09 luglio 2025

“RACCONTARE L'AMICIZIA, IL SILENZIO , L’AMORE : INTERVISTA A IRIS WOLFF”





Cari lettori,

l’ospite di oggi è Iris Wolff, una delle voci più raffinate e profonde della narrativa contemporanea europea. Nata a Sibiu, in Romania, nel 1977, si è trasferita in Germania all'età di otto anni, dove tuttora risiede.
I suoi romanzi – tradotti in numerose lingue e pluripremiati – sono attraversati da un linguaggio poetico, una sensibilità rara e una capacità sorprendente di raccontare i legami, la memoria e l’identità.

Con grande piacere vi presento la sua intervista in occasione dell’uscita in Italia del suo romanzo Radure (titolo originale Lichtungen), pubblicato da Neri Pozza Editore, una storia delicata e intensa sull’amicizia, sul silenzio e su ciò che ci rende umani.



D. COME È NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA? C'È STATO UN MOMENTO UN LIBRO CHE L'HA ACCESA? 

R. Ho iniziato a scrivere relativamente tardi, intorno ai trentacinque anni. La scintilla è stato un viaggio in Romania: lì ho sentito, inaspettatamente, un senso di appartenenza. Le strade, la luce, il paesaggio, il suono delle lingue… tutto parlava a una parte profonda di me. Ho cominciato a interrogarmi sul motivo per cui la mia famiglia – come molte minoranze tedesche – avesse lasciato quei luoghi dopo secoli. Scrivere è diventato il modo più naturale per esplorare queste domande. Non sapevo se ne fossi capace, ma ho deciso di rischiare.

D. COM'È NATA L’IDEA DEL TUO ROMANZO RADURE? 

R. A differenza dei miei libri precedenti, dove tutto partiva dalla prima frase o scena, con Radure mi sono trovata già nel cuore della storia. Vedevo Lev da bambino, a letto, immobile. Non sapevo ancora cosa gli fosse accaduto, né cosa lo aspettasse. Ma sentivo una forte connessione con lui. Ed è da quel sentimento che ho capito di poter raccontare questa storia. Da quell'immagine iniziale ho costruito tutto il resto, fidandomi.

D. IL TUO STILE È ESSENZIALE MA POTENTE . COME RIESCI A BILANCIARE SEMPLICITÀ E PROFONDITÀ?

R. Scrivo cercando di evocare, non di spiegare. I miei romanzi si muovono verso l’ignoto, guidati da un’apertura silenziosa e da una curiosità sincera verso i personaggi. Mi affido molto ai sensi, alle immagini, al ritmo della lingua – e alle pause. Credo in ciò che resta sospeso, in ciò che non viene detto. Le zone d’ombra sono inviti per chi legge. La letteratura, in fondo, vive nella mente del lettore.

D. IN QUESTO LIBRO, AMICIZIA E SILENZIO SONO TEMI CENTRALI. PERCHÉ LI HAI SCELTI ?

R. Sono una grande ammiratrice del silenzio. Da Lev ho imparato che ascoltare è spesso più potente che parlare. Tutto, se ascolti davvero, comincia a parlare. E tutto è connesso. In un mondo rumoroso e cinico, mi piace pensare che ci sia ancora spazio per relazioni profonde. L’amicizia, in particolare quella tra Lev e Kato, è al centro della storia. Un legame che sfuma tra l’amicizia e l’amore, come spesso accade nella vita vera.

D. QUAL È STATO L'ASPETTO PIÙ IMPEGNATIVO NELLO SCRIVERE RADURE ?

R. La scelta di raccontare la storia a ritroso. All’inizio non mi sono posta troppe domande, ma scrivendo ho iniziato a dubitare: funzionerà? I lettori accetteranno questa struttura? Ma era l’unico modo possibile per esplorare davvero ciò che volevo: cosa ci forma, cosa ci cambia, cosa dobbiamo lasciar andare per poter ricominciare.

D. COSA SPERI CHE I LETTORI ITALIANI TROVINO IN QUESTO LIBRO ?

R. Vorrei che si immergessero nel mondo della storia come in un dipinto. Kato, uno dei protagonisti, è un artista di strada che attraversa l’Europa – anche l’Italia – e dice che chi guarda un’opera dovrebbe "abitarla" per un po’. È ciò che auguro anche ai miei lettori.

D. PUOI ANTICIPARCI QUALCOSA SUI TUOI PROSSIMI PROGETTI? 

R. Sono molto discreta su ciò che sto scrivendo… Ma posso dire che, dopo aver camminato a lungo accanto a Lev e Kato, ho finalmente ripreso a scrivere. E questo, per me, è già un inizio.

Ringrazio Iris per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande. 



