello sguardo, traspare tutto l'universo di chi cerca un posto nel mondo tra sogni e speranze.
Una sintesi perfetta, delle cose che ci abitano nella loro bellezza poetica, perché tutto ciò che ci circonda è poesia, se solo le guardassimo con gli stessi occhi di Anna Cannavò.
La giovane protagonista che insieme alla Ortese ci mostra il mondo dei silenzi rivelatori, quelli che all’improvviso scandagliano la realtà dell’io interiore proiettandolo in una condizione alienante rispetto a tutto il resto.

«Ma la signorina Anna aveva quello sguardo che gira sul mondo,lo ha posato stancamente sui muri della periferia, che erano scrostati e pieni di scritte.»

In conclusione, ci vuole poesia infatti per descrivere queste meravigliose figure. Consigliato.
Buona lettura! 



Intervista e recensione a cura di C.L


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14 settembre 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: JUAN & BEATRICE - IL SEGUITO DI CUORE SELVAGGIO DI ANNAMARIA PLATANIA



NOTE SULL' AUTRICE 

Annamaria Platania è nata a Torino, scrivere è la sua più grande passione da più di vent'anni. Ottimista e inguaribile romantica, nei suoi libri non deve mai mancare il lieto fine. Oltre ai romanzi d'amore scrive anche racconti e favole per i più piccini.

SINOSSI

La storia di un grande amore, quello tra Juan e Beatrice, protagonisti della telenovela Cuore Selvaggio, torna a rivivere tra le righe di questo breve romanzo. Intrighi, vendette e sete di potere, metteranno a dura prova il legame tra la bellissima Beatrice D’Altomonte e l’affascinante Juan Aleardi, che, dopo anni passati in mare è diventato un importante e stimato uomo d’affari che con la sua nave si occupa di commerci tra il Messico e le isole vicine.
Mettendosi un passato doloroso alle spalle, Juan ricomincia una nuova vita al fianco dell’unica donna che ha sempre amato. Si riconcilia con il fratello Andrea, che dopo anni ritorna a Camporeal con la sua giovane sposa, e tutto sembra procedere bene, ma i fantasmi del passato sono in agguato e due uomini misteriosi faranno di tutto per vendicarsi della famiglia Aleardi, in qualunque modo, irrompendo nelle loro vite tranquille.
Tutti saranno in pericolo e l’ombra della morte è sempre più vicina...solo l’amore sarà in grado di sconfiggere il male.
Potete acquistare il libro su Amazon

COSA NE PENSO

Cuore selvaggio è una telenovela messicana, andata in onda tra il 1993 e il 1994.
In realtà, Corazón salvaje (titolo originale). È una trilogia di romanzi composta da Corazón Salvaje , Mónica e Juan del Diablo scritto dalla prolifica scrittrice messicana Caridad Bravo Adams, pubblicati per la prima volta nel 1957 e poi adattati per il cinema.
La copertina di “Juan e Beatrice” scelta da Annamaria Platania, riproduce la scena finale di Cuore Selvaggio. Un' immagine talmente potente da aver segnato in modo decisivo il nostro immaginario. 

“Alla fine l'amore tra Juan e Beatrice trionfa, Andrea si riconcilia con il fratello, ma decide di ripartire per l'Europa e di abbandonare la madre che, con il suo atteggiamento possessivo, gli ha reso la vita impossibile.”

Annamaria Platania ha saputo raccontare,in maniera scorrevole questo suo personalissimo nuovo capitolo, dove ritroviamo i buoni e i cattivi della storia originale. È stata molto brava e attenta a non lasciare nulla al caso, questo è rassicurante per chi ha amato la tormentata storia d'amore tra Juan e Beatrice. 
Leggere questo mini racconto è stato per me davvero molto emozionante, avendo amato da ragazzina questa telenovelas. 
In conclusione, prima di tutto, bisogna considerare dove verrà letto,sé verrà letto da computer, ebook o cartaceo, perché le dimensioni del font sono grandi e ciò ci permette di leggere il testo anche senza gli occhiali. L'autrice ha avuto un'ottima idea in questo. Piacevole.Credo sia la parola perfetta per descrivere lo stile di Annamaria Platania. Consigliato.
Buona lettura!


Recensione a cura di C.L

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01 settembre 2022

INTERVISTA A ERRI DE LUCA, TRA TEATRO E LETTERATURA.



