27 luglio 2025

“SULLE NOTE DELLA VITA : CONVERSAZIONE CON PIETRUCCIO MONTALBETTI”



Cari amici lettori,

oggi vi presento con piacere Pietruccio Montalbetti, chitarrista e fondatore dei Dik Dik.
Nel suo libro ci racconta l’amicizia e la musica vissute insieme a Lucio Battisti, in un viaggio fatto di ricordi, successi e grandi emozioni.


D. NEL SUO  LIBRO AUTOBIOGRAFICO “STORIA DI DUE AMICI E DEI DIK DIK ” , RIPERCORRE MOLTI MOMENTI SALIENTI DELLA SUA CARRIERA. C’È UN EPISODIO IN PARTICOLARE CHE CONSIDERA IL PIÙ RAPPRESENTATIVO DELLA SUA VITA ARTISTICA ?

R. Pazienza e tenacia, ottenni la raccomandazione dell’allora vescovo di Milano, Montini. Fu un piccolo miracolo: una lettera preziosa che, grazie alla Casa dei Ricordi — fornitrice di organi per le chiese della curia — ci aprì le porte del provino, e poi del contratto. È da lì che iniziò davvero il nostro viaggio.     

D. ⁠SCRIVERE UN' AUTOBIOGRAFIA È ANCHE  UN ATTO DI INTIMITÀ: CHE COSA L’HA SPINTA A RACCONTARSI OGGI E A CONDIVIDERE COSÌ TANTO DI SÉ ?

R. Ho scelto di raccontare solo una parte di me stesso, anche per smentire chi, senza far nomi, si è attribuito il merito di aver scoperto Lucio Battisti. In realtà, ciò che ci legava era qualcosa di più semplice e profondo: un’amicizia sincera, nata prima ancora che io mi rendessi conto del suo immenso talento.

D. ⁠LUCIO BATTISTI È UNA FIGURA CENTRALE NELLA STORIA DELLA MUSICA ITALIANA. COME È NATA LA VOSTRA AMICIZIA E COME HA INFLUITO SULLA VOSTRA MUSICA E SUL VOSTRO PERCORSO UMANO ?

R. La nostra amicizia sbocciò quasi per caso, nello studio di registrazione della Ricordi. Non sapevamo che le nostre strade si sarebbero intrecciate a lungo, ma bastò uno sguardo, una parola, perché ci scegliessimo come amici. I Dik Dik arrivarono al successo prima di lui, e forse fu proprio per questo che sentii il bisogno di tendergli una mano: lo accolsi in casa mia, e da allora il nostro legame non si è più sciolto.

D. C'È UN RICORDO PARTICOLARE DI LUCIO CHE LE È RIMASTO IMPRESSO NEL CUORE E CHE MAGARI NON AVEVA MAI RACCONTATO PRIMA ?

R. In questo racconto ho detto quasi tutto, tranne quei silenzi che parlano più delle parole. Come i ricordi che Albarita, sua sorella, mi confidò dopo la sua morte. Mi raccontò di un bambino in sovrappeso e profondamente triste. Forse lì, in quella malinconia, nacque la sua poesia.

D. NEI SUOI RACCONTI, TRASPARE ANCHE UN MONDO MUSICALE PROFONDAMENTE DIVERSO DA QUELLO DI OGGI. CHE COSA PENSA DELLA MUSICA ITALIANA CONTEMPORANEA ? C’È QUALCOSA CHE LE MANCA DI QUEL PERIODO D’ORO? 

R. È da tempo che non guardo il Festival di Sanremo. La musica di oggi riflette, a mio avviso, un mondo in crisi d’anima, dove conta di più l’apparenza dell’essenza, il denaro della salute, l’indifferenza dell’empatia. È come se il cuore si fosse fatto distante, e troppo spesso chi ha bisogno viene lasciato indietro.

D. OLTRE ALLA MUSICA , NEL SUO LIBRO EMERGE ANCHE IL VIAGGIATORE E L'UOMO CURIOSO . QUANTO QUESTI ASPETTI HANNO ALIMENTATO LA SUA CREATIVITÀ?

R. La vera università, per me, è il viaggio. Non quello del turista distratto, ma quello del viaggiatore solitario, che si perde per ritrovarsi. La creatività, dopotutto, è una fiamma che brucia già dentro di noi: basta aprirle la porta. E il viaggio, più di ogni altra cosa, è la chiave.

D. DOPO IL LIBRO E UNA CARRIERA  LUNGA E RICCA , CI SONO NUOVI PROGETTI ALL'ORIZZONTE ? STA GIÀ PENSANDO A UNA NUOVA PUBBLICAZIONE O A QUALCHE INIZIATIVA MUSICALE ?

