27 giugno 2024

INTERVISTA A SAMUEL BURR AUTORE DEL LIBRO: LA COMPAGNIA DEGLI ENIGMISTI



Cari lettori, 

l’ospite di oggi è Samuel Burr. Samuel ha studiato alla Westminster Film School e lavora come autore e dirigente televisivo. Ha sviluppato e prodotto programmi molto popolari nel Regno Unito.
L’idea per La Compagnia degli enigmisti è nata in seguito ad un documentario all'età di diciannove anni, girato in una casa di riposo che ha lanciato la sua carriera. Ancor prima della pubblicazione il romanzo, in corso di traduzione in 15 paesi, ha scatenato una corsa tra 15 agenzie letterarie che si sono battute per rappresentarlo. La compagnia degli enigmisti in libreria e sugli store online da maggio 2024 Longanesi

Note personali: Lettura scorrevolissima, i lettori sono invitati a partecipare attivamente alla risoluzione del mistero tra enigmi e soluzioni. Piace soprattutto per i personaggi e la scrittura semplice. Bello il finale!

D. COM'È NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. Ho lavorato come produttore in programmi TV dopo più di 10 anni nel settore, ho iniziato ad avere il desiderio di dare vita a una storia tutta mia senza il bisogno di avere il permesso di nessun capo per poter realizzare questo mio desiderio, cosa invece assolutamente necessaria nel mio lavoro in televisione.
Infatti, ciò che mi affascinava della scrittura di romanzi – almeno all’inizio – era che non richiedeva che chiedessi il permesso a nessuno per realizzarlo. Non avevo bisogno di un budget da un milione di sterline. Non avevo nemmeno bisogno che qualcuno approvasse l’idea. Dovevo solo prendere carta e penna e scriverlo.

D. QUAL È LA PARTE PIU’INTERESSANTE NELL'ESSERE UNO SCRITTORE?

R. È immensamente emozionante e allo stesso tempo terrificante condividere il tuo romanzo d'esordio con il mondo. Una delle cose che preferisco è vedere come i lettori si approcciano alla storia, e capire chi sono i loro personaggi e le loro scene preferite, quali battute hanno sottolineato come particolarmente pertinenti e cosa hanno preso dal libro. La settimana scorsa ho ricevuto un messaggio meraviglioso da una lettrice diceva che il libro le ha insegnato a essere più aperta a creare legami con gli estranei e le ha ricordato quanto sia importante sorridere alle persone per strada. Ricevere messaggi come questo ripaga tutto il duro lavoro!

D. DOVE HAI PRESO L'IDEA O LO SPUNTO PER “LA COMPAGNIA DEGLI ENIGMISTI”?

R. Come la maggior parte dei romanzi, è difficile individuare una singola idea, persona o storia che abbia ispirato il libro. Ma c’è stato un momento particolarmente significativo. A diciannove anni ho realizzato un documentario all'interno di una casa di riposo per anziani insieme ad un mio amico. È stata un'esperienza affascinante, anche perché a diciotto anni eravamo completamente sfiniti dalla loro frenetica vita sociale. C'era qualcosa di intrinsecamente divertente nell'idea di una coppia di adolescenti in quel posto, eravamo entrambi interiormente più vecchi  rispetto a queste persone con cui vivevamo accanto.
Penso di essere sempre stato un ragazzo particolarmente profondo, se devo essere sincero. Probabilmente è da lì che viene il personaggio di Clay…!


D. QUAL È STATO IL “FEEDBACK” DA PARTE DEI LETTORI?

R. Mi è piaciuto sentire come i lettori si sono affezionati a “La compagnia degli enigmisti”, ai suoi personaggi e ai temi affrontati. Ho ricevuto diversi commenti da lettori che affermavano come si identificassero con la missione di Clayton e come, essendo qualcuno che ha lottato per "adattarsi" per tutta la vita, ciò abbia ricordato loro che a volte trovare il proprio posto nel mondo è il puzzle più grande di tutti. Se i viaggi di Pippa e Clay possono insegnarci qualcosa, è che siamo tutti capaci di fare qualcosa di straordinario, per costruire un grande futuro per noi stessi. Abbiamo solo bisogno della convinzione e delle persone giuste accanto a noi per arrivare dove vogliamo essere, per trovare i nostri pezzi mancanti. Se il mio passato mi ha insegnato qualcosa, è che la vita stessa è un grande puzzle... e tutti stiamo solo cercando i pezzi mancanti, qualunque cosa ci faccia sentire completi nel grande cruciverba della vita. Scrivere questo libro per me è stato un momento importante. 
È stato incredibile vedere la reazione scaturita da questo libro e spero che induca i lettori a pensare a cosa e come potrebbero ottenere nella loro vita.

D. COSA TI PIACE FARE QUANDO NON SCRIVI? 

R. Amo le storie in ogni sua forma, quindi quando non scrivo probabilmente guardo un film o una serie TV, altrimenti coccolo la mia gatta Muriel, faccio lunghe passeggiate in campagna con il mio compagno, cucino piatti deliziosi e, soprattutto, leggo un sacco di libri!

D. PARLACI DELLE INFLUENZE LETTERARIE CHE HAI AVUTO, DEGLI SCRITTORI CHE AMI.

R. Il libro a cui sono tanto affezionato è  “We All Want Impossible Things” di Catherine Newman. Apparentemente può sembrare un libro sulla morte, eppure è anche uno dei libri più divertenti che abbia mai letto. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO? 