                     In libreria e sugli store online dal 20 giugno 2025 Neri Pozza



SINOSSI 

Transilvania, di là dalla Cortina di ferro. Lev ha solo undici anni quando, in seguito a un trauma, si trova prigioniero per mesi di un letto. I libri che girano per casa sono del secolo precedente, come dice la sua maestra. È deciso: qualcuno verrà a portargli i compiti, anche se Lev, potendo scegliere fra tutti i compagni, certo non vorrebbe Kato, quella strana ragazza scarmigliata che a scuola rimane sempre in disparte. Spirito libero e selvatico, Kato invece si presenta tutti i giorni col suo sguardo di velluto, i buchi nei vestiti, i compiti in mano, la risata che sfiora l’allegria e, goccia dopo goccia, tra i due bambini nasce un legame indissolubile che strapperà Lev alla sua prigione di lenzuola. Un’amicizia speciale che negli anni crescerà in un amore schivo. Poi, un giorno accade l’impensabile: il loro mondo, quell’Europa in miniatura dalle tante lingue, si ritrova senza più muri invalicabili a contenerlo e si spalancano orizzonti che separano Lev e Kato. Lui, malinconico e introverso, rimane. Lei, coraggiosa e affamata di spazi, va. Lui lavora a stretto contatto con la geografia della sua terra più che con le persone. Lei si trasferisce all’Ovest e fa l’artista di strada. Il filo che tiene uniti Lev e Kato si allunga attraverso quattro decenni senza mai recidersi, fino al giorno in cui Lev riceve una cartolina con una sola frase: Quando vieni? Con una lingua misurata e poetica al tempo stesso, Iris Wolff celebra il momento glorioso in cui una vita ne tocca per sempre un’altra, riannodando ricordi disseminati nel tempo come radure di luce in un bosco fitto, il cui bagliore persiste a lungo.

COSA NE PENSO

Radure è un romanzo che si muove come una luce filtrata tra gli alberi: lieve, essenziale, ma capace di lasciare un’impronta profonda. Iris Wolff ha uno stile di scrittura rarefatto e poetico, fatto di silenzi, immagini evocative e dettagli che si schiudono con delicatezza. Nulla è gridato, tutto è suggerito.
Ciò che colpisce è la sua capacità di raccontare i legami umani – e in particolare quello tra Lev e Kato – con una sensibilità fuori dal comune. Un’amicizia che si avvicina all’amore, un amore che, anche se messo alla prova dal tempo, dai confini e dai silenzi, continua a vivere. A resistere.
Un romanzo che non si dimentica facilmente, perché non si limita a raccontare una storia, ma ci invita a entrare dentro un mondo, lentamente, in punta di piedi.
In conclusione, consigliato a chi cerca una lettura intensa, silenziosa e piena di verità nascoste. Buona lettura! 


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02 luglio 2025

COSA SIGNIFICA PER ME SCRIVERE OGGI






Scrivere, per me, non è mai stato solo mettere in fila parole. È un gesto che nasce prima della penna, prima della tastiera. Nasce da un’urgenza. Dalla necessità di dire qualcosa, o forse di ascoltarmi davvero.

Scrivere oggi, in un mondo che ci vuole veloci e sintetici, è un atto di resistenza. È restare fermi mentre tutto corre. È scegliere di dare un nome alle emozioni, di cercare le parole giuste per dire il dolore, la bellezza, il dubbio.

Non scrivo per insegnare qualcosa, ma per scoprirmi. Ogni pagina è una finestra: mi affaccio, guardo fuori, ma vedo anche dentro. Vedo ricordi, intuizioni, paure.

Scrivere oggi significa anche scegliere la lentezza. Mi piace pensare che ogni parola sia un seme. A volte germoglia subito, altre volte resta sotto la terra per mesi, in attesa di una stagione giusta. Ma scrivere è sempre un atto vivo, fertile.

Quando racconto, metto in ordine il caos. Quando scrivo di libri, metto in dialogo la mia voce con quella dell’autore. Quando intervisto qualcuno, ascolto per davvero.

Scrivere, oggi, è anche un modo per restare umana. Per non cedere all’abitudine del “non ho tempo”. Per restituire attenzione a me stessa e agli altri.

E tu, cosa significa per te scrivere? O leggere?

Ti lascio con questa domanda. Le risposte, come sempre, arrivano tra le righe.


Caterina Lucido

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25 giugno 2025

ELISA SORDI – SCRITTRICE INDIPENDENTE E LIBRAIA.




Buongiorno cari lettori,

con grande piacere do il benvenuto nel mio blog a Elisa Sordi, giovane scrittrice self publishing e libraia appassionata. 
Classe 2004, ciociara DOC. 
Potete seguirla e scoprire il suo mondo anche attraverso i suoi canali social, Eliza Bookstone è il suo pseudonimo su Instagram. 
👉 Cliccate qui  per restare aggiornati sui suoi contenuti!


D. COME NASCE IL TUO AMORE PER LA SCRITTURA E IN CHE MOMENTO HAI
CAPITO CHE VOLEVI DIVENTARE UNA SCRITTRICE?

R. Ricordo di aver sempre avuto la penna in mano. Paradossalmente, anche quando ancora non sapevo scrivere, andavo in giro per casa a fare scarabocchi che per me assomigliassero agli “scarabocchi dei grandi”.
Però non sognavo di diventare una scrittrice. Scrivevo per me, e per tanto mi sono accontentata di questo.
Poi, prima della pandemia, ho iniziato a scrivere qualcosa di serio e quando infine mi sono affacciata al mondo del bookstagram, ho pensato di buttarmi in questa avventura che a oggi mi ha regalato tanto.