R. Musicalmente sto lavorando a un disco country, ma anche alla stesura di tre libri che presto vedranno la luce:

– Storia di una Cinquecento e di un’anima, un sogno narrativo, puro frutto della fantasia.
– In viaggio con Siddarta, un omaggio personale al capolavoro di Hermann Hesse.
– Una vita d’avventura, un diario poetico di via.

Ringrazio Pietruccio per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande 

In libreria e sugli store online dal 25 giugno 2025 Minerva Edizioni


SINOSSI 

Un viaggio attraverso la musica e la storia di un’amicizia, nata sulle note in una sala di registrazione e consolidata nell’arco di una vita intera. Due artisti diversi: Pietruccio Montalbetti, storico chitarrista e fondatore dei Dik Dik, e Lucio Battisti, ma complici e sodali in un momento di grande cambiamento, storico, politico e musicale. Due ragazzi che sognavano il successo, poi diventati due uomini che lo hanno raggiunto e vissuto ciascuno a proprio modo, senza però mai perdersi di vista, senza mai rinunciare l’uno alla compagnia dell’altro.
Storia di due amici e dei Dik Dik è il lungo respiro di un’avventura, musicale e umana, in cui Pietruccio ripercorre gli anni dei primi accordi, dei primi concerti con la band e delle scorribande con Battisti su e giù per l’Italia a bordo di un’inossidabile Cinquecento. Gli anni del Cantagiro, dei grandi successi e della consacrazione nell’olimpo della musica italiana. Ma è anche il racconto intimo e raccolto di un rapporto elettivo, uno spaccato privato dei sogni e delle esperienze condivise lontano dai riflettori.
Un’epopea scanzonata e sentimentale che rivive lo slancio economico di un’Italia rinata, delle libertà e delle innovazioni che porteranno l’uomo sulla Luna e a un ritrovato benessere economico. Un Paese, il nostro, specchio di un mondo che correva in avanti ma sembrava trovare più tempo di oggi per fare le cose in un certo modo.
Pietruccio, Lucio e i Dik Dik: la storia di sognatori diventati amici (e musicisti).



COSA NE PENSO 

Storia di due amici e dei Dik Dik" è un libro che si legge tutto d’un fiato, con il sorriso sulle labbra e un pizzico di nostalgia nel cuore. Pietruccio Montalbetti, chitarrista e anima dei Dik Dik, ci accompagna in un viaggio sincero e appassionato attraverso ricordi, aneddoti e momenti indimenticabili vissuti con l’amico Lucio Battisti.
È un racconto che non parla solo di musica, ma soprattutto di amicizia: quella vera, nata per caso in una sala di registrazione e cresciuta tra sogni, successi, risate e chilometri macinati a bordo di una vecchia Cinquecento.
Attraverso le pagine, si respira l’atmosfera di un’Italia che cambiava, tra le rivoluzioni culturali degli anni Sessanta e Settanta, le prime grandi tournée, il Cantagiro, le notti lunghe di canzoni e speranze. Ma accanto alla cronaca musicale, c’è tanto cuore: Pietruccio ci regala uno sguardo intimo e toccante su un legame che ha superato il tempo e la fama.
In conclusione, un libro ideale per chi ama la musica italiana, certo, ma anche per chi crede nell’amicizia duratura e nella bellezza delle passioni condivise.
Un’epopea leggera e profonda allo stesso tempo: il ritratto di un’epoca e di due ragazzi diventati uomini… senza mai smettere di essere amici.

Buona lettura!


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21 luglio 2025

RECENSIONE: CONTEMPLAZIONE DI FRANZ KAFKA TRADUZIONE A CURA DI MARGHERITA BELARDETTI

In libreria e sugli store online dal 28 giugno 2024 Palingenia Edizioni

NOTE SULL' AUTORE 

Franz Kafka (1883-1924) è stato uno scrittore ceco di lingua tedesca, considerato una delle figure più importanti della letteratura del XX secolo. Le sue opere, spesso caratterizzate da atmosfere angoscianti e surreali, esplorano temi come l'alienazione, la burocrazia, l'ansia esistenziale e il rapporto conflittuale con l'autorità. 


SINOSSI 

Quando, nel dicembre 1912, appare Contemplazione, il primo libro del ventinovenne Franz Kafka, non è solo l’abnorme dimensione dei caratteri – voluta dall’autore – a impressionare i lettori come qualcosa di inusitato, perché le brevi, a volte brevissime prose che lo compongono, sottraendosi a qualsiasi definizione, sono come estranianti quadri poetici in cui c’è già tutta l’originalità e la potenza dell’opera di Kafka, condensata in una scrittura tesa, abbagliante. È una scrittura-confessione, una scrittura a suo modo impudica per troppo mettersi a nudo, una scrittura visionaria capace di scardinare sintassi, logica e l’idea stessa di letteratura, che pure in quegli anni si sta aprendo, con esiti anche dirompenti, allo sperimentale e alla rottura con la tradizione. Ma la voce di Kafka, già allora, brilla altissima nella sua unicità.  