Cari lettori, nell’intervista di oggi ho avuto il piacere di fare due chiacchiere con lo scrittore Erri de Luca.
De Luca si avvicina al mondo dell'editoria con la traduzione di alcune parti dell'Antico Testamento dall'ebraico antico, apprezzate anche dai maggiori esponenti del settore.
L’esordio di Erri De Luca come scrittore avviene nel 1989, quando, all'età di 40 anni, pubblica il suo primo libro, Non ora, non qui, in cui rievoca gli anni dell’infanzia trascorsa nella sua Napoli. Da quel momento De Luca pubblica, sempre con successo, opere di narrativa che saranno tradotte in oltre 30 lingue.
Si tratta di uno scrittore da sempre fortemente impegnato dal punto di vista sociale. Molto prolifica anche la sua produzione giornalistica, con editoriali sulle principali testate italiane e articoli sulla montagna, di cui lo scrittore è particolare amante e conoscitore.


D: COSA L’HA SPINTA AD INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI SCRITTORE?

R: Non considero la scrittura un mestiere e dunque non implica una carriera. Ogni storia è nuova e resto principiante di fronte a essa. Per me è stato il modo migliore di tenermi compagnia insieme alla lettura. È un piccolo tempo festivo dentro la giornata e non tutte le mie giornate hanno un tempo di scrittura. In principio mi ha spinto una predisposizione all’isolamento. Ho cominciato a raccontarmi storie per iscritto. Le vedevo venir fuori insieme alle righe dei quaderni che riempivo. Non stavano dentro di me, stavano fuori e io le raccoglievo.

D: MARGUERITE DURAS DICEVA: LA SCRITTURA È L'IGNOTO. PRIMA DI SCRIVERE NON SI SA NIENTE DI CIÒ CHE SI STA PER SCRIVERE E IN PIENA LUCIDITÀ. COS’È PER LEI LA SCRITTURA?

R: Confermo che è il mio modo di tenermi compagnia e restare in disparte. Non resto con la penna per aria in attesa di ispirazione. Scrivo a flusso continuo per un breve periodo, meno di un’ora. Non ho il problema della pagina bianca. Ci vado sopra quando sono pronto.

D: UNO SCRITTORE È PRIMA DI TUTTO UN LETTORE, CHE GENERE PREDILIGE?

R: Sono stato un lettore di poesia del 1900, poi di narrativa. Mi interessa la vita degli altri, di quelli vissuti prima, in epoche e luoghi scomodi. 

D: COME NASCE IL TITOLO DI UNA STORIA?

R: Ogni titolo viene da solo, spesso preso dalla frase pronunciata da un personaggio. È un frammento, non una didascalia che deve spiegare lo svolgimento di un tema. 

D: NEGLI ANNI HA PUBBLICATO DIVERSE RACCOLTE DI POESIE. COSA PUÒ DARE LA POESIA ALLA NOSTRA VITA?

R: Quello che ha dato a me lettore è l’improvvisa definizione di una realtà capovolta. Un verso di Brodskij è :” Al mondo non esistono cause, esistono solo effetti”. Quello che faccio io con i versi è condensare una storia, un pensiero in poche righe, per esempio :” So percerto che in natura tutto è sopraffazione/ vita concimata a morte,/ pure il fiore./ Però il fiore mi fa dimenticare la certezza”.

D: COS’È PER LEI IL TEATRO?

R: Un posto magico dove l’attore sopra un palcoscenico gioca a essere un altro davanti a una folla di persone che giocano a prenderlo per quell’altro. Questa definizione di teatro appartiene all’argentino JL Borges.

D: CI PARLI DELLA SUA FONDAZIONE? QUALI ATTIVITÀ SONO STATE SVOLTE IN QUESTI ANNI E QUALI SARANNO I PROGETTI FUTURI? 

R: La parola Fondazione fa pensare a chissà quali mezzi. Si tratta di fondi messi a disposizione dalla presidente Paola Porrini Bisson, da me e da alcuni soci. Diamo borse di studio, quest’anno dieci, a studenti extraeuropei venuti in Italia per forti necessità. Con la Comunità di Sant’Egidio di Napoli e l’Università Federico II seguiamo i corsi di laurea degli studenti sostenuti. Abbiano scannerizzato e messo in rete gratuitamente l’intera collezione del quotidiano Lotta Continua degli anni ‘70. Facciamo anche cose più piccole come un corso di arrampicata per bambini disabili a Terni. Non partecipiamo a bandi e a progetti finanziati da enti vari. Malgrado abbia il mio nome, la Fondazione non coincide con me. Ha vita e statuto a parte.0

Ringrazio Erri De Luca per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.



