INTERVISTA A CARMEN TRIGIANTE

Cari lettrici e lettori,

Eccomi con una intervista.
La protagonista di questa volta è Carmen Trigiante, un artista a tutto tondo, sceneggiatrice e regista di webseries, pittrice, scrittrice.
I suoi ultimi romanzi sono:
“Tornano ad ardere le favole”, 
“La prigione delle favole sole.”
Per maggiori informazioni sulle sue opere letterarie Cliccate qui


D: CARMEN, TU SEI UNA SCENEGGIATRICE, TI OCCUPI DELLA REGIA DI WEBSERIES SU TEMI SOCIALI E ANIMALISTI, IN COLLABORAZIONE CON IMPORTANTI MAGAZINE CULTURALI. PER TE COSA SIGNIFICA SCRIVERE UN LIBRO? 
    
R: La sceneggiatura è soggetta a molti condizionamenti, la maggior parte dei quali sono dettati dalle logiche commerciali, che di certo fanno marketing, ma poca arte. Il risultato finale che vediamo sul grande schermo, inoltre, è frutto della collaborazione e manipolazione di molti agenti, tra cui regista, attori, costumisti, direttori delle luci e perfino maestranze. Tutto ciò condiziona la libertà espressiva dello sceneggiatore e spesso ne stravolge il lavoro, invalidandolo. 
Un libro, invece, è pura creatività. È il passo felpato dell’autore che si cala in una vita non sua, è la piena risultante delle emozioni che la penna ha scelto di incidere su foglio. Questa è la ragione per cui ho voluto pubblicare i miei romanzi in self publishing, curandone l’editing, la correzione di bozze, perfino la grafica e la copertina, perché fosse frutto solo delle mie ricerche, dei miei sconvolgimenti interiori, e di null’altro. 
    
   
D: QUALI SONO GLI INGREDIENTI NECESSARI PERCHÉ UNA STORIA MERITI DI ESSERE RACCONTATA? 
    
R: La forza emozionale. Il personaggio, secondo me, viene prima della storia. È il protagonista che crea o subisce gli eventi, che li vive e li fa vivere al lettore. Senza un protagonista che abbia una veemente emotività da trasmettere, non c’è arte. 
    
   
D: DOVE TROVI L’ISPIRAZIONE PER I TUOI LIBRI? 
    
R: Nella vita di tutti i giorni, miscelata coi miei studi di filosofia e psicologia. Mi piace osservare la gente, comprendere la ratio delle sue scelte e le dinamiche inconsce che sottendono alle stesse. Molte di queste osservazioni diventano materiale per i miei romanzi. 
    
   
D: COME NASCE “LA PRIGIONE DELLE FAVOLE SOLE”? 
    
R: Nasce molti anni fa, dalla mia esperienza dolorosa di sceneggiatrice. Vivevo in un mondo popolato di gente impegnata a spegnere i sogni altrui, prima di edificare i propri. Sentivo sulla pelle la mia inadeguatezza a quel mondo subdolo di compromessi, soprusi e lacrime silenziose, e la necessità di affrancarmi. Così è nata la mia attività itinerante artistico -culturale, che oggi è il cuore pulsante delle mie passioni e che mi garantisce la massima libertà espressiva e di movimento. Con essa, è nato il coraggio di ultimare e pubblicare quel lavoro iniziato in una vita buia, un lavoro che mi ha regalato immense soddisfazioni di pubblico e di critica, essendo stato best seller di categoria per mesi. Era, tuttavia, un lavoro incompiuto, una strada percorsa a metà, quindi, a fine agosto, ho pubblicato il sequel “Tornano ad ardere le Favole”. 
Protagonista sempre Maya Desìo, che, persa la divisa di commissario di polizia per l’atroce parricidio, riacquista la libertà con sentenza di “temporanea infermità mentale”, ma non ha ancora trovato la vera libertà, che è quella del cuore. Quando sua sorella, giornalista freelance lance, scompare, Maya deve tornare a Bari “madre snaturata che l’aveva partorita in quei vicoli dove vanno a pisciare i cani e i barboni”,affrontare i suoi terribili fantasmi e la sua relazione irrefrenabile col suo amore impossibile, mentre cerca di dipanare la matassa di una losca vicenda, che ingurgita donne nelle fauci di un pericoloso “Minitauro”. 
    
    
D: NELLA TUA PRODUZIONE LETTERARIA SEI MOLTO ATTENTA ALLE TEMATICHE LEGATE AI DISTURBI DELLA PERSONALITA’. COSA TI AFFASCINA DI QUEST’ARGOMENTO? 
    
R: Nessuno di noi ne è immune. Ognuno vive il conflitto interiore, nel quale, talvolta, l’inconscio prende il sopravvento al punto di creare uno squilibrio evidente. Ti rispondo, perciò, con la frase di un mio romanzo: 
    
“Un ‘Tu sei pazza’ che rigirava nelle budella avvelenate. Che rintronava in testa, come se fosse stato detto mille volte. Un sospetto avvinghiato alle membra fragili delle sensazioni, subdolo, onnipresente e asfissiante, che in passato l’aveva portata ad approfondire con accanimento la psicanalisi, nella speranza che la conoscenza arginasse il conclamarsi della paranoia. Ma cos’è il pazzo, se non uno spirito libero? Cos’è la nostra millantata normalità se non un gradino instabile, nella scala della follia che ci ingloba tutti?” 
    
    
D: UN LIBRO CHE NON TI STANCHERAI MAI DI RILEGGERE? 
    
R: “Lettera sulla felicità”, di Epicuro. “Il disagio nella civiltà”, di Freud. Entrambi sul mio comodino da sempre. 
    
    
D: PROGETTI PER IL FUTURO? 
    
R: Continuare a esprimere me stessa e, soprattutto, cercare di fornire un piccolo contributo culturale ad una evoluzione positiva di dinamiche purtroppo ancora presenti nel mondo. Nell’ultimo romanzo ho avuto l’immenso onore di ricevere un contributo emozionale da parte di Carlo Maurizio Rositani, straordinario poeta, la cui figlia, Maria Antonietta, ha subito due anni fa una vergognosa violenza da parte dell’ex marito, che le ha dato fuoco. Contro tutto ciò voglio continuare a lottare, affinché si possa giungere un giorno a sfiorare quella “Pace perpetua” che Kant auspicava secoli addietro, non solo tra Stati, ma tra sessi, popoli e culture. Tra umano e non umano, soprattutto, base per un nuovo modo di concepire la vita. 


Intervista a cura di C.L

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