COSA NE PENSO

Kafka non si legge: si attraversa, si contempla appunto. Il piccolo gioiello letterario Contemplazione raccoglie brevi testi in prosa giovanili, profondamente simbolici, già intrisi di quell’ambiguità e quell’inquietudine che diventeranno la cifra stilistica dell’autore.
Non è un’opera di facile approccio, ma è un libro che si lascia scoprire lentamente, come la nebbia che rivela a poco a poco la sagoma di una città. Ogni brano sembra sospeso tra realtà e sogno, tra quotidiano e metafisico. Kafka scrive del mondo con uno sguardo obliquo, poetico, straniante.
La traduzione curata da Margherita Belardetti si distingue per delicatezza e stile raffinato. Nelle sue parole si avverte un affetto sincero per il testo originale e una profonda passione per il proprio lavoro di traduttrice. Belardetti riesce a restituire la voce di Kafka con un equilibrio raro: fedele e personale al tempo stesso, senza mai forzare né tradire.
Il brano che mi ha colpito più di tutti è “Gli alberi”:

«Perché siamo come tronchi d’albero nella neve. In apparenza vi poggiano sopra, e con una piccola spinta si potrebbero spostare. No, non si può, perché sono saldamente congiunti al terreno. Ma guarda, persino questo è solo apparenza.» 

In poche righe, Kafka condensa l’illusione della libertà, la forza delle abitudini, l’ambiguità del vivere. È una metafora lieve e profonda insieme, che resta nella mente come un sussurro.
In conclusione, Contemplazione è una lettura che consiglio soprattutto agli estimatori di Kafka e a chi sa apprezzare la densità nascosta nelle forme brevi, a chi non teme l’inquietudine e ha la pazienza per indugiare tra le righe, cogliendone i riflessi.
Buona lettura! 

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17 luglio 2025

RECENSIONE DEL LIBRO: “INVERNESS" DI MONICA PARESCHI

In libreria e sugli store online dal 25 ottobre 2024 Alessandro Polidoro Editore


NOTE SULL'AUTRICE

Monica Pareschi è traduttrice letteraria, scrittrice e editor. Ha curato e tradotto tra gli altri testi di Charlotte Brontë, Edith Wharton, Doris Lessing, Willa Cather, James Ballard, Bernard Malamud, Paul Auster, Alice McDermott, Shirley Jackson, Mark Haddon. Vive a Milano, con suo figlio.

SINOSSI 

Le storie raccolte in Inverness raccontano di donne e uomini, bambine e ragazze che attraversano situazioni crudeli, morbose e spesso paradossali, che cercano di incontrarsi e amare ma la cui strada è ostacolata dai non detti, da incomprensioni velate, dalle piccole ossessioni che ci rendono così mortalmente umani.


COSA NE PENSO

Inverness è un’opera sorprendente, che già dal titolo suggerisce una riflessione profonda sulla natura stessa dell’esistenza. Il libro si presenta come un intreccio di racconti brevi, autonomi, ma uniti da una trama sotterranea di emozioni condivise, percorsi divergenti e memorie. Uomini e donne camminano lungo strade differenti, ma il loro passaggio lascia tracce simili, echi riconoscibili che rimandano alle contraddizioni e alle ferite della condizione umana.
La scrittura è fluida, autentica, spoglia di artifici: colpisce per la sua onestà e per la capacità di raccontare sentimenti complessi con nitidezza disarmante. Si affrontano temi come l’insicurezza, i pensieri oscuri, le relazioni tossiche, il desiderio e la delusione: un’umanità dolente, ma mai completamente vinta.
Il racconto conclusivo, che dà il titolo alla raccolta, rappresenta l’apice emotivo del volume. La protagonista, P., è una figura carismatica, ricca di vitalità e intuizioni, contrapposta a un’amica senza nome che sembra vivere in una penombra consapevole e voluta. Questo dualismo, tra slancio e rassegnazione, tra luce e ombra, dà vita a un testo di forte impatto, capace di trafiggere il lettore con la precisione di una lama sottile: il cuore viene colpito, diviso, messo a nudo.
In conclusione, Inverness è un viaggio nell’interiorità, un’esperienza letteraria che invita a guardarsi dentro con coraggio, riconoscendo quei lati più oscuri e silenziosi che spesso si preferisce ignorare. Un libro che resta, che lascia una traccia. Lettura caldamente consigliata.