Intervista a cura di C.L

Ph by Niccolò Caranti

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25 agosto 2022

RECENSIONE DEL LIBRO: ALL'ULTIMO MOMENTO DI ELIZABETH GASKELL


NOTE SULL' AUTRICE 

Elizabeth Cleghorn Gaskell nasce a il 29 settembre 1810 a Londra. È stata una scrittrice britannica.
In alcuni suoi romanzi (Mary Barton, 1848; Nord e sud, North and South, 1855) si avverte l’eco dei problemi sociali del tempo (il conflitto tra capitale e lavoro, quello tra nord industriale e sud agricolo), che la G. affronta con partecipazione umanitaria. L’opera più nota, Cranford (1853), è uno studio di ambiente provinciale, ora lirico ora ironico. Sono da ricordare anche Ruth (1853), in difesa della parità sociale e sessuale della donna, e un’eccellente biografia di Charlotte Brontë (1857).

SINOSSI

La trama ruota attorno alle vicende di Margaret, una giovane donna di Edimburgo dal carattere forte e dallo spirito indomito, e al suo amore per James Brown, promettente dottore in medicina che gode di grande popolarità nei migliori salotti della capitale. Tuttavia si conosce poco del passato del ragazzo, soprattutto non si hanno notizie dei suoi legami familiari, se non che ha perso la madre «prima di iniziare l'università». Una tale incerta biografia genera sorpresa e scontento nei parenti della ragazza all'annuncio del fidanzamento. Il Professor Frazer, zio e tutore della protagonista, sebbene consapevole di non poter imporsi sulla nipote, ormai maggiorenne, prova a dissuaderla da un matrimonio svantaggioso. Ferma nella sua decisione, Margaret sposa James Brown e lo segue a Londra, dove il dottore comincia a farsi strada nella professione medica. Insieme alle ristrettezze economiche, con il matrimonio arrivano nuove ombre a minacciare la felicità della coppia, legate a un passato che James aveva cercato di tenere nascosto ma che torna a perseguitarlo.

COSA NE PENSO 

Il mini racconto di Elizabeth Gaskell “All'ultimo momento”, appare per la prima volta il 27 novembre del 1858 su «Household Words», la rivista diretta da Charles Dickens con cui la Gaskell aveva iniziato a collaborare nel 1850.
Devo ammettere che non ho mai letto nulla finora di questa autrice, e purtroppo tutte le mie aspettative iniziali sono state deluse dalla trama. Trattandosi di un giallo mi aspettavo una storia ben diversa, intrigante, considerando poi l'epoca in cui la vicenda si svolge, c'è da dire però che la Gaskell ha voluto sperimentare in questo breve racconto una nuova forma di scrittura,con una morale ben precisa che si va man mano svelando solo alla fine.
Sono rimasta molto colpita dalla tenacia della protagonista, considerato tutto sommato il ruolo secondario della donna nell'epoca vittoriana, Margaret piace per la sua intraprendenza. Per il resto i pochi personaggi presenti nell'opera persino il dottor Brown si sono rivelati decisamente monotoni.
Infine, trovo a mio modestissimo parere troppo lunga l'introduzione a cura di Raffaella Antinucci, nonostante sia molto dettagliata e curata nei minimi dettagli.
Consiglio la lettura di questo libro a chi non conosce ancora gli scritti di Elizabeth Gaskell e chissà poi voglia approfondire anche gli altri romanzi di questa autrice.Buona lettura!

Recensione a cura di C.L

© Riproduzione riservata 

01 agosto 2022

LA SCRITTRICE CHIARA MONTANI SI RACCONTA A LA FINESTRA DELLA LETTERATURA

Cari lettori,

L'ospite di questa nuova intervista è Chiara Montani, architetto di formazione, ha lavorato nel campo del design, della grafica e dell’arte, esplorando varie tecniche e materiali, e partecipando a esposizioni in Italia e all’estero. Specializzata in arteterapia, conduce da anni atelier sulle potenzialità terapeutiche del processo creativo.


D: CHIARA, CI PARLI DI LEI E DEL SUO INCONTRO CON L'ARTE?