D. ESSERE LIBRAIA TI ESPONE OGNI GIORNO A TANTI LIBRI: IN CHE MODO
QUESTO INFLUENZA IL TUO MODO DI SCRIVERE?

R. Di sicuro alimenta la mia immaginazione, ma non direi che sta influenzando di molto il mio modo di scrivere.

D. QUAL E' STATO IL MOMENTO PIU' DIFFICILE DEL TUO PERCORSO DA AUTRICE EMERGENTE E COME LO HAI SUPERATO?

R. I momenti peggiori sono stati quelli legati ad alcuni “disguidi” nati tra me e determinati professionisti del settore che non si sono rivelati adatti al mio modo di lavorare e alle mie storie. 
Con l’esperienza e affidandomi finalmente a persone giuste, sono riuscita a superare questi piccoli incidenti di percorso.

D. C'E' UN LIBRO (DI UN ALTRO AUTORE) CHE AVRESTI VOLUTO SCRIVERE TU? PERCHE'?

R. Tanti e nessuno. A volte mi capita di pensare “Ah, se avessi scritto io
Orgoglio e Pregiudizio”, ma poi penso anche che se avessi scritto io alcuni dei miei libri preferiti, di sicuro non sarebbero stati esattamente come li conosciamo noi oggi. E altre volte, penso che sia bello semplicemente godere di questi capolavori e dedicarsi a scrivere storie del tutto nuove.

D. NEL TUO LAVORO IN LIBRERIA,HAI NOTATO CAMBIAMENTI NEL MODO IN
CUI I LETTORI SI AVVICINANO AI LIBRI? COSA LI CONQUISTA OGGI?

R. Di certo il mercato e i lettori cambiano col passare del tempo, ma alcuni “pattern”, se così vogliamo cambiarli, sembrano non mutare nel tempo. I lettori vengono conquistati dagli stessi libri da cui venivano catturati anni fa: dai libri di cucina, fino alla narrativa generale. Magari sono nati alcuni fenomeni, si sono aggiunti nuovi generi, ma il lettore che va in libreria a cercare “Il fu Mattia Pascal” lo fa come quello che lo ha cercato dieci, venti e trent’anni fa.

D. COME RIESCI A CONCILIARE LA TUA VITA DA LIBRAIA CON IL TEMPO,
L'ISPIRAZIONE E LA DEDIZIONE CHE RICHIEDE LA SCRITTURA?

R. Avendo aperto da poco, devo dire di aver accantonato per un po’ l’attività di scrittura. O, più precisamente, ci sto dedicando meno tempo del solito, ho ridotto i momenti che di solito dedicavo ai miei lavori, ma conto di riprendere la mia solita routine non appena mi sarò abituata al cambiamento che mi ha colta a partire dal primo giugno, quando ho inaugurato L’angolo della libraia.

D. COSA SPERI CHE RESTI NEL CUORE DEI LETTORI UNA VOLTA CHIUSA
L'ULTIMA PAGINA DEI TUOI LIBRI?
R. L’idea che credere nei propri sogni ripaga sempre. Nei miei libri i sogni sono sempre un punto centrale delle vicende dei protagonisti e se c’è un messaggio che vorrei arrivasse più degli altri è proprio questo: credete in voi stessi e nei vostri sogni, sempre!


Ringrazio Elisa per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande. 


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18 giugno 2025

“GIALLO AL FEMMINILE” : LA PENNA BRILLANTE DI ROSA TERUZZI.






Cari lettori,

l’ospite di questa nuova intervista è una firma ormai amatissima nel panorama del giallo italiano: Rosa Teruzzi.
Vive e lavora a Milano ed è esperta di cronaca nera. Dopo aver guidato la redazione di Verissimo, è diventata caporedattrice della trasmissione televisiva Quarto grado e scrive romanzi e racconti di genere giallo. Per scrivere i suoi romanzi si ritira in estate presso un vecchio casello ferroviario a Colico, sul lago di Como. Un altro casello ferroviario, sito tra il Naviglio Grande e il Giambellino, ha ispirato la serie di romanzi I delitti del casello, editi a partire dal 2016, le cui protagoniste Vittoria, la mamma Libera e la nonna Iole, cercano di risolvere misteri tra Milano, la Brianza e il lago di Como. 
Con il suo stile vivace, i personaggi autentici e le trame avvincenti, Rosa Teruzzi ha conquistato lettori di ogni età. In questa chiacchierata esclusiva ci racconta del suo ultimo romanzo, del rapporto con le sue protagoniste — le “Miss Marple del Giambellino” — e ci svela qualcosa del dietro le quinte della sua scrittura.