R. Sono felice di avere l’opportunità di scrivere un secondo libro, non è il continuo di “La compagnia degli enigmisti.”
Anche se non posso dire molto per il momento spero che chiunque abbia letto e apprezzato “La compagnia degli enigmisti” apprezzerà anche questo mio secondo libro. È un’altra storia misteriosa e con dei personaggi colorati ed eccentrici. 
Questo è tutto quello che posso dirvi per adesso!

Ringrazio Samuel Burr per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.



SINOSSI 

In una magione del Bedfordshire che ha visto giorni migliori, di proprietà della celebre enigmista Philippa Allsbrook, un eccentrico gruppo composto da sciaradisti e sciaradiste, creatori e creatrici di rebus e labirinti, enigmisti ed enigmiste per lo più ottuagenari trascorre la propria esistenza ideando e risolvendo rompicapi. Le loro menti sono le più acute e affinate d'Inghilterra, eppure c'è un segreto che nemmeno i soci della Compagnia conoscono, un segreto che Philippa, sul letto di morte, affida a Clayton Stumper, il giovane uomo che lei stessa, un giorno di venticinque anni prima, ha trovato abbandonato in fasce fuori dalla porta della villa. Clay, allevato dai più brillanti geni del secolo scorso, si veste come un uomo d'altri tempi, beve sherry e non sa niente delle proprie origini. Ma, forse, il fitto mistero che ammanta il suo passato può trovare una soluzione grazie alla curiosa scatola che Philippa gli ha lasciato in eredità. Aiutato dalla bislacca quanto astuta Compagnia, Clayton (e con lui il lettore) cercherà di decifrare gli indizi contenuti nel cofanetto in un viaggio fra labirinti e rompicapi che, forse, lo porteranno a sciogliere l'enigma più difficile di tutti, quello che riguarda chi siamo veramente.


Intervista a cura di C.L

© Riproduzione riservata 

24 giugno 2024

RECENSIONE DEL LIBRO: “UNA FEROCE LIBERTÀ” DI ANNICK COJEAN





In libreria e sugli store online dal 21 maggio 2024 fveeditori


NOTE SULL' AUTRICE 

Annick Cojean Reporter a "Le Monde", vincitrice del prestigioso premio Albert-Londres, il Pulitzer francese. Il suo libro-inchiesta "Le prede. Nell'harem di Gheddafi" (Piemme, 2013), in classifica in Francia per settimane, è un bestseller internazionale in corso di pubblicazione in sette paesi. Per scriverlo l'autrice è andata in Libia, sfidando ostracismo e tabù.


SINOSSI 

Gisèle Halimi (1927 – 2020) è stata un’avvocata, scrittrice e deputata francese di origini tunisine. Con alcuni processi passati alla Storia, ha impresso una fondamentale spinta alle lotte per i diritti civili. Nel 1971 ha fondato insieme a Simone de Beauvoir il movimento Choisir la cause des femmes. Gisèle fu sempre sostenuta da un gruppo di intellettuali e amici fra i quali Henry Cartier-Bresson, che la seguiva ovunque, con la sua piccola Leica in mano. Dominique, la terza moglie di Pablo Neruda, fu sua intima amica: ‘Pablito’ la chiamava “la bella donna dagli occhi tristi”. Halimi stimò molto Noam Chomsky, linguista e intellettuale, “così libero nelle sue denunce ai discorsi ufficiali”. Romain Gary, di cui fu anche l’avvocata nell’affare Ajar, la affascinò. “Amo le persone come lui,” diceva: “libere e infuocate”.

Nel novembre 1972, nell’aula del tribunale di Bobigny, Gisèle Halimi difendeva Marie-Claire Chevalier e la madre: la prima accusata dal suo stupratore per aver interrotto illegalmente la gravidanza, la seconda per aver aiutato la minorenne a disporre liberamente del suo corpo. Fra insulti, brutale misoginia e le urla di supporto delle altre sorelle in piazza, si chiudeva uno storico processo che avrebbe aperto le porte, pochi anni dopo, alla legge Veil. La più irrispettosa delle avvocate, ancora una volta, era riuscita ad infiammare l’opinione pubblica, puntando il dito contro gli abusi machisti e le leggi antiquate. Come aveva già fatto con le partigiane torturate durante la guerra di indipendenza algerina, come avrebbe continuato a fare per la libertà dei più deboli ed emarginati. Dando un lampante esempio di disubbidienza civile e innaffiando di linfa vitale il movimento femminista del vecchio continente.

COSA NE PENSO 

Un libro intervista davvero appassionante esattamente come la sua protagonista Gisèle Halimi.
Lo ammetto Gisèle è stata una grande scoperta per me, non conoscevo in maniera così minuziosa la sua vita, le sue scelte,il percorso da lei intrapreso per arrivare a salvare più vite possibili dalla pena di morte nei paesi dell' africa del nord soprattutto in Tunisia suo paese d'origine e l' Algeria.
Una vita per i diritti civili, dalle battaglie su aborto e stupro, alle lotte in Parlamento. Legale e amica di Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre.
Con Simone de Beauvoir fondò il movimento femminista «Choisir la cause des femmes» che si occupava di educazione sessuale e si batteva per l'aborto libero. L'azione legale di Halimi nel 1972 fu all'origine del processo di Bobigny, che contribuì a debellare in Francia la legge repressiva contro l'aborto e divenne punto forte nella campagna per il libero uso dei contraccettivi.Halimi appoggiò il Front de Libération Nationale in Algeria e divenne una militante della rivolta antifrancese per l'indipendenza. 
Una donna a cui ispirarsi.