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09 luglio 2025

“RACCONTARE L'AMICIZIA, IL SILENZIO , L’AMORE : INTERVISTA A IRIS WOLFF”





Cari lettori,

l’ospite di oggi è Iris Wolff, una delle voci più raffinate e profonde della narrativa contemporanea europea. Nata a Sibiu, in Romania, nel 1977, si è trasferita in Germania all'età di otto anni, dove tuttora risiede.
I suoi romanzi – tradotti in numerose lingue e pluripremiati – sono attraversati da un linguaggio poetico, una sensibilità rara e una capacità sorprendente di raccontare i legami, la memoria e l’identità.

Con grande piacere vi presento la sua intervista in occasione dell’uscita in Italia del suo romanzo Radure (titolo originale Lichtungen), pubblicato da Neri Pozza Editore, una storia delicata e intensa sull’amicizia, sul silenzio e su ciò che ci rende umani.



D. COME È NATA LA TUA PASSIONE PER LA SCRITTURA? C'È STATO UN MOMENTO UN LIBRO CHE L'HA ACCESA? 

R. Ho iniziato a scrivere relativamente tardi, intorno ai trentacinque anni. La scintilla è stato un viaggio in Romania: lì ho sentito, inaspettatamente, un senso di appartenenza. Le strade, la luce, il paesaggio, il suono delle lingue… tutto parlava a una parte profonda di me. Ho cominciato a interrogarmi sul motivo per cui la mia famiglia – come molte minoranze tedesche – avesse lasciato quei luoghi dopo secoli. Scrivere è diventato il modo più naturale per esplorare queste domande. Non sapevo se ne fossi capace, ma ho deciso di rischiare.

D. COM'È NATA L’IDEA DEL TUO ROMANZO RADURE? 

R. A differenza dei miei libri precedenti, dove tutto partiva dalla prima frase o scena, con Radure mi sono trovata già nel cuore della storia. Vedevo Lev da bambino, a letto, immobile. Non sapevo ancora cosa gli fosse accaduto, né cosa lo aspettasse. Ma sentivo una forte connessione con lui. Ed è da quel sentimento che ho capito di poter raccontare questa storia. Da quell'immagine iniziale ho costruito tutto il resto, fidandomi.

D. IL TUO STILE È ESSENZIALE MA POTENTE . COME RIESCI A BILANCIARE SEMPLICITÀ E PROFONDITÀ?

R. Scrivo cercando di evocare, non di spiegare. I miei romanzi si muovono verso l’ignoto, guidati da un’apertura silenziosa e da una curiosità sincera verso i personaggi. Mi affido molto ai sensi, alle immagini, al ritmo della lingua – e alle pause. Credo in ciò che resta sospeso, in ciò che non viene detto. Le zone d’ombra sono inviti per chi legge. La letteratura, in fondo, vive nella mente del lettore.

D. IN QUESTO LIBRO, AMICIZIA E SILENZIO SONO TEMI CENTRALI. PERCHÉ LI HAI SCELTI ?

R. Sono una grande ammiratrice del silenzio. Da Lev ho imparato che ascoltare è spesso più potente che parlare. Tutto, se ascolti davvero, comincia a parlare. E tutto è connesso. In un mondo rumoroso e cinico, mi piace pensare che ci sia ancora spazio per relazioni profonde. L’amicizia, in particolare quella tra Lev e Kato, è al centro della storia. Un legame che sfuma tra l’amicizia e l’amore, come spesso accade nella vita vera.

D. QUAL È STATO L'ASPETTO PIÙ IMPEGNATIVO NELLO SCRIVERE RADURE ?

R. La scelta di raccontare la storia a ritroso. All’inizio non mi sono posta troppe domande, ma scrivendo ho iniziato a dubitare: funzionerà? I lettori accetteranno questa struttura? Ma era l’unico modo possibile per esplorare davvero ciò che volevo: cosa ci forma, cosa ci cambia, cosa dobbiamo lasciar andare per poter ricominciare.

D. COSA SPERI CHE I LETTORI ITALIANI TROVINO IN QUESTO LIBRO ?

R. Vorrei che si immergessero nel mondo della storia come in un dipinto. Kato, uno dei protagonisti, è un artista di strada che attraversa l’Europa – anche l’Italia – e dice che chi guarda un’opera dovrebbe "abitarla" per un po’. È ciò che auguro anche ai miei lettori.

D. PUOI ANTICIPARCI QUALCOSA SUI TUOI PROSSIMI PROGETTI? 

R. Sono molto discreta su ciò che sto scrivendo… Ma posso dire che, dopo aver camminato a lungo accanto a Lev e Kato, ho finalmente ripreso a scrivere. E questo, per me, è già un inizio.

Ringrazio Iris per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande. 