D. COME È NATA LA TUA PASSIONE PER IL GENERE GIALLO?
 
R. Ho sempre amato leggere ma, nonostante il mio lavoro, o forse proprio per quello (da sempre faccio la giornalista di “nera”), in passato preferivo un altro tipo di libri, romanzi storici e feuilletton soprattutto.
E’ stata una straordinaria libraia milanese, Tecla Dozio, che avevo conosciuto mentre realizzavo a tempo perso la pagina della cultura del mio giornale, a farmi innamorare del genere e anche a spronarmi a scrivere.
Nella sua “Sherlockiana”, inizialmente vicina alla Statale di Milano e poi dalle parti dell’Arena, ho comprato quintali di libri, imparato ad apprezzare Simenon, Durrenmatt e Scerbanenco, il maestro di noi noiristi italiani, e incontrato alcuni degli scrittori che lei mi aveva fatto conoscere letterariamente, da Anne Perry, la maestra del mistery vittoriano, a Joe Lansdale, oltre a molti autori italiani che adesso incrocio per festival e presentazioni.
 
D. DA DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER LE TUE STORIE?
 
R. Mai dai casi di cronaca che tratto nella trasmissione a cui lavoro, Quarto Grado, né dai giornali. Non mi piace rimasticare storie vere e mi fa rabbrividire l’idea di attribuire dialoghi o emozioni di fantasia alle vittime o ai carnefici reali di un crimine. Preferisco volare con l’immaginazione.
Le mie trame sono del tutto inventate, cosi come i miei personaggi, ma devo ammettere che più di trent’anni di frequentazione con investigatori in carne e ossa (carabinieri, poliziotti, magistrati) mi hanno regalato gli strumenti per rendere credibili le indagini delle mie protagoniste, una banda di eccentriche detective dilettanti composta da una fioraia, dalla sua bizzarra madre –una hippie mai pentita -e da una giornalista di cronaca nera.

D. COME BILANCI LA TRAMA CON LA COSTRUZIONE DEL SUSPENSE?
 
R. Le scuole di scrittura americane dividono gli autori di giallo tra architetti (che pianificano in ogni dettaglio la trama prima di iniziare a scrivere) e giardinieri, che mettono i loro personaggi in una situazione e poi li lasciano agire. Io appartengo a questa seconda categoria. Non sono metodica, né organizzata nella scrittura e anche per quanto riguarda i colpi di scena mi affido all’ispirazione.
Ma sono una forte lettrice e sono ipercritica. Quando una pagina mi annoia, la cancello senza pietà. Voglio essere la prima a emozionarmi e a sorprendermi di quello che leggo. Non ho mai creduto che fosse la quantità di delitti a fare di un giallo un buon giallo: sono più attratta dalla indagine e dal disvelamento dei segreti che da sangue e sparatorie.

D. COSA TI PIACE DI PIÙ DEL MESTIERE DI SCRITTRICE?
 
R. Fare la scrittrice non è un mestiere per me, è una passione. Quello che amo di più nell’esserlo è la libertà di creare in autonomia. E poi adoro parlare dei miei libri (e dei libri in genere) con i lettori.

D. CI SONO SCRITTORI CHE SONO PER TE FONTE D’ISPIRAZIONE? 

R. Sicuramente, nell’ambito del genere, il mio scrittore feticcio è Giorgio Scerbanenco: amo la sua Milano fragile e disperata e la malinconia feroce dei suoi personaggi.
Ma sono una lettrice onnivora. Tra i miei autori del cuore (impossibile stilare una classifica) ci sono Jane Austen, il Dumas del Conte di Montecristo, Edgar Allan Poe e Robert Stevenson. Ma sono anche una fan appassionata di Pia Pera e dei saggi meravigliosi di Stefano Mancuso.
Inoltre leggo tantissima poesia, anche se non la capisco e forse proprio perché non la capisco: la poesia ha una sua strada carsica che arriva dritta al cuore.

D. COSA VORRESTI CHE I TUOI LETTORI SAPESSERO SULLA SAGA DELLE SIGNORE DEL GIAMBELLINO?
 
R. Non amo le etichette, ma se dovessi definire i miei romanzi direi che sono commedie gialle con una vena noir, che hanno il loro cuore a Milano, in un romantico casello ferroviario nel quartiere periferico del Giambellino. Una piccola casa ai margini dei binari in cui vivono tre donne di una stessa famiglia, molto diverse eppure altrettanto legate. La più giovane di loro – una poliziotta – è l’unica a non indagare, e tenta – senza successo – di ostacolare le inchieste della mamma e della nonna, che sono segretamente a capo di un manipolo di “detective per caso", formato da una giornalista, dal suo burbero caporedattore, dal suo fotografo di fiducia e da un ex rapinatore con qualche scheletro nell’armadio. Tutti i miei personaggi hanno una ferita e un segreto. E questo, secondo me, li rende interessanti.

