21 giugno 2023

INTERVISTA A GIANFRANCO VERGONI AUTORE DEL ROMANZO: “IL CIELO D'ERBA”





Cari amici lettori,

Bentrovati! L' ospite di questa nuova intervista è Gianfranco Vergoni. Perugino trapiantato a Roma, è stato ballerino, cantante, attore. In più di trent’anni di teatro – con oltre cinquanta titoli al suo attivo – ha tradotto e adattato copioni e canzoni, curato regie e coreografie, scritto e messo in scena sei recital, quattro monologhi, due commedie e sei commedie musicali, vincendo il Broadway World Award per il miglior testo. Grandissimo lettore da sempre, con Il cielo d’erba esordisce come scrittore di romanzi. 
Il romanzo di Gianfranco Vergoni è un esordio potente e di grande impatto emotivo. Non è un libro sull’omosessualità, è un libro sull’identità e sull'amore.
Consigliatissimo!


D. SEI STATO BALLERINO, CANTANTE, ATTORE, HAI TRADOTTO E ADATTATO COPIONI E CANZONI, CURATO REGIE E COREOGRAFIE, SCRITTO E MESSO IN SCENA SEI RECITAL, QUATTRO MONOLOGHI, DUE COMMEDIE E SEI COMMEDIE MUSICALI, VINCENDO IL BROADWAY WORLD AWARD PER IL MIGLIOR TESTO. COSA TI HA SPINTO A DIVENTARE UNO SCRITTORE?

R. In un certo senso lo sono sempre stato. Ero un bambino pigro e sedentario, passavo i pomeriggi a leggere fumetti, e mi veniva naturale, facendo i compiti, riproporre il dinamismo di quei dialoghi nei temi e nei riassunti. Ho scoperto presto che quello che scrivevo sorprendeva e divertiva gli insegnanti, e fin dalla seconda elementare sono stato incoraggiato a scrivere dei brevi brani che poi a fine anno venivano messi in scena in un teatro vero e proprio, lo storico “Morlacchi” di Perugia, in occasione del famoso “saggio” di giugno. Incredibile ma vero, negli anni ’70 ci abituavano alla pratica del teatro, in una scuola comunale che non navigava certo nell’oro. E grazie ai miei monologhi, mentre tutti i miei compagni di classe facevano in pratica da coro e corpo di ballo, io interpretavo il presentatore, e recitavo a memoria al centro del palco, davanti a un microfono che ricordo altissimo ed enorme. Per l’occasione la mamma mi faceva fare un completo su misura da un sarto amico di famiglia. Se ci ripenso! Nemmeno noi navigavamo nell’oro. Galleggiavamo appena, per così dire. Ma lei era così fiera. Poi negli anni la passione per la danza ha avuto il sopravvento. Ma non ho mai smesso di leggere e nemmeno di scrivere, poesie satiriche, diari, lettere, scenette comiche in inglese… 


D. COSA HA ISPIRATO IL TITOLO DEL TUO LIBRO “IL CIELO D' ERBA”?

R. Volevo una sfida, un incontro che dichiarasse subito differenze di approccio alla vita tra i due personaggi principali, visioni del mondo inizialmente inconciliabili. Ho sentito che Viola doveva essere atletica, e Francesco un nerd. Un ex bambino pigro e sedentario, ecco. E siccome è da qualche anno che pratico lo yoga, e ho scoperto che adoro le posizioni in equilibrio sulle mani, sugli avambracci, e a testa in giù, mi è venuto in mente che Viola potesse condividere questo piacere. Tra l’altro lei ha movenze e spirito che ricordano a Francesco quelli di un gatto, e anche i gatti a volte si sdraiano sulla schiena per guardarti sottosopra. Per alcuni ex ginnasti tornare in verticale è ritrovare un contatto con la parte di sé abituata a volare, è un rimettersi al centro, ridiscutere i punti di riferimento, e dal momento che la scena che avevo in mente si svolge in un parco, mettersi in verticale comporta che al posto del cielo vedi il prato, vedi un cielo d’erba. E ho pensato che fosse una bella immagine, e un simbolo adeguato.


D. QUAL È STATA LA SCENA PIÙ DIFFICILE DEL ROMANZO?

R. C’è un momento molto drammatico, che non anticipo, in cui la mente di Francesco si inabissa in un gorgo di pensieri nefasti, e si imbeve di controinformazione di natura transfobica. Lo fa non perché abbia un animo violento o intollerante, ma perché da un certo punto in poi vive la transizione della persona che ama come qualcosa che gliela porta via, la cancella dalla sua vista, la sostituisce con un maschio sconosciuto e indesiderato che lui considera “il peggior rivale in amore che si possa immaginare: l’uomo che sta prendendo il posto di tua moglie”. Lì ho sofferto davvero, perché sono pensieri che non solo non mi appartengono, ma che nella vita avverso e combatto. Ma ho voluto, dovuto accompagnare Francesco in una vera e propria discesa agli inferi intellettuale ed emotiva. E la sofferenza non passa. Certe pagine, se le rileggo, mi fanno ancora stare male. 


D. COSA TI AIUTA A CONCENTRARTI MENTRE SCRIVI?

R. Dopo una corsa al parco o mezz’ora di yoga e una doccia fresca, è come se tutte le idee che ho in mente venissero lavate, pettinate e messe in ordine ad asciugare. Allungare muscoli e tendini mi dà, a posteriori, la sensazione di ragionare meglio, come se anche la psiche avesse fatto esercizi di elasticità. Mantenere la capacità di eseguire la spaccata per me è una forma rituale di dedizione a tante cose, a me stesso, al mio passato, a un’idea superiore di umiltà e disciplina, alla tutela del benessere del corpo che poi si riflette sull’anima. È un’esperienza che mi piace trasmettere quando ho l’occasione di proporre dei corsi di teatro musicale o di preparazione alla scena, attività che mi piace tantissimo, purché a piccole dosi e in ambiti molto seri. 


D. ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA? 

R. Oh sì, assolutamente. “La morte della bellezza” di Giuseppe Patroni Griffi. Lessi questo romanzo e rimasi senza fiato. Vedevo tutto, sentivo tutto, i rumori, i sapori. E soprattutto mi resi conto che la mia vita intima era un disastro: non mi concedevo nulla, nemmeno i desideri. Da quel momento in poi decisi che non avrei più fatto a meno di vivere le mie esperienze con l’intensità e la libertà che per via di tanti condizionamenti non mi ero mai concesse. E questo dopo aver letto un libro! Non dopo aver incontrato l’amante dei sogni. Non dopo aver studiato trattati sulla vita di coppia. Non dopo essermi fatto una fantasiosa cultura sui film porno. Dopo aver letto un libro. Per la prima volta ho percepito quanto potere e quanto fascino possa esercitare la parola scritta, e a quali livelli di profondità riesca ad agire, ad attivare risoluzioni. Il libro giusto al momento giusto la vita te la cambia, altro che chiacchiere.


D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE... CHE VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R. Sì. Se avete una paura istintiva di qualcuno che tutto sommato non conoscete, ma che fa parte di un gruppo del quale vi hanno detto o avete letto peste e corna, provate a parlarci, per pochi minuti, e a farvi spiegare le sue ragioni. Male che vada resterete con le idee che avevate prima. Oppure, chissà, vi si potrebbe aprire una nuova prospettiva, grazie alla quale posare uno sguardo nuovo, più ampio e sereno, sul mondo e sulle persone. Potrebbe essere la scoperta del vostro personale cielo d’erba.


D. PROGETTI PER IL FUTURO? 

R. Continuare a scrivere, imparare a farlo meglio, e a non lasciarmi sopraffare dalla timidezza che a volte mi blocca quando è proprio il momento giusto per presentarmi e propormi. Magari mi ci vuole solo un completo nuovo fatto da un sarto…

Desidero ringraziare Gianfranco Vergoni per aver risposto alle mie domande

In libreria e sugli store online dal 25 aprile 2023 Longanesi


SINOSSI 

Francesco è un giovane disoccupato, spesso prigioniero delle proprie fragilità. Viola per lui è una rivelazione. Gli dà forza e fiducia in se stesso e lui la adora, adora tutto di lei. E anche Viola impara ad amarlo e ad aprirsi con lui, nonostante la propria natura un po' da gatto e un po' da istrice. È soltanto grazie a lei che Francesco ha imparato a guardare il mondo da una nuova prospettiva, capovolta. Le cose non sono come sembrano, e non devono per forza andar sempre male. Così le loro vite – lui che trova finalmente un impiego in un mercatino dell'usato, lei che lavora nel bar dei genitori – si uniscono in modo indissolubile. L'innamoramento porta alla convivenza e poi al matrimonio. Ma l'idillio dura poco, perché Francesco si accorge che Viola è sempre più cupa e scontrosa, c'è qualcosa che la tormenta e la divora da dentro. Il ragazzo decide di affrontarla e, sulla scorta di un terribile sospetto, le chiede se ci sia un altro uomo. E un altro uomo, in effetti, c'è: è Viola stessa. Viola che non è mai stata a suo agio dentro il corpo di una donna, dentro quell'identità. Viola che ha deciso di ascoltarsi, finalmente, e avviare il processo di transizione di genere. L'amore che prova per Francesco non è messo in discussione e lui, sospinto da un sentimento assoluto e incrollabile, cerca con tutto se stesso di accettare la situazione e di sostenere la moglie. Ma l'amore, il vero amore, può davvero resistere a tutto? Nessun aspetto viene nascosto al lettore, né sentimentale né fisico o sessuale, in un percorso che sfida le convenzioni raccontando l'amore come non è mai stato raccontato prima. Una narrazione matura, energica e allo stesso tempo delicata, che supera con coraggio gli stereotipi e trascina il lettore nei meandri più profondi dell'animo umano.


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13 giugno 2023

“.. CHIACCHIERATA CON ARIANNA MORTELLITI, AUTRICE DEL ROMANZO: QUELLA VOLTA CHE MIA MOGLIE HA CUCINATO I PEPERONI”





Cari lettori,

L'ospite di oggi è Arianna Mortelliti, nata a Roma nel 1987, si è laureata in Scienze Biologiche e lavora come insegnante nella scuola.


D: QUANDO HAI CAPITO DI ESSERE PORTATA PER LA SCRITTURA?

R: Ho sempre amato scrivere. Lettere, diari, pensieri. Lo faccio fin da quando sono bambina. Un romanzo, però, è qualcosa di diverso. Dentro di me sapevo che prima o poi mi sarebbe piaciuto intraprendere questo percorso, ma non trovavo mai il coraggio di cominciare. Tra il 2018 e il 2019 ho supportato nella scrittura mio nonno, diventato ormai cieco. Ricordo quell’anno come il più felice della mia vita, forse perché finalmente avevo trovato la mia dimensione: mattina “scienziata”, pomeriggio scrittrice. A dicembre del 2019 mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza lavorativa con nonno, da quel momento mio padre non ha fatto che spronarmi a scrivere un romanzo. È stato lui ad avere così tanta fiducia in me da farmi trovare finalmente il coraggio. E così, tra fine agosto e inizio settembre 2020, ho buttato giù la storia di Arturo e della sua famiglia.

D: DOVE HAI TROVATO L’IDEA PER QUESTO LIBRO E COSA TI HA INSEGNATO?