R: Quand’ero bambina mio padre si dilettava di pittura e trascorreva tutto il suo tempo libero con il pennello in mano mentre io, più o meno come la Lavinia del mio romanzo, mi avvicinavo colma di curiosità a quel mondo misterioso che odorava di trementina. Chissà se è stato proprio quello il primo seme di una passione che da allora non mi ha più lasciata...


D: COME HA SCOPERTO LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R: Ricordo di aver sempre scritto poesie e racconti, e si può dire che la mia attrazione verso la scrittura sia quindi antica quanto quella verso l’arte. E se quest’ultima rimanda a mio padre, in campo letterario devo invece chiamare in causa mia madre, lettrice compulsiva, che invece delle favole mi raccontava trame di romanzi d’avventura, gialli e thriller. Così, quando ho deciso di affrontare un romanzo, è stato naturale unire le mie due passioni e ho cominciato a raccontare storie fortemente legate al mondo dell'arte, quello che più di ogni altro conosco e amo.


D: PERCHÈ HA SCELTO UNA STRUTTURA NARRATIVA COME QUELLA DEL SUO ROMANZO D'ESORDIO “IL MISTERO DELLA PITTRICE RIBELLE” E PERCHÈ HA SCELTO QUESTO TITOLO?

R: Da discreta cinefila quale sono, ho ideato una trama che scorre vorticosa muovendosi lungo un arco narrativo la cui struttura richiama quella del cinema classico e il mio racconto procede per immagini, con un taglio prettamente visivo che si nutre dell’immaginario cinematografico. I dettagli artistici che ho disseminato nella narrazione hanno poi l’intento di far compiere al lettore un viaggio sensoriale e trasportarlo fra pennelli e pigmenti nelle botteghe artistiche della Firenze rinascimentale, per fargli vivere in prima persona lo straordinario fervore creativo di un momento storico e artistico senza precedenti.
Il titolo del romanzo, che è stato scelto dall’editore, fa esplicito riferimento alla voce narrante dell’intera vicenda: quella di Lavinia, nipote del pittore Domenico Veneziano. La giovane, incapace di resistere all’attrazione che i materiali pittorici esercitano su di lei, si ribella infatti ai pregiudizi del suo tempo che relegavano l’arte esclusivamente in mani maschili. Cede al richiamo della propria creatività, e da quel momento nulla sarà mai più lo stesso.


D: QUANDO E COME È NATA L'ISPIRAZIONE DI QUESTO ROMANZO?

R: Tutto è nato dal personaggio di Piero, artista inafferrabile, fine intellettuale, seguace delle dottrine neoplatoniche, sul quale tutti hanno scritto senza mai venire a capo dei suoi misteri. È lui che ho subito scelto per la mia storia, un genio enigmatico e affascinante, da gettare nel vivo dell’azione mettendone alla prova la lucida intelligenza con una vicenda misteriosa e oscura. Sullo sfondo poi volevo Firenze, città simbolo del Rinascimento, con la quale Piero ebbe poco a che fare ma dove si formò in gioventù con il maestro Domenico Veneziano lavorando ai perduti affreschi di Sant’Egidio. Proprio quegli affreschi, misteriosamente lasciati incompiuti, sono stati la prima scintilla che ha acceso la mia immaginazione, portandomi poco a poco a costruire tutta l’architettura della trama.


D: CI DICA QUALCOSA SULLA TRAMA DEL SUO ULTIMO ROMANZO “LA RITRATTISTA”?

R: Siamo a Roma, nell’aprile del 1459, circa sei mesi dopo gli eventi narrati ne “Il mistero della pittrice ribelle”. L’incipit vede Piero della Francesca intrappolato in una stanza in fiamme nel palazzo di Antonio della Valle, facoltoso personaggio vicino alla Curia e suo amico di vecchia data. In quell’incendio dalle caratteristiche quasi soprannaturali, acceso da una mano assassina, perdono la vita tre persone, fra cui la moglie di Antonio.
Lavinia, come sempre voce narrante, accorre in città da Borgo San Sepolcro, dove si trovava ospite a casa del fratello di Piero e trova quest’ultimo profondamente segnato da quanto vissuto. 
In una Roma cupa e insidiosa, fra splendori, miserie, cenacoli culturali, all’ombra delle grandiose rovine della classicità il rapporto fra Piero e Lavinia cresce, sviluppandosi su un piano quasi di parità, mentre lei si fa donna e, grazie anche a un’inattesa solidarietà al femminile, acquista sempre maggiore autonomia, anche in campo artistico. Molti sono i punti oscuri e gli interrogativi senza risposta della vicenda in cui si trova avviluppata insieme a Piero. Una vicenda costellata di delitti, che chiama in causa l’alchimia, il fuoco greco, il cardinale Bessarione, una rete di spie turche, un segreto celato negli affreschi romani di Masolino e Masaccio, il tutto orchestrato da una mente acuta e spietata, che costringe entrambi a una sorta di caccia al tesoro e che sembra essere sempre un passo avanti a loro.