D. QUALI SONO I TUOI PROGETTI PER IL FUTURO?
 
R. Tra poco la trasmissione a cui lavoro chiuderà i battenti per la pausa estiva. A quel punto, come al solito, mi trasferirò nel casello ferroviario che è il mio luogo della scrittura, sulla sponda lecchese del lago di Como e lì inizierò la prossima avventura delle mie protagoniste. Ho già un’idea in testa, ma è ancora in fase embrionale. Riguarda comunque i battiti di un cuore malato. Ma sto pensando anche a un romanzo storico ambientato nel Quattrocento milanese ai tempi di Ludovico il Moro. E’ un periodo affascinante, creativo e sanguinario che ho studiato molti anni fa. E c’è un personaggio, una donna, che ogni tanto torna a sussurrarmi all'orecchio la sua storia.


Ringrazio Rosa per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande

 

In libreria e sugli store online dal 29 aprile 2025 Sonzogno Editori


SINOSSI 

Nella nebbia fitta della notte di Ognissanti, una misteriosa figura si muove nelle tenebre con un solo obiettivo: eliminare definitivamente Libera Cairati, la fioraia-detective del Giambellino. Dopo averla avvelenata con un mazzo di rose all’aconitina, l’aggressore si è dato un soprannome, l’Ombra, ed è pronto a colpire di nuovo. Dal rifugio del casello ferroviario in cui abita, Libera dovrà affrontarlo ad armi spuntate, costretta ad agire in gran segreto da Mimma Arrigoni, una pm che osteggia le sue indagini e insidia la relazione con il fascinoso commissario Gabriele. Ma quando il pericolo si fa più insidioso, Libera sa di poter contare sui complici di sempre – l’eccentrica madre Iole, la giornalista Irene e il burbero capocronista Cagnaccio –, una squadra affiatata a cui si uniscono due imprevedibili alleati: Diego Capistrano, ex rapinatore e amante di Iole, e Angelo Riva detto il Piè Veloce, un fotografo capace di rendersi invisibile e sparire nel nulla. Tra depistaggi, tentati omicidi e segreti nascosti, la caccia all’Ombra diventa un gioco letale, dove ogni mossa potrebbe essere l’ultima. In una Milano livida e battuta dalla pioggia, in cui tutti sembrano spiarsi a vicenda, Libera dovrà affrontare il suo nemico senza certezze – nemmeno quelle del cuore.


COSA NE PENSO

Con La giostra delle spie, Rosa Teruzzi firma un nuovo, brillante capitolo della sua celebre saga delle “Miss Marple del Giambellino”, un giallo dal ritmo serrato e dal cuore autentico, che si collega idealmente e narrativamente al precedente 'La ballata dei padri fedeli' (Clicca qui) .
Il lettore ritrova con piacere l’intero universo della Teruzzi: da Capistrano a Cagnaccio, dalla pittoresca Iole all’intensa Libera, personaggi ormai amati come vecchi amici eppure sempre capaci di stupire. Ed è proprio Iole, in questa nuova indagine, a brillare con una verve investigativa irresistibile, ironica, lucida, a tratti quasi commovente nella sua ostinazione.
Tra segreti sepolti e colpi di scena ben calibrati, l’intreccio si avvolge intorno a un’“ombra” che perseguita Libera, costringendola a confrontarsi con dubbi sempre più profondi e paure mai sopite. Ma La giostra delle spie non è solo un mystery avvincente: è anche un romanzo che sa toccare corde intime, in cui emerge con forza crescente il legame tra madre e figlia, quel filo invisibile e potente che unisce Iole e Libera nonostante le differenze, i silenzi e le scelte difficili.
Teruzzi, con la sua prosa precisa e la capacità tutta milanese di intrecciare ironia e malinconia, dipinge un affresco popolare ma mai banale. Il quartiere del Giambellino vive e respira tra le pagine, diventando quasi un personaggio esso stesso, con le sue contraddizioni, la sua vitalità e la sua umanità.
In conclusione, un giallo al femminile in cui il mistero si mescola all’affetto, alle fragilità e alla ricerca della verità. La giostra delle spie è una lettura appassionante, che conferma Rosa Teruzzi come una voce originale e riconoscibile nel panorama del noir italiano contemporaneo.
Consigliatissimo, buona lettura!

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15 giugno 2025

LETTERE AI MIEI LIBRI DEL CUORE







Ci sono libri che non si leggono soltanto: si vivono. Entrano in punta di piedi e restano per sempre. Oggi voglio scrivere a loro, come se fossero amici lontani, ma mai dimenticati. 


Cara Piccola Principessa di Frances Hodgson Burnett, 

sei stata la mia prima ribellione dolce. Mi hai insegnato che si può essere gentili anche nel dolore. Che la fantasia è una casa, e l’immaginazione, un tetto contro la pioggia. 


Caro Diario di Anne Frank,

sei stato il primo dolore senza risposte. Hai messo nelle mie mani l’incredibile peso della verità, e la forza di una voce giovane, spezzata eppure luminosa. 


Cara Jane Eyre, 

mi hai parlato di dignità. Di amore che non chiede, ma aspetta. Di donne che non devono chiedere il permesso per esistere intere. La tua voce austera mi ha insegnato a restare salda anche nel vento. 