R: L’idea del romanzo è nata mentre cercavo di metabolizzare la perdita di nonno. Prima di lasciarci, è stato in coma per un mese, dal 17 giugno al 17 luglio 2019. Situazioni di questo tipo lasciano un’impronta emotiva molto forte. La persona cara è davanti a te, respira, vive, esiste. Eppure sembra altrove. Non risponde, non reagisce. Nessuno sa se abbia percezione di sé e dell’ambiente intorno. Io gli parlavo, sapendolo cieco temevo potesse impaurirsi e cercavo di tranquillizzarlo raccontandogli dove fosse e perché. Scrivere la storia di Arturo, un anno dopo questa esperienza, mi ha aiutato a lasciarmi alle spalle il dolore. Alla fine la scrittura è diventata l’unica terapia utile per ricordare nonno con il sorriso. 
Prima di questo romanzo, a causa della mia impostazione scientifica, cercavo risposte nella ragione. Dado, il fratello di Arturo, mi ha insegnato che l’immaginazione, certe volte, può salvarci la vita.

D: COME COSTRUISCI I TUOI PERSONAGGI E LA TRAMA?

R: Mi piace raccontare più storie in un unico romanzo, scrivere di come si mescolino le vite delle persone, di come un singolo incontro possa cambiare il percorso di ciascuno. Della vita dei miei personaggi si sa poco, di alcuni nemmeno che lavoro facciano. Preferisco lasciare spazio alle loro emozioni, ai loro turbamenti interiori. Racconto del loro animo, della loro coscienza. Non li delineo in maniera precisa prima di scrivere, solitamente vengono fuori a mano a mano che la storia procede. La trama di “Quella volta che mia moglie ha cucinato i peperoni” l’ho pensata in macchina, bloccata nel traffico di Roma. 

D: CI SONO PERSONAGGI NEL TUO LIBRO “QUELLA VOLTA CHE MIA MOGLIE HA CUCINATO I PEPERONI”CHE HANNO SOMIGLIANZE CON TE O PERSONE CHE CONOSCI?

R: La mia famiglia, come quella del romanzo, è matriarcale. Non ci sono personaggi femminili direttamente riconducibili a un elemento della famiglia, ma in ognuno di loro c’è un po’ di tutte noi. Sfaccettature del carattere e modi di fare. Nella figura di Nina, una delle nipoti di Arturo, rivedo parte di me e della complicità che rendeva unico il legame con mio nonno. 

D: QUALE PARTE DEL TUO PROCESSO DI SCRITTURA È LA PIÙ DIFFICILE?

R: Ho deciso di scrivere senza un narratore esterno, ma sempre dal punto di vista del protagonista. Questa scelta ha reso difficili alcuni passaggi del libro, perché ogni fatto raccontato doveva essere stato necessariamente visto o sentito dal protagonista. La parte più difficile dunque è stata svelare i segreti della famiglia solo attraverso i dettagli conosciuti da Arturo.

D: PUOI RACCONTARCI UN ANEDDOTO LEGATO A TUO NONNO IL GRANDE ANDREA CAMILLERI?

R: L’ho avuto accanto per 32 anni, difficile scegliere un aneddoto in particolare. Adoro ripensare al periodo in cui ho lavorato con lui, perché abbiamo trascorso moltissime ore da soli e questo ci ha permesso di legarci ancora di più. Siamo sempre stati complici, ho preso molto del suo carattere, ma rispetto all’infanzia in quella fase ho vissuto il rapporto con maggiore consapevolezza. Abbiamo smesso di considerarci nonno e nipote e ci siamo scoperti ottimi amici e confidenti. Quello che ci siamo detti lo conserverò sempre nel cuore.

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Continuare a fare l’insegnante di scienze, perché adoro il contatto con i ragazzi, amo la mia materia e ritengo sia importante cercare di far capire agli altri come funzioniamo noi e l’ambiente in cui viviamo. La scrittura è una nuova strada che mi si è aperta davanti, spero le due cose possano andare in parallelo senza scontrarsi mai. Il secondo romanzo è già pronto.

Ringrazio Arianna Mortelliti per aver risposto alle mie domande.



Nelle librerie e sugli store online dal 4 aprile 2023 Mondadori


SINOSSI

Arturo Baldi, novantacinque anni, viene portato d'urgenza in ospedale, dove scivola in un coma profondo. A dispetto dei neurologi, che lo escludono categoricamente, la coscienza di Arturo è ancora vigile. In questo misterioso tempo sospeso Arturo riesce a sentire, uno per uno, tutti i componenti della famiglia che vengono a fargli visita in una incessante sequenza di confessioni, sfoghi, preghiere. In quei meandri della coscienza, domina il faccia a faccia con Dado, il fratello inquieto, il pittore talentuoso, il ribelle che manca da anni dentro il teatro famigliare. In questa sorta di popolata immobilità, Arturo risale dall'infanzia fino alla costruzione della grande famiglia che ora, intorno al suo letto, stilla parole e memoria. Così seguiamo l'amore che lo lega a Carolina da tutta una vita, le figlie Dori e Fiore, le nipoti Margherita e Nina, prossima alle nozze, e la pronipote Anna, che ha ereditato dal prozio mai conosciuto l'occhio e la mano da pittrice. Dado è lo specchio per tornare indietro nel tempo, nel formicolio di segreti che alligna là dove la famiglia sembra più salda. Arianna Mortelliti, alla sua prima prova narrativa ma cresciuta alla scuola del nonno Andrea Camilleri, scrive un romanzo decisamente intrigante, calibrando suspense e informazioni all'interno di una struttura a dialoghi che, progressivamente, scioglie nodi e ambiguità.


COSA NE PENSO

Ci troviamo di fronte a due fratelli alquanto diversi tra loro, Dado e Arturo Baldi.
Diversi come lo sono il sole e la luna, ma uniti nel cuore.
Il romanzo si focalizza principalmente sugli ultimi giorni di vita di Arturo,ormai ultra novantenne e in coma.

“È tutto confuso adesso,mi sembra quasi di sognare... Non capisco nemmeno se è un incubo o un bel sogno.”
Pensieri negativi e ricordi felici si intrecciano in un unica immagine.
“ Sai cosa mi ricorda tutto questo?”
“Cosa?”
“Mi sembra uno di quegli incubi che faccio dopo aver mangiato i peperoni al forno di Carolina.”