D: QUALI SONO I SUOI LIBRI PREFERITI?

R: Romanzi gialli e d’avventura, oltre naturalmente a quelli che uniscono arte e fiction, con una netta preferenza per tutto ciò che è ambientato in un’altra epoca.


D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Il divertimento che trovo nella scrittura e che spero di trasmettere al lettore mi induce a pormi l’obiettivo di continuare a raccontare storie. Ne ho diverse in mente, e fra queste potrebbe esserci ancora spazio per riportare in scena Piero e Lavinia, facendo vivere loro una nuova avventura.


Ringrazio Chiara Montani per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.


 In libreria e sugli store online dal 7 giugno 2022 edito da Garzanti


SINOSSI

Roma 1459. Lavinia non avrebbe mai immaginato che qualcuno potesse commissionarle un ritratto. Da quando è nata, si è sentita ripetere che le donne non possono diventare pittrici, ma ora, nella sua vita, nulla è più come prima. Vive a Roma, lontana dalla sua Firenze, in una locanda dove altre giovani donne inseguono la propria indipendenza. Solo una cosa non è cambiata: accanto a lei c'è Piero della Francesca; per tutti un maestro di valore assoluto, per Lavinia l'uomo che è riuscito a insegnarle i segreti della pittura. E Piero è in pericolo. Dopo essere stato testimone di un incendio in cui ha perso la vita una vecchia amica, riceve una serie di messaggi cifrati che scatenano una gara d'astuzia in cui sembra che l'avversario sia sempre in vantaggio. Piero vorrebbe fare affidamento solo sul proprio intuito, ma ha imparato che l'aiuto di Lavinia è prezioso. I due si mettono allora sulle tracce di un antico manoscritto greco che potrebbe avere a che fare con il tentativo di salvare il Despotato di Morea, ultimo baluardo della cristianità contro l'invasione turca. Il gioco si sta facendo più grande di loro e la verità sembra a portata di mano. Finché qualcuno attenta alla vita di Lavinia. Solo allora la giovane comprende che, lontano da pennelli e colori, il mondo può essere oscuro e pericoloso per una donna sagace e intelligente come lei. Che a volte non basta il coraggio, a volte bisogna andare oltre i propri limiti. Solo così si può essere liberi davvero. Chiara Montani torna con i due amati protagonisti che sono stati al centro di un passaparola senza fine: Lavinia, giovane donna che non vuole sottostare alle convenzioni del suo tempo, e Piero della Francesca con il suo affascinante mondo fatto di arte e razionalità. Una nuova avventura impreziosita dalla meraviglia di una Roma che, ancora lontana dai fasti del barocco, sa già abbagliare.

Intervista a cura di C.L

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28 luglio 2022

LA CASA DEL CARRUBO DI BARBARA BELLOMO: INTERVISTA E RECENSIONE

Cari lettori,

La scrittrice con la quale ho chiacchierato questa settimana è Barbara Bellomo.
Barbara Bellomo, siciliana,di madre tedesca, è laureata in lettere. Dopo la laurea ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia antica e ha lavorato come insegnante presso la cattedra di Storia romana dell'Università di Catania. Attualmente insegna Lingua e letteratura alle superiori. Per Salani ha pubblicato La ladra di ricordi,Il terzo relitto,Il peso dell'oro e il libro dei sette sigilli.


D: QUANDO HAI CAPITO DI ESSERE PORTATA PER LA SCRITTURA?

R: Tardi. Solo intorno ai quarant’anni. Dopo avere lavorato per molti anni all’università di Catania, prima con un dottorato in Storia antica e poi con due assegni di ricerca in storia romana, mi sono ritrovata in mezzo alla strada. Ma mi mancava scrivere e poi cosa potevo fare per rinascere? Così mi sono rimboccata le maniche e ho scoperto sulla mia pelle che alcuni eventi che in un momento della nostra vita ci sembrano terribili sono solo l’occasione per scoprire mondi diversi e migliori. Oggi amo lavorare a scuola, tra i miei ragazzi sono felice, e ho la vita piena della mia scrittura e del mondo che ho conosciuto attraverso i miei libri e i miei lettori.