Cara L’amica geniale,

mi hai raccontato le ragazze del Sud, le amiche feroci, i margini e il potere delle parole. Mi hai insegnato che scrivere può salvare, ma anche dividere. Scrivere lettere ai miei libri del cuore è un modo per ringraziarli. Per ricordare che non siamo mai soli, finché qualcuno, da qualche parte, scrive (o legge) quello che anche noi non riusciamo a dire.


E tu? Quale libro scriveresti? E cosa gli diresti?

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27 maggio 2025

ELIO PECORA SI RACCONTA TRA SCRITTURA E VITA



Cari amici lettori,

Oggi ho l’onore di ospitare una voce raffinata e profonda della poesia italiana contemporanea: Elio Pecora.
Nato a Sant'Arsenio (Salerno) nel 1936, dal 1966 abita a Roma. Ha pubblicato raccolte di poesie, racconti, romanzi, saggi critici, testi per il teatro, poesie per i bambini. Ha curato antologie di poesia italiana contemporanea. Ha diretto la rivista internazionale “Poeti e Poesia” fino a giugno del 2024. Ha collaborato per la critica letteraria a quotidiani, settimanali, riviste fra i quali: La Voce Repubblicana, La Stampa-Tuttolibri, Il Mattino, La Repubblica-Mercurio, Reporter, L’Espresso, Tempo Illustrato, Wimbledon, Strumenti critici, Belfagor) e al secondo e terzo programma RAI.


D. COME E QUANDO NASCE LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Nasce nella prima adolescenza. Appartengo a una generazione che, fin dalle scuole elementari, imparava poesie a memoria. Inoltre fui assai presto un lettore accanito. Per me tanto la poesia che la narrativa sono stati e sono veri strumenti di conoscenza e di educazione dei sentimenti e ai sentimenti. Seppi presto quanto la parola della poesia chiamasse altre parole, schiudesse mondi ed emozioni, portasse in un altrove . 

D. QUALI EMOZIONI PROVA QUANDO SCRIVE UNA POESIA?

R. Sento di star riuscendo a esprimere la parte più vera e necessaria di me, del mio sentire, del mio stare nel mondo: insieme vigile e appassionato. 
            
D. DA QUALE IDEA, SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, È NATO IL SUO NUOVO LIBRO, L'ACQUARIO?
 
R. L’aquario s’è andato componendo lungo diversi anni. Nemmeno più ricordo quale fu il primo episodio, se ne aggiunsero altri, poi venne chiara la struttura del tutto e quindi la premessa. Scrivevo di momenti e vicende che avevo vissuto o a cui avevo assistito o che mi erano stati raccontate e che reinventavo. Ne è venuto un polittico, un teatro con molte voci e tante diverse realtà.  

D. QUALI AUTORI L'HANNO MAGGIORMENTE  INFLUENZATA?
 
R. Anzitutto i grandi poeti latini, come Lucrezio e Orazio, poi di sicuro Leopardi, e fra gli autori del Novecento Auden, Eliot, Borges, Montale, Saba. Questi fra i poeti, E fra i prosator Stendhal, Tolstoj, Virginia Woolf, Anna Maria Ortese, Lalla Rimano, Giuseppe Pontiggia. E mi limito a questi fra i tanti che ho amato e che rileggo. E non posso non nominare i saggi di Montaigne, gli scritti sull’estetica di Croce e di Giorgio Colli e i diari di Max Frisch.   

D. QUALE È IL MESSAGGIO CHE VORREBBE TRASMETTERE AI LETTORI CHE HANNO LETTO O LEGGERANNO L'ACQUARIO?

R.Vorrei che dalla lettura del mio romanzo venisse chiaro che essere e rendersi vivi comporta il sapere di star compiendo un cammino con tanti altri e che questi altri, come noi, si aspettano vicinanza e comprensione. E ancora che la vita è un’avventura difficile e meravigliosa e in cui vale restare.  

D. CHE COSA CONSIGLIEREBBE A UN SUO LETTORE CHE VOLESSE SCRIVERE UN LIBR0?

R. Esprimersi con la scrittura richiede la buona conoscenza del suo uso, per questo conta soprattutto la lettura dei grandi narratori, quelli consegnati alla durata. Ma non basta la qualità formale, pure necessaria. Occorre tanto al poeta che al narratore la capacità di guardarsi dentro e intorno e di farlo con compassione e insieme con spietatezza, quindi lasciarsi portare dal demone della narrazione. 


Desidero ringraziare il Maestro Pecora per la sua gentile disponibilità e per l’attenzione riservata alle mie domande.