La sensazione che mi ha lasciato questo romanzo a fine lettura, e che la nostra morte sarà ciò che è stata la nostra vita.Noi reagiamo di fronte alla nostra transizione nello stesso modo in cui abbiamo reagito davanti a tutti i grandi avvenimenti prodottisi durante la nostra esistenza. E tutto questo lo scopriremo grazie ad Arturo che visto dall’esterno, può sembrare immerso in un sonno profondo, una condizione caratterizzata dall’inconsapevolezza 
di sé e dell’ambiente.
Ma di fatto non è così perché lui ascolta. Il suo stato di incoscienza gli permette infatti di sentire, forse per la prima volta quello che hanno da dirgli le donne della sua vita, da sua moglie Carolina, alle sue figlie fino alle sue nipoti, tutte riunitesi al suo capezzale, mentre lui rimane avvolto nel torpore della sua mente che viaggia inesorabile avanti e indietro nel tempo.
In conclusione,lo stile curato e preciso dell'autrice dà linfa e consistenza alla storia.
Una sorta di piccola preghiera muta che Arianna rivolge al suo amato e compianto nonno Andrea Camilleri.
Lettura consigliata!




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02 giugno 2023

GIUSY SCIACCA: INTERVISTA ALLA SCRITTRICE DEL ROMANZO “D’AMORE E DI RABBIA ”

Cari lettori e cari lettrici,

Bentrovati! L'ospite di questa nuova intervista è Giusy Sciacca. 
Giusy Sciacca, nata a Lentini (SR), vive oggi tra Roma e Siracusa.
Dopo aver conseguito a Catania la laurea in Lingue e Letterature Straniere, è autrice di narrativa e testi teatrali. Nel 2021 ha pubblicato Virità, femminile singolare-plurale (Edizioni Kalòs), dando voce a venti donne siciliane della mitologia e storia mediterranea. Scrive di libri e cultura per varie testate giornalistiche.
 

D. GIUSY PARLAMI DI TE E DEL TUO INCONTRO CON LA LETTERATURA…

R. In tutta sincerità non saprei da dove cominciare! Dovrei veramente guardarmi indietro, molto indietro, e ripensare al mio percorso da lettrice, da autrice, da ricercatrice anche. Non è semplice individuare un solo momento. Il mio incontro con la “pagina scritta” avviene sicuramente in tenera età, ho sempre letto e ho iniziato con “I ragazzi della via Pal” di Molnàr e “Piccole donne” di Louisa May Alcott. Leggevo anche in inglese perché è una lingua che sentivo (anche per motivi familiari) e parlavo già da ragazzina. La folgorazione è poi avvenuta negli anni con la letteratura siciliana, che mi ha nutrita nell’amore per la letteratura e la mia terra, e ancora nella letteratura straniera, anglo-americana e tedesca soprattutto, perché è il percorso di studi universitari che ho scelto. A quegli anni farei risalire l’inizio della mia passione per la ricerca storica e genealogica. Mai svolta in ambito accademico, ma per curiosità e passione, indagando soprattutto l’esperienza femminile nella storia mediterranea. Come autrice, credo che il mio incontro con la “pagina bianca” sia avvenuto invece davanti alla macchina da scrivere di mio padre, una vecchia Olivetti Lettera 32, che ho fatto restaurare e che ho su una mensola del mio salotto di casa. Lì, su quei tasti durissimi, ho cominciato a esercitare la fantasia con piccole storie sui fogli protocollo. Dopo molti anni, ho ritrovato anche quelli. 

D. ATTRAVERSO QUALI FASI PASSA LA SCRITTURA DI UN ROMANZO STORICO?

R. Il romanzo storico non può prescindere dalla ricerca, che è una fase propedeutica imprescindibile secondo me. Le autrici e gli autori di romanzi storici hanno una responsabilità nei confronti del pubblico: con la storia non si scherza. Si può reinterpretare, rileggere, ma non si può negare o reinventare. I fatti e i contesti devono essere rispettati, studiati per poter davvero offrire alle lettrici e ai lettori un’esperienza di lettura che è anche viaggio nel tempo per “atterrare” – volendo usare un termine che mi appartiene altrettanto per professione – riflettendo sul presente. Tutto questo utilizzando una lingua vicina ai contemporanei, sempre nel rispetto dei registri e delle ambientazioni. Non è facile, è molto sfidante davvero e la speranza è quella di riuscirci in qualche modo. Tutto questo lo faccio perché mi ascolto, risponde a una mia urgenza e mi appaga. Tornando a me, posso dire che finora la ricerca è sempre stata un’attività appassionante, avvincente, dalla quale poi è quasi difficile staccarsi. Tuttavia, giunge un momento in cui è giusto uscire dagli archivi e iniziare a scrivere per tessere quella trama di vissuto e di emozioni che molti documenti (a parte gli epistolari o altro tipo di documentazione personale) non riescono a renderci. A un certo punto la realtà e il rigore della ricostruzione storica cedono il passo all’immaginazione e alla finzione per fondersi insieme in armonia.

D. QUALI SONO STATE LE FONTI DI ISPIRAZIONE PER LA REALIZZAZIONE DI “D'AMORE E DI RABBIA”? 

R. Nel parlare di fonti potrei specificare delle differenze: fonti storiche, fonti letterarie, fonti affettive. Il romanzo trae spunto da un fatto di cronaca realmente accaduto, per cui direi che la storia è stata ed è sempre fonte di ispirazione e occasione di riflessione. Per le fonti letterarie, mi ripeterò, ma la grande tradizione letteraria siciliana, Verga soprattutto, checché se ne dica viste le recenti polemiche in riferimento ai programmi scolastici. Verga non si tocca, non si deve e non si può toccare. Ma anche la letteratura nazionale del Novecento, senza dubbio, anche se non ho mai smesso di guardarmi attorno e sbirciare la letteratura straniera. Esiste poi quello che definisco un patrimonio bibliografico immateriale che è il mio vissuto, quello della mia famiglia e il nostro passato. Non a caso, personaggi come Marianna Prato mi appartengono più di altri: era la mia trisavola per parte di mamma, la Locanda Prato è davvero esistita e il racconto mi è giunto attraverso i ricordi delle nonne e delle mie zie.