«Signor Presidente,signori della corte,oggi sono in possesso di un raro privilegio. Provo la pienezza di un perfetto accordo tra il mio mestiere che è quello di difendere e la mia condizione di donna. Mai così tanto prima d'ora mi sono sentita allo stesso tempo l'imputata dietro la sbarra e l'avvocata al leggio.»
(Dal processo di Bobigny 1972)

In conclusione, Essere femministi oggi è un valore di tutti, non appartiene solo all’uomo o solo alla donna, ma esprime un’esigenza umana fondamentale: il bisogno per cui non nessuno venga giudicato in base al sesso, ma per come pensa e agisce, facendo in modo che lo spazio e le opportunità siano le stesse per tutti. Il femminismo riguarda tutti, non è solo una questione femminile, e serve a rendere il mondo un luogo migliore, per tutti, in cui vivere. 
Un libro che si legge tutto d'un fiato. Consigliato! Buona lettura.


Caterina Lucido © Riproduzione riservata


12 giugno 2024

RECENSIONE DEL LIBRO: “IL PRIMO SOLE DELL' ESTATE” DI DANIELA RAIMONDI



In libreria e sugli store online dal 23 maggio 2023 Nord editore

NOTE SULL'AUTRICE

Daniela Raimondi è nata in provincia di Mantova e ha trascorso la maggior parte della sua vita in Inghilterra. Ora si divide tra Londra e la Sardegna.
Ha pubblicato dieci libri di poesia che hanno ottenuto importanti riconoscimenti nazionali. Suoi racconti sono presenti in antologie e riviste letterarie. Dopo il successo della Casa sull’argine, Il primo sole dell’estate è il suo secondo romanzo.
Qui l'intervista all'autrice nel 2020.

SINOSSI 

È una casa fredda, quella in cui cresce Norma, in cui i genitori non si separano per quieto vivere e gli abbracci si contano sulle dita di una mano. Forse è per questo che, quando Norma è lontana dalla famiglia, tutto le sembra più bello. Come le estati passate dai nonni, a Stellata, un paesino in cui il tempo sembra essersi fermato ed è reso ancora più magico dai racconti di nonna Neve, che parlano di una famiglia di sognatori e di sensitivi e della zingara che ha segnato la loro strada. E poi, sempre a Stellata, c’è Elia, compagno di giochi e di confidenze. Tuttavia, quando l’infanzia cede il posto all’adolescenza, Norma scopre di avere paura dei nuovi sentimenti che la legano a Elia e decide di interrompere la loro amicizia. Passeranno molti anni prima che i due si ritrovino a Londra e il loro rapporto si trasformi in un amore adulto e totalizzante, ma il destino sta scrivendo per lei un’altra pagina, una pagina che è incominciata a Stellata e finirà molto lontano, in Brasile. Perché i sogni hanno sempre un prezzo e la felicità è un dono che si conquista attraverso la fatica.

COSA NE PENSO 

Il primo sole dell' estate è un romanzo avvincente e intenso. 
Daniela Raimondi scava a fondo nel cuore dei suoi personaggi, mostrandone luci e ombre, sofferenza e rinascita.La scrittura lieve e delicata della autrice, ci riporta nuovamente a Stellata dove tutto ebbe origine nella “La casa sull' argine”. Sarà presente ancora una volta Vollka , il suo spirito gitano infatti, aleggia nelle vite dei suoi successori insieme a quello della ribelle Donata.
Dei personaggi principali che ci hanno tenuto compagnia nel capitolo iniziale troviamo la dolce Neve, Radames, Elsa e la Zena, insieme ai gemelli Guido e Dolfo, ormai adulti e padri di famiglia alle prese con delle scelte ben precise che cambieranno il corso delle loro vite.
E poi, Norma bambina e poi donna alle prese con gioie e abbandoni che la segneranno significativamente per buona parte della sua vita.

«Norma non aveva mai sospettato nulla. C'erano stati particolari che avrebbero dovuto tenerla in guardia,ma non c'è nulla di più facile che ingannare chi ha piena fiducia in te.»

Un personaggio bizzarro e libero nelle sue convinzioni è sicuramente Elia, lo si odia o lo si ama, a seconda del momento che lo vede protagonista.
In conclusione, anche stavolta i personaggi saranno convincenti e mai scontati. I messaggi predominanti di “Il primo sole dell' estate” sono la morte, colei che lascia un dolore che nessuno può curare.Ma l'amore lascia ricordi che nessuno può cancellare e il rapporto conflittuale tra genitori e figli.
Per chi è in cerca di una saga familiare originale e sorprendente, ve lo consiglio. Buona lettura!



Recensione a cura di C.L

© Riproduzione riservata 

06 giugno 2024

CONOSCIAMO SELBY WYNN SCHWARTZ, AUTRICE DEL LIBRO “LE FIGLIE DI SAFFO”.