                     In libreria e sugli store online dal 20 giugno 2025 Neri Pozza



SINOSSI 

Transilvania, di là dalla Cortina di ferro. Lev ha solo undici anni quando, in seguito a un trauma, si trova prigioniero per mesi di un letto. I libri che girano per casa sono del secolo precedente, come dice la sua maestra. È deciso: qualcuno verrà a portargli i compiti, anche se Lev, potendo scegliere fra tutti i compagni, certo non vorrebbe Kato, quella strana ragazza scarmigliata che a scuola rimane sempre in disparte. Spirito libero e selvatico, Kato invece si presenta tutti i giorni col suo sguardo di velluto, i buchi nei vestiti, i compiti in mano, la risata che sfiora l’allegria e, goccia dopo goccia, tra i due bambini nasce un legame indissolubile che strapperà Lev alla sua prigione di lenzuola. Un’amicizia speciale che negli anni crescerà in un amore schivo. Poi, un giorno accade l’impensabile: il loro mondo, quell’Europa in miniatura dalle tante lingue, si ritrova senza più muri invalicabili a contenerlo e si spalancano orizzonti che separano Lev e Kato. Lui, malinconico e introverso, rimane. Lei, coraggiosa e affamata di spazi, va. Lui lavora a stretto contatto con la geografia della sua terra più che con le persone. Lei si trasferisce all’Ovest e fa l’artista di strada. Il filo che tiene uniti Lev e Kato si allunga attraverso quattro decenni senza mai recidersi, fino al giorno in cui Lev riceve una cartolina con una sola frase: Quando vieni? Con una lingua misurata e poetica al tempo stesso, Iris Wolff celebra il momento glorioso in cui una vita ne tocca per sempre un’altra, riannodando ricordi disseminati nel tempo come radure di luce in un bosco fitto, il cui bagliore persiste a lungo.

COSA NE PENSO

Radure è un romanzo che si muove come una luce filtrata tra gli alberi: lieve, essenziale, ma capace di lasciare un’impronta profonda. Iris Wolff ha uno stile di scrittura rarefatto e poetico, fatto di silenzi, immagini evocative e dettagli che si schiudono con delicatezza. Nulla è gridato, tutto è suggerito.
Ciò che colpisce è la sua capacità di raccontare i legami umani – e in particolare quello tra Lev e Kato – con una sensibilità fuori dal comune. Un’amicizia che si avvicina all’amore, un amore che, anche se messo alla prova dal tempo, dai confini e dai silenzi, continua a vivere. A resistere.
Un romanzo che non si dimentica facilmente, perché non si limita a raccontare una storia, ma ci invita a entrare dentro un mondo, lentamente, in punta di piedi.
In conclusione, consigliato a chi cerca una lettura intensa, silenziosa e piena di verità nascoste. Buona lettura! 


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02 luglio 2025

COSA SIGNIFICA PER ME SCRIVERE OGGI






Scrivere, per me, non è mai stato solo mettere in fila parole. È un gesto che nasce prima della penna, prima della tastiera. Nasce da un’urgenza. Dalla necessità di dire qualcosa, o forse di ascoltarmi davvero.

Scrivere oggi, in un mondo che ci vuole veloci e sintetici, è un atto di resistenza. È restare fermi mentre tutto corre. È scegliere di dare un nome alle emozioni, di cercare le parole giuste per dire il dolore, la bellezza, il dubbio.

Non scrivo per insegnare qualcosa, ma per scoprirmi. Ogni pagina è una finestra: mi affaccio, guardo fuori, ma vedo anche dentro. Vedo ricordi, intuizioni, paure.

Scrivere oggi significa anche scegliere la lentezza. Mi piace pensare che ogni parola sia un seme. A volte germoglia subito, altre volte resta sotto la terra per mesi, in attesa di una stagione giusta. Ma scrivere è sempre un atto vivo, fertile.

Quando racconto, metto in ordine il caos. Quando scrivo di libri, metto in dialogo la mia voce con quella dell’autore. Quando intervisto qualcuno, ascolto per davvero.

Scrivere, oggi, è anche un modo per restare umana. Per non cedere all’abitudine del “non ho tempo”. Per restituire attenzione a me stessa e agli altri.

E tu, cosa significa per te scrivere? O leggere?

Ti lascio con questa domanda. Le risposte, come sempre, arrivano tra le righe.


Caterina Lucido

©Riproduzione riservata



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25 giugno 2025

ELISA SORDI – SCRITTRICE INDIPENDENTE E LIBRAIA.




Buongiorno cari lettori,

con grande piacere do il benvenuto nel mio blog a Elisa Sordi, giovane scrittrice self publishing e libraia appassionata. 
Classe 2004, ciociara DOC. 
Potete seguirla e scoprire il suo mondo anche attraverso i suoi canali social, Eliza Bookstone è il suo pseudonimo su Instagram. 
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D. COME NASCE IL TUO AMORE PER LA SCRITTURA E IN CHE MOMENTO HAI
CAPITO CHE VOLEVI DIVENTARE UNA SCRITTRICE?