D. QUANTO TEMPO È STATO NECESSARIO PER LA REALIZZAZIONE DEL LIBRO?

R. In realtà si comincia a scrivere un libro ben prima di prendere la penna in mano. I miei scritti prendono forma quando comincia a delinearsi l’idea, quando – all’alba ancora assonnata o al semaforo bloccata nel traffico! – rifletto su come costruire una trama o che volto dare ai personaggi. E al tema che voglio sondare, che mi prende personalmente e che voglio portare all’attenzione del lettore. C’è un tempo per la ricerca delle fonti, dei documenti, e per lo studio di ogni aspetto dalla storia al costume, dall’arte alla gastronomia, la moda, la toponomastica. Tutto questo è necessario per me per immergermi completamente in un mondo distante dal mio. E poi si scrive sul serio. Per fare tutto questo e scrivere “D’amore e di rabbia” ho impiegato all’incirca due anni. 

D. ESISTE UN LIBRO CHE HA AVUTO UNA GRANDE INFLUENZA NELLA TUA VITA?

R. Ce ne sono stati molti. Sarei ingiusta a individuarne solo uno. Ho già citato Verga, “I Malavoglia” e le sue novelle, i capolavori della letteratura siciliana firmati da maestri come Tomasi di Lampedusa, Pirandello, Sciascia, Bufalino, Vittorini. Fino alla letteratura siciliana contemporanea, che è femmina e profuma di zagara, come qualcuno ha già fatto notare ipotizzando un vero e proprio filone. Inoltre, come dicevo, ho sempre guardato alla letteratura straniera. Per me “Orlando” di Virginia Woolf e “Le affinità elettive” di Goethe, la scrittura di Flannery O’Connor e “Stoner” di Williams sono state delle svolte nella mia vita come lettrice. E forse anche come autrice. 

D. C'È QUALCOS'ALTRO CHE VUOI AGGIUNGERE... CHE VORRESTI DIRE AI TUOI LETTORI?

R. Non smetto mai di ringraziare. Lo faccio sempre. Nel diluvio della produzione letteraria che inonda le librerie, nell’abbondanza dell’offerta, essere scelti è un privilegio. Dunque, grazie. 

D. PROGETTI PER IL FUTURO?

R. Scrivere. Come accennavo poc’anzi, la genesi di un romanzo non coincide con la prima parola nero su bianco. C’è quella di certo e ci sono già un paio di progetti in corso che impegnano le mie albe e le mie lunghe attese ai semafori del traffico romano. 

Ringrazio Giusy Sciacca per aver risposto alle mie domande.

Nelle librerie e sugli store online dal 21 marzo 2023 Neri Pozza


SINOSSI

Sicilia, luglio 1922. A Lentini, centro agricolo della provincia siracusana sotto il fiato dell’Etna, avviene un sanguinoso fatto di cronaca, poi sepolto dalla polvere. Tra i protagonisti anche Maria Giudice, fervente sindacalista di origine lombarda e madre della scrittrice Goliarda Sapienza. Alla vigilia della prepotente affermazione fascista, nella cittadina si consuma un’accesa lotta di classe tra la decadente nobiltà latifondista, arroccata nel palazzo baronale dei Beneventano della Corte, e i braccianti. In mezzo, sul confine di quei due mondi, c’è Amelia Di Stefano, una donna fuori posto. Un proverbio popolare siciliano recita che un uccello in gabbia non canta per amore ma per rabbia. Amelia è una donna in trappola. Catanese di nobili origini, ha pagato duramente un errore commesso da giovane. Ora, tradita dalla famiglia e dagli amici della Catania dei salotti, si ritrova in esilio a Lentini, dove oscilla tra la relazione clandestina che la vincola a Francesco, primogenito del potente barone Beneventano della Corte, e il carisma della fiamma ideologica di Mariano Fortunato, personalità di spicco del sindacalismo locale. Attorno a lei, il popolino, la putía di Santina, i dammusi umidi, i colori e le voci del mercato, le corse dei devoti a piedi scalzi, le vanedde strette, la Grotta dei Santi e i suoi miracoli. A confortarla saranno l’affetto di Enza, capociurma di campagna dalla forte personalità, il sorriso imperfetto di Tanino, l’amico artigiano, o ancora la presenza di Ciccio lo sciancato, ultimo tra gli invisibili, che c’è sempre. I due universi convivono, si intrecciano. E Amelia sempre in mezzo, sempre in bilico. Fino a quando non si imporrà l’imperativo di una scelta. E allora nulla sarà come prima.

COSA NE PENSO

Nel suo romanzo “D’amore e di rabbia” Giusy Sciacca trae spunto da episodi realmente accaduti nel luglio del 1922 a Lentini, in provincia di Siracusa, durante un comizio di Maria Giudice, (giornalista e attivista, madre della scrittrice Goliarda Sapienza) In cui la polizia e alcuni nobili latifondisti dai balconi sparano sulla folla uccidendo alcuni popolani due donne. Intervengono squadre armate di agrari e combattenti nazionalfascisti, comandate da un proprietario terriero le cui terre erano state occupate dai contadini nei mesi precedenti. Sin dalle prime pagine, l’autrice riesce ad ammaliare i lettori grazie a una narrazione avvincente e alla scrittura scorrevole. In questo romanzo, tra finzione e realtà, prevale il senso di rivalsa che arde prepotentemente nelle vene in ogni singolo personaggio. Da Santina, Alfio, Rosario, Tanino, Mariano Fortunato, Enza e Carmela, Eleonora, i baroni Beneventano fino alla protagonista principale Amelia Di Stefano. Una donna intrigante, riservata, tenace, determinata, dal passato turbolento convinta delle proprie idee e pronta a battagliare per esse, e con un'indiscussa carica umana. In conclusione, D’amore e di rabbia è decisamente un libro che vale la pena di leggere e che consiglio a tutti.