In libreria e sugli store online dal 11 aprile 2025 Neri Pozza


SINOSSI 

Chi può parlare di verità? Della verità che non si dice neanche a sé stessi, quella che qualcuno va a cercare dai curatori dell’anima, impastata di facili bugie, di articolate menzogne. Carlo, Giacomo, Anna, Laura, Lorenzo e gli altri che camminano in queste pagine, e per un poco le abitano, le loro verità invece vanno raccontandole, a noi e fra loro, facendone un teatro. Parlano delle loro giornate, di assilli, di ritorni, di assenze. Raccontano, si raccontano. Perché la vita, quella in cui si muovono vigili e inquieti, non basta. Così va narrata, anche nell’imprecisione. Con il risultato di fornire a chi ascolta mappe intricate di percorsi, in gran parte inesplorabili, tanto che all’uno e all’altro, chi racconta e chi ascolta, restano in dono particelle di un corpo sconosciuto. Forse per questo continuano a cercarsi, ad ascoltarsi, e quel che è prima parso intricato, confuso, si fa più chiaro, sicuro: fino al piacere di consegnare, di consegnarsi. E nell’età della scontentezza e dell’ansia, dove la solitudine è tacitata dal frastuono, forse un’ultima speranza di salute può venire dal sapersi uguali nel raggiro, compagni nella confidenza. Come munirsi di una mappa, e per quella aggirare la paura di smarrirsi, forse di condividere.


COSA NE PENSO

In queste pagine si cammina, sì, ma non con i piedi: si avanza con l’anima, a piccoli passi, dentro vite che non ci appartengono e che pure, misteriosamente, ci somigliano. Carlo, Giacomo, Anna, Laura, Lorenzo e gli altri , figure appena accennate o profondamente indagate  abitano il libro come si abita un sogno condiviso, uno di quelli da cui ci si sveglia con una domanda in più e qualche certezza in meno.
La scrittura, intessuta di cura e verità, non si accontenta del reale. Lo interroga, lo scava, lo traduce in parola narrante. I personaggi non fanno che raccontarsi, e nel farlo costruiscono un teatro dell’anima, un palcoscenico fragile e prezioso dove ogni gesto ha il peso di una confessione. Parlano di giorni che si assomigliano, di ritorni attesi o solo immaginati, di assenze che fanno più rumore delle presenze. Ma è proprio in questo continuo rivelarsi che si apre un varco: la narrazione si fa cura, il racconto diventa rifugio.
Ho letto queste pagine con un senso di gratitudine crescente, come si ascolta una voce che non alza mai il tono, eppure ti arriva addosso come una folata piena. L’imprecisione, lungi dall’essere un difetto, è qui un gesto d’amore verso la complessità umana. Non si cerca la perfezione, ma l’autenticità: quella che ci disarma e ci rende veri.
E così, tra intrecci e confessioni, ci si ritrova ad accogliere una nuova consapevolezza: che siamo tutti, in fondo, esploratori di mappe interiori, in gran parte ignote. E il racconto  questo racconto ci tende la mano e ci accompagna a decifrarle. Non si esce indenni da questo libro, ed è un bene. Perché c’è un momento, durante la lettura, in cui si sente con chiarezza il passaggio: da spettatori a partecipi, da lettori a testimoni.

«Bisogna badare all' essenziale».

In conclusione, lo consiglio a chi cerca nella letteratura un luogo di incontro, non di evasione. A chi, stanco della superficialità del rumore, desidera finalmente ascoltare. Perché forse, come suggerisce l’autore, la vera speranza sta proprio qui: nel riconoscerci compagni, fragili e veri, dentro una narrazione condivisa.Leggetelo. Rileggiamolo. Buona lettura!


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14 maggio 2025

CONOSCIAMO ROSITA MANUGUERRA AUTRICE DEL LIBRO “MALANIMA”



Bentrovati amici lettori,

L'ospite di oggi è Rosita Manuguerra.
Rosita è cresciuta a Favignana, un’isola nell’isola dove ha imparato che, tra il dire e il fare, c’è davvero di mezzo il mare. Quando era piccola qualcuno le ha suggerito che il modo migliore per ritrovarsi è scrivere. Da allora, e dopo una lunga parentesi a Torino e la formazione alla Scuola Holden, racconta storie. Malanima è il suo primo romanzo.

D. QUANDO È NATA IN TE LA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Nasco come lettrice. Da piccola leggevo di tutto da che ho imparato a farlo. A Favignana ai tempi c’era solo una piccola edicola, dove arrivavano fumetti e pochi bestseller. Centellinavo i soldi della paghetta e compravo i libri più voluminosi, così che durassero di più. Proprio per questa passione per la lettura, a un certo punto qualcuno, forse una maestra, mi chiese perché non scrivessi io. Mi sembrò bizzarro, per me non erano due cose consequenziali. Ma da allora iniziai a leggere smontando i libri, per capire com’erano fatti. E cominciai a scrivere.

D. C'È  UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE TI HA ISPIRATA PER “MALANIMA”?

R. Non uno. Direi piuttosto che in “Malanima” sono confluiti tanti piccoli frammenti di cose ho vissuto, osservato, sentito. Che, messi su pagina, hanno iniziato a vivere di vita propria, sorprendendomi.

D. A QUALE DEI PERSONAGGI DA TE SCRITTI IN QUEST'OPERA SEI PIÙ LEGATA?

R. Sono legata a tutti i personaggi in modo diverso perché ognuno di loro rimanda per me a qualcosa: alcuni al momento in cui sono stati scritti, altri a un’azione che hanno compito e mi ha stupita. Ma se dovessi sceglierne tre su tutti sarebbero il pescatore Nunzio, la magara Amalia e Nietta, la zia di Mia. Quanto alle due protagoniste, Mia e Marina, le amo in un modo tutto mio che non contempla competizioni con altri personaggi.