D: QUANTA LIBERTÀ NARRATIVA CI SI PUÒ CONCEDERE QUANDO SI SCRIVE UN ROMANZO STORICO. DOVE SI FERMA LA REALTÀ E INIZIA IL ROMANZESCO?

R: La libertà narrativa è sempre ben accetta, ma a patto che non tradisca la verità dei fatti. Si inventa sulle emozioni, sui personaggi mai esistiti, ma se un evento è accaduto non si può ometterlo o storpialo. Nel romanzo, che nasce per emozionare e non per insegnare, il verosimile va a braccetto con il vero. 


D: UN ROMANZO STORICO PUÒ ESSERE IN UN CERTO SENSO UNA SORTA DI RISCRITTURA DELLA STORIA, SECONDO TE?

R: Non proprio. Ma può essere un buon modo per veicolare la cultura. E’ bello che quando si chiuda un libro si sappia di più di quando lo si doveva aprire, non credi? Ma il romanzo ha sempre come fine appassionare il lettore, anche quello che non ama la storia con la S maiuscola.


D: CHE SENSAZIONI PENSI DI LASCIARE AI TUOI LETTORI A FINE LETTURA?

R: Non saprei dire. Per questo romanzo mi hanno scritto tante cose. Che i personaggi rimangono nel cuore. Che il libro ha commosso. Ma direi che tocca ai lettori dirlo, non agli autori. In fondo i giudici di ogni libro, quelli che decidono se un libro merita di essere letto e consigliato sono sempre e solo loro: i lettori.


D: C’È UN PERSONAGGIO, TRA I TUOI PROTAGONISTI, CHE SENTI PIÙ TUO? PERCHÉ?

R: In questo romanzo ho amato tanti personaggi. Ma uno mi è rimasto scolpito dopo che ho chiuso il libro. Don Luigi. Un uomo che ha speso la sua vita nella brigate internazionali a combattere instaurazione dei regimi di destra negli anni che hanno soprecceduto il secondo conflitto mondiale e che quando ha capito che era tutto inutile è poi tornato in Sicilia. Per chiudersi in solitario ritiro. Ma quando il conflitto bussa alla sua porta e la trincea entra in casa, ritorna l’indomabile e coraggioso rivoluzionario. La sua è una vita di passione. Infatti anche l’amore lo travolgerà.


D: A CHI TI ISPIRI? QUALI SONO I LIBRI CHE TI HANNO FORMATO?

R: Mi ispiro a tanti. Nessun libro nasce da solo. Lo scrittore però tengo sempre presente e che e rileggo mentre scrivo è Ken Follett. Lo rileggo per capire come faccia a tenere il lettore incollato alla pagina, non per le storie che ormai conosco a memoria. 


D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sì. Uno molto ambizioso. Un storia intrigante, importante, interessante. Forte. Ma se questo libro frullava nella mia testa da vent’anni, non so quando uscirà il prossimo. Spero di cuore il prima possibile. 

Ringrazio di cuore Barbara Bellomo per aver risposto alle mie domande 



SINOSSI

Fino a quando la guerra non arriva a bussare alla tua porta, sembra sempre meno cattiva di quello che ti aspetti. O almeno è ciò che pensa Vittorio Floridia, professore di latino e greco a Catania, all'indomani del bombardamento che ha distrutto la sua casa e infranto ogni speranza di tornare a una vita normale. Come potrà ora salvare la famiglia dai morsi della paura e della fame? Forse accettando l'invito di Luigi Villalba, un vecchio amico, a trasferirsi nella sua tenuta di campagna, la casa del carrubo. La chiamano così per via del maestoso albero che da sempre protegge i suoi abitanti e che ora dovrà vegliare su due intere famiglie. Da Luca, coraggioso e incosciente, ad Agata, custode di un segreto inconfessabile; da Luigi, che quel segreto lo conosce bene, a Nunzia, convinta che le bombe non possano nulla contro l'amore. Due famiglie che all'ombra del grande carrubo impareranno a conoscersi e, nel dolore reciproco, a riconoscersi, senza sapere che un'ombra ancora più ampia, minacciosa e ineluttabile, è in agguato. È quella della Storia dei grandi, di Churchill, di Roosevelt e del generale Eisenhower, che in gran segreto progettano uno sbarco alleato sull'isola per farsi strada nel cuore dell'Europa nazista. In una Sicilia infuocata e sofferente, Barbara Bellomo traccia i destini dei Floridia e dei Villalba, dando vita a un grande romanzo corale che unisce i sentimenti e il coraggio dei singoli agli intrighi e alle strategie di chi, con un solo ordine, può cambiare la vita di tutti.