R. Ricordo di aver sempre avuto la penna in mano. Paradossalmente, anche quando ancora non sapevo scrivere, andavo in giro per casa a fare scarabocchi che per me assomigliassero agli “scarabocchi dei grandi”.
Però non sognavo di diventare una scrittrice. Scrivevo per me, e per tanto mi sono accontentata di questo.
Poi, prima della pandemia, ho iniziato a scrivere qualcosa di serio e quando infine mi sono affacciata al mondo del bookstagram, ho pensato di buttarmi in questa avventura che a oggi mi ha regalato tanto.

D. ESSERE LIBRAIA TI ESPONE OGNI GIORNO A TANTI LIBRI: IN CHE MODO
QUESTO INFLUENZA IL TUO MODO DI SCRIVERE?

R. Di sicuro alimenta la mia immaginazione, ma non direi che sta influenzando di molto il mio modo di scrivere.

D. QUAL E' STATO IL MOMENTO PIU' DIFFICILE DEL TUO PERCORSO DA AUTRICE EMERGENTE E COME LO HAI SUPERATO?

R. I momenti peggiori sono stati quelli legati ad alcuni “disguidi” nati tra me e determinati professionisti del settore che non si sono rivelati adatti al mio modo di lavorare e alle mie storie. 
Con l’esperienza e affidandomi finalmente a persone giuste, sono riuscita a superare questi piccoli incidenti di percorso.

D. C'E' UN LIBRO (DI UN ALTRO AUTORE) CHE AVRESTI VOLUTO SCRIVERE TU? PERCHE'?

R. Tanti e nessuno. A volte mi capita di pensare “Ah, se avessi scritto io
Orgoglio e Pregiudizio”, ma poi penso anche che se avessi scritto io alcuni dei miei libri preferiti, di sicuro non sarebbero stati esattamente come li conosciamo noi oggi. E altre volte, penso che sia bello semplicemente godere di questi capolavori e dedicarsi a scrivere storie del tutto nuove.

D. NEL TUO LAVORO IN LIBRERIA,HAI NOTATO CAMBIAMENTI NEL MODO IN
CUI I LETTORI SI AVVICINANO AI LIBRI? COSA LI CONQUISTA OGGI?

R. Di certo il mercato e i lettori cambiano col passare del tempo, ma alcuni “pattern”, se così vogliamo cambiarli, sembrano non mutare nel tempo. I lettori vengono conquistati dagli stessi libri da cui venivano catturati anni fa: dai libri di cucina, fino alla narrativa generale. Magari sono nati alcuni fenomeni, si sono aggiunti nuovi generi, ma il lettore che va in libreria a cercare “Il fu Mattia Pascal” lo fa come quello che lo ha cercato dieci, venti e trent’anni fa.

D. COME RIESCI A CONCILIARE LA TUA VITA DA LIBRAIA CON IL TEMPO,
L'ISPIRAZIONE E LA DEDIZIONE CHE RICHIEDE LA SCRITTURA?

R. Avendo aperto da poco, devo dire di aver accantonato per un po’ l’attività di scrittura. O, più precisamente, ci sto dedicando meno tempo del solito, ho ridotto i momenti che di solito dedicavo ai miei lavori, ma conto di riprendere la mia solita routine non appena mi sarò abituata al cambiamento che mi ha colta a partire dal primo giugno, quando ho inaugurato L’angolo della libraia.

D. COSA SPERI CHE RESTI NEL CUORE DEI LETTORI UNA VOLTA CHIUSA
L'ULTIMA PAGINA DEI TUOI LIBRI?
R. L’idea che credere nei propri sogni ripaga sempre. Nei miei libri i sogni sono sempre un punto centrale delle vicende dei protagonisti e se c’è un messaggio che vorrei arrivasse più degli altri è proprio questo: credete in voi stessi e nei vostri sogni, sempre!


Ringrazio Elisa per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande. 


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18 giugno 2025

“GIALLO AL FEMMINILE” : LA PENNA BRILLANTE DI ROSA TERUZZI.






Cari lettori,

l’ospite di questa nuova intervista è una firma ormai amatissima nel panorama del giallo italiano: Rosa Teruzzi.
Vive e lavora a Milano ed è esperta di cronaca nera. Dopo aver guidato la redazione di Verissimo, è diventata caporedattrice della trasmissione televisiva Quarto grado e scrive romanzi e racconti di genere giallo. Per scrivere i suoi romanzi si ritira in estate presso un vecchio casello ferroviario a Colico, sul lago di Como. Un altro casello ferroviario, sito tra il Naviglio Grande e il Giambellino, ha ispirato la serie di romanzi I delitti del casello, editi a partire dal 2016, le cui protagoniste Vittoria, la mamma Libera e la nonna Iole, cercano di risolvere misteri tra Milano, la Brianza e il lago di Como. 
Con il suo stile vivace, i personaggi autentici e le trame avvincenti, Rosa Teruzzi ha conquistato lettori di ogni età. In questa chiacchierata esclusiva ci racconta del suo ultimo romanzo, del rapporto con le sue protagoniste — le “Miss Marple del Giambellino” — e ci svela qualcosa del dietro le quinte della sua scrittura.