D. RIASSUMI IN POCHE PAROLE COSA HA SIGNIFICATO PER TE SCRIVERE QUESTO LIBRO?

R. Scrivere questo libro ha significato per me iniziare un percorso di crescita interiore che prosegue tuttora. Riuscire a imprimere su carta l’istinto ad andare e quello a tornare nella mia piccola isola e questo Malanima (sì, al maschile) che ho sempre visto negli occhi di tanti isolani e anche in quelli di chi dell’isola si era innamorato per qualche motivo. Nella finzione del romanzo il Malanima è il sentimento, anzi, più il malanno, che affligge chi sente di trovarsi in un posto in cui non dovrebbe stare. Questo posto non è necessariamente un luogo geografico, ma più una fase di vita nella quale ci forziamo perché la percepiamo senza via d’uscita. Scrivere questo romanzo mi ha aiutata a comprendermi meglio, ed è incredibile come si possa riuscire a farlo tramite un’opera di finzione.

D. COSA SI PROVA A VEDERE IL PROPRIO ROMANZO PRENDERE CORPO E DIVENTARE LIBRO?

R. È indescrivibile. Non credo che mi abituerò mai. La prima volta che l’ho visto ero a Milano in casa editrice. Anche avendolo fra le mani non sono riuscita a convincermi che fosse reale.

D. C'È UN LIBRO DI UN ALTRO AUTORE CHE VORRESTI AVER SCRITTO TU?

R. “Fuochi fiammanti a un’hora di notte” di Ermanno Rea. Non avrei potuto scriverlo io, ma mi ha dato una direzione a cui aspirare. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Continuare a leggere, a scrivere. Viaggiare, respirare vita. Crescere. 

Ringrazio Rosita per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande


In libreria e sugli store online dal 8 aprile 2025 Feltrinelli Editore


SINOSSI

Sull’isola non tutti vanno e vengono allo stesso modo. Ci sono quelli che arrivano con il sole di maggio e ripartono con le prime piogge di settembre. C’è chi fa avanti e indietro ogni giorno, senza più chiedersi a quale riva appartenga davvero. E poi ci sono quelli che, messi dalla vita davanti a un bivio, hanno dovuto scegliere se restare o imbarcarsi per una partenza che può valere un addio. Entrambe le scelte lasciano un segno invisibile e profondo. Mia lo ha imparato da bambina attraverso la storia della sua famiglia – la madre Teresa è rimasta, nella convinzione che l’isola fosse l’unica realtà possibile, mentre la zia Nietta è andata via appena ha potuto – e continua a vivere questi conflitti da adolescente insieme a Giulia, Anna e Nello, gli amici di sempre. Adesso però a portare scompiglio è arrivata Marina, la ragazza di città che non se ne andrà con le piogge di settembre. Così diversa e a tratti scostante, Marina attira su di sé sentimenti contrastanti: dalla curiosità al disprezzo, dall’attrazione all’invidia. Mia, invece, in lei vede soprattutto il fascino di chi proviene da un altrove lontano. Eppure Marina si trascina dietro legami ancestrali – sua madre Lia è legata a filo doppio con l’isola da un trauma e dall’antica amicizia con Teresa – e sembra destinata a riportare a galla segreti inconfessabili. 


COSA NE PENSO

La malanima del cuore corrisponde al canto antico del mare, tanto esso è più profondo tanto la malinconia assale gli isolani del romanzo Malanima.
Amo le storie di formazione che percorrono intere vite e qui di vita c'è ne sono tante.
Marina, Mia,Aldo,Nello,Anna, Giulia, Totò.
L'adolescenza non è mai stata facile per nessuno, soprattutto per questi ragazzi che vivono in un' isola. Il mare è tutto ciò che conoscono e adesso devono fare i conti con una nuova realtà. I cambiamenti sono dietro l'angolo per ciascuno di loro, i sogni di Mia sono in bilico, l'amicizia con Marina subisce fasi altalenanti e anche le sue vecchie conoscenze vacillano e rischiano di finire.
Un passato che torna imperterrito a minacciare il presente di Marina.

«Il patto fra noi era che io quelle ferite non le guardassi,non le nominassi, fingessi che non esistevano. Se invece ne avessi parlato,lei sarebbe scappata via da me come acqua fra le mani.»

Molte domande, poche risposte, nel passato di Marina,un' anima inquieta che si aggira tra le cave di tufo dei suoi antenati. Bel personaggio, davvero!
In conclusione, Malanima è una storia ben strutturata. I colpi di scena sparsi qua e là,  accompagnano il lettore alla scoperta di segreti sorprendenti, scrittura scorrevolissima. Dal mio punto di vista, il messaggio che l'autrice vuole fare arrivare ai suoi lettori riguarda il cambiamento interiore in ognuno di noi, l’anima muta le sue corrispondenze relazionali che ci piaccia o no. Un libro che mi ha pienamente soddisfatta! Consigliato.Buona lettura.


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