Miei cari lettori, l'ospite di oggi è Selby Wynn Schwartz ha conseguito un dottorato in letteratura comparata presso l’Università della California-Berkeley. Le figlie di Saffo è il suo romanzo d’esordio in libreria e sugli store online dal 5 marzo 2024 Garzanti
Note personali: Una penna appassionata e appassionante quella di Selby Wynn Schwart. Lettura consigliata!

D. CHI È SELBY?

R. Sono soprattutto una lettrice accanita. D’origine sono una californiana (lì sono nata e cresciuta), più recentemente sono un’ammiratrice dei tenerumi palermitani—e sono fiera di far parte del movimento transfemminista Non Una di Meno.

D.DA QUALE IDEA, SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, È NATO IL TUO ROMANZO “ LE FIGLIE DI SAFFO”?

R. A parte Saffo stessa—oppure la traduzione bellissima dei suoi frammenti firmata da Anne Carson, If Not Winter —l’ispirazione è arrivata dalla scoperta della figura di Lina Poletti: femminista, scrittrice, studiosa, spirito libero, donna queer. Dopo aver letto Gli occhi eroici di Alessandra Cenni, in cui si parla dei rapporti di Lina Poletti con Sibilla Aleramo e Eleonora Duse, mi sono un po’ innamorata della figura di Lina. Avrei voluto che ci fosse un archivio dedicato a lei, ma purtroppo non esiste. (Però voglio menzionare gli sforzi dello studioso Jessy Simonini per trovarne le tracce) Quindi mi sono detta: “se desidero che esista un archivio della storia di Lina, se desidero che ci sia un racconto per onorare la sua vita—dandole anche più di una vita—magari dovrei crearlo io.” Allora ho cominciato a fantasticare una vita per Lina, con cerchi intrecciati di donne intorno a lei, e con poesia e politica per riempire le mancanze storiche. 

D. IL TUO LIBRO HA SUBITO CAMBIAMENTI SIGNIFICATIVI RISPETTO ALLA PRIMA STESURA?

R. Grazie all’intuizione e visione e dedizione e sensibilità di Elly Millar e Sam Jordison della Galley Beggar Press (UK) ,sì, e io glene sono riconoscentissima. Loro riuscivano a vedere quello che questo libro sarebbe potuto diventare, e mi hanno aiutato ad ogni passo per raggiungere quella potenzialità. 

D. QUAL È STATA LA SCENA PIÙ DIFFICILE? PERCHÉ?

R. Sono sempre serena quando comincio a scrivere un libro, sento la leggerezza delle possibilità. Verso la fine, invece, quando le scelte già fatte diventano inevitabilmente una costrizione per quello che potrebbe ancora succedere, ho più difficoltà. 

D. PARLACI DELLE INFLUENZE LETTERARIE CHE HAI AVUTO, DEGLI SCRITTORI CHE AMI.

R. Ho letto Virginia Woolf quando ero molto giovane; la sua scrittura ha aperto una finestra nella mia visione monolitica di cosa dovrebbe essere un romanzo, un saggio, o una biografia. Il suo Orlando è stato un modello per il mio Le figlie di Sappho: tante vite; l’ironia e l’amore insieme; la possibilità di cambiare tutto—incluso il genere—in uno spirito di avventura e libertà. Amo le scrittrici che creano dei libri che io non sarei capace di concepire, come Dionne Brand in The Blue Clerk: Ars Poetica in 59 Versos.

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE... CHE VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R. Vorrei dare spazio ai collettivi, agli spazi, e alle iniziative che mi ispirano, da Maldusa alla Feminist Autonomous Centre for Research alla Libreria Tuba. Sosteniamo le collettività che sostengono i nostri sogni! 

D. PROGETTI E SOGNI?

R. Sono felicissima di aver ricevuto un Rome Prize in Literature dall’American Academy in Rome, grazie a questo premio potrò scrivere il mio prossimo libro… 

Ringrazio Selby Wynn Schwart per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.





SINOSSI 

Viviamo… l'opposto… con audacia. «La nostra prima iniziativa fu quella di cambiarci il nome. Saremmo diventate Saffo.» Ci facciamo chiamare così perché vogliamo essere libere e indipendenti. Vogliamo avere idee e prospettive. Vogliamo essere attrici, scrittrici, o qualunque cosa scelgano i nostri sogni. Vogliamo avere speranze e infinite possibilità. Vogliamo essere e sentirci donne nel modo in cui piace a noi e a nessun altro. Ma non sempre è possibile. Molte volte, ci obbligano a sottostare al volere degli altri. Molte volte, altri prendono le decisioni al posto nostro. Molte volte, siamo costrette a sposarci, a essere madri, a essere docili, a essere belle come dicono loro, a dire sempre di sì. Ed è allora che decidiamo di resistere, di lottare, di ribellarci. Siamo Lina Poletti, Virginia Woolf, Natalie Barney, Romaine Brooks, Sarah Bernhardt, Isadora Duncan, Nancy Cunard, Gertrude Stein e Radclyffe Hall. Siamo qui a dirvi cosa vuol dire essere donna quando non hai una voce. Quando soffocano la tua voce. Siamo qui a dirvi che un futuro diverso è possibile. Siamo qui a dirvi che per viverlo bisogna lottare, ieri come oggi.


