CONOSCIAMO MEGLIO LE AUTRICI DI “ECHI LONTANI”.




  







“Echi lontani” (ed.Porto Seguro) è  stato scritto da due giovani insegnanti pistoiesi che debuttano così nel campo del giallo.Francesca Banchini nasce a Firenze nel 1979.Silvia Mannelli nasce a Pistoia nel 1979. Dopo il diploma al liceo classico e la laurea in lettere, entrambe insegnano in una scuola secondaria di primo grado di Pistoia, occupandosi in particolare di educazione alla lettura e di tecniche di scrittura.


D: COM’È NATA LA VOSTRA COLLABORAZIONE LETTERARIA?

Silvia: Noi siamo colleghe, entrambe insegnanti di lettere in una scuola secondaria di primo grado di Pistoia. Negli anni abbiamo cominciato a sperimentare delle nuove metodologie didattiche per l’italiano, metodologie che si basano soprattutto sull’insegnamento di tecniche di scrittura e di lettura. Abbiamo quindi cominciato a scrivere molto per finalità didattiche e poi, quando abbiamo sentito raccontare una storia avvenuta durante la Seconda Guerra Mondiale sulla montagna pistoiese, l’idea è venuta praticamente da sola: proviamo a trasformarla in romanzo!

D: QUANTE STORIE, ROMANZI, RACCONTI, LIBRI O EBOOK AVETE SCRITTO FINORA?

Silvia: Abbiamo scritto molto con finalità didattiche (brevi racconti, descrizioni, dialoghi, incipit di storie…). Spesso infatti quando ci servono dei testi da usare come esempi da proporre ai nostri ragazzi, accanto a modelli di autori e scrittori, ci piace anche proporre qualcosa di nostro. Francesca ha curato due libri nati dal lavoro con alcuni studenti della scuola, partendo da documenti legati al periodo della guerra (“Il cuore batte nel pensiero”, ed. Polistampa, 2018 e “Una piccola storia”, ed.  Alvivo, 2019). “Echi lontani” è però per entrambe il primo romanzo.

D: IL VOSTRO RACCONTO È TRATTO DA ALCUNI EVENTI E PERSONE REALMENTE ESISTITI, COM’È STATO RACCONTARE UNA STORIA TANTO DELICATA IN UN CONTESTO STORICO ALTRETTANTO SIGNIFICATIVO PER L’INTERA UMANITÀ?

Silvia: “Echi lontani” si basa su una storia vera (anche se poi noi l’abbiamo romanzata) e su un contesto reale: quello della situazione sulla montagna pistoiese che, dopo l’8 settembre 1943, si trovò in piena linea gotica. Abbiamo cercato di essere molto fedeli alla realtà storica nelle descrizioni, nella caratterizzazione dei personaggi e nell’ambientazione; anche per tutti i riferimenti a documenti, verbali e interrogatori ci siamo basati sugli originali che abbiamo consultato negli archivi. Abbiamo sentito molto la responsabilità di quel che scrivevamo e abbiamo voluto essere rispettose di una realtà terribile che ha fatto soffrire molte persone. Crediamo che custodire la memoria di quegli anni e di quegli eventi sia un dovere morale sempre più pressante, via via che gli anni passano e che i testimoni diretti diventano meno numerosi, anche per questo abbiamo voluto essere molto fedeli alla realtà storica nella ricostruzione del nostro romanzo.

D: QUAL È IL LIBRO CHE VI HA LASCIATO UN SEGNO?

Francesca: Uno dei libri che è stato più significativo per me è stato “Una storia semplice” di Sciascia. Un libro brevissimo e di facile lettura, ma estremamente profondo e attuale. L’uomo della Volvo, un personaggio apparentemente secondario e marginale, tanto che nel romanzo non ha nemmeno un nome, potrebbe, con la sua testimonianza, far emergere la verità su quella che è tutt’altro che una storia semplice; solo che non ha nessuna voglia di mettersi nei guai e preferisce farsi gli affari propri. La giustizia, così, non ha alcuna possibilità di prevalere. E’ stato un libro che mi ha catturato fin dalla prima volta che l’ho letto, quando ero alle scuole medie, e più vado avanti, più lo considero una straordinaria metafora della scelta che tutti, prima o poi, ci troviamo a compiere fra ciò che è giusto e ciò che ci conviene.