Intervista e recensione a cura di C.L

©Riproduzione riservata 


18 maggio 2023

RECENSIONE DEL LIBRO: “LE LINEE STORTE DI DIO” DI TORCUATO LUCA DE TENA.



NOTE SULL'AUTORE

Torquato Luca de Tema (Madrid,9 giugno 1923-1giugno 1999)era nipote del fondatore della rivista Blanco y Negro, creata nel 1891,del quotidiano ABC (1909).
Grazie alla professione del padre, che era un diplomatico, Torquato trascorse alcuni anni della sua giovinezza in Cile, dove iniziò a studiare legge e pubblicò il suo primo libro di poesie a soli diciotto anni. Tornato a Madrid si laurea in Giurisprudenza e comincia la sua carriera professionale nel giornalismo.
È stato un corrispondente permanente della stampa a Londra durante la seconda guerra mondiale, Washington,Medio Oriente e Messico. Tra il 1962 e il 1975 è stato direttore del quotidiano ABC ed è intervenuto in politica. Dal 1973 è stato membro a pieno titolo dell'Accademia Reale di Spagna.
La sua ricca produzione letteraria gli è valsa diversi riconoscimenti come il Premio Nazionale per la Letteratura nel 1955, il Premio Fastenrath della Royal Spanish Academy nel 1969 e il Premio Planeta. Le linee storte di Dio è il suo primo romanzo tradotto e pubblicato in Italia.


SINOSSI

Alicia, un investigatore privato, entra in un ospedale psichiatrico simulando la paranoia, al fine di raccogliere prove per il caso su cui sta lavorando. La realtà che dovrà affrontare durante la reclusione supererà ogni sua aspettativa. Un mondo sconosciuto ed emozionante apparirà davanti ai suoi occhi. Il corso che prenderanno gli eventi la vedrà passare da detective a sospettata in un gioco di indizi intrecciati con sorprendente maestria.

In commercio dal 18 novembre 2022 edito Vallecchi Firenze


COSA NE PENSO 

Questo romanzo, considerato un classico, ha dato spunto a una serie tv, che la Netflix ha intitolato “Quando Dio imparò a scrivere”, liberamente ispirata alla trama del romanzo, Alice Gould.
Una storia ambientata in un antico monastero spagnolo, rimodernato per accogliere un manicomio dove vivono circa 800 pazienti.
In alcuni momenti ho faticato a stare dietro alla storia, per via dell’ambientazione insolita che non aiuta a capire le personalità dei personaggi che mano a mano assumono un aspetto psicologico differente rispetto all'inizio.
Un libro crudo, a volte inverosimile, pieno di sofferenze atroci, senza veli sull'inconscio umano e la pochezza dell'anima. Buona lettura!


Recensione a cura di C.L

© Riproduzione riservata


09 maggio 2023

INTERVISTA A CATERINA FALCONI, AUTRICE DEL LIBRO ROSE DI CAPODANNO.


Cari lettori,

Bentrovati! L' ospite di questa nuova intervista è Caterina Falconi.
Caterina Falconi,laureata in Filosofia. In oltre un decennio ha pubblicato diversi libri narrativi e di altro genere, facendosi apprezzare come autrice di testi per bambini e ragazzi. Sue molte delle sceneggiature del cartone “Carotina Super Bip”. Collabora alla Rusconi Libri con la serie dei “Giovani Ficcanaso” di sua ideazione e riduzioni di grandi classici della letteratura universale, tra le quali la riscrittura della “Divina Commedia” e “Dracula”. 
Ha curato con Francesca Bofanini l'antologia “La vita invisibile” (Avagliano) ed è autrice di “Dammi da bere” (Mimep Docete).
Nel 2021 è uscita con i romanzi “Dimmelo adesso” (Vallecchi, Firenze) e, al debutto nel noir, ”La volta di troppo” (Clown Bianco, nella selezione del premio GialloLuna NeroNotte).


D: CATERINA CI PARLI DI LEI E DEL SUO INCONTRO CON LA LETTERATURA...

R: Il mio incontro con la letteratura è avvenuto nell’infanzia, quando mi è stato regalato il libro “Storie proprio così” di Rudyard Kipling. Benché avessi otto anni, percepii nelle pagine una forza, una bellezza, una magia superiori e diverse dalle emozioni suscitare in me da fiabe e favole. Successivamente ho approcciato i classici leggendo le riduzioni magnifiche che circolavano quando ero piccola. Ricordo una collana stupenda, “La scala d’oro”, che mi ha fatta innamorare di Shakespeare e dei classici. Di me posso dire ben poco. Preferisco che siano i miei libri a raccontare qualcosa dell’autrice.

D: HA DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R: Scrivo seguendo dei ritmi inderogabili, nel senso che riesco a lavorare solo così. Mi alzo all’alba, faccio colazione e nutro i miei gatti, poi mi metto al computer e scrivo, mentre i mici si acciambellano nelle ceste attorno al pc. Il pomeriggio abbozzo le trame e fantastico su cosa scrivere l’indomani appena sveglia.

D: QUALE È STATA LA DIFFICOLTÀ MAGGIORE DURANTE LA STESURA DEL ROMANZO “ROSE DI CAPODANNO”?

R: La difficoltà maggiore è stata documentarmi sulle norme procedurali di un’indagine di polizia. Ma ho potuto contare sulla benevola consulenza di molti amici delle forze dell’ordine e colleghi scrittori.

D: QUANTO TEMPO E’STATO NECESSARIO PER LA REALIZZAZIONE DEL LIBRO?

R: Esattamente nove mesi, il tempo di una gravidanza.

D: UNA SCENA DEL LIBRO CHE LE PIACE PARTICOLARMENTE?

R: L’incontro tra madre Maura e l’ispettore Vera Ferri nella serra monumentale adibita a convento. Sono due donne dall’animo d’acciaio, danneggiate e fortificate dai trami superati. Persone etiche, temerarie, intelligenti e vocate al bene.