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14 maggio 2024

RECENSIONE DEL LIBRO: CUORE NASCOSTO DI FERZAN ÖZPETEK






In libreria e sugli store online dal 9 aprile 2024 Mondadori


NOTE SULL’ AUTORE 

Ferzan Ozpetek, regista e sceneggiatore, è nato a Istanbul, ma dal 1976 vive a Roma. Nel 1997 esordisce con Il bagno turco (Hamam), cui seguono Harem Suaré, Le fate ignoranti (che diventa serie televisiva nel 2022), La finestra di fronte, Cuore sacro, Saturno contro, Un giorno perfetto, Mine vaganti, Magnifica presenza, Allacciate le cinture, Rosso Istanbul, Napoli velata, La Dea Fortuna, Nuovo Olimpo. Nel 2020 firma la regia teatrale di Mine vaganti e nel 2024 quella di Magnifica presenza. Del 2021 è Ferzaneide, in cui racconta in teatro i ricordi, le suggestioni e le figure umane che hanno ispirato i suoi film. Ha inoltre diretto, con grande successo di critica e pubblico, Aida, Traviata e Madame Butterfly. Ha vinto i più importanti premi e riconoscimenti cinematografici e nel 2008 il MoMA di New York gli ha dedicato una retrospettiva. Per Mondadori ha pubblicato i bestseller Rosso Istanbul (2013), Sei la mia vita (2015) e Come un respiro (2020).

SINOSSI 

Sicilia, agosto 1978. Alice ha appena sei anni quando una donna elegante e un po’ eccentrica si presenta a sorpresa a casa dei suoi genitori a Polizzi. È «zia» Irene, una parente di cui fino a quel momento non ha mai sentito parlare. Rimasta vedova di un uomo molto ricco e non più risposata, vive a Roma, dove fa l’artista e conduce una vita libera e anticonformista. Alice non lo sa, ma questo incontro segnerà in modo radicale il suo destino.Sarà infatti proprio Irene, imprevedibilmente, a consegnarle dodici anni dopo la chiave che le consentirà di conoscere davvero se stessa e di nutrire il sogno che custodisce fin da piccola: fare l’attrice.Inizia così l’ultima opera narrativa di Ferzan Ozpetek, che ancora una volta trasferisce nelle pagine di un romanzo il suo immaginario potente, colmo di spunti autobiografici e suggestive citazioni di suoi film.Una casa fascinosa nel centro di Roma piena di presenze e memorie del passato, una porta chiusa da troppo tempo, una stupefacente collezione di quadri, un amore appassionato e poi negato, come un cuore nascosto che ha smesso all’improvviso di battere, sono solo alcuni degli elementi di questo romanzo di formazione che è anche un noir dell’anima, una celebrazione del talento e del processo creativo, e un’indagine profonda sul dolore della perdita.Attraverso un sorprendente mosaico di appunti, bozzetti, foto, testimonianze di vita, Irene impartisce ad Alice una sorta di educazione sentimentale mentre la ragazza muove i primi passi nella Roma del 1990, tra l’animato quartiere di Campo de’ Fiori e gli studi cinematografici De Paolis e di Cinecittà, impegnata tra lezioni di recitazione e provini, nuovi amici, incontri pericolosi e amori inattesi. Fino a una rivelazione che cambierà la sua esistenza.Dopo il bestseller Come un respiro, Ozpetek torna a indagare con delicatezza ed empatia i sentimenti femminili mettendo al centro le aspirazioni di due donne intimamente connesse tra loro, nonostante la lontananza nel tempo e nello spazio: una ragazza ancora in cerca della propria identità e una donna che non si arrende al destino. Superando ogni barriera, Alice e Irene non smetteranno mai di parlarsi.

COSA NE PENSO 

«Avverto la tua presenza,che mi ispira e mi sostiene. Ti sento respirare,intercetto i tuoi gesti..»

Cuore nascosto è un libro scorrevole e avvincente senza troppi sentimentalismi e stereotipi ritenuti particolarmente banali in una scrittura romantica.
Sono stata rapita sin dalle primissime battute dal “viaggio" verso l'ignoto di Alice. Così giovane e inesperta, si ritrova in una nuova realtà sostanzialmente non sua, in un mondo in continuo movimento che non aspetta mai nessuno. Folgorante la potenza dell' amore raccontata da Özpetek in questo romanzo. Ciò che maggiormente colpisce in questa storia sono due concetti universali, l' amore e la sofferenza che di per sé sono luoghi comuni nella vita di ognuno di noi, è come parlare di vita e morte a fare la differenza non è il tema, ma il modo in cui lo si racconta. 
In conclusione, Cuore nascosto è una storia commovente, dolce, sorprendente.
Lettura consigliata. Forse uno dei più bei libri letti ultimamente. Buona lettura!

© Riproduzione riservata

07 maggio 2024

“CHIACCHIERATA CON MARINELLA FIUME”






Miei cari lettori, l'ospite di oggi è Marinella Fiume, nata a Noto (Sr), laureata in Lettere classiche, dottore di ricerca in Lingua e Letteratura italiana; già docente di Lettere nei Licei, ha collaborato per un decennio con la “Scuola universitaria di specializzazione per l’insegnamento nelle Superiori” dell’Università di Catania. È stata per due legislature sindaca del Comune di Fiumefreddo di Sicilia (Ct). Tra le sue pubblicazioni: Sibilla arcana. Mariannina Coffa (2000); Celeste Aida Una storia siciliana (2008); la curatela del Dizionario biografico Siciliane (2006) e della raccolta di racconti La memoria dei nonni (2021); Feudo del mare. La stagione delle donne (2010); Sicilia esoterica (2013); Di madre in figlia. Vita di una guaritrice di campagna (2014); La bolgia delle eretiche (2017); Ammagatrìci (2019); Le Ciociare di Capizzi (2020); Strèuse. Strane e straniere in Sicilia (2023). Con Fulvia Toscano è ideatrice e direttrice artistica del Festival “La Sicilia delle donne”.