D. COME È NATA LA TUA PASSIONE PER IL GENERE GIALLO?
 
R. Ho sempre amato leggere ma, nonostante il mio lavoro, o forse proprio per quello (da sempre faccio la giornalista di “nera”), in passato preferivo un altro tipo di libri, romanzi storici e feuilletton soprattutto.
E’ stata una straordinaria libraia milanese, Tecla Dozio, che avevo conosciuto mentre realizzavo a tempo perso la pagina della cultura del mio giornale, a farmi innamorare del genere e anche a spronarmi a scrivere.
Nella sua “Sherlockiana”, inizialmente vicina alla Statale di Milano e poi dalle parti dell’Arena, ho comprato quintali di libri, imparato ad apprezzare Simenon, Durrenmatt e Scerbanenco, il maestro di noi noiristi italiani, e incontrato alcuni degli scrittori che lei mi aveva fatto conoscere letterariamente, da Anne Perry, la maestra del mistery vittoriano, a Joe Lansdale, oltre a molti autori italiani che adesso incrocio per festival e presentazioni.
 
D. DA DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER LE TUE STORIE?
 
R. Mai dai casi di cronaca che tratto nella trasmissione a cui lavoro, Quarto Grado, né dai giornali. Non mi piace rimasticare storie vere e mi fa rabbrividire l’idea di attribuire dialoghi o emozioni di fantasia alle vittime o ai carnefici reali di un crimine. Preferisco volare con l’immaginazione.
Le mie trame sono del tutto inventate, cosi come i miei personaggi, ma devo ammettere che più di trent’anni di frequentazione con investigatori in carne e ossa (carabinieri, poliziotti, magistrati) mi hanno regalato gli strumenti per rendere credibili le indagini delle mie protagoniste, una banda di eccentriche detective dilettanti composta da una fioraia, dalla sua bizzarra madre –una hippie mai pentita -e da una giornalista di cronaca nera.

D. COME BILANCI LA TRAMA CON LA COSTRUZIONE DEL SUSPENSE?
 
R. Le scuole di scrittura americane dividono gli autori di giallo tra architetti (che pianificano in ogni dettaglio la trama prima di iniziare a scrivere) e giardinieri, che mettono i loro personaggi in una situazione e poi li lasciano agire. Io appartengo a questa seconda categoria. Non sono metodica, né organizzata nella scrittura e anche per quanto riguarda i colpi di scena mi affido all’ispirazione.
Ma sono una forte lettrice e sono ipercritica. Quando una pagina mi annoia, la cancello senza pietà. Voglio essere la prima a emozionarmi e a sorprendermi di quello che leggo. Non ho mai creduto che fosse la quantità di delitti a fare di un giallo un buon giallo: sono più attratta dalla indagine e dal disvelamento dei segreti che da sangue e sparatorie.

D. COSA TI PIACE DI PIÙ DEL MESTIERE DI SCRITTRICE?
 
R. Fare la scrittrice non è un mestiere per me, è una passione. Quello che amo di più nell’esserlo è la libertà di creare in autonomia. E poi adoro parlare dei miei libri (e dei libri in genere) con i lettori.

D. CI SONO SCRITTORI CHE SONO PER TE FONTE D’ISPIRAZIONE? 

R. Sicuramente, nell’ambito del genere, il mio scrittore feticcio è Giorgio Scerbanenco: amo la sua Milano fragile e disperata e la malinconia feroce dei suoi personaggi.
Ma sono una lettrice onnivora. Tra i miei autori del cuore (impossibile stilare una classifica) ci sono Jane Austen, il Dumas del Conte di Montecristo, Edgar Allan Poe e Robert Stevenson. Ma sono anche una fan appassionata di Pia Pera e dei saggi meravigliosi di Stefano Mancuso.
Inoltre leggo tantissima poesia, anche se non la capisco e forse proprio perché non la capisco: la poesia ha una sua strada carsica che arriva dritta al cuore.

D. COSA VORRESTI CHE I TUOI LETTORI SAPESSERO SULLA SAGA DELLE SIGNORE DEL GIAMBELLINO?
 
R. Non amo le etichette, ma se dovessi definire i miei romanzi direi che sono commedie gialle con una vena noir, che hanno il loro cuore a Milano, in un romantico casello ferroviario nel quartiere periferico del Giambellino. Una piccola casa ai margini dei binari in cui vivono tre donne di una stessa famiglia, molto diverse eppure altrettanto legate. La più giovane di loro – una poliziotta – è l’unica a non indagare, e tenta – senza successo – di ostacolare le inchieste della mamma e della nonna, che sono segretamente a capo di un manipolo di “detective per caso", formato da una giornalista, dal suo burbero caporedattore, dal suo fotografo di fiducia e da un ex rapinatore con qualche scheletro nell’armadio. Tutti i miei personaggi hanno una ferita e un segreto. E questo, secondo me, li rende interessanti.