D: UN LIBRO CHE NON SI STANCHERÀ MAI DI RILEGGERE?

R: “Il giro di vite” di Henry James. È tutto giocato sull’ambivalenza tra sovrannaturale e delirio, un taglio narrativo ripreso dal grande Patrick McGrath. James riesce a rendere con levità stilistica un tema terrifico, quello dell’innocenza pervertita dal male metafisico, che poi è un topos della letteratura e della filmografia horror.

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: Rimodularmi come autrice, capire cosa voglio veramente raccontare, seguitando al contempo quelle attività di scrittura collaterali che amo tanto: la produzione per bambini e la collaborazione con una nota rivista italiana. 


Desidero ringraziare Caterina Falconi per aver risposto alle mie domande.


In copertina: Illustrazione di Lisa Vassalle 
Nelle librerie e sugli store online dal 18 novembre 2022 Vallecchi


SINOSSI

Un'operatrice sanitaria viene assassinata in circostanze scabrose e con modalità strambe nel corso di un incontro carnale clandestino sul posto di lavoro. È la vigilia di Capodanno e la Questura di Teramo è a corto di personale. La PM in servizio, un'ultracinquantenne di intenso glamour e raro fiuto investigativo, incarica l'ispettore capo Vera Ferri della conduzione delle indagini. Reduce da una relazione abusiva, la Ferri ravvisa presto nel delitto la mano di uno psicopatico. Ad affiancarla nell'inchiesta, l'incantevole ispettore Stella Bellosguardo, appassionata di film horror, e lo psichiatra forense Massimo Dejana, clinico brillante e nerd incallito. Il commissario Mariano Forandola, perdutamente innamorato di Vera e al momento in malattia, collabora dietro le quinte con la sua sostituta. La scena del delitto è una vecchia scuola trasformata in istituto di riabilitazione. Un edificio disarmonico, labirintico, che fronteggia la serra monumentale adattata a convento in cui risiedono quattro consacrate decisamente sui generis: le Suore Gertrudine, che non disdegnano la cura di sé, il maquillage e gli abiti civili.
Una vicenda inquietante, dai risvolti originali,e dispiegata con estrema disinvoltura.


COSA NE PENSO

In “Rose di Capodanno” sono tante le protagoniste femminili, dalla vittima Claudia Paladini al sostituto procuratore Manuela Travaglini, dall’Ispettore capo Vera Ferri all’Ispettore Stella Bellosguardo e poi le suore Gertrudine.
Tutte loro hanno alle loro spalle storie che le hanno segnate. L' autrice dimostra di conoscere l’animo delle donne e i sentimenti che in esse si dibattono.
Non è un libro solo al femminile ci sono anche delle figure maschili altrettanto significative dallo psichiatra forense Massimo Dejana,al commissario Mariano Forandola.
Un thriller originale sotto molti aspetti, interessante nella trama e ricco di spunti che lo rendono avvincente fin dalle prime battute.
In conclusione, lo stile narrativo di Caterina Falconi si rivela elegante, e accurato.Una lettura piacevole che mantiene sempre alta l’attenzione sul susseguirsi degli eventi. Da leggere! Buona lettura.


Intervista e recensione a cura di C.L

© Riproduzione riservata




04 maggio 2023

INTERVISTA A SOFIA PIRANDELLO




Cari amici e care amiche,

L'ospite di questa nuova intervista è Sofia Pirandello.
Sofia Pirandello (Roma, 1993) vive e lavora a Milano. Autrice dei romanzi "Candido suicida" (Round Robin, 2018), che ha vinto il Premio Siae “Sillumina” per l’opera prima e per la traduzione negli Stati Uniti, e "Bestie" (Round Robin editore 2022), ha conseguito il Dottorato in filosofia ed è co-fondatrice e membro della rivista d'arte contemporanea TBD - Ultramagazine.



D: IL SUO TRISAVOLO ERA IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA LUIGI PIRANDELLO, FIGURA DI PRIMO PIANO DELLA LETTERATURA ITALIANA DEL NOVECENTO.QUANDO HA CAPITO DI ESSERE PORTATA ANCHE LEI PER LA SCRITTURA?

R: La mia fascinazione per le parole, la lettura e poi per la scrittura, è arrivata molto prima che io potessi comprendere davvero chi è stato Luigi Pirandello. I libri mi sono sempre piaciuti, mi ricordo che provavo invidia per gli adulti, che sapevano leggere quando ancora io non avevo imparato. Credo di dovere questa inclinazione principalmente a mia madre, che è una narratrice molto prolifica, che mi raccontava storie di sua invenzione o che mi leggeva dei libri prima di andare a dormire (ricordo soprattutto Il Mago di Oz, che aveva appassionato entrambe).

D: QUALE È STATA LA DIFFICOLTÀ MAGGIORE DURANTE LA STESURA DEL ROMANZO “BESTIE"?

R: Non credo di aver vissuto difficoltà particolari, a parte quelle che sono per me sempre presenti nella scrittura. Su tutte, forse, la mancanza di tempo da dedicare completamente alla stesura del libro, cercando di trovare un equilibrio con il lavoro, la vita affettiva e familiare, il tempo perso. 

D: L’ASPETTO POSITIVO E QUELLO NEGATIVO DELL' ESSERE UNA SCRITTRICE?

R: In generale, scrivere per me significa tornare spesso sugli stessi passaggi, in un processo che si rivela stancante e complicato, alle volte persino snervante. Sono una persona molto pigra, combatto spesso una lotta intestina fra la parte di me che vorrebbe perdersi nella cura dei dettagli (che comunque vince sempre) e quella che preferirebbe uscire a fare un giro in bicicletta. La cosa più bella è invece la vicinanza che man mano si crea con altre persone che scrivono o che lavorano nel settore.

D: HA DELLE ABITUDINI PARTICOLARI DURANTE LA SCRITTURA?