COSA NE PENSO

La descrizione dei diversi personaggi dà la possibilità a chi legge, di carpire appieno ogni dettaglio, ogni sfaccettatura delle molteplici personalità che si suddividono all'interno della trama. Ognuno dei protagonisti presenti in quest'opera nasconde un segreto, che sia parte del proprio passato o dei propri sogni.
Un aspetto significativo del romanzo è senz'altro lo sbarco degli Alleati nel luglio del 1943. Pagine e pagine intrise di dolore e di rimpianti e di vita. 

 «Alcuni ricordi hanno la capacità di fare tanto male da rendere il passato sempre presente.»

Ho amato molto gli intrighi e i segreti che legano i Villalba ai Floridia, e la freschezza di un amore appena sbocciato e la bellezza di un amore mai dimenticato all'ombra del maestoso carrubo. 
In conclusione, La Casa del Carrubo è un libro di straordinaria potenza,amerete ogni capitolo,
è uno di quei rari libri che mettono in subbuglio l'animo del lettore.
Un libro che non può di certo mancare nella vostra libreria. Consigliatissimo.
Buona lettura!




Intervista e intervista a cura di C.L


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21 luglio 2022

“MA CHE BELLE PAROLE!”: RECENSIONE E INTERVISTA ALL' AUTORE MARIANO SABATINI

Cari lettori,

L'ospite di questa nuova intervista è Mariano Sabatini, scrittore e giornalista nato a Roma nel 1971, ha scritto per i maggiori quotidiani, periodici e web, firmato programmi di successo (“Tappeto volante”, “Parola mia”, “Uno Mattina”, “Campionato di lingua italiana”) per la Rai, Tmc e altri network nazionali. Ha condotto rubriche in radio e continua a frequentare gli studi televisivi come commentatore.
Dal 2001 ha scritto diversi libri di carattere saggistico, tra cui “Scrivere è l’infinito” (Vallecchi, 2021) e una fiaba dal titolo “Una cagnolina non vola mica” (Chiaredizioni, 2021). “L’inganno dell’ippocastano” (Salani, 2016) è il suo primo romanzo, che si è aggiudicato il premio Flaiano e il premio Romiti Opera prima 2017 ed è tradotto nei paesi di lingua francese. A questo ha fatto seguito “Primo venne Caino” (Salani, 2018), sempre con protagonista Leo Malinverno - giornalista investigatore.


D: GIORNALISTA, CONDUTTORE RADIOFONICO E SCRITTORE.CHI È MARIANO SABATINI?

R: Tutte queste cose e di più. Se ci penso tutto è legato alla scrittura, per i giornali, per il web, per la radio (quella è parlata ma parte da tracce scritte), la TV, per i libri. In realtà detesto le definizioni, sono scorciatoie, rappresentano la pigrizia mentale che ci caratterizza. La definizione a cui terrei di più è quella di lettore, se potessi vivere di quello… leggere!

D: QUALE È STATA LA TUA SODDISFAZIONE PIÙ GRANDE DA UN PUNTO DI VISTA PROFESSIONALE?

R: Diverse, perché diversi sono gli ambiti in cui mi sono mosso. Forse aver incontrato due persone: Luciano Rispoli e Elda Lanza, che in modi diversi mi hanno segnato. E poi aver vinto il Flaiano in modo del tutto inatteso, senza aver chiesto nulla, senza aver iscritto il mio Inganno dell’ippocastano alla gara. Primo romanzo, un grandissimo premio.

D: QUALI AUTORI TI HANNO INFLUENZATO MAGGIORMENTE?

R: Se parliamo di letture, difficile che un lettore affamato, disordinato, che ha inseguito il puro piacere, possa individuare il libro preferito. Ma se parliamo di autori, tutti quelli “di trama”, non amo i romanzi di sola bella scrittura, che tradiscono le leccate al vello degli stessi autori. Ho amato Wilde, Sciascia, Tomasi di Lampedusa (forse quello meno tramista), Maupassant, King, Poe, Flaubert e su tutti Dickens.