D. CHI È MARINELLA?

R. Uno spirito inquieto che va dietro tante passioni senza trovare mai un approdo; un’’archeologa’ che scava alla ricerca di donne ingiustamente sottaciute e obliate. 

D. QUANTO TEMPO HAI IMPIEGATO PER LA REALIZZAZIONE DI “DONNE DI CARTA IN SICILIA. ITINERARI SULLE ORME DELLE SCRITTRICI”?

R. Non saprei rispondere, sono una scrittrice compulsiva, non programmo mai, quando il flusso di idee si presenta mi metto di buon buzzo a scrivere senza pensare quanto tempo mi ci vorrà. Mi alzo alle quattro del mattino e a parte piccole pause per il caffè, scrivo ininterrottamente fino alle nove. Quando sono stanca di stare al pc mi sgranchisco per qualche minuto le gambe in giardino in compagnia dei miei fiori e dei miei cani. Ma sono una sedentaria, la domenica è un buon giorno per scrivere a lungo. È stata comunque un’impresa non semplice scrivere quest’ultimi libro, anche perché bisognava incardinare scrittrici e luoghi in percorsi spesso inusuali e coordinare biografie e percorsi in itinerari effettivamente realizzabili. Un lavoro di coordinamento fatto con Fulvia Toscano in occasione del nostro festival ‘La Sicilia delle donne’ attraverso un approccio bottom up («dal basso verso l’alto») alle diverse realtà: singole/i studiose/i, Istituzioni, Fondazioni, Associazioni, che vi hanno preso parte. 

D. CHE SENSAZIONE SI PROVA DOPO AVER SCRITTO UN LIBRO?

R. Come dopo aver partorito, sei sfiancata, ma con i neuroni vigili, finalmente respiri, non ti illudi di aver generato la creatura più bella del mondo, pensi che forse avresti fatto meglio a cambiare quella cosa lì, pensi a quella frase che hai riscritto mille volte e sei pentita di non averla lasciata così come era stata concepita di getto, sei ipercritica insomma, finché non ti getti nell’ambaradan delle presentazioni e delle interviste, anche lì, altra fatica, però talvolta salutare confronto.

D. PARLACI DELLE INFLUENZE LETTERARIE CHE HAI AVUTO, DEGLI SCRITTORI CHE AMI.

R. Sono tanti gli scrittori che amo, soprattutto i Grandi, non i candidati all’ultimo Strega che per lo più mi annoiano, amo le riletture, arrivo alla scrittura dagli studi classici che non ho mai abbandonato, mi hanno formato, hanno creato la struttura linguistica che prima che essere alla base della mia scrittura è alla base della mia testa, sono il logos raziocinante che si oppone al caos, al non-sense di tanta ‘modernità’ e di tanto mercato. Io non capisco come si possa scrivere non dico un romanzo, ma anche solo due parole senza tale fondamento... Al di là di quei classici la mia scrittrice preferita è Marguerite Yourcenar, anche lei un classico ormai; ne rimasi fulminata da ragazza e credo che la ragione sia sempre la stessa: il suo non dire mai cose scontate e finte ma sempre cose necessarie sotto qualunque latitudine, la sua profondità, insomma, cui non è estraneo il suo rapporto con la letteratura greca e latina. E poi Virginia Woolf con quello che ha significato per me e per tante altre donne. Tra le italiane Armanda Guiducci, l’autrice del famosissimo libro La mela e il serpente (1974), da cui credo di essere stata ‘influenzata’ specialmente per la mia scelta della ‘narrativa del sé’, in tutte le sue forme, genere privilegiato per raccontare le donne in condizioni di marginalità, subalternità, esclusione, di cui ho sentito il bisogno di far sentire la voce in tante mie opere.

D. HAI DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R. Non so quanto sia particolare questa mia abitudine di fermarmi mentre scrivo a cercare qualcosa in un libro e poi di invischiarmi tanto in quello da dimenticare che stavo scrivendo…

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE... CHE VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R. Sì, un’ultima cosa. Se vi deludono i libri che il mercato sforna in gran quantità rileggete i classici, questi non vi deluderanno mai.

D. PROGETTI PER IL FUTURO E SOGNI?

R. Vivo come posso il mio presente e penso che il futuro è oggi, non mi aspetto nient’altro, ma senza la scrittura vivrei male, la scrittura cura le ferite.

Ringrazio Marinella per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.







In libreria e sugli store online dal 5 aprile 2024 Il Palindromo

SINOSSI 

Il viaggio in Sicilia non è un viaggio qualunque, non può mai essere solo uno “spostamento fisico”. È anzitutto un viaggio letterario. Nelle pagine di questo libro, una storia dopo l’altra, si compone un atlante narrativo che tiene insieme le memorie delle donne (e degli uomini) e quelle dei luoghi: itinerari che ci conducono in località più o meno note sulle tracce di autrici più o meno famose ma soprattutto di scrittrici dimenticate, siciliane o straniere, che dell’isola avvertirono tutto il fascino e talora decisero di restarvi per sempre. Una guida differente per una nuova esperienza della Sicilia. Il volume si apre con la prefazione di Fulvia Toscano e contiene in allegato la "Mappa delle Donne di carta in Sicilia" con l’indicazione delle città e dei luoghi connessi alle biografie delle scrittrici. 