D. QUALI SONO I TUOI PROGETTI PER IL FUTURO?
 
R. Tra poco la trasmissione a cui lavoro chiuderà i battenti per la pausa estiva. A quel punto, come al solito, mi trasferirò nel casello ferroviario che è il mio luogo della scrittura, sulla sponda lecchese del lago di Como e lì inizierò la prossima avventura delle mie protagoniste. Ho già un’idea in testa, ma è ancora in fase embrionale. Riguarda comunque i battiti di un cuore malato. Ma sto pensando anche a un romanzo storico ambientato nel Quattrocento milanese ai tempi di Ludovico il Moro. E’ un periodo affascinante, creativo e sanguinario che ho studiato molti anni fa. E c’è un personaggio, una donna, che ogni tanto torna a sussurrarmi all'orecchio la sua storia.


Ringrazio Rosa per la sua disponibilità nel rispondere alle mie domande

 

In libreria e sugli store online dal 29 aprile 2025 Sonzogno Editori


SINOSSI 

Nella nebbia fitta della notte di Ognissanti, una misteriosa figura si muove nelle tenebre con un solo obiettivo: eliminare definitivamente Libera Cairati, la fioraia-detective del Giambellino. Dopo averla avvelenata con un mazzo di rose all’aconitina, l’aggressore si è dato un soprannome, l’Ombra, ed è pronto a colpire di nuovo. Dal rifugio del casello ferroviario in cui abita, Libera dovrà affrontarlo ad armi spuntate, costretta ad agire in gran segreto da Mimma Arrigoni, una pm che osteggia le sue indagini e insidia la relazione con il fascinoso commissario Gabriele. Ma quando il pericolo si fa più insidioso, Libera sa di poter contare sui complici di sempre – l’eccentrica madre Iole, la giornalista Irene e il burbero capocronista Cagnaccio –, una squadra affiatata a cui si uniscono due imprevedibili alleati: Diego Capistrano, ex rapinatore e amante di Iole, e Angelo Riva detto il Piè Veloce, un fotografo capace di rendersi invisibile e sparire nel nulla. Tra depistaggi, tentati omicidi e segreti nascosti, la caccia all’Ombra diventa un gioco letale, dove ogni mossa potrebbe essere l’ultima. In una Milano livida e battuta dalla pioggia, in cui tutti sembrano spiarsi a vicenda, Libera dovrà affrontare il suo nemico senza certezze – nemmeno quelle del cuore.


COSA NE PENSO

Con La giostra delle spie, Rosa Teruzzi firma un nuovo, brillante capitolo della sua celebre saga delle “Miss Marple del Giambellino”, un giallo dal ritmo serrato e dal cuore autentico, che si collega idealmente e narrativamente al precedente 'La ballata dei padri fedeli' (Clicca qui) .
Il lettore ritrova con piacere l’intero universo della Teruzzi: da Capistrano a Cagnaccio, dalla pittoresca Iole all’intensa Libera, personaggi ormai amati come vecchi amici eppure sempre capaci di stupire. Ed è proprio Iole, in questa nuova indagine, a brillare con una verve investigativa irresistibile, ironica, lucida, a tratti quasi commovente nella sua ostinazione.
Tra segreti sepolti e colpi di scena ben calibrati, l’intreccio si avvolge intorno a un’“ombra” che perseguita Libera, costringendola a confrontarsi con dubbi sempre più profondi e paure mai sopite. Ma La giostra delle spie non è solo un mystery avvincente: è anche un romanzo che sa toccare corde intime, in cui emerge con forza crescente il legame tra madre e figlia, quel filo invisibile e potente che unisce Iole e Libera nonostante le differenze, i silenzi e le scelte difficili.
Teruzzi, con la sua prosa precisa e la capacità tutta milanese di intrecciare ironia e malinconia, dipinge un affresco popolare ma mai banale. Il quartiere del Giambellino vive e respira tra le pagine, diventando quasi un personaggio esso stesso, con le sue contraddizioni, la sua vitalità e la sua umanità.
In conclusione, un giallo al femminile in cui il mistero si mescola all’affetto, alle fragilità e alla ricerca della verità. La giostra delle spie è una lettura appassionante, che conferma Rosa Teruzzi come una voce originale e riconoscibile nel panorama del noir italiano contemporaneo.
Consigliatissimo, buona lettura!

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