D: HAI DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R: Giro intorno alla storia, leggo e rileggo quello che ho scritto, forse mi faccio girare intorno dalla storia e dai personaggi. Poi quando prendo il sopravvento, Pupi Avanti direbbe che è arrivato l’incanto, mi metto totalmente al servizio. E’ il bello di governare l’infinito possibile per citare Lidia Ravera che ho intervistato per il mio Scrivere è l’infinito su Metodi, i rituali, le manie dei grandi narratori.

D: IL TUO NUOVO LIBRO S’INTITOLA: “MA CHE BELLE PAROLE!” UN MEMOIR DEDICATO A LUCIANO RISPOLI. QUANTO TEMPO HAI IMPIEGATO A SCRIVERLO?

R: Direi 35 anni, ne ho 51… a parte gli scherzi, ma neanche tanto, è da quando avevo 15 anni che mi allenavo a scriverlo, da quando mi imbambolavo davanti a Parola mia di Rispoli su Rai1. Poi la stesura, a parte qualche rogna di salute, ha richiesto un paio di mesi, avendo fatto un gran lavoro di raccolta di dati e aver ricostruito i momenti meno conosciuti della carriera e della vita di questo piccolo uomo, piccolo di statura, ma gigante professionale, che ha lanciato tanti personaggi e inventato molto per un’idea di servizio pubblico di cui si poteva andare orgogliosi.

D: NEL LIBRO, RACCONTI IL GARBO E LA PROFESSIONALITA’ DI LUCIANO RISPOLI. QUANTO È IMPORTANTE OGGI NEL MONDO DELLO SPETTACOLO DIFENDERE QUESTI VALORI?

R: Molto, perché siamo malati di recentismo e troppo emotivi. Se uno muore oggi, mentre è in onda, varrà comunque di più di chi ha avuto la colpa, colpa tra mille virgolette, di mancare dopo qualche anno che non era più in video. Rispoli avrebbe meritato più di altri che gli intitolassero un teatro della Rai, ma neppure il grande Fiorello è riuscito a convincere gli ottusi dirigenti della radio. Eppure, avendo inventato Bandiera gialla e Chiamate Roma 3131, Luciano ha inaugurato la radio moderna. Una nuova èra, quella che ancora consente guadagni all’emittenza pubblica e privata. Niente da fare, vai a farglielo capire…

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Sopravvivere all’estate, odio il caldo con tutte le mie forze, e finire il mio nuovo romanzo, che ha per protagonista sempre Leo Malinverno, il giornalista investigativo che i lettori hanno conosciuto ne L’inganno dell’ippocastano e Primo venne Caino, anche quest’ultimo di prossima pubblicazione per Actes sud nei paesi francofoni. Ora comunque voglio sostenere Ma che belle parole! Luciano Rispoli Il fascino discreto della radio e della TV.

Ringrazio ancora Mariano Sabatini per la sua disponibilità nel raccontarsi e nello svelarci i particolari del suo nuovo libro.



In libreria e sugli store online dal 
15 luglio 2022 edito Vallecchi


COSA NE PENSO 

Questo libro colpisce per la profonda ammirazione e amicizia dell'autore nei confronti del suo idolo adolescenziale.
I sogni si sanno, possono diventare realtà, e così è stato per Mariano Sabatini.

«Andai volentieri, sorretto dall’incoscienza della giovane età..»

Trovo interessante e lodevole il lavoro svolto con cura e dedizione da Mariano in questo libro. 
Leggerlo vuol dire conoscere fino in fondo la vita e carriera di Luciano Rispoli.
Non assomiglia ad altre biografie lette finora e credo fermamente che fosse proprio questo l’intento dell’autore.

«Luciano è stato tante cose, soprattutto un padre e un 
nonno, ma la sua passione bruciante era la TV. Avrebbe continuato a farla, se glielo avessero consentito. Finché 
ha potuto mi ha parlato dei programmi che avremmo potuto realizzare insieme. Era un personaggio fuori dall’ordinario e il suo posto nella storia del piccolo schermo, accanto a colleghi del calibro di Tortora e Bongiorno, nessuno potrà più negarglielo. Con lui si chiude un’era»

In conclusione, Il libro è semplice e chiaro nella struttura e nel linguaggio, nasce dalla voglia dell’autore di tuffarsi nel passato, per far sì che, resti vivo il ricordo di un grande uomo. 
Consigliato. Buona lettura!


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