COSA NE PENSO 

“Donne di carta in Sicilia” è un viaggio straordinario nel mondo della letteratura siciliana femminile.
Un viaggio biografico epico, una guida culturalmente stimolante, che lascia in chi legge questo lavoro la voglia di visitare questa splendida isola.
Ammetto di non conoscere molte di queste poetesse e scrittrici, donne di mare,di terra e di fuoco nate o arrivate per caso sull' isola, da Maria Emma Alaimo,Agatuzza Messia, Giuseppina Turrisi Colonna, Jole Bovio Marconi e molte altre. La lettura di questo libro è stato anche un modo per approfondire la memoria di autori noti come Salvatore Quasimodo.
Attraverso una scrittura chiara, rigorosa e appassionata, Marinella Fiume accompagna il lettore alla scoperta delle meraviglie della Sicilia.
In conclusione, auspico a“Donne di carta in Sicilia” di volare sempre più in alto, fino a raggiungere tutte le scuole e le case d'Italia. Leggetelo, leggetelo, leggetelo!


©Photo by Alessandro Lo Piccolo

© Riproduzione riservata

02 maggio 2024

INTERVISTA A DARIO FERRARI


Cari lettori,

L'ospite di questa nuova intervista è 
Dario Ferrari. Nato a Viareggio, ha studiato filosofia a Pisa dove ha conseguito un dottorato di ricerca. Ha esordito nella narrativa con La quarta versione di Giuda (Mondadori, 2020). Nel 2023 esce per Sellerio , La ricreazione è finita.


D. DARIO, COM'È NATA LA SUA PASSIONE PER LA SCRITTURA?

R. E chi lo sa, come nascono le passioni, gli amori. Senz’altro c’entrano le letture che mi hanno incantato da bambino e da ragazzo (Dahl, Rodari, Calvino, Benni, Pennac), e poi il piacere impensato che scoprivo quando per caso mi mettevo a scrivere qualcosa. Fatto sta che già da piccolo provavo a scrivere romanzi, ma mi sarei aspettato che a un certo punto, con il raggiungimento di qualche forma di maturità, questa fissazione mi sarebbe spontaneamente passata. Invece no.

D. QUANTO TEMPO HA IMPIEGATO PER LA REALIZZAZIONE DEL SUO ROMANZO “LA RICREAZIONE È FINITA”?

R. L’idea di questo libro, in una forma molto vaga che poi sarebbe stata completamente stravolta, è nata diversi anni fa, e poi è rimasta in questo stadio embrionale per molto tempo. L’ho poi ripresa in mano nel 2020, e in un po’ meno di due anni l’ho messa in parole (o meglio: ne ho estratto una storia, decisamente diversa da quella che pensavo avrebbe prodotto). La lavorazione è stata però molto diseguale: all’inizio leggevo e studiavo molto e scrivevo poco, mentre negli ultimi tre o quattro mesi, quando ormai avevo le idee molto chiare, scrivevo solamente. L’intera Fantasima, il romanzo nel romanzo, l’ho buttata giù, dopo averla a lungo tenuta in testa, in poco meno di una settimana (di isolamento, ovviamente).

D. DA QUALE IDEA, SPUNTO, ESIGENZA O FONTE DI ISPIRAZIONE, È NATO QUESTO ROMANZO?

R. All’inizio c’era solo Tito Sella, uno dei due protagonisti, quello che però è protagonista in absentia. Di lui avevo solo il nome e una bibliografia (primaria, ovvero i libri scritti da lui, e secondaria, ovvero la letteratura critica sulle sue opere). Poi ho cominciato a ragionare più in profondità sugli anni Settanta, in particolare nell’accezione di Anni di Piombo, e mi sono scontrato con una sorta di punto cieco: com’è stata possibile la sproporzione tra le premesse di emancipazione e di superamento dello sfruttamento e gli esiti sanguinari del terrorismo? Per provare a capirlo ho deciso di metterlo in scena, e di farlo attraverso il filtro di un trentenne di oggi, che prova a comprendere con gli strumenti del Ventunesimo secolo cosa siano stati gli Anni Settanta. E così è nato anche Marcello, il protagonista vero e proprio, che dunque è successivo non solo storicamente ma anche nella gestazione del romanzo.
 
D. HA DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R. Mi piacerebbe molto avere delle abitudini di scrittura, ma al momento sono al di sopra delle mie possibilità. Tendenzialmente scrivo negli scampoli di tempo, la sera, quando i familiari dormono, o quando mi trovo miracolosamente una mattina o un pomeriggio liberi, oppure nelle rarissime fughe in cui riesco a ritirarmi per qualche giorno in una casa in Maremma, dedicandomi quattordici ore al giorno alla scrittura (e alle salsicce di cinghiale). 