Silvia: un libro che mi rimarrà sempre nel cuore è “Cecità” di Saramago. Questo libro è stato un pugno nello stomaco: i personaggi senza nome, il buio bianco, la condizione di non vedenti come simbolo della perdita della ragione umana, della dignità di uomini, condizioni estremamente contagiose. la crudezza e l’orrore descritti nel romanzo sono sprone a non arrendersi alla follia che ci circonda, a lottare sempre per ciò che riteniamo giusto, a non soccombere davanti al dolore.

D: COSA VUOL DIRE PER VOI SCRIVERE?

Francesca: scrivere è viaggiare con l’anima, liberare i pensieri, incontrare mondi diversi, trovare una bolla di spazio e tempo nella quale sospendere tutto il resto e tirar fuori me stessa e le storie che ho dentro, scoprendo poi che le storie hanno già una loro identità e sono lì che aspettano che io le scriva.

Silvia: scrivere prima di tutto è per me un esercizio per l’anima: quando scrivo il resto del mondo intorno a me scompare e i miei unici compagni di viaggio sono le parole, i personaggi che cominciano a raccontarmi la loro storia, i paesaggi nei quali sono immersi. La scrittura è catartica e mi permette di vivere altre vite, vedere altri luoghi, uscire da me stessa.

D: QUAL’ È UNA FRASE CHE PENSATE POSSA RACCHIUDERE IL SIGNIFICATO DEL VOSTRO LIBRO?

Francesca: “È importante sapere da chi si proviene perché solo se ci si sente innestati sulla storia di qualcuno che ci ha preceduto poi si è abbastanza forti per tracciare la nostra vita. Ma lei da chi proveniva? Chi era suo nonno?”

Silvia: “I tempi in cui vivi non cambiano la persona che sei”


SINOSSI

Giovanni Bottai, un anziano maresciallo dei Carabinieri che durante la guerra ha prestato servizio nella stazione di San Marcello Pistoiese, muore in una notte d’inverno in seguito a una breve malattia. Quando la nipote Sara comincia a mettere ordine fra le sue carte, si imbatte in qualcosa che non avrebbe mai creduto di trovare e che mina la fiducia e l’affetto che ha sempre provato per il nonno. La ragazza ha bisogno di saperne di più e, attraverso i suoi occhi e le sue azioni, anche il lettore si trova immerso in un’avvincente ricerca nel passato. Cosa ha fatto di tanto terribile il maresciallo? Che significato hanno le ultime parole pronunciate prima di morire? Chi è il misterioso vecchio che fra un capitolo e l’altro fa la sua comparsa nella storia? La narrazione scorre rapida, i piani temporali si intrecciano, i punti di vista si alternano lungo il corso di tutta la storia. Ma solamente alla fine si capirà quanto è terribile, a volte, la verità.


COSA NE PENSO 

In questo racconto troverete un lavoro ben fatto non solo dal punto di vista della scrittura che di presenta molto fluida, ma soprattutto dalla pacatezza che hanno adottato le due autrici nel raccontare magistralmente questa storia attraverso i documenti storici recuperati. Inoltre sono state altrettanto brave a romanzare il tutto senza mai cadere nel banale, i colpi di scena non mancano i continui flashback hanno dato senz’altro un maggior arricchimento all’intero contesto.Personalmente credo che ognuno di noi abbia sempre cercato di conoscere il proprio passato attraverso la storia dei propri avi, proprio come la protagonista di Echi lontani.Una curiosità che ritengo ci accomuna un’po’ tutti. Talvolta ci sono segreti che in realtà dovrebbero rimanere tali in eterno ma la forza dell’amore nei confronti dei nostri cari ci porta ad approfondire il loro passato che poi riguarda indirettamente anche noi. E poi ci sono domande che forse non avranno mai una risposta ma in questo racconto la nostra giovane protagonista si imbatterà in situazioni che dapprima l’ affliggeranno ma poi…. chissà se oltre al passato di suo nonno Sara troverà qualcos’altro? Vi lascio con questo interrogativo tutto da scoprire.. Buona lettura!


Intervista a cura di C.L


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