R: Mi piace scrivere di sera e di notte e ho sempre preferito l’estate, anche per motivi pratici legati alla scansione degli impegni lavorativi durante l’anno. Comincio a buttare giù le mie idee a penna e continuo al computer solo quando ho accumulato una serie di pagine. Pane, cioccolato e una posizione comoda ma contorta, che il giorno dopo rimpiangerò, non possono mancare.

D: CI PARLI DELLE INFLUENZE LETTERARIE CHE HA AVUTO, DEGLI SCRITTORI CHE AMA.

R: Di sicuro ne dimenticherò qualcuno e qualcuna. Ho letto e amato molto la letteratura francese (specialmente André Gide, Raymond Queneau, Marguerite Duras) e quella ungherese (per esempio Magda Szabó, Ágota Kristóf e Sándor Márai). Un libro a cui ripenso spesso è Il Maestro e Margherita di Bulgakov. Tra gli iper-contemporanei, mi sono appassionata ai resoconti romanzati di Oliver Sacks sui casi clinici che seguiva, pensando ai quali ho scritto un paio di racconti.

D: UN LIBRO CHE NON SI STANCHERÀ MAI DI RILEGGERE?

R: Non amo rileggere i libri, ma appunto spesso delle frasi che mi hanno colpita particolarmente e sulle quali ritorno di frequente. In questo senso, penso a tutti i libri di Pavese e di Morante, La lingua salvata di Canetti, Vicino al cuore selvaggio di Lispector, tra quelli che più hanno modificato il mio modo di pensare alla scrittura.

D: PROGETTI PER IL FUTURO?

R: La scrittura fa parte della mia vita anche da un punto di vista lavorativo, quindi in effetti scrivo sempre e continuamente, seppure di volta in volta si tratti di testi o libri molto diversi tra loro. Per rimanere sulla letteratura, ho già cominciato a scrivere altro, ma al momento non so bene in che direzione stia andando questa nuova storia.

Desidero ringraziare Sofia Pirandello per aver risposto alle mie domande.



Intervista a cura di C.L 

© Riproduzione riservata 

Photo by ©Rosa Cinelli

26 aprile 2023

RECENSIONE DEL LIBRO: LA RAGAZZA BLU DI KIM MICHELE RICHARDSON





NOTE SULL' AUTRICE

Kim Michele Richardson è nata e cresciuta in Kentucky, dove vive con la sua famiglia e i suoi cani. Pluripremiata autrice di numerosi bestseller, si è ispirata per La ragazza blu agli impavidi bibliotecari del Pack Horse, nati dal New Deal del presidente Roosevelt, e alla storia vera del Popolo Blu del Kentucky, lo Stato dove fu individuata per la prima volta la metemoglobinemia , una rara alterazione genetica che colora la pelle di blu. Il suo libro ha conquistato le classifiche di New York Times , Los Angeles Times e USA Today e si è aggiudicato ventisei riconoscimenti letterari. 


SINOSSI 

Cussy Mary Carter ha diciannove anni, è intelligente, indipendente, con un'insaziabile sete di sapere. E ha la pelle blu: ultima testimone di un popolo, realmente esistito, che superstizioni e maldicenze hanno segregato nelle zone più impervie dei monti Appalachi. Nei giorni più difficili, cerca conforto nel suo cuscino come da una carezza. Ne ha ricavato la federa dal vestito che sua madre le aveva cucito quando era bambina. Diceva che il blu della stoffa avrebbe fatto sembrare la sua pelle più bianca; un po' meno colorata, almeno. Con sua madre tutto sembrava più leggero, anche gli sguardi feroci della gente, anche l'isolamento in cui la sua famiglia deve vivere a causa di una rara alterazione genetica che rende l'epidermide di un blu cielo, pronto a scurirsi a ogni emozione. Ma Cussy, detta Bluette, non ha ereditato dai suoi avi solo il suo colore. Sa leggere, cosa rara su quei monti negli anni Trenta della Grande Depressione, e ancor più per una donna. È orgogliosa, determinata, e curiosa di imparare ogni cosa. Per questo è stata subito entusiasta di aderire all'innovativo progetto che Eleanor Roosevelt ha istituito per diffondere la lettura. A dorso di un mulo, il suo compito è portare libri e giornali nelle zone più remote e disagiate. Non solo un impiego, di più: una missione, perché per molti quelli sono gli unici spiragli di luce in una vita di lotta e sopraffazione. Nonostante crudeli pregiudizi, nonostante suo padre, che pure la ama profondamente, per proteggerla cerchi di affibbiarle un marito qualsiasi, nonostante il fanatico predicatore Frazier le dia la caccia per purificarla a forza dal suo peccato blu, Cussy non smette di bramare e difendere la libertà che la cultura e il suo lavoro le danno. E nemmeno di combattere per il suo riscatto, la sua indipendenza, il vero amore che sente di meritare.

In libreria e sugli store online dal 19 ottobre 2022 Pienogiorno


COSA NE PENSO

C’era una volta, nelle isolate campagne del Kentucky, il cosiddetto Popolo Blu.
Intere famiglie emarginate dal mondo esterno per mezzo di una rara malattia genetica che come si legge nel libro condizionò la loro quotidianità.
Grazie alla protagonista in “La ragazza blu” Cussy Mary Carter, approfondiremo due dei mali più assertivi e crudeli tuttora esistenti e cioè, l'emarginazione di un essere umano e i diritti negati alle donne.
Un romanzo di impegno sociale, ma non solo, un intreccio di storie e di destini.
Fortunatamente però non tutto è perduto in questo romanzo, perché esistono l’amore, la lealtà e la carità. 
Per Cussy “Bluette” arriverà il momento del riscatto tanto agognato e una vita finalmente normale.
In conclusione,tra le pagine di questo romanzo si sente forte la cura che Kim Michele Richardson ha messo nel suo scritto, nell'informarsi, nel mettere nella storia notizie formative, non banali. 
Un romanzo che non passa inosservato. Buona lettura!

Recensione a cura di C.L

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