D. QUALI SONO GLI AUTORI O I LIBRI CHE HA AMATO DI PIÙ O CHE MAGGIORMENTE L’ HANNO INFLUENZATO?

R. I miei due classici di riferimento sono Borges e Proust. Borges lo rileggo in continuazione e in modo quasi religioso, continuo a essere impressionato dalla capacità di rendere sensibili speculazioni massimamente astratte nel giro di pochissime pagine. Su Proust ho scritto due tesi, e rimane per me lo scrittore che mi ha insegnato di più non tanto sulla letteratura, quanto sulla vita: è stato la mia educazione sentimentale, in un certo senso. Detto questo, si tratta di due autori a cui non assomiglio minimamente, non solo per l’ovvia questione della siderale lontananza di qualità, ma proprio perché faccio qualcosa di molto lontano da loro, e alla fine per paradosso la mia scrittura assomiglia forse più a scrittori che amo meno visceralmente.

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VORREBBE DIRE AI SUOI LETTORI?

R. Niente, se non ringraziarle e ringraziarli di avermi letto. Mi sento sempre in imbarazzo ad aggiungere cose a quelle che ho scritto. Ciò che avevo da dire l’ho detto nel romanzo (e mi sono preso pure 480 pagine per dirlo): direi che la mia parte l’ho fatta. Ora sta ai lettori fare la propria parte e scrivere la metà del romanzo che spetta chi legge.

D. PROGETTI E SOGNI?

R. Il progetto (dal punto di vista editoriale) è il cantiere, ancora molto aperto, del prossimo libro, che al momento è allo stadio di un grumo di materiale che prova a fare da centro gravitazionale, ad attirarsi addosso altri spunti e altre idee (la maggior parte dei quali però vengono inghiottiti dal buco nero che sta al centro del cantiere). Sui sogni invece mi cogli impreparato.


Ringrazio Dario per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande.


SINOSSI 

Marcello è un trentenne senza un vero lavoro, resiste ai tentativi della fidanzata di rinsaldare il legame e cerca di prolungare ad libitum la sua condizione di post-adolescente fuori tempo massimo. La sua sola certezza è che vuole dirazzare, cioè non finire come suo padre a occuparsi del bar di famiglia. Per spirito di contraddizione, partecipa a un concorso di dottorato in Lettere, e imprevedibilmente vince la borsa. Entra così nel mondo accademico e il suo professore, un barone di nome Sacrosanti, gli affida come tesi un lavoro sul viareggino Tito Sella, un terrorista finito presto in galera e morto in carcere, dove però ha potuto completare alcuni scritti tra cui le Agiografie infami, e dove si dice abbia scritto La Fantasima, la presunta autobiografia mai ritrovata.
Lo studio della vita e delle opere di Sella sviluppa in lui una specie di identificazione, una profonda empatia con il terrorista-scrittore: lo colpisce il carattere personale, più che sociale, della sua disperazione. Contemporaneamente sperimenta dal di dentro l’università: gli intrighi, le lotte di potere tra cordate e le pretestuose contrapposizioni ideologiche, come funziona una carriera nell’università, perfino come si scrive un articolo «scientifico» e come viene valutato. Si moltiplicano così i riferimenti alla vita e alla letteratura di Tito Sella, inventate ma ironicamente ricostruite nei minimi dettagli; e mentre prosegue la sarcastica descrizione della vita universitaria, il racconto entra nella vita quotidiana di Marcello e nelle sue vitellonesche amicizie viareggine.
Realtà sovrapposte, in cui si rivelano come colpi di scena delle verità sospese. Che cosa contiene l’archivio Sella, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi? Perché il vecchio luminare Sacrosanti ha interesse per un terrorista e oscuro scrittore? E che cosa racconta, se esiste, La Fantasima, l’autobiografia perduta?
La ricreazione è finita è un’opera che si presta a significati e interpretazioni molteplici. Un narrato in cui si stratificano il genere del romanzo universitario – imperniato dentro l’artificioso e ossimorico mondo dell’accademia –, con il romanzo di formazione; il divertimento divagante sui giorni perduti di una generazione di provincia, con la riflessione, audace e penetrante, sulla figura del terrorista; e il romanzo nel romanzo, dove l’autore cede la parola all’autobiografia del suo personaggio. Questo libro racconta la storia di due giovinezze incompiute, diversissime eppure con una loro sghemba simmetria. 
Nelle librerie e sugli store online dal 24 gennaio 2023


COSA NE PENSO 

“La ricreazione è finita” è un libro che percorre due sentieri opposti. Il primo volge uno sguardo diretto verso Marcello Gori,il protagonista. Un trentenne spiantato che non ha ancora ben capito cosa farne della sua vita, e quindi nella sua goliardica vita da studente inconcludente riesce ad ottenere per puro caso un ruolo di ricercatore all' interno della sua stessa sezione di letteratura dell' università di Pisa dove studia.
Per quanto concerne,la seconda parte dedicata allo scrittore Tito Sella credo che Dario Ferrari con questo suo gioco di realtà sovrapposte abbia fatto un buon lavoro proprio perché,così facendo,ha dato la giusta dose di ironia ed intelligenza ad un romanzo che altrimenti sarebbe risultato piatto con la sola storia di Marcello Gori.
Interessante l'attenzione di Ferrari nel narrare gli anni di piombo. Purtroppo, esistono solo verità parziali, confuse e spesso contraddittorie attorno questo periodo storico. Devo ammettere che questo suo modo di destreggiarsi armoniosamente tra passato e presente, grazie prevalentemente a quella arguzia e abrasività tipica toscana riesce a dare un tono severo ma ironico a tutto il romanzo. Consigliato!